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sabato 31 marzo 2012

Il falso Jahvè. Il sincretismo religioso in Israele prima della riforma di re Giosia 90


Durante il periodo intercorso tra la conquista della terra di Canaan (1230-1220 a.C.) e la riforma religiosa di re Giosia (539-586), accanto al monoteismo professato prevalentemente dalla schiera dell'esodo, era ancora molto diffuso tra le tribù d'Israele il pluralismo religioso.

Ce lo confermano numerosi dati che ricaviamo dai libri dei Re e delle Cronache, dai reperti archeologici, dai nomi di alcuni luoghi importanti per il culto e dalle violente invettive dei profeti contro l'idolatria.. Questa situazione durerà fino a dopo l'esilio babilonese, quando il monoteismo rigoroso s'imporrà come professione di fede fondamentale di tutto Israele. (Morton Smith, Palestinian Parties and Politics That Shaped the Old Testament, pagg.15-56).

Prima della costruzione del Tempio di Gerusalemme i centri cultuali degli israeliti erano numerosi e sparsi in tutto il territorio. Praticamente tutte le colline elevate e i grandi alberi frondosi erano usati per celebrare sacrifici e bruciare incenso non solo a Jahvè ma ad altre divinità più o meno collegate al suo culto, come Ashera, considerata sua consorte, le schiere celesti e le divinità nazionali dei paesi vicini. A proposito di Ashera, è stata trovata un'iscrizione tardo-monarchica della Sefela, nel Regno di Giuda, che la dichiara apertamente la compagna di Jahvè.

Morton Smith


I cristiano-giudei si dividono in due schieramenti (“L'invenzione del cristianesimo”) 78


Col passare del tempo i cristiano-giudei si divisero in due schieramenti: i nazirei giudei e quelli ellenisti. Il primo gruppo era costituito da ebrei nati e residenti in Palestina; il secondo dagli ebrei della diaspora, fortemente ellenizzati, rientrati a Gerusalemme. Pur nella comunanza della stessa religione, erano diversi per la lingua usata (aramaico per i primi, greco per i secondi). Uno dei capi degli ellenisti era Stefano, giovane dotato di un'oratoria straordinariamente efficace.

Costui, sfoggiando una gran dottrina ricca di citazioni e reminiscenze bibliche, attaccò ripetutamente i sadducei e i farisei con l'accusa di aver tradito Gesù, consegnandolo ai romani. Ritenuto blasfemo per le sue accuse, e per aver dichiarato di aver visto, in una visione celeste, il Messia Martirizzato assiso alla destra di Dio Padre in attesa di ritornare sulla Terra per dare inizio al nuovo regno d’Israele, fu lapidato dalla folla inferocita (senza che i romani intervenissero minimamente ad impedirlo, a dimostrazione che gli ebrei erano liberi di eseguire sentenze di morte per motivi religiosi e non dovevano ricorrere al prefetto romano).

I cristiano-ellenisti subirono allora una dura persecuzione, soprattutto per opera di un giovane fariseo della diaspora chiamato Shaul, poi conosciuto come Paolo di Tarso (il San Paolo della Chiesa). Molti furono arrestati e condannati a morte, altri si salvarono rifugiandosi in Asia ove crearono nuove comunità ad Antiochia, a Damasco e a Cipro.

Così il cristianesimo cominciò a diffondersi anche tra gli ebrei della diaspora che erano circa tre milioni sparsi nelle varie contrade dell'impero romano ed erano rimasti, più o meno, fedeli all'osservanza della legge ebraica. Il cristianesimo era considerato da costoro un completamento della legge mosaica e nessuno di essi ventilava l'ipotesi che fosse una nuova religione. Saranno questi cristiani ellenisti, fuoriusciti dalla Palestina, che, come vedremo nel proseguo del libro, daranno origine al nostro cristianesimo quando Paolo ne diverrà il capo indiscusso.

Per venire incontro a questi cristiani ebrei di lingua greca, il Protovangelo di Matteo o Vangelo degli Ebrei, fu tradotto dall'ebraico in greco, con l'aggiunta della genealogia di Gesù, avente lo scopo di dimostrare la discendenza davidica del Messia e di conferire più autorevolezza a chi lo predicava.

venerdì 30 marzo 2012

Un'inchiesta del Pew Research Forum rileva che “gli americani sono sempre più stanchi della religione nella politica”


L'ingerenza massiccia della Chiesa Cattolica e di altre confessioni protestanti negli affari pubblici comincia a suscitare fastidio e irritazione in larghi strati dell'opinione pubblica americana. Lo rileva un’articolata inchiesta del Pew Research Forum, che fa confronti con gli anni passati.

Negli Stati Uniti, con il processo di secolarizzazione e l’emergere massiccio di non credenti e laici, soprattutto tra i democratici,ma anche in misura minore tra i repubblicani, l'ostentazione del servilismo religioso da parte dei politici nei confronti delle Chiese non viene più accettato dalla maggioranza dei cittadini. Infatti, tra il 1996 e il 2012 coloro che sono favorevoli ad uno stato laico e ritengono che le chiese debbano rimanere fuori dalla politica sono passati dal 43% al 54%, superando i sostenitori dell’ingerenza, che calano nettamente dal 54% al 40%.

I laici e i non credenti cominciano finalmente ad alzare la testa e a fare, senza paura, il coming out. Infatti, quasi ventimila non credenti si sono radunati sabato 24 marzo a Washington per il Reason Rally, realizzando quella che è stata probabilmente la più grande manifestazione incredula di sempre negli Usa.

L’iniziativa aveva lo scopo di mostrare alle autorità politiche della capitale che il crescente numero di atei, agnostici e umanisti negli Stati Uniti non giustifica più l’atteggiamento filo-confessionale che caratterizza da tempo sia il Partito democratico sia, in misura molto maggiore, quello repubblicano, e che comincia ormai a non essere più apprezzato persino da molti credenti.

I partecipanti, tra i quali molti giovani, ed equamente divisi per genere, non si sono lasciati intimorire nemmeno dalla pioggia battente, e hanno assistito fino alla fine ai numerosi eventi in programma, tra i quali l’intervento di Richard Dawkins, quello del figlio ateo del capo dei fondamentalisti della Westboro Baptist Church, e infine il concerto dei Bad Religion. David Silverman, il leader di American Atheists, ha comunicato dal palco di avere “un messaggio per l’America: siamo qui, e non resteremo più in silenzio”.


Le regole ascetiche dei nazirei (“L'invenzione del cristianesimo”). 77


 Lo zelo dei nazirei nel rispettare rigorosamente la Legge, il loro amore per la povertà e la dedizione ai bisognosi favorirono la crescita costante, anche se lenta, del loro numero, che rimase pur sempre limitato (G.Thiessen, Gesù e il suo movimento, Claudiana, Torino, 1979, p. 150) e coinvolsero anche farisei e parte del basso clero. Probabilmente, usavano come strumento di evangelizzazione una raccolta di epitomi scritti in aramaico che diede poi origine al Vangelo degli Ebrei o Protovangelo di Matteo, fatto distruggere dalla Chiesa e sostituito dai quattro Vangeli oggi considerati canonici

Gesù era sempre rimasto un ebreo fedele alle prescrizioni della Legge e la sua predicazione si era rivolta esclusivamente ai figli d'Israele. Infatti, sopravvivono nei Vangeli tracce inequivocabili che mettono in bocca a Gesù dei detti, senz'altro autentici, in cui egli dichiara che la sua missione era rivolta esclusivamente alle pecore smarrite della casa d'Israele e non ai pagani, paragonati in modo rozzo e sprezzante a “cani e porci” (Matteo 7,6 – 15,22-26).

Egli non aveva mai tentato di convertire i non ebrei, non li aveva mai indotti a lasciare il politeismo per il monoteismo. Ciò in accordo con la concezione javista, che avendo un carattere inequivocabilmente etnico-religioso, non ammetteva che nella causa messianica potessero essere coinvolti anche i non ebrei. I suoi primi seguaci, quindi, seguendo la sua linea, continuarono a diffondere la nuova dottrina esclusivamente tra gli ebrei.

Per quanto riguarda l'osservanza della Legge, considerata imprescindibile per i cristiano-giudei di Gerusalemme, ma rinnegata da Paolo, essa trova una chiara conferma nei Vangeli. "Non una iota, non un apice cadrà dalle legge" (Matteo 5,18), concetto che viene ribadito anche nella Lettera di Giacomo (Giacomo 2,8).


giovedì 29 marzo 2012

Peccato e redenzione. L'irruzione di Paolo di Tarso nella Chiesa cristiano-giudaica. 59


A questo punto, a sceneggiata conclusa, Paolo rivelò al centurione d’essere cittadino romano e di godere dei privilegi che solo una piccola minoranza degli abitanti dell’Impero poteva vantare.

Ma quando l’ebbero legato con le cinghie, Paolo disse al centurione che gli stava accanto: «Potete voi flagellare un cittadino romano, non ancora giudicato?» (Atti 22,25). Per l’autore degli Atti e per i suoi confratelli presenti alla scena (Luca, Timòteo e Tròfimo), lo scontro tra Paolo e gli ebrei, anche cristiani, sanciva il rigetto dei pagani da parte dei cristiano-giudei e quindi giustificava lo scisma che Paolo stava attuando con l’ebraismo.

Secondo Paolo tutti i ponti erano definitivamente tagliati ora tra il suo cristianesimo universalistico e salvifico e quello di Gerusalemme, rimasto ancora legato al messianismo javista e ad una concezione etnica e religiosa di stampo tribale.

Rinchiuso nella Torre Antonia, fu avvisato da un nipote (figlio della sorella) che quaranta giudei avevano giurato di ucciderlo. Il tribuno, preoccupato perché Paolo era cittadino romano, decise di trasferirlo a Cesarea, sotto la scorta di centinaia di soldati. A Cesarea, Paolo rimase due anni, in una specie di blanda prigionia, sotto i procuratori Felice e Festo. Il processo fu celebrato alla presenza del re Agrippa II e della sorella Berenice. 

Tempio di Gerusalemme e Torre Antonia


Le regole ascetiche dei nazirei (“L'invenzione del cristianesimo”) 76



Seguendo le regole ascetiche della comunità qumraniana vivevano in lieta povertà, distribuendo ai poveri i beni di cui disponevano, soccorrendo gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni e nei loro bisogni materiali e predicando l'imminente ritorno di Gesù dal cielo (Atti 4,32-35).

Mai passò loro per la mente che la fede nel ritorno del Risorto volesse preludere alla nascita di una nuova religione, staccata dall'ebraismo. Anzi consideravano questa aspettativa come un suo completamento, secondo quanto avevano detto le Scritture e i profeti. La dimostrazione di ciò sta nell'assidua frequentazione del Tempio, cui abbiamo accennato prima. 

Stando ai primi capitoli degli Atti, essi non avevano alcuna cognizione della natura divina di Gesù; lo ritenevano semplicemente un uomo prescelto dal Signore, e perfino la sua resurrezione non era qualcosa che lo riguardasse esclusivamente ma un segno dell'inizio dell'era messianica. Se, infatti, avessero proclamato la divinità di Gesù-Dio non avrebbero mai potuto frequentare il Tempio e avrebbero rischiato la lapidazione per la violazione del principio fondamentale dell'ebraismo: il monoteismo.

La deificazione di Cristo, che inizierà con Paolo presso i cristiani-ellenisti e verrà poi perfezionata dai Padri della Chiesa e da Costantino imperatore, era allora inconcepibile per i cristiano-giudei della Chiesa di Gerusalemme, che ignoravano pure la nascita verginale, l'istituzione dell'eucaristia e tutte le altre invenzioni mitologiche successive.

I rapporti col nazireato e con l'essenismo erano strettissimi. Infatti avevano scarsa considerazione per l'aspetto esteriore, per ogni forma di lusso e di comodità e non usavano mai forbici e rasoi.

In coerenza con la loro tradizione rivoluzionaria e messianica, erano fermamente convinti che la Fine dei Tempi fosse vicina, che Gesù sarebbe tornato sulle nuvole per compiere la redenzione d'Israele e ricostruire il Regno di Dio, provocando la catarsi finale di Israele prima e del mondo dopo. Infatti Dio: "ha fissato un giorno in cui, a rigor di giustizia, giudicherà il mondo per mezzo di un uomo che egli ha designato, dandone sicura prova col risuscitarlo dai morti" (Atti 17,31).

Questo Risorto era Gesù uomo, non Gesù Figlio di Dio. L’aspettativa escatologica, tema costante della predicazione di Gesù, era fermamente annunciata come imminente, per cui tutti erano convinti di assistervi prima della loro morte








mercoledì 28 marzo 2012

Il falso Jahvè (Genesi e involuzione del monoteismo biblico). I Giudici 89


Il libro dei Giudici, come del resto tutti i libri storici della Bibbia, ha un chiaro significato teologico che oscilla tra apostasia e castigo. I conflitti degli israeliti contro i filistei, i cananei e gli altri popoli nemici, sono il pretesto per illustrare il rapporto difficile tra Dio e il suo popolo.

Jahvè è raffigurato come una divinità arrabbiata e delusa che rinfaccia continuamente agli israeliti di averli liberati dalla schiavitù d'Egitto, di aver dato loro la Terra Promessa come eredità eterna, solo per accorgersi che erano incalliti peccatori sempre pronti a tradirlo, correndo dietro alle divinità straniere. Cosi Jahvè li deve punire mettendoli nelle mani dei nemici finché, prostrati dalla sofferenza, siano costretti ad invocare il suo aiuto e a ottenere il suo perdono.

Patto, promessa, apostasia, pentimento e redenzione, ecco la sequenza ciclica che re Giosia, attraverso la Storia Deuteronomistica da lui ispirata, vuole che il popolo di Giuda comprenda direttamente applicabile a se stesso. Solo nell'ultimo versetto del testo (Giudici, 21,25) si prospetta l'ottimistica possibilità che il circolo vizioso di peccato, castigo divino e salvezza possa venire interrotto mediante l'istituzione della monarchia.  

Re Giosia


La Parusia (“L'invenzione del cristianesimo”) 75


La resurrezione di Gesù, prontamente accettata dagli apostoli, fece abbandonare loro l'idea di rientrare alla chetichella in Galilea e li convinse a rimanere a Gerusalemme per attendere tutti insieme il ritorno del Risorto, ritenuto imminente.

Ebbe inizio così la parusia, cioè l'attesa febbrile del ritorno di Gesù dal cielo in carne ed ossa. Questa seconda metamorfosi di Gesù diede origine al cristianesimo giudaico e determinò la nascita di una setta che fu chiamata "La Via" ma che è meglio conosciuta come la setta dei "nazirei" (Atti 24, 5 e 24,14-15).
A proposito del nome "La Via" va ricordato che gli esseni nei rotoli di Qumran designavano se stessi con l'espressione "La Via", in maniera sistematica ( R.H.Eisenman, M. Wise, Manoscritti Segreti di Qumran, Piemme, Casale Monferrato (AL), 1994). Essi, ad esempio, si definivano come "I Perfetti della Via" (1QS).

In un primo tempo gli apostoli si raccolsero intorno a Pietro, ai figli di Zebedeo Giacomo e Giovanni. Poi dalla Galilea giunse Giacomo, fratello di Gesù, che ben presto diventò il capo carismatico del gruppo. I nazirei si incontravano ogni giorno nel Tempio a pregare e poi si riunivano in casa di uno di loro per adempiere al rito esseno della frazione del pane. Tutte le testimonianze sono concordi nel riconoscere il loro straordinario zelo nella pratica del giudaismo rituale: la frequentazione del Tempio, la partecipazione ai sacrifici, l'osservanza delle festività e della legge ebraica, nonché il rispetto del voto di nazireato.

"Ogni giorno tutti insieme frequentavano il tempio e spezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letizia e semplicità di cuore" (Atti 2,46). Giacomo benediceva il pane e lo distribuiva ai presenti. Questa agape fraterna, come leggiamo negli Atti, non aveva niente a che vedere con la cerimonia eucaristica di futura invenzione paolina. Ai cristiano-giudei sarebbe sembrato, infatti, sacrilego ed empio collegare questo pasto comunitario al corpo e al sangue di Cristo, in una specie di cannibalismo rituale



martedì 27 marzo 2012

Urge in Italia la nascita di un partito fondamentalmente laico, anzi laicista.


Mentre in tutto l'Occidente democratico i diritti civili avanzano inarrestabili, in Italia, dove la Chiesa Cattolica, assecondata da una casta politica codarda ad essa totalmente appecorata sta instaurando una forma di teocrazia debole, piombiamo ogni giorno più nel medioevo.

Una dimostrazione eclatante la stiamo avendo proprio in questi giorni constatando come, sebbene il Parlamento europeo abbia inviato un segnale forte a favore dei diritti degli omosessuali approvando il riconoscimento da parte dei paesi dell'UE dei matrimoni fra persone dello stesso sesso, e la Cassazione italiana abbia riconosciuto anche agli omofili il diritto a costituite una famiglia giuridicamente valida, nessuna forza politica nostrana abbia sentito il dovere di proporre una legge che riconoscesse questi diritti. Anzi, il segretario della più grande forza del centro-destra italiano ha espresso apertamente posizioni clericali e sul filo dell’omofobia, mentre tutti gli altri politicanti, cioè la quasi totalità, al servizio del Vaticano e non del nostro Paese, hanno taciuto come carogne e mostrano di cascarsi sotto all'idea di fare qualcosa.

Ecco perché la Chiesa può impunemente ribadire la sua chiusura all’estensione dei diritti dei gay, bollati come “privilegi”, e impedire sistematicamente ogni larvato tentativo di colmare la distanza sui diritti civili tra il nostro Paese e le nazioni civili. Ecco perché Bagnasco, spudoratamente, pochi giorni fa, ha potuto sentenziare che lo “stato laico deve promuovere religione e non favorire ateismo”.

Avete capito bene? La laicità per questo signore deve soltanto garantire a chiunque la più ampia libertà di credere alle favole religiose, non invece di poterle ritenere delle bufale assurde. Questa è la laicità teocratica voluta e imposta dal Vaticano per cui possiamo chiederci se davvero sarebbe così sconveniente o antidemocratico condire di anticlericalismo la laicità e farla diventare laicismo. In fin dei conti si tratterebbe solo di semplice reciprocità: se il clero propina come laicità la sua teocrazia, i laici potranno essere anticlericali?

Sicuramente, non come attacco ottocentesco al credente, bensì come «difesa» dalle invadenze vaticane. Ma finché in Italia tutti i partiti vanno a gara a proclamarsi uno più cattolico e becero dell'altro, come possiamo aspirare ad una vera laicità del nostro Stato? Sperando nella nascita di un partito nuovo, assolutamente laicista, che si batta, senza compromessi all'italiana, per attuare prontamente tutti diritti civili che oggi ci vengono negati.

Quale serbatoio di voti potrebbe avere un simile partito? Enorme, secondo me. Cominciamo dai milioni di cittadini che si sentono discriminati perché omosessuali. Passiamo poi a quanti vivono con disagio la loro unione di coppia di fatto, perché priva di ogni riconoscimento giuridico; ai molti che si scontrano con la quasi impossibilità di divorziare e devono recarsi all'estero per ottenere questo loro diritto; alle donne che vedono contrastato il loro diritto all'aborto e alla contraccezione; a chi, in seguito alla legge 40, deve attuare con sommi disagi ed enormi spese il turismo procreativo all'estero; ai moltissimi che vogliono liberamente decidere il loro fine vita con un testamento biologico non dettato dai Torquemada vaticani; ai molti, sempre più numerosi, che aspirano al riconoscimento della eutanasia non solo passiva ma anche attiva. Infine, tutti coloro che, a seguito del processo di secolarizzazione sempre più inarrestabile, sentendosi non credenti e laici, diventano sempre più insofferenti dell'appecoramento dei politici alla Chiesa.

Se un partito del genere sorgesse in Italia, come quello nato nella cristianissima Polonia che ha raggiunto subito il 10 per cento dei suffragi, molti elettori che disertano le urne perché schifati dalla nostra casta politica parassitaria e imbelle, forse cambierebbero atteggiamento e l'elettorato si accrescerebbe.


Parlamento europeo


La pseudo ascensione al cielo (“L'invenzione del cristianesimo”) 74


Per quanto riguarda l'ascensione, le stesse contraddizioni e incongruenze. Matteo ad essa non accenna proprio; Marco ne parla invece esplicitamente (Marco 16,19) ma la sua testimonianza è palesemente aggiunta a posteriori perché nei manoscritti più antichi non c'è. Giovanni la fa raccontare da Maria di Magdala agli apostoli, senza che essi abbiano assistito ad essa (Giovanni 20,17-18).

Luca presenta due versioni contrastanti. Nel suo Vangelo l’Ascensione di Cristo avviene il giorno della resurrezione, nella sera della domenica di Pasqua e nei pressi di Betania. Negli Atti, invece, quaranta giorni dopo e sul Monte degli Ulivi (Luca 24,50- Atti 1,12). Per ovviare a queste contraddizioni in molti manoscritti antichi il Vangelo di Luca è stato manipolato conservando le parole «e mentre li benediceva si separò da loro», ma togliendo le altre «e venne elevato al cielo» (Luca 24,51).

Insomma non c'è nulla di certo, tutto si svolge nel vago e nel pressappoco. Ciò rende evidente che la resurrezione e l'ascensione furono il frutto di fantasie, di vari sentito dire. Sono in molti a ritenere, a cominciare da Celso, la cui opera corrosiva “Il discorso vero” (Origene, Contra Celsum, Rizzoli, Milano, 1989) fu distrutta dai Padri della Chiesa che il corpo di Gesù sia stato trafugato dalla tomba e nascosto da Giuseppe d'Arimatea e che la resurrezione e l'ascensione siano scaturite dalla fantasia delirante della "pasionaria" e presunta consorte, Maria di Magdala.

Ascensione di Gesù


lunedì 26 marzo 2012

Il falso Jahvè (Genesi e involuzione del monoteismo biblico). I Giudici 88


Quindi gli israeliti, dopo il loro insediamento, non ebbero requie dalle guerre ma si trovarono spesso, stando alla Bibbia, in situazioni pericolose sia dal punto di vista militare sia da quello religioso. Il pericolo di apostasia, cioè di ricadere nell'idolatria col rischio di perdere la protezione assicurata dal solenne Patto di Israele con Dio, era incombente a causa dei matrimoni misti e delle frequentazioni pagane.

Basti citare la saga di Sansone, il mitico eroe di Dan, che tradito e tosato dalla bella ma perfida filistea Dalida, accecato e incatenato dai suo nemici, andò incontro alla morte facendo crollare le colonne del grande tempio filisteo di Dagon a Gaza (Giud 13,1-16,31).

Seguendo le orme del libro di Giosuè, anche quello dei Giudici, che è parte integrante della Storia Deuteronomistica voluta da Giosia, ci racconta un susseguirsi di scontri di Israele coi popoli vicini e ci presenta una collezione straordinariamente ricca di figure eroiche protagoniste di imprese inverosimili e al di sopra di ogni immaginazione, che ricalcano l'antica mitologia greca.

Tanto per citare alcuni esempi: il mitico Sansone adopera una mascella d'asino, ancora fresca, per uccidere mille nemici (Giudici 13); Samgar, figlio di Anat, sconfigge seicento filistei con un pungolo da buoi (Giudici 3,31) e Is-Baal, il Cacmonita, sostiene da solo uno scontro durante il quale con la sua lancia trafigge ottocento uomini (2 Samuele 23,8).

Anche qui, come abbiamo osservato per la conquista di Canaan, ci troviamo di fronte a probabili conflitti per il possesso della terra e del diritto dell'acqua, nel periodo della graduale infiltrazione degli israeliti, che condussero a schermaglie locali, più o meno cruente, trasformate dagli scribi di Giosia in gesta epiche super umane. 

Samgar contro i filistei


Le controverse apparizioni del Risorto (“L'invenzione del cristianesimo”) 73


Sulle apparizioni del Risorto nei giorni successivi regna la più grande confusione tra gli evangelisti. Secondo Luca apparve ai due discepoli di Emmaus (Luca 24,13-42) e agli apostoli a Gerusalemme. Invece per Marco, Matteo e Giovanni, Gesù apparve agli apostoli solo in Galilea e mai a Gerusalemme.

Circa le apparizioni ai soli discepoli, Celso, molto acutamente, si chiese perché il Risorto non apparve anche ai suoi accusatori e giudici, per dimostrare loro la sua reale resurrezione (Origene, op. cit. 2,63-64) mettendo in grande imbarazzi i Padri della Chiesa che non seppero dare al quesito un risposta adeguata.

Ma come apparve Gesù in queste sue manifestazioni, corporeo o incorporeo, riconoscibile o come un personaggio ignoto? Sia nell'uno che nell'altro modo. Infatti in Giovanni la sua figura è così solida che l’incredulo Tommaso può ficcare le dita nelle sue ferite e Gesù inoltre consuma coi discepoli un buon arrosto di pesce; dall'altra appare come un etereo fantasma che non viene riconosciuto come Gesù e può penetrare attraverso porte sigillate (Matteo 28,1-8).

Molto emblematica è la testimonianza dei pellegrini di Emmaus. Dopo aver percorso un lungo tratto di strada con uno sconosciuto, durante il quale vengono rimbrottati da costui per la loro scarsa fede nella resurrezione di Gesù, solo a tavola, al momento di spezzare il pane benedetto, s'accorgono che il loro compagno di viaggio era Gesù risorto (Luca 24,13-31).

Luca è il più confusionario degli evangelisti perché nel suo Vangelo fa avvenire tutte le apparizioni in un solo giorno, mentre negli Atti, lo stesso Luca, le fa durare quaranta giorni.

Origene


domenica 25 marzo 2012

Peccato e redenzione. L'irruzione di Paolo di Tarso nella Chiesa cristiano-giudaica. 58



Appena Paolo cominciò a parlare, la folla tumultuante si zittì e lo ascoltò in silenzio. Egli iniziò la sua difesa alludendo alla nuova dottrina della parusia, cioè dell'atteso ritorno di Gesù risorto, senza dare nessuna spiegazione di questa nuova dottrina perché era ben conosciuta da tutti i presenti, i quali si guardarono bene dal contestarla. Il tumulto riesplose violento non appena, invece, Paolo affermò che il Signore lo aveva inviato a divulgare la parusia ai pagani.

Era questo un argomento tabù per tutti gli ebrei, cristiani e non, ma nel caso di Paolo la protesta si riferiva soprattutto al suo rifiuto della circoncisione e dell’obbligatorietà della Legge per i pagani convertiti e al fatto che Paolo si faceva accompagnare per le vie della città e fino alle porte del Tempio da compagni incirconcisi.

Allora (dio) mi disse: “Va’, perché ti manderò lontano, tra i pagani”. Fino a queste parole erano stati ad ascoltarlo, ma allora alzarono la voce gridando: “Toglilo di mezzo; non deve più vivere! E poiché continuavano a urlare, a gettar via i mantelli e a lanciar polvere in aria, il tribuno ordinò di portarlo nella fortezza” (Atti 22,21-23).


La fortezza Antonia


L'enigma svelato (Il lato oscuro della verità) 110


"Ho apprezzato molto l'accenno a Jahvè, come a nostro deuccio tribale" fece Paolo con ferocia. "A Gerusalemme basterebbe questa sola frase a farti lapidare".
"Sono perfettamente d'accordo. Questo ti fa capire perché abbiamo deciso di vivere definitivamente a Damasco e di non mettere più piede in quell'opprimente città. Ma non divaghiamo. Stavo parlando dello sviluppo spirituale dell'uomo, non dell'uomo ebreo, di qualsiasi uomo viva sulla Terra".
"E tu vuoi mettere sullo stesso piano un gentile con un ebreo!" esclamò Paolo al colmo dell'orrore. "Ma non scherziamo! C'è un abisso tra noi e loro. Loro sono il Male, la negazione di Dio; noi siamo il popolo prediletto che crede in un solo Dio e che ha ricevuto da lui il dono della Legge, l'unico popolo che può aspirare alla salvezza" fece Paolo con tono perentorio.
"Già, perché un Dio, degno di questo nome, stringerebbe un patto con un'esigua tribù di beduini e ignorerebbe tutto il genere umano al di fuori di essa. Un patto tutto sommato commerciale, un "do ut des", come dicono i latini? Tu mi dai la prosperità materiale, mi garantisci la sopravvivenza contro i nemici, ed io ti adoro come l'unico Dio del clan. Andiamo, non siamo ridicoli!″
"Sei indubbiamente l'uomo più blasfemo di tutto Israele, un autentico figlio di Caino" esplose Paolo, con un'espressione piena di ripugnanza.
“Quanto poi alla Legge" riprese Davide, ignorando del tutto le parole offensive a lui indirizzate, "contiene sì delle norme morali che sono nettamente superiori all'etica dei pagani, ma sono pagliuzze nell'enorme mucchio di precetti assurdi e contraddittori che rendono ridicola la nostra vita quotidiana. Precetti che ci impongono come vestire, cosa mangiare, come e quando fare le abluzioni, che regolano in modo maniacale il giorno del riposo, i rapporti sessuali e tutti i più piccoli dettagli della nostra giornata. Precetti solo esteriori che alimentano ipocrisie, soffocano ogni forma di spiritualità. La nostra infatti è una religione sterile, vuota, ipocrita. Oggi l'umanità è ad una svolta e bisogna creare nuovi valori".
"La sedizione, l'insulto delle istituzioni, il disprezzo per la nostra santa Legge, la profanazione del Tempio. Sono questi i nuovi valori che tu predichi?” lo interruppe Paolo con sempre più feroce sarcasmo.
"La divinità intesa come interiorità, la consapevolezza dell'uomo di essere partecipe del divino, la totale libertà dello spirito e, infine, l'uguaglianza e la fratellanza universale. Questi i nuovi valori che cambieranno l'umanità” rispose pacatamente Davide, senza raccogliere le provocazioni di Paolo.
Paolo esplose in una rumorosa risata. E alzandosi dalla sedia per accomiatarsi disse: ”Nessun ebreo e nessun pagano potrà mai accettare questi tuoi assurdi valori. Comunque ci risentiremo. Sappi però che con le tue elucubrazioni non hai minimamente scalfito la mia incrollabile fede nelle Scritture”.


In nomine Domini 7


Salì nell'appartamento nobile del piano superiore. Nel salone bivaccavano alcune guardie che al suo apparire si drizzarono imbarazzate e sospettose. Dall'abbigliamento un po' dimesso lo scambiarono per un mercante. Ma una di esse, di nome Ugone, lo riconobbe e gentilmente gli disse che nessuno poteva entrare dal papa senza il permesso di Marozia. In quel mentre si udì provenire dalle stanze interne un flebile canto, appena percepibile, accompagnato dal suono di un liuto.
"Dunque il papa non sta dormendo", disse Alberico, "e vorrei almeno salutarlo, dato che è mio fratello".
Seguirono attimi di forte imbarazzo da parte delle guardie che si consultarono tra di loro sul da farsi. A causa del loro vocio, sia pure appena sommesso, il canto cessò e poco dopo la porta si socchiuse. Si affacciò l'eunuco Ursino, inviato da Giovanni per vedere se era arrivata Marozia. Di tanto in tanto la Senatrice saliva a rincuorare il figlio che sapeva sperduto e intimorito. Vide Alberico, che conosceva bene, e rimase muto dalla sorpresa. Non sapendo cosa fare, chiuse la porta e tornò da Giovanni a riferire. Poco dopo la porta si aprì e Ursino fece cenno ad Alberico di entrare. Giovanni era così depresso per quell'improvviso e forzato trasferimento e così impaurito dall'incombente congiura che anche la presenza del fratello gli parve un sollievo.
Dopo alcuni brevi convenevoli, abbastanza affettuosi, Alberico fece capire al fratello che voleva parlare con lui a tu per tu, senza presenze estranee. Giovanni fece un cenno con la mano e Terenzia e Ursino si ritirarono in un'altra stanza.
"Finalmente soli, uno di fronte all'altro, per poterci parlare con sincerità", sbottò con un disteso sorriso Alberico. "Sapessi quanto ho desiderato questo incontro!"
"Nostra madre non ne sarà felice", fece Giovanni scuotendo sconsolato la testa. "È molto contrariata dalla tua dura opposizione alle sue nozze e teme che tu possa influenzarmi negativamente a questo riguardo".
"Magari lo potessi! Ma tu sai bene che i giochi ormai sono fatti e che fra poco più di un mese nostra madre sposerà quel cinghialone immondo di re Ugo, nonostante l'opposizione di quasi tutta la nobiltà romana, di molti signori d'Italia, e contravvenendo alle norme canoniche che vietano, pena la scomunica, il matrimonio tra cognati".
"Re Ugo ha dichiarato che Guido di Toscana, secondo sposo di nostra madre, non era suo fratello uterino perché la levatrice lo aveva sostituito nella culla con un altro neonato", tentò di spiegare Giovanni, con scarsa convinzione.
"E tu, babbeo, hai creduto alla mostruosa menzogna di quello spergiuro, accreditandola e consentendo le nozze incestuose", ribatté prontamente Alberico. "Per poter sposare nostra madre, e tramite questo matrimonio impadronirsi di Roma, di cui nostra madre è signora unica e incontrastata, e poter in seguito ottenere da te l'incoronazione imperiale, quel mostro ignominioso non ha esitato ad infangare la memoria di sua madre Berta dichiarando che Guido di Toscana, Lamberto ed Ermengarda non erano suoi fratellastri, ma figli di non si sa quale baldracca. E quando il marchese Lamberto, preso dallo sdegno, ricorrendo al giudizio di Dio, lo ha prima sfidato e poi battuto ignominiosamente, sbugiardandolo davanti a tutti, a tradimento lo ha accecato e imprigionato. Questo è l'uomo che nostra madre sposerà tra poco per assecondare la sua fregola di diventare regina e imperatrice".
Giovanni ascoltava e taceva. Il suo viso malinconico e triste si era fatto ancor più pallido ed emaciato e aveva assunto un'espressione di forte sofferenza. Nel suo animo si scontravano due opposti sentimenti: l'amore incondizionato verso la madre e le dure e spietate parole del fratello, che sentiva sincere e veritiere.
"Nostra madre non tradirà mai Roma e non permetterà che diventi un feudo di re Ugo", disse il giovane papa, dopo alcuni attimi di silenzio, quasi mormorando fra sé.
"Tu non conosci quel mostro", incalzò Alberico. "Le sue brame sono insaziabili e non indietreggia davanti ad alcun delitto pur di appagarle. Per consolidare il suo potere ha distribuito feudi, monasteri, abbazie e vescovadi a tutti i numerosi bastardi che ha generato con concubine di infimo rango: contadine, lavandaie e pecoraie. Più le femmine sanno di sudaticcio e puzzano di stallatico, più eccitano la sua libidine. Ma non disdegna neanche le nobildonne. Insomma un caprone immondo e puzzolente".
"Ho l'impressione che tu creda troppo alle chiacchiere del popolino", ribatté Giovanni con più vigore. "Mamma mi ha fatto leggere alcuni brani delle cronache di Liutprando, vescovo di Pavia, nelle quali re Ugo di Provenza è celebrato come un principe filosofo e filantropo".
Alberico scoppiò in una sonora risata. "Liutprando è stato nominato vescovo da Ugo ed è diventato il suo ciambellano e paggio di corte. Tiene bordone alle sue amanti celebrandole coi nomi vezzosi delle dee greche: Giunone, Venere, Diana e così via. Ecco chi è Liutprando. Inoltre è lo scrivano del re perché Ugo è perfettamente analfabeta, come del resto nostra madre, per non parlare della nonna Teodora, passata ancor giovanissima da donna di postribolo al rango di Senatrice ".


sabato 24 marzo 2012

Il falso Jahvè (Genesi e involuzione del monoteismo biblico). I Giudici 87


Nei secoli XII-XI Israele era dunque ancora costituito da società tribali separate, solo saltuariamente collegate tra loro in tutto o in parte; tribù che non avevano ancora elaborato il concetto di un'unità statale.

Le rappresentazioni di un'unione compatta e funzionante come unità organizzata è una proiezione retrospettiva risalente alla stesura della Bibbia durante il regno di Giosia, avente lo scopo di dimostrare che il popolo d'Israele discendeva da un unico patriarca ed era dunque una nazione fin dalle sue origini.

Abbiamo visto nel capitolo precedente che, in base alla Bibbia, quando gli israeliti, guidati da Giosuè, completarono lo sterminio dei cananei, «il paese ebbe requie dalle guerre» (Giosuè 11,23).

Ma il successivo libro dei Giudici ci fa chiaramente capire che ciò non corrispose al vero e che attorno agli israeliti erano ancora numerosi i cananei e i filistei e che i matrimoni misti con queste popolazioni, vedi il caso di Sansone, erano piuttosto frequenti.

Il libro dei Giudici elenca i nomi delle molte città costiere e settentrionali in mano ai cananei e ai filistei e ci fornisce pure i nomi dei loro re. Parla anche diffusamente di altre popolazioni ostili ad Israele, situate altre il Giordano: gli ammoniti, i moabiti, i cammellieri madianiti e gli amaleciti. Popolazioni queste che rappresentarono a lungo una costante minaccia per i figli d'Israele.

Sansone


Contraddizioni e incongruenze sulla pseudoresurrezione (“L'invenzione del cristianesimo”) 72


Ma vediamo come i Vangeli raccontano la resurrezione di Gesù. Secondo Marco, la mattina della domenica di Pasqua, tre donne si recano con unguenti profumati al sepolcro per l’unzione del cadavere di Gesù, ignorando che questa era già stata fatta da Giuseppe d'Arimatea con spezie del peso di «ben cento libbre» (Giovanni 19,39). In più non si preoccupano di chi le potesse aiutare a smuovere la pietra tombale, che sapevano già sigillata e molto pesante. Trovano la tomba aperta e vuota e un angelo che annuncia loro la resurrezione di Gesù. Di quest'annuncio le tre donne non dicono nulla a nessuno perché impaurite (Marco 16,8).

Successivamente Marco fa apparire Gesù anche alla Maddalena che annuncia la sua resurrezione a tutti i discepoli. Il professor Bart Ehrman, una delle massime autorità mondiali nel campo degli studi biblici e  studioso di filologia greca ed ebraica, ha recentemente fatto la sconcertante scoperta che il racconto della resurrezione di Gesù non esisteva nei più antichi manoscritti del Vangelo di Marco ma fu aggiunto molto tempo dopo da un ignoto copista. Ha scoperto anche che altri passi evangelici non esistevano nei manoscritti più antichi, come ad esempio quello dell'adultera perdonata. (Giovanni 8,3-11) (Bart D.Ehrman, Gesu non l'ha mai detto, Milano, Mondadori, 2007)

In Matteo le donne sono due e vanno solo per dare uno sguardo alla tomba, senza considerare l'unzione del cadavere (Matteo 28,1) e trovano la tomba vuota e un angelo che annuncia la resurrezione e si precipitano immediatamente «a portare la notizia ai discepoli» (Matteo 28,8). In Luca le donne sono più di tre e incontrano due angeli e dopo l'annuncio della resurrezione recano la notizia «agli undici e tutti gli altri» (Luca 24,9).
In Giovanni a scoprire la tomba vuota è la sola Maddalena recatasi di buonora al sepolcro e subito corre ad avvertire Pietro e l'altro discepolo, che Gesù amava, della sparizione del cadavere. Poi torna alla tomba e, mentre piange, vede prima due angeli vestiti di bianco e poi Gesù, che lei scambia per il giardiniere (Giovanni 20,1-17). Concludendo: per Marco e Giovanni la storia della resurrezione si verifica solo nella testa di Maria Maddalena.

Bart Ehrman


venerdì 23 marzo 2012

Usa: quasi tutte le donne cattoliche usano i contraccettivi proibiti dalla Chiesa.


L’Istituto Guttmacher ha pubblicato i risultati di un’analisi sull’uso dei contraccettivi tra le donne statunitensi. Il tema è d’attualità a causa delle feroci polemiche innescate dalla riforma sanitaria, voluta dal presidente Barack Obama, di obbligare i datori di lavoro a fornire assistenza gratuita per la contraccezione. Riforma che ha scatenato le ire furibonde e spettacolari dei vescovi cattolici e di molti protestanti fondamentalisti..

Dall'analisi è emerso che il 98% delle donne cattoliche statunitensi dai 15 ai 44 anni usa metodi contraccettivi non ammessi dalla Chiesa per evitare gravidanze indesiderate, ignorando del tutto il metodo dell'astinenza da ogni rapporto sessuale o dell’Ogino-Knaus, che consiglia rapporti sessuali in un periodo meno fertile in cui è quindi meno probabile la fecondazione dell’ovulo.

La Chiesa Cattolica, la più accanita nemica della contraccezione da essa equiparata all'aborto e quindi all'assassinio, conosce però molto bene i problemi della famiglia odierna che, per sopravvivere, deve pianificare le nascite. Così per salvare capra e cavoli ha escogitato un metodo, assolutamente ipocrita, che si rifiuta di chiamare anticoncezionale per definirlo, eufemisticamente, “atto a evitare un concepimento”- come se cambiando le parole si arrivi a modificare la sostanza delle cose - che consente di coitare senza peccare.

Per adottare questo metodo, i coniugi si devono trasformare in ragionieri della fertilità, e con tanto di termometro, alcuni attrezzi ginecologici, conoscenze del calendario e dell'aritmetica, applicare il metodo Billings o quello Rötzer (entrambi derivati dall’Ogino-Knaus e dettagliatamente spiegati dai parroci), per evitare le maternità indesiderate.

Quindi niente chimica, o, più banalmente, qualche grammo di lattice, ma calcoli ragionieristici, perché il buon dio, che pur essendo onnisciente a questo punto viene trattato da autentico citrullo, non s'incazzi al momento del coito e non s'accorga che questo viene fatto in modo da evitare il concepimento.

Ma le donne cattoliche se ne fregano altamente di queste assurde norme imposte dalla Chiesa e ricorrono felicemente alla pillola. Oltre alla pillola il 69% delle donne (e il 68% di quelle di religione cattolica) usa anche altri metodi contraccettivi ad alta efficacia (come la sterilizzazione, la spirale intrauterina e il profilattico), tutti ferocemente proibiti dai vescovi.

Ciononostante, la gerarchia cattolica e in parte quella protestante, nonché i politici collegati alle istituzioni religiose, soprattutto maschi di destra repubblicani, fingono di non vedere il plateale menefreghismo delle donne appartenenti ad ogni credo religioso e continuano la loro ignobile, ipocrita e stupida campagna contro i contraccettivi, cioè contro la libertà sessuale femminile, arrivando al punto di trattare pubblicamente come sgualdrine le donne che chiedono la contraccezione gratuita.

Pillole anticoncezionali


Antiche leggende sulla resurrezione degli dèi (“L'invenzione del cristianesimo”) 71


Abbiamo visto in precedenza che il mondo antico, soprattutto ai tempi di Gesù, era dominato dalla superstizione più ampia, diffusa a tutti i livelli sociali, per cui visionari, guaritori e taumaturghi operavano ovunque pseudomiracoli di ogni genere, comprese le resurrezioni.

Prima di Cristo, secondo le leggende antiche, erano resuscitati dai morti il babilonese Marduk e molti altri dèi, come il siriano Adone, l’egiziano Osiride, il tracio Dioniso, per citarne alcuni. I miti di questi dèi erano diffusi in tutto l'Oriente e molto noti anche in Palestina. A similitudine di Gesù, essi avevano subito sofferenze e martirio ed erano anche morti sulla croce. Le analogie col culto cristiano ci appaiono incredibilmente simili.

Per fare un esempio: Marduk fu arrestato, processato, condannato a morte, fustigato e giustiziato assieme a due malfattori. Dopo la resurrezione discese agli inferi per liberare le anime dei defunti. Insomma la sua vicenda è analoga a quella di Gesù, per cui la pseudo resurrezione del Galileo apparve al suo tempo quasi normale.

Solo che riguardo a questo importantissimo avvenimento le contraddizioni, le incongruenze e le assurdità superano ogni immaginazione al punto che la teologia storico-critica lo giudica privo di ogni veridicità. La resurrezione vera e propria, infatti, non viene raccontata dai Vangeli canonici ma solo dal Vangelo apocrifo di Pietro, non riconosciuto dalla Chiesa.

I Vangeli canonici si limitano esclusivamente a far rilevare che le pie donne trovarono il sepolcro vuoto e ciò fece sorgere nell'antichità, ma anche nel Medioevo, la tesi che la sparizione del cadavere di Gesù fosse opera di Giuseppe di Arimatea con la connivenza della Maddalena.

Il dio Marduk


giovedì 22 marzo 2012

Peccato e redenzione. L'irruzione di Paolo di Tarso nella Chiesa cristiano-giudaica. 57


La reazione dei presenti fu violentissima, come Paolo s’aspettava. “Allora tutta la città fu in subbuglio e il popolo accorse da ogni parte. Impadronitisi di Paolo, lo trascinarono fuori del Tempio e subito furono chiuse le porte.

Stavano già cercando di ucciderlo, quando fu riferito al tribuno della coorte romana che tutta Gerusalemme era in rivolta. Immediatamente egli prese con sé dei soldati e dei centurioni e si precipitò verso i rivoltosi. Alla vista del tribuno e dei soldati, cessarono di percuotere Paolo.

Allora il tribuno si avvicinò, lo arrestò e ordinò che fosse legato con due catene” (Atti 21,30-33). Paolo sapeva di rischiare grosso, ma la presenza capillare dei romani (la Torre Antonia, loro presidio, era molto vicina in linea d’aria al Tempio) e la loro rapidità d’azione lo rassicuravano.

Probabilmente aveva calcolato tutto a puntino. Infatti al centurione non rivelò subito di essere cittadino romano, aspettò prima di aver da lui il permesso di rivolgersi alla folla con la scusa di calmarla, in realtà per provocarla ulteriormente.

Arresto di Paolo


La pseudo resurrezione (“L'invenzione del cristianesimo”) 70


Mentre i seguaci di Gesù, rintanati nei pressi della Piscina di Siloe, frastornati e increduli dell'ignominiosa fine del loro capo, s'accingevano a rientrare alla chetichella in Galilea, Maria di Magdala, in preda a viva esaltazione, corse ad annunciar loro che aveva trovato la tomba del Maestro vuota.

Quest'annuncio fu come una folgorazione che dileguò per incanto il loro sconforto e trasformò la sensazione di sconfitta, causata dalla morte del loro presunto Messia, nell'euforica certezza della sua resurrezione. 

Una nuova speranza messianica si aprì alle loro menti: il Messia di discendenza davidica era risorto e, asceso al cielo alla destra di Dio Padre, sarebbe tornato sulla Terra, come Messia Martirizzato, sotto le spoglie del Figlio dell'Uomo, preconizzato nel Libro di Daniele. Circonfuso di potere e di gloria avrebbe, dopo la cacciata definitiva degli oppressori d'Israele, rifondato il regno di David e restaurato l'antico Tempio di Salomone.

 Il nuovo regno sarebbe stato santo e imperituro e avrebbe costretto i gentili ad adorare Jahvè. Questa convinzione si diffuse rapidamente tra i seguaci di Gesù e fu alla base del mito della sua resurrezione.


La resurrezione


mercoledì 21 marzo 2012

Il falso Jahvè (Genesi e involuzione del monoteismo biblico). I Giudici 86


A guidare le tribù dopo la conquista della terra di Canaan furono i Giudici, figure carismatiche che il popolo metteva alla sua guida quando si trovava minacciato dai nemici oppure decideva di attuare una qualche conquista. 

Alcuni di questi giudici sono celebrati nella Bibbia come eroi leggendari. Debora combatté contro i cananei, Ehud contro i moabiti, Gedeone contro i madianiti, Iette contro gli ammoniti e Sansone contro i filistei. Debora era una donna condottiero che riuscì a unire tre tribù israelite di fronte a un nemico comune e celebrò in un bellissimo cantico - Il Cantico di Debora – la vittoria conseguita (Giudici 5,1-31).

Dal libro dei Giudici ricaviamo quindi che le tribù erano indipendenti l'una dall'altra e che l'unico legame tra di loro era il culto di Jahvè, che si andava lentamente radicando, in concomitanza col mantenimento degli ancestrali culti pagani. L'arca di Jahvè - vero e proprio centro cultuale itinerante- era il santuario centrale delle tribù. Veniva trasportata in varie località (sono citate Sichem, Mizpa, Gilgal, Bethel e Silo), dove gli israeliti si radunavano regolarmente per rievocare la loro storia e i loro doveri nei confronti dell’Alleanza.

A poco a poco si determinò tra le dodici tribù una sorta di federazione simile a un'anfizionia sacra, cioè a una unione di genti vicine attorno ad un santuario centrale comune, analoga a quelle che si svilupperanno nell’area greco-italica (Martin Noth, Storia d'Israele).


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Informazioni personali

Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)