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mercoledì 31 ottobre 2012

Il falso Jahvè. L'esilio e il post esilio. .174


Oltre che a rafforzare lo spirito dell'osservanza della Legge e del culto di Jahvè, la lontananza dalla patria consentì agli esuli di sentirsi uniti spiritualmente ed etnicamente e di alimentare, senza cedimenti e incertezze, la speranza nel ritorno. 

Ma la superiore cultura babilonese esercitò sugli esuli, nonostante vivessero in una "enclave" spirituale ed etnica, un influsso di incalcolabile portata che riguardò la concezione dell'origine del mondo (con notevoli riflessi anche sulla Bibbia), il calendario mesopotamico, la terminologia babilonese e, soprattutto, l'adozione dell'aramaico - dopo l'avvento di Ciro - divenuto la lingua comune dell'intera regione, e della sua scrittura con l'alfabeto quadrato in uso ancora oggi in Israele in sostituzione di quello fenicio (Bernard Comrie, The Major Languages of South Asia, The Middle East and Africa).

Gli esuli furono indotti a nuova speranza da due grandi profeti dell'esilio: Ezechiele e Isaia Deuteronomio. Soprattutto il Deuteroisaia – il secondo Isaia, rimasto anonimo – preannunciò la liberazione e il ritorno dall'esilio alla stregua di un nuovo esodo dall'Egitto, una nuova marcia attraverso il deserto verso Gerusalemme per riedificare il Tempio, restaurare il regno di David in un Israele unificato. Così, in un tempo di esilio, di ignominia e spesso di disperazione, veniva posto il fondamento di una nuova speranza.

Isaia profeta


Serve un nuovo e rivoluzionario metodo educativo. (“L'invenzione del cristianesimo”) 245


L'unica soluzione possibile è far ricorso ad una nuova educazione, le mille miglia lontana da quella praticata oggi in tutto il mondo, anche in quello più evoluto. Bisogna educare i giovani, fin dalla prima infanzia, con metodi scientifici e razionali, rigettando, o evidenziando come tale, tutto quanto sa di mitico, fabuloso e irrazionale.

Questo, non per trasformare ognuno di noi in uno scienziato, ma semplicemente in un uomo normalmente razionale, che utilizza alla meglio il cervello imperfetto che la natura gli ha dato. Una tale rivoluzione dell'educazione potrebbe completarsi nel giro di una sola generazione, se politici, genitori e insegnanti fossero d'accordo, e senza gravare sulla spesa pubblica trasformerebbe radicalmente il nostro pensiero, la nostra cultura, e le sorti dell'intero pianeta che trabocca letteralmente di idee sbagliate. Lo Stato che per primo attuasse questa riforma diventerebbe, ipso facto, il più progredito del mondo.

Perché un'educazione, basata sulla razionalità, sviluppa la creatività e la democrazia in quanto apre la mente allo studio oggettivo, rigoroso e scientifico della realtà che ci circonda, e porta chi la coltiva a prendere decisioni informate, dedotte dall'osservazione dei fatti esaminati, e non da principi campati in aria e dedotti da miti.

martedì 30 ottobre 2012

Ildegarda di Bingen è stata proclamata il 7 ottobre Dottore della Chiesa. Ma il modello femminile cattolico resta ancora la donna medioevale.


Di tanto in tanto la Chiesa dà un contentino alle donne, ma l'ultimo contentino, cioè la proclamazione di Ildegarda di Bingen Dottore della Chiesa, dopo mille anni dalla sua morte, appare strumentale e incoerente, una sorta di quota rosa che offende tutte le donne che dalla Chiesa aspettano ancora il riscatto culturale e sociale che proprio Ildegarda di Bingen aveva provato a dare.
Ancora oggi, infatti, in pieno XXI secolo, la donna è considerata dalla Chiesa, Cattolica maschilista e sessuofoba, inferiore all'uomo e discriminata. Per uscire dal suo stato di inferiorità, che perdura dalla nascita del cristianesimo, la donna deve assolutamente superare la sua più grave discriminazione: accedere al sacerdozio e rivestire poteri decisionali nel governo della Chiesa.
La ragione fondamentale che induce la Chiesa ad escludere le donne dal sacerdozio è la seguente: “Gesù Cristo non ha chiamato alcuna donna a far parte dei dodici”. Ma questa affermazione sottace al fatto che ai tempi di Gesù nella società ebraica la donna era considerata alla stregua di una minorenne, priva di indipendenza e di diritti, quindi irresponsabile, al punto che doveva restare in piedi mentre il marito o il genitore mangiavano. Chi avrebbe mai preso in considerazione una donna come apostolo?
San Paolo, il vero fondatore del cristianesimo, considerò la donna non solo interiore all'uomo ma per di più una creatura volgare, carnale e seduttrice. È Eva (donna), la peccatrice per antonomasia (Tertulliano, De exhortatione castitatis 9,10). Tutti i grandi dottori della Chiesa abbracciarono in pieno la misoginia paolina e furono concordi nell'affermare che la donna doveva servire solo alla propagazione della specie.
Sulla scia di Paolo, per quasi venti secoli, la donna è stata dileggiata da dottori e teologi in mille modi: «porta del diavolo» (Tertulliano), «male di natura» (Giovanni Crisostomo), «insaziabile» di piacere (Girolamo), «di mente instabile» (Gregorio I), «sacco di escrementi» (Odo, abate di Cluny), «una sorta di inferno» (Pio II), «osso in soprannumero» (Bossuet), arrivando, in casi estremi, a negare perfino che possedesse l'anima. Solo, infatti, nel Concilio di Trento le fu apertamente riconosciuto di possederla. Ecco perché fino al XX secolo le fu vietato di accostarsi «ai sacri altari», perfino di “servire” messa o cantare in chiesa.
Solo a partire dal Vaticano II, grazie anche all’influenza del movimento femminista, cominciò a essere posta in discussione la  misoginia cattolica. Ma soltanto a parole. Sebbene la società di oggi non sia più quella del tempo di Gesù, e la posizione della donna nella nostra società sia parificata all'uomo, la Chiesa non ne prende atto e persegue nella sua discriminazione.
Le donne nella Chiesa non solo sono escluse dal sacerdozio ma non hanno alcun potere decisionale sui problemi più importanti, quali l’interpretazione delle Scritture e il Catechismo. Tutto è scritto da uomini e la Chiesa è gestita esclusivamente da uomini.
Perché allora le donne cattoliche non si ribellano, ricorrendo a tutti i mezzi pacifici per ottenere ciò che spetta loro? Comincino a disertare le chiese, a non offrire la loro opera, a non versare l’otto per mille, a non mandare le loro figlie al catechismo. Insomma, ricorrano ad ogni mezzo legale per ottenere giustizia. altrimenti dovranno rassegnarsi alla perenne emarginazione religiosa. 

Ildegarda di Bingen


Per liberare l'umanità dall'oscurantismo religioso serve un nuovo illuminismo. (“L'invenzione del cristianesimo”) 244


Gran parte dell'umanità è ancora succube dell'oscurantismo religioso e dilaniata dai continui conflitti che esso suscita nel mondo, ma, fortunatamente, la mentalità laica si sta rapidamente diffondendo in tutto il pianeta per merito della scienza e della cultura che vanno espandendosi a ritmo sempre più veloce e inarrestabile attraverso i mass media, ormai globalizzati.

Tutto l'Occidente sente avvicinarsi una nuova ventata di illuminismo. La lotta per il suo affermarsi, però, sarà ancora aspra e dura e richiederà una forte pressione sulla classe politica attuale, ancora condizionata dalle lobby religiose, per costringerla a concedere, finalmente, tutte le libertà fondamentali del cittadino, e a proporre una nuova scienza dell'educazione che sviluppi nei giovani la razionalità e l'indipendenza del pensiero e porti l'umanità a rifiutare tutte le barriere religiose e a creare un clima di pacifica convivenza tra i popoli.

Che cosa potrebbe, verosimilmente, aiutare miliardi di esseri umani a superare le barriere religiose che imbrigliano la mente umana? Non certo vietando le religioni con la forza, chiudendo d'imperio chiese, moschee, sinagoghe e templi vari, come hanno tentato di fare, inutilmente, i regimi comunisti di infame memoria. Tutto ciò le radicherebbe ancor di più nella nostra psiche. E allora?

Illuministi a Parigi


lunedì 29 ottobre 2012

Il falso Jahvè. L'esilio e il post esilio La deportazione a Babilonia.173


Come pegno per il ritorno decisero di riscuotere regolarmente la tassa per il Tempio e di farla giungere a Gerusalemme. Allo scopo di consolidare il più possibile il sentimento d'appartenenza al popolo di Jahvè, e anche per accentuare la loro distinzione dagli altri popoli, si imposero l'osservanza rigida del culto della Torah, cioè della Legge mosaica restaurata da Giosia.

La circoncisione, non praticata in Mesopotamia, fu applicata con rigore e diventò il segno distintivo dell'appartenenza al popolo d'Israele e del Patto dell'Alleanza con Jahvè. Non si era ebrei se non si era circoncisi. L'osservanza del riposo del sabato, dei riti di purificazione, delle norme alimentari e delle feste commemorative, furono rigorosamente imposte, nonostante che la loro applicazione richiedesse immensi sacrifici in una terra straniera di così diversi costumi.

Durante i cinquant'anni d'esilio i deportati, che erano in gran parte l'élite d'Israele, rimasero fedeli alla riforma di Giosia e ripresero i testi del Pentateuco e della Storia Deuteronomistica apportando aggiunte e revisioni, per cui questi testi raggiunsero in sostanza la loro forma finale. Geremia, nel suo libro descrisse la situazione in Giuda durante l'esilio, mentre Ezechiele, esiliato, fornì informazioni sulla vita e le speranze dei deportati ebrei a Babilonia. 

Geremia profeta


La Chiesa ha sempre occultato le sue gravi colpe storiche (“L'invenzione del cristianesimo”) 243


Secondo il già citato Karlheinz Deschner, autore della monumentale e documentatissima "Storia criminale del cristianesimo", la Chiesa Cattolica, nei duemila anni della sua esistenza, si è resa colpevole di immani crimini in Europa, America e Africa, avvallando persecuzioni, evangelizzazioni coatte, crociate contro gli infedeli, genocidi, distruzioni di intere civiltà e culture. Purtroppo, una vera e completa autocritica della storia passata, che riconoscesse questi crimini, non è mai stata fatta dalla Chiesa.

Anzi, la consapevolezza delle sue gravi colpe storiche, è sempre stata da essa occultata e, farisaicamente sottaciuta, anche dalla cultura laica dell'Occidente. Malgrado questi trascorsi, pieni di violenza e di orrore, papa Wojtyla e certi stolidi politici italiani, pretendevano di inserire nella Costituzione Europea un richiamo alle radici cristiane. Belle radici di violenza e di oscurantismo!

Le vere radici dell'Europa, semmai, sono ben altre: la democrazia dell'antica Grecia, l'Umanesimo italiano che ha rivalutato l'uomo schiacciato dall'oscurantismo medioevale, l'Illuminismo francese e la Rivoluzione che ne derivò e le cui istanze di libertà, uguaglianza e fraternità, sempre combattute ferocemente dalla Chiesa, segnarono l'inizio della moderna democrazia. Il 14 Luglio, che è la festa nazionale francese, dovrebbe essere proclamato festa nazionale europea, perché in quel giorno del 1789 sono state gettate le premesse che hanno fatto nascere le moderne democrazie laiche d'Europa.






K. Deschner


domenica 28 ottobre 2012

Peccato e redenzione. La pedofilia. 116


Paolo Flores d'Arcais nel suo libro “La sfida oscurantista di Joseph Ratzinger” si pone la domanda: “Negli ultimi tre decenni, la Chiesa gerarchica di papa Wojtyla e di papa Ratzinger ha denunciato a polizia e magistratura i casi di pedofilia ecclesiastica di cui veniva a conoscenza?”

La risposta purtroppo è un categorico “Mai”. Ciò dimostra in modo lapalissiano la totale omertà della Chiesa e fa capire di "chi" sono le responsabilità per la tragedia di decine di migliaia di bambini violentati da sacerdoti cattolici.

Non solo la Chiesa di Wojtyla e di Ratzinger non ha mai voluto denunciare al "braccio secolare" i suoi pastori colpevoli ma li ha sempre perdonati, nascosti, protetti, in taluni casi perfino imboscati, frapponendo tutti gli ostacoli possibili per impedire che venissero perseguiti dalla giustizia, perché la Chiesa si è sempre considerata santa anche quando commetteva le più infami nequizie.

Paolo Flores d'Arcais


In nomine Domini 36


Al rientro in Laterano, il papa condusse il diacono nelle stanze della segreteria di Stato da poco liberate dal nobile Macuto, rinchiuso nelle segrete di Castel Sant'Angelo per alto tradimento. Ascanio stentò a riconoscerle. Quando, assieme al cardinale Giacomo, amministrava lo Stato, sembravano celle monacali, piene di rotoli e di documenti. Ora si erano trasformate in stanze satrapesche, tanto erano ridondanti di tappeti, arazzi e mobili sontuosi.
"Appena avremo conferma della conciliazione, tu tornerai a vivere qui, almeno di giorno", disse il papa ad Ascanio. "A sera tornerai nel tuo orto solitario. Ma ti darò una scorta e guai se la rifiuti. I briganti sono sempre più pericolosi e Saracino, il loro capo indiscusso, sempre più efferato. Hai visto come ha conciato il nobile Uzzone.
"In questo palazzo hai lavorato molti anni con papa Giovanni X e alcuni anni anche con me", riprese il papa che sembrava in vena di confidenze, "ma sei sempre vissuto in quest'ala dell'edificio che ospita le segreterie e gli uffizi. Non credo tu abbia mai visto gli appartamenti nei quali si trovano le stanze private dei pontefici. Ricordi il domestico Agapito, morto l'anno scorso quasi centenario? Era la memoria storica di questo palazzo. Vi ha visto entrare nell'arco della sua vita decine di papi, e solo pochi di questi sono morti tra queste mura e nel loro letto. Mi aveva preso in simpatia e mi ha spiegato un mucchio di cose passando in rassegna le varie stanze. Vieni che te le faccio vedere" concluse, prendendolo sottobraccio. E si avviò con lui verso l'altra ala del palazzo.
Ascanio lo seguì perplesso. Non gli era mai passato per la mente di entrare nelle stanze private del papa. Erano un territorio escluso dagli occhi indiscreti della gente. Percorsero un lungo corridoio che si apriva in ampie e sontuose stanze, riccamente addobbate e con molti domestici indaffarati al loro interno. Al termine del lungo corridoio entrarono in un piccolo atrio che immetteva a destra in un ricco portale, che appariva ermeticamente chiuso, e a sinistra in una stanzetta semiaperta. Un dolce suono di liuto e un gioioso vocio di fanciulle filtravano dalle stanze che si trovavano al di là dalla ricca porta. Il papa ascoltò per qualche attimo quegli allegri rumori che a lui parevano famigliari e spiegò ad Ascanio sorpreso: "Questo è il mio santuario, come lo chiamano i saraceni. Qui tra le mie adorate favorite e nella scuderia, tra i miei amati cavalli, trascorro i momenti più lieti della giornata. Peccato che fra poco", aggiunse amaramente, scrollando la testa, "sarò costretto a rinunciare a ciò che rende così lieta la mia vita". E si avviò nella stanza vicina. Era una camera molto più piccola rispetto alle altre e piuttosto disadorna, ma con un'enorme alcova al centro. Entrando il diacono ebbe l'impressione che fosse in uno stato di abbandono da molto tempo.
"Cos'ha di così importante questa camera, Santità?, chiese Ascanio stupito.
"Secondo Agapito quest'alcova è stata il campo di battaglia di mia nonna Marozia, appena quindicenne, con papa Sergio III", rispose Giovanni XII con una punta di ironia. "In essa è stato concepito papa Giovanni XI, il fratellastro di mio padre."
Ascanio ascoltò in silenzio senza dare molto peso alle parole del papa. Quella storia piccante era nota a tutta Roma da tempo immemorabile.
"Com'era questo papa Sergio?", riprese Giovanni XII. Nel tono delle sue parole c'era un specie di acredine.
"Non è stato certamente un papuncolo", rispose Ascanio, con distacco. "Potrei definirlo piuttosto un papastro per i suoi molti vizi. Ma, nonostante questi, si prodigò per la grandezza della Chiesa e di Roma. Fu un uomo molto determinato e per raggiungere i suoi scopi non indietreggiò davanti al più infame dei delitti. Per ingraziarsi Agertrude di Toscana spinse Stefano VI ad inscenare il macabro sinodo cadaverico contro papa Formoso, che lo aveva fatto prete. Fallì il suo primo tentativo di scalare il papato e fu esiliato da Roma dal vincitore Giovanni IX, ma non si scoraggiò e quando il prete Cristoforo fece deporre e uccidere Leone V per proclamarsi a sua volta papa, comprese che era giunto il suo momento. Con l'aiuto della potente famiglia Teofilatto, la vostra, Santità, catturò l'usurpatore Cristoforo e lo strangolò con le sua mani, quindi si prese la tiara. La tenne ben saldamente e fu uno dei pochi papi a morire nel suo letto, stroncato ancor giovane dai vizi e dalle crapule".
La risposta di Ascanio parve soddisfare il papa. "Hai confermato tutto quanto mi aveva riferito Agapito", disse. "Ma secondo il vecchio domestico di mio padre pare anche che papa Sergio fosse completamente ateo", aggiunse.
Ascanio annuì, sorridendo. "Giudicava tutte le religioni delle stupide e perverse invenzioni", concluse.
"E di mia nonna Marozia che mi sai dire?", riprese Giovanni XII, sempre in vena di confidenze. "Mio padre evitava sempre di parlare di lei in famiglia. Io non ho avuto tempo di conoscerla".
"Una donna straordinaria sotto molti punti di vista. Aveva il potere nel sangue e non indietreggiava di fronte a nessun ostacolo pur di conquistarlo", disse Ascanio con convinzione.
"Pare fosse molto sensuale e libidinosa", ammise il papa.
"Non proprio, ritengo. Per lei il sesso era solo uno strumento di potere, solo potere. Non amava altro che il potere. E per esso commise i due errori fatali della sua vita: far uccidere papa Giovanni X, il più grande papa del nostro secolo, e sposare re Ugo, vostro nonno".
"Manifesti sempre una smisurata ammirazione per questo papa", fece Giovanni XII con una punto di stizza. "Non era poi uno stinco di santo se è diventato papa per i meriti acquisiti nell'alcova di mia bisnonna Teodora".
"Non un sant'uomo di certo, ma un gran papa sì. Non sempre le due cose collimano", rispose Ascanio.
"Ed io, come passerò alla storia?", fece Giovanni XII, con beffarda ironia.
"Vostra Santità, se avesse tenuto fede ai giuramenti fatti all'imperatore e fosse stato più accorto nella sua vita privata, col Privilegium Ottonianum che confermava a San Pietro tutti i diritti e i patrimoni ricevuti nel passato, confermati anche dalle decretali di Leone IV, avrebbe portato la Chiesa alla sua massima potenza e sarebbe passato alla storia come un grande papa", rispose Ascanio con vivo rammarico.
"Ancora non è detta l'ultima parola", rispose Giovanni XII, manifestando il suo solito ottimismo. "Tra pochi giorni la risposta di Ottone chiarirà ogni cosa. Io sento che sarà a mio favore e in tal caso cambierò radicalmente vita e mi dedicherò totalmente al bene della Chiesa. Questi ultimi avvenimenti mi hanno maturato seriamente. Credimi!"
Ascanio non rispose. Non condivideva l'ottimismo del papa perché era troppo consapevole della gravità della situazione.
"Hai nominato le decretali di papa Leone IV", riprese il papa durante il ritorno. "Ne ho sentito parlare ma non so esattamente di che si tratti. Ricordo però che il decretalista Bonifacio le considerava false".
"La questione è molto controversa", ammise il diacono. "C'è chi dice che questa collezione di decreti emessi da alcuni papi del passato, soprattutto da Clemente I e Gregorio II, allo scopo di sancire la piena potestà del papa sulla Chiesa universale e il suo privilegio di aprire e di chiudere le porte del paradiso a chi lui volesse, nonché il diritto di possedere i territori che costituiscono lo stato di San Pietro, fu scritta da un gruppo di falsificatori papisti agli ordini di questo papa. Non si può escludere che ciò sia vero perché, ad un esame attento, e io l'ho fatto, puzzano non poco di falsità. Ma la questione non è questa. Vere o false queste decretali contribuiscono molto al rafforzamento del potere papale e alla grandezza della Chiesa, perciò vanno difese strenuamente e inserite in tutti i trattati con l'autorità imperiale", dichiarò Ascanio con decisione.
Fu a questo punto che il papa scorse il fido domestico Cassio che andava alla sua ricerca. Immaginando che portasse notizie fresche su Stefanetta, licenziò amabilmente il diacono Ascanio invitandolo per l'indomani all'ex cenobio di Simone per l'ultimo e conclusivo esame dei rotoli.

sabato 27 ottobre 2012

Il falso Jahvè. L'esilio e il post esilio La deportazione a Babilonia.172

L'esilio di gran parte degli abitanti del Regno di Giuda non durò complessivamente molto: appena mezzo secolo, abbastanza però perché i deportati assimilassero parte dei costumi locali e assorbissero concetti e idee che appartenevano alla cultura orientale, caldea e iranica.

Profondissima risultò la crisi provocata dal crollo del paradigma regale davidico, ritenuto eterno per promessa divina. Non pochi ebrei cominciarono a dubitare della potenza di Jahvè e si rivolsero ai nuovi dèi babilonesi, che erano un misto di superstizione e magia. Una parte degli emigrati decise di farsi assimilare o di stabilirsi definitivamente in Mesopotamia, abbandonando l'idea di tornare in patria, anche perché Babilonia sembrava incommensurabilmente più bella e fastosa della modesta Gerusalemme, e i templi del Dio Marduk molto più imponenti e sontuosi del piccolo Tempio di Salomone.

Cominciò così la prima fase della diaspora ebraica. Ma la maggior parte degli esiliati, vivendo in piccoli insediamenti chiusi, poterono mantenere i loro riti religiosi e godere di una certa autonomia e indipendenza e, soprattutto, mantenere vivo il ricordo e la nostalgia della loro patria perduta.


L'evangelizzazione al giorno d'oggi: vero genocidio culturale e religioso (“L'invenzione del cristianesimo”) 242


In realtà, l’evangelizzazione è sempre stata – e lo è tuttora – un’arma potente usata dagli Stati occidentali per promuovere il loro dominio sui Paesi arretrati e per sfruttarli meglio economicamente. Quindi, dietro l'intenzione di diffondere il cristianesimo c'è la maschera degli interessi economici e politici dell'Occidente.

Ai nostri giorni il proselitismo cristiano, sia cattolico che protestante, sta ancora operando massicciamente presso popolazioni indigene dell'Africa e del Sud America, continuando a cancellare la diversità culturale di molte etnie. In tal modo distrugge i riti primitivi delle tribù e le deruba di ciò che le Nazioni Unite hanno definito patrimonio culturale mondiale, oltre che a corrompere, instillando il virus del peccato e della redenzione, il loro sereno e gioioso modo di vivere.

Siamo quindi in presenza di un continuo genocidio culturale e religioso, attuato in piena violazione del diritto internazionale, che vieta di imporre insegnamenti, non richiesti, in cambio di beni materiali e assistenza medica. 

Gli antropologi, constatando come il cristianesimo imponga alle popolazioni evangelizzate una cultura prettamente occidentale, con la conseguente distruzione di quella loro preesistente e con la sovrapposizione ad essa di schemi mentali avulsi dalla loro tradizione, parlano apertamente di atteggiamento etnocida e invocano l'intervento dell'ONU che impedisca un tale sconvolgimento. In conclusione, il proselitismo, da qualsiasi parte provenga, è sempre un crimine culturale e religioso, che spesso si accompagna all'asservimento politico ed economico.

ONU


venerdì 26 ottobre 2012

Mentre in Italia il coming out ateo è ancora poco marcato, in molte altre parti del mondo è molto più manifesto.


Recenti studi (NORC Institute e WIN-Gallup International) svolti in 57 Paesi hanno evidenziato un aumento globale del 9% di persone che non hanno problemi a dichiararsi atee. Che abbia ragione Nigel Barber, quando scrive che entro il 2038 l’ateismo supererà la religione? Magari! Ma non facciamoci facili illusioni.

I Paesi dove c’è una maggiore percentuale di atei si trovano in Asia: la Cina (47%), seguita dal Giappone (31%). Sono i Paesi toccati solo marginalmente dal ciclone abramitico. Nell'Europa giudeo-cristiana la Repubblica Ceca (30%) e la Francia (29%) sono al top ten dell'ateismo. Ma anche Germania, Olanda, Austria, Islanda, e Irlanda non sfigurano del tutto aggirandosi intorno al 10-15%. Singolare quanto sta accadendo nella cattolicissima Irlanda nella quale coloro che si definiscono ‘religiosi’ risultano scesi in breve tempo dal 59% al 47%, mentre i ‘non religiosi’ salgono dal 23% a 44%. Probabile effetto dello scandalo pedofilia che ha travolto il clero locale e della perdita di credibilità della Chiesa per come ha sempre coperto gli abusi sessuali.

Secondo la ricerca i Paesi più religiosi sono: il Ghana in Africa, Macedonia e Romania in Europa (ma stante la criminalità dimostrata da tanti romeni n Italia non sembra proprio), e Perù e Brasile nel Sud America . Comunque, il calo di aderenza alla religione è sensibile in tutto il mondo. E nel nostro Paese, vale a dire nel regno di Vaticalia? Nonostante lo strapotere della Chiesa e la codardia della nostra classe politica, il nostro è sempre meno un Paese che può essere identificato come ‘cattolico’, come emerge da una recente ricerca del Cesnur sulla Sicilia centrale. Secondo il sondaggio RedC da noi ben il 15% non si dichiara religioso, percentuale a cui va aggiunto un’8% di atei dichiarati. 

Se però teniamo presente che da noi il fenomeno della desiderabilità sociale è assai marcato per cui ai questionari si tende a dare le risposte che sono considerate socialmente accettabili, le percentuali di cui sopra potrebbero essere alquanto in difetto.

Nigel Barber


L'azzeramento delle culture dei popoli del sud America (“L'invenzione del cristianesimo”) 241


Il proselitismo, attuato con feroce determinazione in America latina, è continuato purtroppo, con l'avvento del colonialismo, anche in Asia e in Africa.
I nostri missionari, ma anche quelli protestanti, sulla scia degli eserciti coloniali, hanno preso a dilagare in quei Paesi arretrati, rispetto all'Europa, per costringere le loro popolazioni ad aderire al cristianesimo, suscitando spesso violente reazione da parte delle altre religioni e perfino delle autorità locali.

Alcuni missionari vennero anche uccisi (e prontamente proclamati santi dalla Chiesa). Questa nuova ondata di proselitismo non attuò i metodi violenti e liberticidi usati dagli spagnoli nell'America latina, ma si camuffò del pretesto di portare anzitutto aiuti umanitari a quelle popolazioni disagiate e secondariamente di divulgare il Vangelo.

Missionario


giovedì 25 ottobre 2012

Peccato e redenzione. La pedofilia. 115


Il celebre teologo svizzero Hans Küng, professore emerito di teologia ecumenica all'Università di Tubinga, ha elevato un'aspra condanna del Vaticano e del suo modo di gestire lo scandalo della pedofilia, e ha lanciato al papa attuale, suo collega un tempo di università, critiche durissime. "Nessun'altra persona nella Chiesa ha visto passare sulla sua scrivania tanti casi di abusi", ha spiegato il teologo, citando i 24 anni in cui il futuro papa Benedetto XVI ha guidato la Congregazione per la dottrina della fede (l'ex Sant'Uffizio), durante i quali ha trattato tutti i casi di abusi sessuali in seno alla Chiesa del mondo intero "nel più assoluto segreto" e senza prendere provvedimenti drastici e risolutivi, unicamente preoccupato di soffocarli.

E continua implacabile: "Cinque anni di pontificato senza mai modificare queste pratiche funeste. La decenza esigerebbe che il principale responsabile della dissimulazione da decenni (di queste vicende), vale a dire Joseph Ratzinger, facesse un "mea culpa", ammettesse di aver fallito come servitore di una religione che mette al primo posto la difesa dei più deboli, e rassegnasse le dimissioni. E rivolgendosi all'episcopato tedesco prosegue con durezza: "I Vescovi, invece di chiedere perdono alle vittime, non dovrebbero riconoscere di essere dei complici? (...) La protezione dei loro sacerdoti sembra aver contato di più, per i Vescovi, che la protezione dei bambini". 

Hans Kung


L'azzeramento delle culture dei popoli del sud America (“L'invenzione del cristianesimo”) 240


Fu dopo la scoperta dell'America e la sua conseguente colonizzazione da parte degli europei che il missionariato esplose in tutta la sua virulenza, in simbiosi con l'apparato militare spagnolo e coi mercanti avidi di impadronirsi dei tesori del Nuovo Mondo. Milioni di indigeni vennero depredati, schiavizzati e costretti, pena la morte, a convertirsi al cattolicesimo. Una evangelizzazione coatta, quindi, perpetrata con torture, stragi e genocidi di ogni genere. Quanti fiumi di sangue, quanti fiumi di lacrime in nome del dio, chiamato eufemisticamente dagli aguzzini che infierivano nel suo nome “Padre amoroso e misericordioso”! Alcuni storici hanno calcolato a più di trenta milioni le vittime uccise durante quella forzata conversione.

Anche tutte le culture di queste inermi popolazioni furono azzerate e distrutte in pochi decenni. Infatti gli olmechi e i maya avevano sviluppato elaborati sistemi di scrittura, astronomia, agricoltura e avevano scoperto un calendario di 365 giorni ed elaborato il concetto di zero, senza il quale il calcolo matematico è molto difficile. Oggi stiamo ricuperando, mediante ricerche archeologiche, una parte dell'immenso capitale culturale irrimediabilmente distrutto da questi sanguinari evangelizzatori. Furono alcuni ordini religiosi a prestarsi a questo tsunami cattolico, in special modo i gesuiti e i francescani.

Scultura olmeca


mercoledì 24 ottobre 2012

Il falso Jahvè. La Bibbia in controluce. 171


E per quanto riguarda le lotte fratricide? Ecco uno degli esempi più efferati, raccontato nel Libro Secondo dei Re. Riguarda lo sterminio dei seguaci di Baal perpetrato dall'usurpatore Ieu, asceso al trono d'Israele dopo aver massacrato, a tradimento e con inaudita ferocia, tutti i membri della casa reale di Acab.

Una volta preso il potere, obbedendo agli ordini del profeta Eliseo che l'aveva fatto segretamente ungere re, attuò il massacro di tutti i seguaci del Dio Baal (che con altro nome indicava Jahvè). Adducendo il falso motivo di voler celebrare un sacrificio in onore del Dio, inviò messaggeri per le città d'Israele affinché tutti i fedeli accorressero nel tempio di Baal. Ne giunsero talmente tanti che il tempio, a cielo aperto e di vasta estensione, ne risultò pieno da un'estremità all'altra. Allora: "Ieu ordinò alle guardie e ai loro capi: «Venite e uccideteli tutti. Non lasciatevi sfuggire nessuno!» Li uccisero a colpi di spada e gettarono fuori i cadaveri. Poi penetrarono nella parte più interna del tempio di Baal, demolirono il tempio e lo ridussero un immondezzaio " (2 Re 10,25-27).

Come punizione divina per quest'orrendo massacro: "Il Signore disse a Ieu: "Perché ti sei compiaciuto di fare ciò che è giusto ai miei occhi [cioè, hai ucciso tutti i fedeli di Baal] e hai compiuto per la casa di Acab quanto era nella mia intenzione [cioè, l'hai completamente sterminata], i tuoi figli – fino alla quarta generazione – sederanno sul trono d'Israele” (2 Re 10, 30).

Indubbiamente, questa è una delle non poche pagine disumane e blasfeme della Bibbia che ci presenta Jahvè come un Dio "meschino, violento e assetato di sangue" (Freud op, cit pag. 375) e non come il Dio-Signore che difende l'umile e l'oppresso. Un Dio unico, quindi, incommensurabilmente inferiore a quello dei grandi misteri egizi dai quali discendeva.

Re Acab


Il proselitismo violento (“L'invenzione del cristianesimo”) 239


Chi allora decise di rivolgersi ai gentili? Fu Paolo, il millantato tredicesimo apostolo, che, durante i suoi viaggi missionari nel Mediterraneo Orientale, non riuscendo a convertire i suoi correligionari ebrei alla parusia (cioè alla credenza del ritorno di Gesù dalle nuvole) si rivolse ai pagani, timorati di dio, che frequentavano le sinagoghe come uditori e, trovandoli più ricettivi degli ebrei, abbandonò la causa ebraica e si dedicò interamente alla loro conversione, inventando per loro il cristianesimo oggi professato dalla Chiesa. Da lui, chiamato l'apostolo dei gentili, nacque l'esigenza di diffondere la buona novella (la parusia) in tutto il mondo allora conosciuto, per prepararlo al ritorno di Cristo dal cielo, ritenuto allora imminente.

La Chiesa, derivata da Paolo, si prefisse, quindi, la conversione del mondo pagano usando tutti mezzi per attuarla. Dopo Costantino, con l'aiuto degli Imperatori ormai passati al cristianesimo, attuò con la costrizione più o meno violenta, la conversione coatta dell'intera Europa, ricorrendo talvolta a dei veri e propri eccidi per piegare le popolazioni più restie. Molti dei santi proclamati tali dalla Chiesa durante il Medioevo furono in realtà dei feroci aguzzini che, nel nome del nostro dio “buono e misericordioso”, attuarono atroci massacri contro i pagani recidivi.

Il proselitismo violento della Chiesa continuò con le Crociate. Papa Urbano II nel 1095 a Clermont, nel discorso di indizione della prima crociata, ordinò ai cristiani di partire in massa contro i musulmani della Terra Santa, al grido: “Cristo lo vuole”, e promise testualmente: “Per tutti quelli che partiranno, se incontreranno la morte in viaggio o durante la traversata o in battaglia contro gli infedeli, vi sarà l’immediata remissione dei peccati”. Cioè il paradiso garantito. E i crociati partirono come invasati, e strada facendo fecero strage anche degli ebrei che incontrarono nei territori europei, tento erano anch’essi degli infedeli!

Urbano II


martedì 23 ottobre 2012

La Rai? Sempre più di infimo livello clericale.


15 ottobre 2012 ore 12.40.  Rai 2 . I fatti vostri.
Giancarlo Magalli intervista l'esorcista Padre Amorth (personaggio più volte citato in questo blog) e un certo Francesco Vaiasuso. Titolo dell'intervista: "Ero posseduto da Satana". Vaiasuso racconta di essere stato malato per anni senza poter essere guarito né da dottori né da psichiatri. Poi ha capito di essere posseduto da Satana, forse per un maleficio, e si è rivolto a Padre Amorth, che lo ha liberato della possessione. Nel libro “La mia possessione” racconta la sua esperienza.

L'ottantasettenne esorcista Padre Gabriele Amorth autore del libro “Memorie di un esorcista. La mia vita in lotta contro Satana”( ma in verità Satana, dopo quasi diecimila esorcismi da lui fatti, è diventato un suo compagno di merenda), si è subito prodotto in una esilarante esternazione (senza avvertire l'assurdo e il ridicolo delle sua parole), affermando di aver scacciato dal corpo di Vaiasuso la bellezza di 27 legioni di demòni. Avete letto bene: un'armata spropositata di diavolicchi con tanto di corna, di coda arricciata e forcone che il povero Vaiasuso si è dovuto portare per anni nel suo misero corpo. Come avrà fatto a sopravvivere?

Magalli, ha ascoltato lo sproloquio dell'esorcista senza mostrare un cenno di incredulità, senza fare una domanda imbarazzante o di approfondimento. Come se la cosa fosse la più ovvia del mondo. È possibile, mi chiedo, tollerare un così volgare attentato alla credulità popolare da parte di una televisione pubblica, pagata anche da noi con l'odiato canone? È possibile che la Chiesa non avverta l'assurdità di un così plateale clericalismo che asseconda la morbosità del popolino e che la scienza degrada a pura superstizione?

Ma chi è padre Gebriele Amorth, che si proclama uno dei più grandi esorcisti a livello internazionale? È uno dei pochi segugi alla ricerca del diavolo rimasti in circolazione, visto che ormai in Germania, Austria, Svizzera, Spagna, Portogallo e altri Paesi europei gli esorcisti sono letteralmente scomparsi, sostituiti da psichiatri molto più efficaci a guarire le pseudo possessioni.

Abbiamo moltissimi preti e molti vescovi che purtroppo non credono a Satana”, ha confessato il nostro esorcista con visibile sconforto in una recente intervista. E ha aggiunto: “Ci sono nazioni intere senza esorcisti: là molti vescovi non credono nel demonio e arrivano addirittura a dire in pubblico: l’inferno non esiste, il demonio non esiste”. Tutto ciò lascia allibito il nostro don Gabriele che è ossessionato da Satana e lo vede dovunque. Ha affermato perentorio in più occasioni: “Satana non è estinto, anzi è vivo e vegeto più che mai e sta addirittura in Vaticano. Lì, nonostante profluvi d'incenso e d'acqua santa, allignano sètte sataniche coltivate da preti, monsignori e perfino cardinali!”

Ecco, dunque, spiegato perché la Chiesa va sempre peggio: pedofilia, Vatileaks, corvi, e chi più ne ha più ne metta. Tutta colpa di Satana. Ma il buon dio perché non interviene? Solo il povero padre Amorth deve combattere le legioni di nemici della Chiesa?  

Padre Gabriele Amorth


Le conversioni coatte (“L'invenzione del cristianesimo”) 238


Molti crimini commessi dalla Chiesa attraverso tutta la sua storia, riguardano la sua vocazione al proselitismo, cioè all’obbligo categorico di imporre la sua fede a tutto il genere umano con ogni mezzo, ivi compresa la "guerra santa", che storicamente appartiene anche agli altri due monoteismi: ebraismo ed islam.

Per il cristianesimo questa vocazione missionaria viene giustificata dall'ordine impartito da Gesù stesso agli apostoli, come leggiamo negli ultimi versetti del Vangelo di Matteo (28,18-20) che recitano:"Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato".

Chiaro? Chiarissimo! Solo che Gesù queste parole non le ha mai dette e Matteo non le ha mai scritte. Sono stati appiccicate al suo Vangelo dopo il IV secolo. La prova? Duplice. Anzitutto, ai tempi di Gesù nessuno conosceva la Santissima Trinità, perché fu formulata dalla Chiesa appena nel IV secolo e quindi nessuno, al tempo di Matteo, era a conoscenza di essa e poteva invocarla. In secondo luogo, perché Matteo, in piena contraddizione con questi versetti, aveva scritto in precedenza, proprio nel suo stesso Vangelo, che Gesù aveva esplicitamente vietato il missionariato presso i non ebrei. “Non andate tra i pagani e non entrate in nessuna città dei samaritani, ma andate piuttosto verso le pecore perdute della casa d’Israele.” (Matteo 10, 5-6).

Quindi nessun ordine fu impartito da Gesù a convertire i pagani, ma solo il divieto di occuparsi di loro, paragonati in modo sprezzante, in altri passi del Vangelo, ai porci e ai cani. La Chiesa di Gerusalemme, guidata da Giacomo fratello di Gesù, non si preoccupò mai quindi di diffondere la parusia tra i pagani ma solo tra i giudei della Palestina e della diaspora, che erano sparsi nelle contrade dell'impero romano.

lunedì 22 ottobre 2012

Il falso Jahvè. La Bibbia in controluce. 170


Certi episodi, oltre che disgustosi ci appaiono anche decisamente immorali, per esempio il comportamento incestuoso delle figlie di Lot che ubriacano il vecchio padre per unirsi a lui e generare figli (Genesi 19,30-36).

Fra gli episodi d'inaudita crudeltà è singolare quello che narra la vendetta del profeta Eliseo per una banale irriverenza nei suoi riguardi. Mentre saliva al santuario a cielo aperto di Bethel, dei ragazzetti si diedero a deridere la sua calvizie. Eliseo si voltò, li guardò e li maledisse nel nome del Signore. Allora uscirono dalla foresta due orsi che sbranarono quarantadue di quei fanciulli (2 Re 23-25).


Ma sono le atrocità efferate e crudeli a riempire non poche pagine della Bibbia. Riguardano la ferocia con la quale vennero trattati i nemici vinti in battaglia, le frequenti lotte fratricide combattute per motivi dinastici o per dissidi religiosi tra giudei e samaritani e altre atrocità che ci appaiono completamente assurde. Spesso, questi misfatti vengono attribuiti alla precisa volontà di Jahvè, presentato come il Dio degli eserciti che combatte per Israele, oppure come un Dio geloso, collerico e vendicativo.

Già Mosè, nel celebre episodio del vitello d'oro, su ordine preciso di Jahvè non aveva esitato a far trucidare i tremila ebrei che si erano macchiati d'idolatria durante la sua assenza (Esodo 32,27); e quando giunse oltre il Giordano lo stesso Mosè, poco prima di morire, ordinò al suo popolo, una volta conquistata la Terra di Canaan, di votare tutte le popolazioni vinte al completo sterminio, senza far loro grazia o concedere Alleanza (Deuteronomio 7,1-2). Date queste premesse appaiono coerenti (anche se del tutto fantasiosi) gli episodi efferati e cruenti che vengono narrati durante la conquista della Terra Promessa, ai quali si è già accennato.

Eliseo profeta


La caccia alle streghe (“L'invenzione del cristianesimo”) 237


A credere e a propagare simili mostruosità non era solo il popolino incolto ma i massimi dottori della Chiesa, come Giovanni Crisostomo, Agostino, Alberto Magno, Tommaso d’Aquino, Bonaventura ecc.. e tutti i papi. Ancor oggi la Chiesa ha un corpo speciale di sacerdoti, chiamati esorcisti, che ha l’incarico di scacciare gli spiriti maligni. Con l'affermarsi delle cure psichiatriche e della psicanalisi, però, gli spiriti maligni sono oggi in netto calo e, col progredire della scienza, se ne presume una rapida estinzione.

L’esecuzione degli «eretici» avveniva nei giorni di festa e nella piazza più importante della città. Era considerata dalla Chiesa un’esibizione della sua illimitata potenza, perciò tutto il popolo era obbligato ad assistervi, e a chi offriva la legna per il rogo veniva concessa l’indulgenza plenaria. Sulla via che conduceva al luogo dell’esecuzione il condannato, agghindato col berretto dei pazzi, veniva dileggiato e insultato. Si erigevano tribune speciali per godere, a pagamento, la vista migliore. Il popolo vi assisteva con grande gioia, beandosi delle sofferenze delle vittime. I romani antichi si divertivano accorrendo ai giochi crudeli del circo, i cristiani, più modestamente, assistendo all’arrostimento degli eretici e delle streghe.

Quanti ne furono bruciati? Una strage. Se potessimo consultare gli archivi segreti del Vaticano vi troveremmo una moltitudine di scheletri. Voltaire ha calcolato che il numero dei cristiani ammazzati per motivi di fede fu di circa 10 milioni.


domenica 21 ottobre 2012

Peccato e redenzione. La pedofilia. 114


Questo negare la gravità del problema dimostra che la sola preoccupazione della Chiesa è sempre stata soffocare lo scandalo e impedire danni ai suoi immensi patrimoni in conseguenza di eventuali condanne e non mai la punizione dei colpevoli e tanto meno gli aiuti e i risarcimenti alle vittime innocenti.

Queste ultime infatti sono sempre state intimidite, o punite per aver parlato o rivelato ciò che era loro accaduto, spesso con la tacita connivenza di un'opinione pubblica omertosa e plagiata. Una delle cose più atroci rivelate dal primate d'Irlanda, cardinale Sean Brady, è l'aver ammesso di aver partecipato, da giovane sacerdote, ad un tribunale canonico che pretese “il voto del silenzio” da una bambina di 14 anni e un bambino di 10 sulle violenze sessuali subite
.
Voto del silenzio” per non riferire mai alla magistratura o alla polizia i reati commessi su di loro da un sacerdote, nel caso tal padre Smyth, che continuò per venti anni a stuprare minorenni. L'omertà del primate Brandy risale al 1975, vale a dire a tempi immemorabili. Il vizio della Chiesa è molto antico, anzi antichissimo se già il concilio di Elvira – svoltosi in Spagna nell’anno 305 – condannava duramente i sacerdoti pedofili come "stupratores puerorum".

D'altra parte monsignor Girotti, reggente della Penitenzieria Vaticana, riguardo al reato di pedofilia ha parlato chiaro: le persone consacrate soggette a disordini morali costanti e gravi, potranno venir consigliate di abbandonare la vita ecclesiastica. Avete capito bene: solo consigliate. Ecco perché nessun prete pedofilo è stato tolto dalla circolazione per essere rinchiuso definitivamente in carcere o per lo meno in un qualche solitario convento. 

Card. Sean Brady


In nomine Domini 35


Il venerando Simone aspettava con ansia l'arrivo dei suoi ospiti. Questa volta si era preparato a dovere e durante la notte, visto che dormiva assai poco, al lume di candela aveva riguardato i codici in questione e ne aveva confrontato il contenuto con gli Atti degli Apostoli, cui si riferivano, per meglio valutare con questi coincidenze e discrepanze.
Dopo i convenevoli d'uso, conscio della complessità e vastità dell'argomento, il vecchio monaco aveva cominciato senza indugi, e con grande sicurezza di sé, la sua nuova esposizione.
"Oggi esamineremo sommariamente, perché come potete vedere il contenuto di questo rotolo è molto complesso e vasto, il racconto della nascita del cristianesimo primitivo della Chiesa di Gerusalemme, e quello del neo cristianesimo di Paolo di Tarso e dei suoi seguaci. Entrambi questi racconti concordano in parte cogli Atti degli Apostoli, che attribuiamo a Luca, ma talvolta o divergono totalmente da essi o li completano in modo nuovo.
"Cominciamo dal momento in cui Maria di Magdala, che per prima si era recata all'indomani del sabato a visitare la tomba di Gesù, trovando questa aperta e vuota, corse fuori di sé per l'esaltazione, ad annunciare agli apostoli che Gesù era risorto. Galvanizzati da questa folgorante e inaspettata notizia, essi si convinsero che con la sua resurrezione Gesù, da Messia fallito come avevano creduto dopo la sua crocifissione, si era trasformato nel Messia Martirizzato, nel Figlio dell'Uomo assiso alla destra del Padre come profetizzato da Daniele, e che sarebbe tornato ben presto sulle nuvole per compiere la redenzione d'Israele e ricostruire il Regno di Dio in Terra.
"L’aspettativa escatologica, ritenuta imminente, divenne quindi il fondamento di questo primitivo cristianesimo e si trasmise, come vedremo poi, anche a Paolo e ai suoi discepoli, diventando in certi casi una vera ossessione. Gli apostoli quindi, non più impauriti per la fine ignominiosa e cruenta del loro Maestro, dilagarono in preda all'euforia per le vie della città annunciando la resurrezione del Messia Martirizzato e il suo imminente ritorno dal cielo, e fecero ben presto nuovi proseliti tra gli ex seguaci di Gesù. Ebbe inizio così una setta che fu chiamata dei nazorei o nazirei.
"La nuova comunità, a similitudine della comunità essena da cui discendeva, era diretta da dodici anziani e dai familiari del Maestro, tra i quali spiccava, per il suo grande attaccamento alla Legge e alle tradizioni ebraiche, Giacomo, uno dei fratelli di Gesù. I nazirei s'incontravano ogni giorno nel Tempio a pregare e poi si riunivano in casa di uno di loro per adempiere al rito esseno dell'agape fraterna: spezzavano il pane e consumavano il pasto comune in letizia e semplicità di cuore. Il loro zelo nel rispettare rigorosamente la Legge, il loro amore per la povertà e l'ascetismo e la dedizione ai bisognosi, li resero popolari anche presso alcuni farisei e favorirono la loro crescita costante, finché non subirono una dura persecuzione per opera di un giovane fariseo della diaspora, inizialmente chiamato Saul, poi conosciuto come Paolo di Tarso, il nostro San Paolo.
"Costui, che aveva partecipato alla lapidazione di Stefano, messosi al soldo del Tempio, si era dato con particolare ferocia ad arrestare e a condannare a morte i nazirei di lingua greca i quali, per sfuggire alla sue persecuzioni, dovettero darsi ad una fuga precipitosa e rifugiarsi in Asia ove crearono nuove comunità cristiane ad Antiochia, a Damasco e a Cipro".
"Fu allora che essi si rivolsero anche alla conversione dei pagani?" chiese il papa.
"Non proprio", rispose Simone. "Gesù si era rivolto esclusivamente ai figli d'Israele e i suoi seguaci, seguendo la sua linea, continuarono a diffondere la nuova dottrina della parusia, cioè del ritorno di Gesù risorto dal cielo, esclusivamente tra gli ebrei. Lo stesso fecero i cristiani di lingua greca, fuggiti da Gerusalemme per sottrarsi alle persecuzioni di Paolo. Essi si diedero a diffondere tra gli ebrei della diaspora, sparsi nelle varie contrade dell'impero romano, la fede nel ritorno di Gesù da loro considerata un adempimento profetico e non una nuova religione.
"I pagani non furono toccati da quell'opera evangelizzatrice che si svolgeva esclusivamente nell'interno delle sinagoghe, finché avvenne che alcuni cristiani ebrei ellenisti di Antiochia, accanto ai correligionari, inserirono nel loro gruppo anche i timorati di Dio pagani che desideravano frequentare le sinagoghe,come uditori, attratti dal monoteismo e dalla profonda eticità dell’ebraismo, e questi nuovi fedeli furono chiamati per la prima volta "cristiani", cioè messianisti, seguaci del Messia.
"Durò molto la persecuzione di Paolo contro i cristiano-ellenisti?" chiese il papa.
"Non molto, per la verità, perché, come sappiamo bene dagli Atti degli Apostoli, Paolo, giunto nei pressi di Damasco per catturare e poi tradurre a Gerusalemme i cristiani di quella città, fu colpito, a suo dire, dalla folgorazione divina che lo convertì al cristianesimo".
"Perché a suo dire?", chiese il papa stupefatto.
"Perché, come vedremo meglio in seguito", rispose con schiettezza Simone, "la repentina conversione di Paolo fu sempre considerata falsa e menzognera dai veri apostoli. Comunque, subito dopo questa conversione, le persecuzioni che erano soprattutto opera sua, cessarono del tutto e i cristiano-giudei vissero indisturbati a Gerusalemme, protetti dai farisei e dal loro capo Gamaliele, e durante questo periodo di tranquillità poterono incrementare i loro i proseliti fino a raggiungere alcune migliaia".
"Chi era il capo di questa comunità", chiese Ascanio.
"Il principale esponente della Chiesa di Gerusalemme era Giacomo, come abbiamo detto prima, sempre chiamato in questo testo, ma anche negli Atti, il fratello del Signore. Da come ci viene descritto da Eusebio di Cesarea era senz'altro un esseno ed anche uno che aveva fatto voto di nazireato. Le cose procedettero tranquillamente finché a sconvolgere la loro opera di evangelizzazione arrivò Paolo di Tarso".
"Da come hai anticipato, parlando della sua conversione, si può intuire che Paolo in questo codice venga presentato come un personaggio poco credibile", chiese il diacono.
"Senza mezzi termini viene definito come un apostata della Legge ebraica e un uomo di menzogna", rispose seccamente il monaco Simone. "Infatti egli trasformò gradualmente Cristo, da Messia politico fallito com'era stato nella realtà, e da Messia Martirizzato, come credevano i nazirei dopo la sua resurrezione, in una specie di salvatore universale, nel redentore dell'intero genere umano".
"Al momento della sua conversione però non mi sembra che Paolo avesse già maturato questo suo ideale di salvezza ", precisò Ascanio.
"Come vedremo fra poco questa fu la conclusione finale cui giunse, dopo che ebbe visto fallire l'ossessiva aspettativa del ritorno del Risorto per la restaurazione del regno davidico in Terra. All'inizio della sua conversione infatti egli condivideva coi cristiano-giudei di Gerusalemme soltanto questa aspettativa, conosciuta col nome di parusia, ed era convinto che fosse imminente e riservata esclusivamente al popolo eletto".
"Come viene spiegata la sua folgorazione", intervenne Ascanio.
"Per rendersi credibile come apostolo e per cancellare il suo passato di persecutore, Paolo ricorse all'artificio dell'illuminazione sulla via di Damasco e alle sue ripetute visioni celesti. Accortamente fece coincidere la sua prima visione con una rovinosa caduta da cavallo, provocata come lui tentò in tutti i modi di far credere, da una folgorazione divina ma, come è scritto in questo codice, causata da una forma di malcaduco o morbo sacro che lo affliggeva e che gli dava non poche preoccupazioni".
"Dopo la sua conversione, come si comportò con gli apostoli?", chiese il diacono.
"In modo assai strano. Lui che non aveva conosciuto Gesù nella carne, giunse a proclamarsi apostolo per elezione divina, basandosi sulle sue presunte rivelazioni celesti e si diede a predicare la parusia tra gli ebrei della diaspora in Arabia e a Damasco, ignorando totalmente la Chiesa di Gerusalemme".
"Quindi la sua investitura apostolica è stata esclusivamente una sua autoproclamazione, senza alcuna conferma dalla Chiesa di Gerusalemme", fece Ascanio sbalordito.
"Solo sancita dai suoi rapimenti al terzo cielo, provocati probabilmente dagli attacchi del suo malcaduco, perché quel tipo di malattia, a detta di molti, provoca visioni molto vivide", spiegò il monaco. "Tre anni dopo la sua folgorazione Paolo decise di recarsi a Gerusalemme per incontrare gli apostoli, ma a causa del suo passato di feroce persecutore e perché nessuno voleva credere alla sua conversione, fu evitato da tutti e poté a stento avvicinare Giacomo, fratello del Signore, e Simon Pietro. Dopo quel breve e freddo incontro tornò ad Antiochia ove in breve divenne il capo della comunità cristiana di quella città"
"Chi lo spinse allora ad intraprendere i suoi viaggi missionari in Asia?", chiese il papa, mostrando una certa conoscenza delle vicende dell'apostolo.
"La Chiesa di Gerusalemme su insistenza del levita Barnaba, un amico degli apostoli che credeva nella conversione di Paolo", rispose Simone. "Fu lui, che era un ebreo della diaspora proveniente da Cipro, a insistere perché Paolo fosse mandato tra gli ebrei dell'Asia, che parlavano greco, a diffondere la parusia. Comunque, durante questa sua missione Paolo incontrò quasi sempre da parte dei suoi correligionari una forte ostilità e un rifiuto ostinato. Essi, infatti non erano interessati alla parusia e consideravano Gesu un falso Messia. Solo i gentili, timorati di Dio, che frequentavano le sinagoghe come uditori perché favorevolmente impressionati dal modo di vita ebraico, si dimostrarono molto più disponibili e ricettivi degli ebrei ad accogliere l'aspettativa messianica di Gesù, per cui Paolo si dedicò alla loro conversione".
"Come reagì la Chiesa di Gerusalemme nei confronti dei gentili convertiti?", chiese Ascanio.
"Essa, che riteneva la parusia non una nuova religione ma un completamento messianico dell'ebraismo, quando dopo lunghe discussioni decise di aprire le porte del cristianesimo ai gentili, impose loro come "conditio sine qua non", l'obbligo di farsi prima ebrei, abbracciando in toto la Legge mosaica, e quindi di subire la circoncisione.
"Paolo, che in base all'esperienza fatta in quella sua missione aveva maturato l'idea che il cristianesimo difficilmente avrebbe attecchito tra i suoi connazionali della diaspora, mentre sarebbe stato accolto molto favorevolmente dai gentili timorati di Dio, si ribellò a quella imposizione che rendeva di fatto impossibile la conversione dei pagani Perciò maturò l'idea di attuare lo scisma totale dal giudaismo e proclamare che la salvezza per il cristiano non dipendeva nel modo più assoluto dalla circoncisione e dall'osservanza della Legge ma solo dalla fede in Cristo e rivolse il suo apostolato quasi esclusivamente ai gentili, trovandoli più ricettivi dei suoi connazionali".
"Quando e in che modo avvenne la rottura definiva di Paolo con Gerusalemme?" chiese Ascanio.
"Non subito, come ho accennato prima", rispose Simone. "Fu un'azione graduale, in linea con l'evoluzione teologica di Paolo. Abbiamo visto ch'egli era partito dalla parusia, dall'attesa spasmodica del ritorno del Risorto che tutti credevano imminente. Molti suoi seguaci gentili erano arrivati a vendere ogni loro proprietà ed a abbandonare le loro normali attività, cadendo in un ozio pernicioso, nell'attesa spasmodica del ritorno di Gesù dal cielo. Ma la parusia tardava ad arrivare mettendo Paolo in un serio imbarazzo, e fu allora che egli diede inizio alla creazione del terzo Gesù, quello teologico, che è descritto nei nostri Vangeli. Il nuovo Gesù non era più il Messia Martirizzato, assiso alla destra del Padre, destinato in breve a giungere dal cielo per creare in Terra lo Stato santo di Jahvè, ma il figlio di Dio, immolatosi sulla croce per redimere l'intera umanità e ottenere il perdono dei peccati, che sarebbe ritornato alla fine dei tempi per attuare il Giudizio Universale e portare i buoni con sé in paradiso e cacciare i malvagi nell'inferno.
"Per ottenere questa trasformazione bisognava però degiudeizzare Gesù, buttando alle ortiche l'ebraismo, e demessianizzarlo, rinunciando cioè al suo ruolo messianico e alla sua regalità, sempre ostentata dai cristiano-giudei, ma diventata un ostacolo insormontabile all'evangelizzazione, sia degli ebrei della diaspora, sia dei pagani, in quanto dava adito alle accuse di violazione degli editti di Cesare, di insubordinazione contro l'Impero e di trasgressione della "lex Iulia de maiestate". Il concetto di Messia, tradotto in greco col termine "Cristo", subì con Paolo una trasformazione radicale rispetto al suo significato originario. Anziché l'Unto del Signore per redimere Israele, come l'intendevano i giudei, prese a significare il figlio di Dio, incarnatosi per redimere l'intera umanità peccatrice.
"A questo punto la divisione tra i due cristianesimi: quello giudaico e quello paolino, divenne totale e irreversibile. Essa rappresentò lo scontro tra due opposte concezioni: quella dei cristiano-giudei, chiusa nell'ortodossia ebraica, legata al rispetto assoluto della Legge e all'attesa spasmodica della parusia, e quella di Paolo, aperta ai gentili e fautrice di un nuovo cristianesimo fondato sul principio salvifico di un salvatore spirituale e universale, tipico dei greci, dei persiani, dei caldei e di gran parte del mondo antico, compreso quello orientale".
"Una rivoluzione totale", esclamò Ascanio, "tale da fare di Paolo il vero fondatore del cristianesimo".
"Chiarissimamente", disse Simone. "Se non ci fosse stato Paolo a trasformare Gesù da Messia fallito a salvatore universale, e a diffondere la sua nuova teologia ai gentili in tutte le contrade dell'Impero, il cristianesimo sarebbe rimasto una piccola e insignificante setta di cristiani nazirei, sconosciuta a tutti e destinata a sparire durante la guerra giudaica combattuta sotto Vespasiano e Tito, e nessuno di noi avrebbe mai sentito parlare di Gesù".
L'ipotesi che senza San Paolo il cristianesimo non sarebbe mai esistito, suscitò una lunga e serrata discussione che coinvolse appassionatamente anche il papa. Al termine di quel lungo e acceso dibattito, si convenne di sospendere la seduta e di rinviare all'indomani la decisione definitiva sulla sorte da riservare ai papiri.

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Informazioni personali

Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)