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venerdì 31 agosto 2012

Eutanasia in Germania, da delitto a diritto.


Lentamente, ma inesorabilmente, e nonostante le contorsioni viscerali dei Torquemada vaticani, l'eutanasia, la più importante libertà umana, quella che ci consente di poter decidere della nostra vita e della nostra morte, orgoglio supremo dell'uomo veramente libero, da sempre avversata da tutte le religioni oscurantiste e oppressive come ribellione a dio, avanza sempre più nel mondo, specie in quello più civile.

È di questi giorni la notizia sorprendente che la Corte Suprema tedesca ha legalizzato l'eutanasia per cui da questo momento i malati terminali tedeschi non saranno più costretti al turismo "della dolce morte" come avveniva prima, verso Paesi come la Svizzera e i Paesi Bassi, ma potranno abbreviare le loro sofferenze, staccando la spina, assistiti dai loro cari senza che questi rischino di incorrere nell'accusa di omicidio e di istigazione di reato.

La Suprema Corte, infatti, ha ordinato l'assoluzione di un cittadino finito sotto processo perché, dietro consiglio del suo legale, aveva staccato la spina alla madre, in coma da 8 anni. Anche l'avvocato è stato assolto. Una grande conquista di civiltà per la Germania, Paese che, purtroppo, ha dato i natali al papa attuale, uno dei più inumani e retrogradi della storia della Chiesa.

L'eutanasia in Europa è ora riconosciuta oltre che dal Belgio e dall'Olanda, sempre all'avanguardia in questo campo, anche dalla Svezia, Svizzera e Germania. Ma pure nel Regno Unito l'idea sta conquistando sempre più consensi in tutti gli strati della popolazione.

Nei i Paesi europei meno evoluti, come l'Italia, oppressa dal clericalismo cattolico e dominata da una casta politica codarda e imbelle, l'eutanasia è considerata ancora un atto criminale per cui chi ne avesse bisogno per ottenerla non ha altra scelta che recarsi in Svizzera e nei Paesi Bassi, potendoselo permettere, e morire solo e straniero come un cane abbandonato, senza il conforto dei suoi famigliari. Questa è una delle tante sventure che colpisce chi nasce in Vaticalia.


Rapido inventario delle reliquie inverosimili e assurde (“L'invenzione del cristianesimo”) 193


Sulla scia della santa croce pullularono in breve tempo miriadi di reliquie, una più assurda dell'altra (ma tuttora considerate oggetto di culto per la Chiesa): la corona di spine, conservata nella Sainte Chapelle di Parigi, la colonna della flagellazione (Chiesa di Santa Pressede a Roma), la pietra sulla quale fu deposto il corpo di Cristo (Basilica del Santo Sepolcro a Gerusalemme), due scale servite per la deposizione (una a Roma in Laterano e l'altra a Gerusalemme), la sacra lancia che colpì il costato di Gesù (Vienna), il sangue di Gesù scaturito dalla ferita del costato (Cattedrale di Mantova), una trentina di sudari in cui fu avvolto il corpo di Cristo nella sepoltura, il più importante dei quali, la Sacra Sindone, conservata a Torino, viene datata al XIV secolo col metodo del carbonio 14, effettuato in tre laboratori tra loro indipendenti: quello dell’Università di Oxford, quello dell’Università dell’Arizona e quello dell’Istituto Federale della Tecnologia di Zurigo. La data risultata dalla ricerca corrisponde all'epoca della sua prima apparizione (ma stando ai Vangeli di Luca e Giovanni, Gesù fu avvolto in bende e non in un sudario).

Altre fantasiose reliquie si aggiunsero successivamente: due asciugamani usati da Gesù per la lavanda dei piedi degli apostoli (uno in Laterano e un altro in Germania ad Acqs), alcuni pannolini del Bambin Gesù (Aquisgrana), la sacra culla e la mangiatoia (Santa Maria Maggiore a Roma), una ciocca di capelli di Maria e ampolle del suo latte (Messina), frammenti del velo della Madonna e della veste di San Giuseppe (Santa Maria di Licodia), frammenti del bastone di San Giuseppe (in molte chiesa di Roma e Bologna). 

Falsa corona di spine di Gesù a Parigi


giovedì 30 agosto 2012

Peccato e redenzione. L'oscurantismo culturale. 99


Il protestante divenne quindi uno strumento attivo perché sapeva costruire la sua verità con lo studio personale, con la riflessione e col dibattito; quello cattolico, al contrario, rimasto totalmente passivo, perché tenuto sotto tutela, dovette accettare la verità interpretata da altri (il clero) senza mai avere l'opportunità di verificarla. Inoltre, il protestante sentiva come dovere morale la laboriosità, la disciplina, la frugalità, l’efficienza e la cultura.

Nello stesso tempo rifiutava l'ascetismo cattolico, che disprezzava le cose buone e belle del mondo, ed esaltava la povertà e la rassegnazione ai soprusi e alle angherie dei prepotenti. Il protestante voleva vivere, agire, operare, lavorare e sacrificarsi per la famiglia e il successo, convinto che ricchezza e benessere fossero segni della Grazia.

Fu questa nuova morale a far nascere il capitalismo, secondo la celebre tesi di Max Weber (L’etica protestante e lo spirito del capitalismo). Inglesi, tedeschi, svizzeri e olandesi, spinti da questa morale aperta e positiva, riuscirono a dare un nuovo impulso al commercio, alla ricerca, alle relazioni politiche e sociali, sviluppando la borghesia e l'imprenditoria e creando le premesse allo sviluppo economico dei loro Paesi e del mondo intero. I Paesi cattolici, soprattutto l'Italia e la Spagna, dominati dal conservatorismo religioso e dalla nobiltà latifondista, rimasero culturalmente ed economicamente arretrati.

Fra il Seicento e il Settecento, quindi, mentre l'Europa protestante creava la strutture socio-economico-politiche dello Stato moderno, l'Italia, in piena decadenza, era intenta soprattutto ad accrescere il numero delle festività in onore di nuovi santi, nuovi culti alla Madonna, nuove rivelazioni miracolose, nuovi dogmi e nuovi riti, tutti intesi ad incrementare la già enorme superstizione popolare.

Pec

Max Weber


Sant'Elena inventa la croce di Cristo (“L'invenzione del cristianesimo”) 192


Ciò premesso, diamo un'occhiata alle più inverosimili e assurde reliquie cristiane che risalgono al cristianesimo primitivo. Cominciamo con la croce su cui fu crocifisso Gesù e che Sant'Elena trovò coi tre chiodi e il titulum (cioè la targa), dopo quattro secoli dalla crocifissione, sotto un tempio pagano fatto costruire da Adriano sul Golgota spianato. Vi sembra verosimile una cosa del genere? Possibile che spianando il Golgota e costruendovi sopra un tempio pagano possa essere rimasta traccia solo di quella croce, anzi delle tre croci della crocifissione, come ci racconta Sant'Elena? E tutte le altre croci usare per secoli a crocifiggere i condannati come mai sono tutte sparite?

Questa presunta croce, dopo inverosimili vicende, fu divisa in tanti frammenti (conservati in molte basiliche) che messi insieme, come ironicamente affermava Erasmo da Rotterdam, potrebbero costruire una nave. I tre chiodi (gli unici salvatisi su migliaia di crocifissioni, per i babbei) furono considerati reliquie di inestimabile valore. Uno venne fuso nell'elmo di Costantino, un altro nel morso del suo cavallo (conservato nel Duomo di Milano) e il terzo si trova tuttora nella Chiesa di Santa Croce in Gerusalemme a Roma. Nessun storico serio dà il minimo credito a tali rinvenimenti ma li rilega a pura leggenda.

Erasmo da Rotterdam


mercoledì 29 agosto 2012

Il falso Jahvè. Incongruenze storico-linguistiche dei testi biblici. 147


Esistono anche le prove che alcuni episodi dell'Antico Testamento sono stati inventati, come la profezia della distruzione per opera del re Giosia del santuario di Bethel, annunciata da un profeta tre secoli prima che il fatto storico accadesse. Di questo saccheggio abbiamo due versioni: una nel Libro Secondo dei Re (23,15-20); e un'altra nel Libro Primo dei Re. Stando a 1 Re 13,1-2, un profeta era stato a Bethel ai tempi di Geroboamo e aveva pronosticato la sua distruzione, avvenuta tre secoli dopo.

"Per ordine del Signore un profeta si recò dal territorio di Giuda fino a Bethel. Arrivò proprio mentre Geroboamo stava offrendo incenso sull'altare. Come gli aveva ordinato il Signore, il profeta si volse verso l'altare e gridò: «Altare, Altare! Tra i discendenti di David nascerà un uomo di nome Giosia, dice il Signore. Egli sacrificherà sopra di te i sacerdoti dei santuari sulle colline, quelli che depongono su di te le loro offerte d'incenso. Su di te bruceranno ossa umane!"

Siccome questo passo profetico è un resoconto preciso dell'operazione di Giosia, addirittura chiamato con il suo nome, avvenuta tre secoli dopo, è chiaramente un'interpolazione aggiunta a posteriori, cioè dopo l'accadimento del fatto, una vera e propria "prophetia post eventum" quindi.

Ci son dunque molti doppioni e triploni nel sacro testo. Nella Genesi, per esempio, sono evidenziate due versioni contraddittorie della creazione (1,1-2,3 e 2,4-25), due diversi racconti del diluvio (6,5 e 9,17) e due genealogie abbastanza differenti della discendenza di Adamo (4,17-26 e 5,1-28) nonché decine di altri doppioni e talvolta perfino triploni degli stessi eventi riferiti alle peregrinazioni dei patriarchi, all'Esodo e alla consegna della Legge.

Geroboamo


Le reliquie antiche sono del tutto fasulle (“L'invenzione del cristianesimo”) 191


Ma c'è un'altra considerazione importante da fare.Nelle due Guerre Giudaiche del 70 e del 135 d.C. Gerusalemme, e gran parte della Palestina, furono saccheggiate e rase al suolo per ben due volte dall’esercito romano. Nel 135 l’imperatore Adriano, di fronte all’ennesima rivolta degli ebrei contro i romani, decise di risolvere il problema alla radice. Ordinò di cancellare a Gerusalemme e nella Palestina ogni traccia che si riferisse all’ebraismo e al cristianesimo. Quindi fece spianare il Golgota, sconvolse radicalmente ogni aspetto della vecchia città santa, e sulle rovine del Tempio fece erigere, come suprema profanazione, un tempio pagano con le statue di Giove Capitolino e di altre divinità.

Ciò determinò la radicale cancellazione di tutti i monumenti e gli oggetti religiosi ebraici e cristiani. Quindi tutti i riferimenti attuali ai luoghi santi (ad esempio il Santo Sepolcro individuato da Elena, madre di Costantino, e la Basilica dell’Annunciazione a Nazareth) e alle reliquie relative, sono inattendibili sotto ogni punto di vista (alla luce anche delle successive stratificazioni apportate dai musulmani nel lungo periodo della loro dominazione). Furono inventati, assieme all’ubicazione della città di Nazareth, da Sant'Elena, madre di Costantino, e dai crociati nel Medioevo.



Sant'Elena madre di Costantino


martedì 28 agosto 2012

L'antisemitismo della Chiesa


Marina Caffiero recentemente ha pubblicato il libro “Legami pericolosi” (Einaudi) sui rapporti tra ebrei e cristiani, che mi porta a fare alcune riflessioni sull'antisemitismo.

L'antisemitismo, che per diciannove e più secoli ha seminato milioni di vittime tra i figli d'Israele, è stato uno dei maggiori crimini voluti e attuati dalla Chiesa. La tendenza antiebraica si sviluppò in essa durissima fin dal II secolo. Già allora Giustino, Padre della Chiesa, definì gli ebrei: «uomini cattivi, spiritualmente malati, idolatri, scaltri e astuti, iniqui peccatori, assolutamente duri di cuore e privi di ragione».

Esultando per la distruzione della Palestina ad opera dei romani e per la legge che vietava agli ebrei di rimetter piede a Gerusalemme, scrisse: «È giusto e buono che vi sia capitato... a voi figli degeneri, genia di adulteri, figli di prostitute» (Giustino, Dialogo con l'Ebreo Trifone 12 sgg; 16 sgg.; 26 sgg.). Tutti gli altri Padri seguirono il suo esempio e, accusando gli ebrei di aver condannato a morte Gesù, il figlio di Dio, li esecrarono coi peggiori epiteti.

Innocenzo III nel 1205 definì gli ebrei «schiavi maledetti da Dio» e, anticipando Hitler, impose loro di indossassero determinati vestiti o di portare precisi contrassegni che li distinguessero dai cristiani. Per la Chiesa tutti gli ebrei avevano ereditato non solo il peccato originale ma anche la colpa del deicidio, quindi erano più rei dei comuni eretici. Inoltre il Talmud il libro esegetico più importante dopo la Bibbia per il popolo ebraico, secondo la Chiesa conteneva «favole ingiuriose nei confronti di Gesù Cristo, la Vergine, i santi e la fede cristiana» e la sua diffusione poteva contaminare e contagiare i cristiani. Per cui alla persecuzione contro gli ebrei si aggiunse per secoli la caccia nelle sinagoghe e nelle case dei testi talmudici.

Nel maggio 1753, a Roma, trentotto carri di questi testi finirono al rogo in base ad un un decreto del 1553, «de combustione Talmud», promulgato dall'Inquisizione romana. Nel medioevo tutti le calamità che colpivano il mondo cristiano erano imputate agli ebrei come ad esempio la peste del 1348, che causò trenta milioni di morti, propagata, secondo la Chiesa, per mezzo di polveri e veleni gettati nelle acque. Nei secoli successivi, questa accusa non li abbandonò più.

Tra i cristiani erano diffuse le più diverse specie di superstizioni antisemite. Una leggenda antica e famosissima accusava gli ebrei di confezionare il pane azzimo della Pasqua impastando la farina col sangue di bambini cristiani, uccisi a questo scopo. L'avversione della Chiesa contro gli ebrei era così forte che più volte essa tentò, inutilmente, di abolire ogni rapporto tra mondo ebraico e mondo cristiano.

Una bolla del 1555 proibiva agli ebrei di avere una sia pur minima famigliarità con i cristiani: non dovevano frequentarli, visitarli, parlare con loro, giocare con loro, mangiare con loro, e soprattutto avere rapporti sessuali. Questi ultimi potevano provocare la condanna a morte. Progressivamente, sempre per colpa della Chiesa, l’antisemitismo, dapprima solo religioso, si trasformò in razzismo, cioè in odio razziale.

Nel 1880 Leone XIII dichiarava che gli ebrei non erano ebrei soltanto per la loro religione, erano ebrei anche e specialmente per la loro razza. Naturalmente, di razza inferiore, per cui con l'avvento di Hitler vennero sterminati a milioni nei lager nazisti. A questo punto nasce spontanea una domanda: l'olocausto del popolo ebraico attuato da Hitler sarebbe stato possibile se la Chiesa, per più di diciannove secoli, non avesse vilipeso, additato al pubblico ludibrio, e ferocemente perseguitato i figli d’Israele?

Non è significativo, a questo proposito, il fatto che soltanto nel 1965, durante il Concilio Vaticano II, la Chiesa abbia ritirato ufficialmente l’accusa collettiva di «deicidio» nei confronti del popolo ebraico? Non è altrettanto significativo che l'attuale papa Benedetto XVI abbia ripristinata nelle preghiere l'invocazione a Dio per la conversione dei giudei (pro perfidis iudaeis)?


Le reliquie antiche sono del tutto fasulle (“L'invenzione del cristianesimo”) 190


Prima di farne una carrellata esemplificativa, spieghiamo perché nessuna di esse può vantare una minima attendibilità. Gli Atti degli Apostoli, che descrivono il cristianesimo delle origini, non fanno alcun accenno a possibili reliquie riferite alla vita e alla morte di Gesù, a Maria e agli apostoli. Anzi ci danno netta la sensazione dell'assoluta indifferenza generale a questo riguardo. Anche perché non se ne sentiva la necessità, visto che tutti ritenevano imminente il ritorno di Gesù dal cielo in carne e ossa.

Lo stesso Paolo, che pur diede inizio alla deificazione di Gesù, nelle sue Lettere mai manifestò il minimo interesse a questo proposito. Quindi al tempo degli apostoli nessuna reliquia riferita a Gesù o alla Madonna era conosciuta e tanto meno oggetto di venerazione. Come mai allora successivamente, specie dal IV secolo in poi, il mondo cristiano fu invaso da ampolle di sangue di Cristo, da frammenti della sua croce e della corona di spine e via discorrendo? Tutte colossali bufale inventate in un tempo in cui la credulità era diffusa a tutti i livelli e mancava un qualsiasi criterio che stabilisse l'autenticità di quanto si affermava.

Atti degli Apostoli


lunedì 27 agosto 2012

Il falso Jahvè. Incongruenze storico-linguistiche dei testi biblici. 146


Nella storia di Giuseppe (Genesi, 37), il padre si chiama sia Giacobbe sia Israele; i fratelli odiano Giuseppe per i suoi sogni, ma in altre parti del racconto, lo detestano piuttosto per essere lui il prediletto del padre; ancora, Giuseppe risulta venduto a mercanti sia ismailiti sia madianiti. A Bersabea e a Bethel viene dato il nome due volte (Genesi 21,31 e 26,33; 28,19 e 35,15).

Il suocero di Mosè si chiama sia Reuel sia Ietro (Esodo 2,18 e 4,18). Gli esseri umani sono creati dopo tutti gli altri animali (Genesi 1), mentre l’uomo è creato prima delle altre creature (Genesi 2). Ci sono lievi discrepanze anche riguardo le leggi: in Esodo (22,24) il sacrificio può essere offerto “in ogni luogo che vi ho riservato per onorarmi” (chiara allusione agli Alti Luoghi), mentre in Deuteronomio (12,14) il sacrificio può essere offerto solo in “un luogo che Dio sceglierà” (chiara allusione al Tempio di Gerusalemme costruito molti secoli dopo).

Ma la discrepanza maggiore riguarda il fatto che Dio è chiamato con nomi diversi. In Esodo (6) viene affermato risolutamente che Mosè è il primo a chiamare Dio col suo nome proprio JHWH (Jahvè); mentre, secondo Genesi (4, 26), gli uomini cominciarono a invocare il nome di JHWH (il Signore) sin dal tempo di Giacobbe. Inoltre Dio si rivela in alcuni episodi biblici col nome di Elohim (“Dio”).

Giuseppe ebreo


Le reliquie (“L'invenzione del cristianesimo”) 189


Dove però la religione cristiana raggiunge il top della credulità demenziale e della superstizione più morbosa, arrivando al feticismo necrofilo, è nella venerazione delle reliquie. Per quanto la vostra immaginazione sia fervida, mai potrà uguagliare le assurdità che troverete in queste pagine. Le reliquie sono sempre state, e sono tuttora per la Chiesa, un colossale business. I santuari che ospitano quelle più venerate sono stati, da sempre, importanti mete di pellegrinaggi.

Molte chiese sono nate proprio per contene le reliquie di qualche santo, come le quattro basiliche fatte costruire a Milano da Sant'Ambrogio. Siccome la maggior parte dei credenti ha più fiducia nei santi e nella Madonna che nel Padre Eterno, troppo lontano dai loro problemi quotidiani, quando vogliono chiedere una grazia si rivolgono al loro santo preferito nel luogo in cui si conservano le sue reliquie, come a San Gennaro a Napoli, a Sant'Antonio a Padova o a San Nicola a Bari. 

Solo che la credulità infantile della stragrande maggioranza della popolazione ha fatto sorgere una quantità sterminata di pseudo reliquie, prodotte da mitomani e da lestofanti, e che gli ecclesiastici senza scrupoli hanno strumentalizzato per fini economici, che non solo sono prive di ogni pur minima autenticità ma addirittura al di là di ogni razionalità.

Quello che fa specie è che queste inverosimili reliquie sono state oggetto di venerazione non solo da parte della popolazione ingenua e sprovveduta ma anche di papi e regnanti. Pensate che a Costantinopoli, prima della caduta della città in mano ai turchi, erano oggetto di venerazione da parte del popolo, del patriarca e dell'imperatore, le reliquie più inverosimili dell'Antico Testamento, come l'ascia usata da Noè per la costruzione dell'Arca, il trono di Salomone, la verga di Mosè, le tavole della legge e frammenti dell'Arca dell'alleanza. Ma altrettanto incredibili e mirabolanti risultano le reliquie riferite a Gesù e alla sua passione e crocifissione, ancor oggi venerate nel mondo cattolico.

Sant'Ambrogio


domenica 26 agosto 2012

Peccato e redenzione. L'oscurantismo culturale. 98


Nell'Ottocento poi, quando in tutta Europa la letteratura, la filosofia e le scienze conobbero un enorme sviluppo, e dovunque pullularono grandi scrittori le cui opere sono tuttora valide, nel nostro Paese ci siamo dovuti appagare di qualche narratore provinciale, totalmente sconosciuto fuori dai nostri confini. Così, ad esempio, I Promessi Sposi, tuttora imposti alla scuola italiana su pressione cattolica, come un'insigne opera narrativa, non reggono il confronto coi romanzi dei grandi narratori francesi, inglesi e russi, di tutt'altra spazialità narrativa, e sono totalmente sconosciuti al di fuori d'Italia.

E che dire della cultura scientifica, come la fisica, la medicina, l'astronomia e persino la matematica, discipline ritenute dalla Chiesa in perenne contrasto con le Sacre Scritture? Le nostre università, censurate nei libri, spiate dagli inquisitori, dovettero barcamenarsi come potevano, costrette ad impartire un insegamento cifrato, allusivo e dissimulato, e a ricorrere a tutti i sotterfugi per insegnare un po' di anatomia e di scienza. Insomma una catastrofe culturale di immani conseguenze negative che ci spiega perché ancor oggi l'Italia, a causa della repellenza verso la carta stampata che ci è stato inculcata dalla Chiesa, è il Paese in cui si legge meno che in qualsiasi altro Stato europeo.

Ovviamente la decadenza del nostro Paese, causata dalla Controriforma e dall'Indice, non ha riguardato soltanto la cultura, la scienza e la politica, ma anche la morale e l'economia. Vediamo come. Nel protestantesimo, la spinta culturale, derivata dalla libertà di accedere direttamente e personalmente alle verità della Bibbia, spinse ognuno ad imparare a leggere. Guai a chi non era in grado di farlo. Fu una enorme molla culturale perché l'ignoranza era considerata figlia del diavolo. Ma al protestante non bastava saper leggere la Bibbia, gli occorreva anche poterla interpretare col proprio acume, confrontandosi, magari, con gli altri. Di qui lo stimolo alla ricerca personale e allo sviluppo del senso critico.


In nomine Domini 27


Il diacono Ascanio era veramente conquistato dalle parole di Simone che gli rivelavano un mondo fino ad allora a lui del tutto sconosciuto e che gli aprivano nuovi squarci sulla vita di Gesù e sarebbe rimasto ancora a lungo ad ascoltarlo se non si fosse impegnato a far visita al cardinale Giacomo. Perciò fu costretto, suo malgrado, ad interrompere la seduta. Prima di accomiatarsi però accettò di rifocillarsi un po' assieme al vecchio monaco e a Adeodato. E così la tavola fu preparata per un più che frugale pasto a base di pane, verdure, caccio, alcune olive e una tazza di vino.
Mentre consumavano con lentezza il loro parco cibo, Simone chiese improvvisamente ad Ascanio se avesse conosciuto uno strano abate di nome Teocrazio.
"L'ho conosciuto e come!", rispose Ascanio con un sorriso divertito. "Mentre ero segretario di Alberico mi sono dovuto occupare anche di lui".
"E com'è finito? È ancor vivo?", fece il monaco, non nascondendo una certa curiosità.
"È morto da qualche anno, in odore di santità", aggiunse il diacono, sempre più divertito.
"Beh, forse non parliamo dello stesso uomo", esclamò Simone, visibilmente disorientato per la risposta di Ascanio.
"E invece sì, parliamo proprio del tuo vecchio abate che ti costrinse a fuggire dal monastero per le sue angherie e la sua dissolutezza", ammise il diacono con un sorriso malizioso. "Capisco il tuo disorientamento, ma nella vita accadono le cose più impensate. Quando Alberico divenne signore di Roma col titolo altisonante di "Princeps atque omnium romanorum senator", continuò Ascanio, "si diede anima e corpo a risanare lo Stato della Chiesa, ridotto allo sfascio. E dopo aver riformato le finanze e le milizie della città, decise anche di mettere un po' d'ordine nelle faccende della Chiesa, ridotta ormai, fatte rare eccezioni, al lassismo più completo per non dire all'aberrazione totale. Voleva anche chiudere o per lo meno ridurre il numero dei postriboli della città, ma temeva una sollevazione generale e la perdita di grosse entrate per lo Stato. Tu sai che Roma vive delle elemosine dei pellegrini, delle imposte sui postriboli e delle prebende agli ecclesiastici. Quando poi decise di riformare i monasteri, divenuti come ben tu sai, covi di gaudenti dediti esclusivamente alla crapula e alla lussuria, su mio consiglio chiese aiuto a Odone, abate di Cluny, uomo santo e integerrimo, che avevo conosciuto mentre ero al servizio di papa Giovanni X. Questo pio monaco venne a Roma e di fronte al degrado in cui versavano i nostri monasteri non esitò a farne chiudere più della metà e a ridurre allo stato laicale i tre quarti della popolazione monastica.
"Il primo monastero ad essere abolito fu quello di Teocrazio, conosciuto da tutta Roma come l'ostello in cui le meretrici dei postriboli romani andavano a sgravarsi. Quando con le guardie mi recai ad intimarne la chiusura, temevo uno scontro durissimo con lui, che aveva fama di difendere con le unghie e coi denti i suoi compagni di sozzura, vantando protezioni altissime in sede ecclesiastica. Ma appena me lo vidi davanti, stentai a riconoscerlo e compresi che era ormai un uomo finito. Un male oscuro lo stava divorando; le sue libbre di lardo si erano volatilizzate e il suo corpo sembrava ridotto ad uno scheletro. Con mia grande meraviglia accettò quasi con sollevato l'ordine di chiusura. Mi chiese, quasi implorando, di trovargli un monastero che lo accogliesse per il poco tempo che ancora gli restava da vivere. Faticai non poco ad accontentarlo perché nessun abate voleva saperne di accogliere un monaco che aveva la sua trista fama. Finalmente in uno sperduto cenobio gli trovai una cella e dei colleghi che lo accolsero benevolmente. Per ringraziarli fece ricostruire, a sue spese, perché aveva accumulato una cospicua ricchezza, il decrepito edificio che lo ospitava e fece restaurare la chiesetta annessa trasformandola in una cappella ricca di affreschi e di marmi preziosi che divenne, ben presto, oggetto di ammirazione e di culto per gli abitanti del luogo e per i pellegrini. Al termine dei lavori donò quanto gli era rimasto ai poveri e in breve si creò la fama di santo. Fu sepolto nella cappella da lui restaurata e ancor oggi la sua tomba è oggetto di un continuo pellegrinaggio".
"Seconde te, la sua è stata una conversione sincera?", chiese Simone, con una punta di incredulità.
"Me lo son chiesto più volte anch'io", rispose Ascanio, "senza sapermi dare una risposta. L'abate mi fece sapere che Teocrazio si comportò bene nei tre anni che rimase nel cenobio, ma non partecipò quasi mai alle cerimonie religiose e alle pratiche di pietà degli altri monaci. Dava l'idea di non conoscerle per niente e quelle rare volte che entrava in chiesa, biascicava solo parole incomprensibili. Ma era sempre gentile con tutti e non interferiva nella vita del monastero; seguiva, invece, con interesse, i lavori di restauro e controllava con competenza la decorazione della cappella. Diciamo che passava gran parte del giorno dietro queste cose. Morì senza rimpianti, con rassegnazione, quasi con indifferenza. Faticava a vivere in un corpo fortemente debilitato, che non sentiva più appetiti e desideri".
"E il piccolo Sofronio", tornò a chiedere Simone,"quel mio compatriota che doveva rubare i rotoli?".
"Fu accolto in casa Teofilatto come paggio e coccolato da tutti, specie da Marozia che stravedeva per lui", rispose il diacono. "Anche re Ugo, nel breve tempo che rimase a Roma, se lo teneva sempre vicino. Effettivamente era un fanciullo amabile, dolce e bellissimo. Ma nonostante le coccole era molto infelice perché sentiva la mancanza della madre e della famiglia. Quando, su richiesta di Romano Lecapeno, governatore di Bisanzio, furono mandati da Roma quattro legati pontifici per sanzionare, con la loro presenza, la consacrazione del figlio di costui Teofilatto, ancora quasi bambino, a patriarca di Costantinopoli, il giovane Sofronio fu aggiunto all'ambasceria e da Bisanzio fu accompagnato felicemente ad Hebron dove poté riabbracciare al sua famiglia".
"E il giudeo Malachia?"
"Di lui sappiamo che appena Sofronio fu catturato, scappò da Roma vestito da monaco e si rifugiò dai saraceni di Frassineto. Una spia musulmana ci ha fatto sapere che, a motivo della sua grande conoscenza del mondo cristiano e della città di Roma, era diventato consigliere dello sceicco e trattato con grande onore", fece Ascanio.
"Secondo te, perché voleva trafugare questi rotoli".
"Tu sai che i seguaci dei primi cristiano-giudei, chiamati anche nazirei o ebioniti, nonostante le dure persecuzioni della Chiesa nei loro confronti, sono sopravvissuti fino ai nostri giorni in piccole comunità sparse nella Palestina e nel Medio Oriente. Malachia appartiene ad una di queste comunità e forse voleva impossessarsi dell'unico Vangelo originale dei primi cristiani di Gerusalemme sopravvissuto alle distruzioni attuate dai Padri della Chiesa".


sabato 25 agosto 2012

Il falso Jahvè. Incongruenze storico-linguistiche dei testi biblici. 145


Il linguista David Benedek della Hebrew University di Gerusalemme (The Language and Dialects of Ancient Israel) conferma che i testi dell'Antico Testamento hanno avuto una stesura tarda e afferma che non poterono essere stati scritti se non dopo che gli assiri avevano occupato la Palestina, intorno al 725 a.C. Infatti, durante il secolo in cui gli Assiri dominarono il Regno del Nord, si sviluppò in Israele una lingua ibrida conosciuta come l'ebraico mishnaico.

Benedek sostiene che molti passi dell'Antico Testamento hanno un senso, o funzionano liricamente, solo se scritti in questo linguaggio ibrido. Un tipico esempio citato da Benedek è la parola "beth", che in mishnaico significa sia casa sia famiglia, mentre nell'ebraico arcaico venivano usati due vocaboli diversi per indicare le due cose. Ma le discrepanze sono molto diffuse in tutto il testo a dimostrazione che il racconto deriva da più fonti.

. Hebrew University di Gerusalemme


Le sacre stimmate (“L'invenzione del cristianesimo”) 188


E che dire del miracolo delle sacre stimmate? Nell'antichità non esistevano, hanno cominciato ad apparire solo nel tredicesimo secolo, quando le chiese di tutta Italia si riempirono di artistici affreschi che spesso rappresentavano le scene della Crocifissione. Gli ingenui pittori dell'epoca (ma spesso sommi artisti) raffigurarono Gesù coi chiodi piantati nelle mani, ignorando che così queste non avrebbero potuto reggere il peso del corpo.

Infatti, Gesù ebbe i chiodi piantati nei polsi per rimanere appeso. Da allora si sviluppò in molti mistici, o pseudo tali, la sindrome delle piaghe sanguinanti alle mani (ma mai nei polsi come a Gesù), considerate dalla Chiesa un sintomo di santità. Clamoroso il caso di Padre Pio (un mistificatore per papa Giovanni XXIII, un santo per il papa polacco che la ha elevato agli altari) che mai volle sottoporre ad esame le sue presunte piaghe sanguinanti, prodotte pare da certi acidi, nemmeno a padre Gemelli fondatore della Cattolica di Milano. Queste piaghe si dileguarono al momento della sua morte lasciando con un palmo di naso i suoi veneratori.

Comunque lo scaltro frate con le sue leggendarie mistificazioni, avvalorate dalla credulità popolare, è riuscito a diventare un santo all’italiana e ad originare, con intrighi e affari, un enorme giro di denaro intorno alla sua fantomatica "santità". A quanto pare, papa Giovanni aveva colto nel segno giudicandolo un mistificatore.

Padre Pio con le pseudo stimmate


venerdì 24 agosto 2012

In Argentina l'ex dittatore Videla rivela le pesanti complicità delle gerarchie ecclesiastiche cattoliche con il sanguinario regime militare.


La Chiesa, è noto ormai a tutti quelli che non hanno i paraocchi, è sempre stata nemica della democrazia e sempre pronta ad appoggiare qualsiasi regime dittatoriale, anche sanguinario e oppressivo, che fosse disposto a consolidare il suo potere religioso e a colmarla di privilegi economici. I suoi politici più amati, considerati da essa inviati dalla Provvidenza divina, sono stati Mussolini, Franco, Salazar, Peron, Pinochet e altri squallidi dittatori sudamericani.

Come non ricordare l'abbraccio di Giovanni Paolo II a Pinochet nell’aprile del 1987,sul balcone della Moneda in dispregio dei milioni di cattolici cileni contrari alla dittatura e alle molte vittime innocenti fatte trucidare da questo sanguinario dittatore?

Lo stesso Hitler ha sempre goduto di grandi apprezzamenti in Vaticano e nel clero germanico perché aveva stipulato un importante Concordato con la Chiesa tedesca, tuttora valido, e perseguitato gli ebrei, sempre odiati dai vertici cattolici. Pio XII infatti, non ha mai condannato Hitler per l l'olocausto del popolo ebraico.

Non ha suscitato perciò grande scandalo, in questi giorni, le confessioni dell'ex dittatore argentino Videla sulle pesanti complicità delle gerarchie ecclesiastiche con il suo oppressivo regime militare. Era data per scontata da tutti.

Videla in carcere ha confessato come l’allora nunzio apostolico Pio Laghi e l’ex presidente della Conferenza episcopale di Argentina Raul Primatesta, assieme ad altri vescovi, abbiano concretamente dato al governo dei golpisti consigli su come gestire l’uccisione dei desaparecidos, cioè delle miglia di cittadini innocenti fatti sparire in mare perché contrari al regime. Ad esempio, gli ufficiali che prendevano parte alla mattanza dei detenuti politici si sarebbero consultati con le autorità ecclesiastiche per ucciderli nella maniera “più cristiana e meno violenta” possibile.

Per la cronaca, la soluzione era un’iniezione di penthotal per sedare le vittime, che venivano poi buttate a mare da un aereo e che quindi affogavano. L'opinione pubblica cilena era perfettamente a conoscenza della connivenza delle autorità cattoliche coi golpisti anche perché papa Giovanni Paolo II aveva maldestramente tentato di giustificare i loro crimini.

Ma le sue parole avevano sollevato scandalo nell'opinione pubblica e feroci proteste da parte delle Madres de Plaza de Mayo (l’associazione delle madri delle vittime sparite durante il regime dittatoriale) che gli risposero con una lettera dove si auguravano che, da morto, Wojtyla non ricevesse il perdono di Dio e andasse all’inferno. Invece l'hanno fatto santo subito.


Jorge Videla


San Gennaro e gli altri santi leggendari (“L'invenzione del cristianesimo”) 187


Alcuni santi rinnovano ogni anno il loro miracolo. Il più famoso è San Gennaro che a Napoli, nel giorno della sua festa, compie il prodigio di far passare il suo sangue, custodito in una teca, dallo stato solido a quello liquido, e viceversa. La Chiesa ha sempre impedito l'esame della sostanza che subisce la trasformazione, ma gli scienziati non hanno dubbi: si tratterebbe di un materiale tissotropico, ovvero mutante di stato grazie al movimento.

A proposito di San Gennaro, uno dei santi più famosi della Chiesa, come mai nessun documento storico attendibile può dimostrarne l'esistenza, nonostante vanti a Napoli un tesoro inestimabile, frutto dei doni di sovrani e di principi? Secondo la tradizione fu martirizzato nel 305 ma fino al 1389 nessuno l'aveva sentito nominare. Poi, improvvisamente, è esplosa la sua venerazione. È esistito veramente o è stato inventato dalla fantasia popolare, come oggi è costretta ad ammettere la Chiesa a propositi di altri santi leggendari, come San Giorgio col dragone e San Cristoforo?

San Gennaro


giovedì 23 agosto 2012

Peccato e redenzione. L'oscurantismo culturale 97


L'effetto più immediato fu l'annichilimento dell'editoria italiana, in quel tempo floridissima. Le città più colpite furono: Venezia, allora il centro più elegante e allegro d’Europa, in cui si stampavano due terzi dei libri italiani; poi Firenze e Roma. I gesuiti, gli intellettuali della Chiesa guidati dal cardinale Bellarmino (fatto santo dal papa fascista Pio XI), scatenarono una vera e propria caccia ad ogni libero pensiero e ad ogni ricerca scientifica, a tutto quanto sapeva di nuovo. Si arrivò al punto di vietare perfino i libri dei massimo scrittori italiani come Dante e Machiavelli.

Così, mentre in Italia, in conseguenza di questa crociata oscurantista, si bruciava Giordano Bruno, si incarcerava per trent'anni Campanella, si costringeva Galileo a negare la verità delle proprie scoperte, fuori d'Italia, e specialmente nel Nord Europa, dove la riforma protestante incitava il popolo alla libera interpretazione della Bibbia e favoriva la nascita dello spirito critico, ferveva un forte anelito culturale e nasceva la moderna filosofia.

I letterati italiani come si comportarono di fronte a questo provvedimento? Si adeguarono totalmente ai dettami della Chiesa, con perfetto conformismo ipocrita, con fatalismo e rassegnazione, secondo lo spirito dell'astuzia nazionale, e si rinchiusero in accademie classicheggianti, totalmente avulse dalla realtà e dai problemi sociali del tempo, come l'Arcadia che quisquillava su temi sofisticati in una lingua arcaica e incomprensibile ai più.

Il decadimento culturale fu massiccio e si protrasse anche nei secoli successivi, e così, mentre all'estero, nel Settecento, grandi scrittori come Voltaire e Swift, usando un linguaggio semplice e tagliente, analizzavano i problemi socio-culturali del loro tempo e risvegliavano l’intelligenza civile del popolo, in Italia l'analfabetismo popolare, favorito ad oltranza dalla Chiesa, e l'acquattamento dei letterati, impedendo la nascita di vive scuole di pensiero, fecero piombare la nostra penisola nell'oscurantismo più profondo.

Roberto Bellarmino


La Madonne patacca (“L'invenzione del cristianesimo”) 186


Tra i miracoli possiamo ascrivere anche le apparizioni di Madonne e santi, così frequenti in passato e purtroppo anche ai nostri giorni. Dobbiamo chiederci a questo riguardo: perché le Madonne-patacca appaiono solo ed esclusivamente nei Paesi cattolici e mai in quelli protestanti e tanto meno nei Paesi non cristiani e, infine, perché appaiono sempre a bambini analfabeti, caratterizzati da una forte condizione di arretratezza culturale, sociale e religiosa, e mai a gente colta e dotata di una certa apertura mentale? Inoltre, perché i contenuti di fede di questa apparizioni sono sempre di una banalità e ovvietà sconcertanti?

I segreti di Fatima si sono rivelati di nessunissima rilevanza e a Medjugorje la Madonna, oltre a vietare di bere e fumare, per poco non si è fatta promotrice di una dieta di bellezza. Una cosa è certa, le apparizioni, oltre ad incrementare la superstizione morbosa del popolino, si traducono spesso in un grosso business economico, perché determinano un lucroso indotto commerciale nelle zone arretrate in cui avvengono e per la Chiesa che lo gestisce.

Secondo gli studiosi di statistica le guarigioni miracolose che avvengono nei santuari, tipo Lourdes, in cui affluiscono milioni di ingenui pellegrini, sono molto inferiori (una su un milione di pellegrini) rispetto quelle che avvengono spontaneamente (una su diecimila ammalati) al di fuori di essi. 

Quindi, osserva ironicamente il matematico Piergiorgio Odifreddi, a un malato di cancro converrebbe cento volte di più starsene a casa che fare un pellegrinaggio a Lourdes, oltre tutto faticosissimo. Altrettanto ironicamente lo scrittore francese Anatole France, in visita al santuario dei Pirenei osservò: «Vedo molte stampelle, ma nessuna gamba di legno», cioè molti pseudomiracoli e nessun miracolo vero.

Piergiorgio Odifreddi


mercoledì 22 agosto 2012

Il falso Jahvè. Incongruenze storico-linguistiche dei testi biblici. 144


Negli anni Settanta del secolo scorso, per esempio, il professor Donald B. Redford, egittologo della Toronto University, riscontrò che numerosi termini presenti nell'Antico Testamento e riferiti all'Egitto di Giacobbe o di Mosè, non entrarono in uso prima del VII secolo a.C. (Redford, D.B., A Study of the Biblical Story of Joseph).

Per esempio nella storia del patriarca Giacobbe e del suo periodo in Egitto, avvenuta intorno al 1700 a.C., si racconta che Giuseppe e i suoi fratelli incontrarono una carovana di mercanti ismaeliti: “Proveniva dal Galaad e si recava in Egitto. I cammelli erano carichi di svariate merci: spezie, resina odorifera e mirra” (Genesi 37,25).

Ora, noi sappiamo con certezza che i cammelli in Egitto non furono introdotti prima del VII secolo a.C. Intorno al 1700 a.C. per il trasporto delle merci si usavano solo gli asini. I cammelli per uso domestico giunsero nel Golfo Arabico intorno all'850 a.C., e tra gli egiziani solo dopo due secoli. Altri esempi: Giuseppe giura «sulla vita del faraone» (Genesi 42,16), formula che non esistette fino al VII secolo a.C. E i fratelli di Giuseppe pagano il grano con denaro sotto forma di moneta, mentre la forma più antica di conio risale al regno di Lidia, intorno al 650 a.C.

Ma sono citati da Redford diversi altri esempi. Dal punto di vista linguistico, i testi dell'Antico Testamento sono stati composti molto dopo gli eventi che riportano, in quanto prima del IX secolo a.C. non esisteva una scrittura ebraica. Questa si sviluppò subendo abbondanti adattamenti e cambiamenti, conseguenti alle vicende storiche. Anche l'alfabeto subì una graduale trasformazione: partendo dalla forma fenicia giunse, durante l'esilio, alla forma quadrata attuale (B. Comrie, The Major Languages of South Asia, the Middle East and Africa).

Donald B. Redeford


I miracoli non esistono (“L'invenzione del cristianesimo”) 185


Al giorno d’oggi i miracoli sono ovviamente in declino, rispetto ai tempi antichi, perché la gente si è fatta più smaliziata. La Chiesa, però, persiste a farli credere, anzi li esige quando vuole santificare qualcuno. Ma gli scienziati, e tutte le persone dotate di un minimo di razionalità, li negano recisamente e spiegano con chiarezza i motivi della loro inesistenza.
Tutti i miracoli di cui siamo a conoscenza sono determinati dalla nostra psiche che è ancora un enorme mistero e che, quando l'avremo definitivamente esplorata, ci riserverà delle immense sorprese. 
Così potremo comprendere come spesso può fare ammalare il corpo, ma anche, in taluni casi, come riesce a determinare guarigioni miracolose, sempre però riferite all'ambito della psicosomaticità. Nessun miracolo né psoicosomatico né divino potrà mai far crescere un arto perduto o guarire un bambino affetto della sindrome Down. Sono questi i veri miracoli, ma non sono mai accaduti perché avverrebbero in violazione delle leggi naturali ordinarie.
Le remissioni spontanee dei tumori e di altre malattie gravissime, date per inguaribili dai medici e quindi ritenute miracolose, che sono dell’ordine di una su diecimila, secondo i dati scientifici, possono avvenire scatenando nella nostra psiche una "corrente guaritrice" che anche i medici riconoscono, senza poterla esattamente definire, che può essere determinata da vari fattori, come ad esempio una forte emozione di tipo religioso, o le suggestioni impartite da un guru carismatico, o una potentissima carica emotiva occasionale (che può farci anche incanutire all'istante). 
 Queste remissioni rientrano nel novero delle leggi della natura e solo gli ingenui le attribuiscono a dio. Concludendo, i cosiddetti miracoli sono attribuibili a reazione psicosomatica, oppure a frode o a giochi di prestigio.

martedì 21 agosto 2012

La Cei ricorre alla pubblicità ingannevole per ingrossare il suo otto per mille.


Negli spot dell'8 per mille che la Chiesa Cattolica, sui canali televisivi, ci propina da mesi, la pubblicità ingannevole è attuata in piena regola. In essi abbonda il pietismo più becero e retorico: pretini che assistono vecchiette abbandonate, pie monachelle che curare malati nel terzo mondo, parroci che nelle periferie degradate delle città si occupano di tossicodipendenti, e così via. Ma è tutta una messinscena. Lo dice chiaro e tondo Alessandro Gallucci, esponente dell'Aduc, associazione per i diritti degli utenti e consumatori che ha presentato all'Antitrust una denuncia per pubblicità ingannevole.


«Nei messaggi pubblicitari si parla di aiuti ai più bisognosi, di denaro destinato a opere di beneficenza, insomma dell'utile e pia azione della Chiesa cattolica. Sembra che tutti i proventi dell'8 per mille siano destinati a scopi benefici. Non è così!». Sappiamo bene, invece, come vanno le cose: «Su circa un miliardo e mezzo di euro solamente il 22% è destinato a "interventi caritativi"», prosegue Gallucci. E il resto? «E' usato per esigenze di culto, sostentamento del clero, Sacra rota, ecc. Tutto lecito, per carità. Ma uno spot realizzato per chiedere il sostegno delle persone non dovrebbe dire la verità? Oppure bisogna far credere che i soldi dei contribuenti vadano in beneficenza quando nemmeno un quarto delle devoluzioni prendono quella strada? Il cittadino non è tenuto a sapere a che cosa viene destinata la sua scelta?».


Senz'altro e a maggior ragione se teniamo anche conto che la Cei, col sistema fraudolento della legge 222/85 che regola l'8 per mille, incassa molto di più di quanto dovrebbe, in base all'articolo 49 che prevede una riduzione automatica del gettito qualora questo subisca un incremento considerevole. Scrivono a questo proposito i Radicali: «nel 1990 la Conferenza Episcopale Italiana incassava 210 milioni di euro dall'8 per mille mentre a partire dal 2002 incassa più di 1 miliardo di euro l'anno. Cioè cinque volte quanto incassava vent'anni fa, mentre nello stesso periodo le spese per il sostentamento del clero sono diminuite a causa del crollo delle vocazioni».


Dunque, da almeno dieci anni l'aliquota dovrebbe essere stata ridotta almeno al 4 per mille, ma «la Commissione bilaterale che dovrebbe farlo non ha mai reso pubblici i suoi atti né le sue valutazioni. Proprio nel periodo in cui il Governo sta svolgendo una revisione della spesa pubblica per recuperare fondi utili alla riduzione del debito pubblico [...] si tratterebbe per lo Stato di un risparmio annuo di almeno 500 milioni di euro all'anno!». Ma il governo clerical-tecnico di Monti da quest'orecchio non ci sente. Molto meglio aumentare le tasse sui dipendenti e i pensionati senza toccare gli evasori fiscali, le lobby, le banche e la Chiesa. E la nostra classe politica imbelle e appecorata? Nasconde la faccia sotto la sabbia come gli struzzi per non vedere.


Gallucci Alessandro


I miracoli attribuiti a Gesù (“L'invenzione del cristianesimo”) 184


All’interno di questo clima di superstizione primitiva possiamo ammettere alcuni dei cosiddetti miracoli di Gesù, riconducendoli a influenze di natura psicologica per le guarigioni di malattie psicogene, neurasteniche, isteriche o schizofreniche.
Comunque tutti i miracoli attribuiti a Gesù erano già avvenuti in età precristiana e presso ogni altra antica religione, come nel Brahmanesimo, nel Buddismo, ed erano così normali al suo tempo che gli stessi evangelisti attribuiscono la capacità di compiere miracoli anche ai rivali di Gesù (Matteo 12, 27; Marco 9, 38; Atti 8, 9ss). In tutte le religioni, infatti, la massa vuole prodigi, magie, non autentica spiritualità.

Quando Giovanni Battista, imprigionato da Erode Antipa, mandò i suoi discepoli a chiedere a Gesù se fosse colui che doveva venire – ignorando di aver dichiarato al momento del battesimo che riconosceva in Gesù il Messia (Matteo 3,11-17) - egli rispose: "Andate a riferire a Giovanni quello che voi udite e vedete: i ciechi vedono, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono mondati, i morti risorgono... " (Matteo 11,2-5; Luca 7,18-22).

Qui è indubbio che ci troviamo di fronte a delle chiare invenzioni mitologiche, anche se possiamo ammettere che Gesù, fin dall'inizio della sua vita pubblica, oltre alla predicazione messianica, si dedicasse alle pratiche di esorcismo e di guarigione, facoltà da lui apprese dagli esseni, che erano considerati dei terapeuti. Il clima di esaltazione e di fanatismo dell'epoca favoriva il proliferare di forme estreme d'isterismo, spesso di origine religiosa. Gli indemoniati e i posseduti erano molto diffusi, specie tra la gente più povera. Si trattava, in realtà, di individui psichicamente disturbati che, per un fenomeno che oggi potremmo definire di psicosomatismo, accusavano disturbi fisici di vario genere: dal rattrappismo degli arti, alla cecità, al mutismo, al delirio di autopunizione e così via.

Secondo la mentalità dell'epoca, ogni malattia era frutto del peccato e di conseguenza la guarigione era prima morale e poi fisica. Gesù, che frequentando i terapeuti esseni aveva probabilmente sviluppato una sensibilità così acuta da entrare facilmente in sintonia con questi disturbati, convinti di essere posseduti dal demonio, con estrema semplicità e senza complicati rituali, li convinceva del perdono dei loro peccati e così li liberava dalle loro ossessioni, dai loro mali oscuri. Ma per farlo aveva bisogno di una fede cieca da parte loro nei suoi poteri taumaturgici e dell'appoggio psicologico dei presenti. In caso contrario, falliva. Ce lo conferma Matteo quando ci spiega che Gesù a Nazareth "...non fece miracoli a causa della loro incredulità" (Matteo 13,58).

Giovanni Battista


lunedì 20 agosto 2012

Il falso Jahvè. Incongruenze storico-linguistiche dei testi biblici. 143


La Bibbia annovera in tutto trentanove libri canonici. Vedremo in seguito che i libri canonici erano quaranta, ma uno di essi, detto il Libro di Jashar o Libro del Giusto, fu tolto per contrasti religiosi tra giudei ed edomiti.

Per quanto riguarda le attribuzioni, i Cinque Libri di Mosè, come ci narra il Deuteronomio. erano stati messi per iscritto dallo stesso Mosè sul monte Nebo poco prima di morire; i libri di Giosuè, dei Giudici e i due libri di Samuele venivano considerati registri sacri, conservati a Silo dal profeta Samuele, e i due libri dei Re erano ritenuti il prodotto della penna del profeta Geremia. Similmente si credeva che re David fosse l'autore dei Salmi e re Salomone quello dei Proverbi e del Cantico dei Cantici.

Ma fin dal diciassettesimo secolo, all'alba dell'età moderna, alcuni studiosi sollevarono interrogativi molto inquietanti sull'affidabilità storica e sulla presunta rivelazione divina della Bibbia. Fecero osservare che Mosè non poteva essere l'autore dei Cinque Libri a lui attribuiti dal momento che l'ultimo, il Deuteronomio, ne descriveva in modo dettagliato le circostanze della morte quasi che Mosè avesse collaborato alla sua stesura post mortem. Osservarono poi che il testo biblico era zeppo di digressioni letterarie riferite a località, nomi, costumi e perfino animali (ad esempio i cammelli) inesistenti ai tempi di Mosè in Egitto.

Mosè


I miracoli nell'antichità (“L'invenzione del cristianesimo”) 183


Sono un'altra colossale bufala che la Chiesa ha sempre strumentalizzato, calcando la credulità delle masse ingenue e superstiziose. Gli italiani, vivendo in un Paese fortemente cattolico, sono convinti che i miracoli siano una prerogativa della loro religione. Ma non è così e non è mai stato così. Ai miracoli l'umanità ingenua ha creduto da sempre e nell'antichità più che ai nostri giorni.

Ai tempi di Gesù, non solo in Palestina, ma in tutto l'impero romano, i miracoli erano all'ordine del giorno. Il mondo antico era dominato dalla superstizione e da fedi apocalittiche per cui il soprannaturale e il meraviglioso erano la norma, non l'eccezione. Ovunque vagabondavano visionari, guaritori, taumaturghi, ispirati da dio, ai quali venivano attribuiti miracoli di ogni genere, anche resurrezioni.

Fiorivano i culti iniziatici più disparati, improntati alla magia e alla mantica, che spesso mescolavano atteggiamenti penitenziali e orgiastici e prevedevano la venuta di una qualche divinità celeste. Petronio Arbitro riassume in una battuta sarcastica lo spirito della sua epoca affermando che le presenze divine pullulavano così numerose al suo tempo che era più facile, per la strada, incontrare un dio che un uomo. Tutti facevano miracoli, anche gli Imperatori. Vespasiano, come ci tramandano Tacito e Svetonio, guarì paralitici e ciechi, esattamente come faceva Gesù, spalmando sulle ciglia un miscuglio di saliva e di polvere.

Contemporaneo di Gesù visse il filosofo neopitagorico Apollonio di Tiana che percorse l’Asia Minore, la Siria, la Grecia fino a Roma, operando prodigi e miracoli come un inviato divino, e dopo la morte, secondo i suoi discepoli, resuscitò e salì al cielo. Una controfigura di Gesù.
Erano rari gli uomini totalmente estranei all’atmosfera di psicosi religiosa di massa, come Luciano di Samosata (il Voltaire del suo secolo), i cinici Enomao di Gadara e Diogene Laerzio, che schernivano spietatamente l’esercito dei bigotti e degli stupidi.

Invece, Cicerone e Strabone, che non credevano negli dèi e nei miracoli, ritenevano che fosse necessario condurre al timore di dio le donne e il popolino, mediante favole e storie miracolose. Cioè attribuivano, saggiamente, alla religione una funzione politica.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)