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venerdì 30 novembre 2012

Il peso economico sempre più gravoso per lo Stato Italiano delle scuole private cattoliche.


Dodici anni fa con un provvedimento clericale (legge 62/2000) voluto dall'allora premier Massimo D'Alema e dal ministro dell'istruzione Luigi Berlinguer. le scuole private - a maggioranza cattoliche - ottennero la parità scolastica e da allora incassarono sempre più cospicui contributi statali, in barba al divieto della nostra Costituzione. Naturalmente le scuole cattoliche cominciarono immediatamente a rivendicare gli stessi diritti della "scuola pubblica", minimizzando il fatto che impartiscono un insegnamento non libero ma basato su un "progetto educativo" religioso, quindi settario e di parte, e occultarono pressoché completamente la propria natura privata.
Le rivendicazioni di contributi da parte dello Stato si sono subito fatte pressanti e assommano a centinaia di milioni ogni anno. Ciononostante, con sempre maggior frequenza, i sostenitori delle scuole private (cioè la Cei) chiedono perentoriamente contributi più sostanziosi adducendo la bufala che l'amministrazione pubblica "ha tanto da risparmiare, finanziando le scuole cattoliche".
Secondo il Sussidiario, sito di Comunione e Liberazione, lo Stato risparmia sei miliardi ogni anno devolvendo circa seicento milioni alle scuole private. Tale stima è saltata fuori proprio nel momento in cui il governo cominciava a ventilare (ma finora si è visto come) di imporre l'Imu anche sugli immobili di proprietà ecclesiastica utilizzati per impartire l'istruzione cattolica a pagamento.
Innanzitutto, la cifre presentate dal mondo cattolico sono incomplete, perché si limitano al solo contributo annuo statale, dimenticando quelli provenienti da altre amministrazioni pubbliche (Regioni,Province,Comuni) e ignorando il miliardo e mezzo che lo Stata paga per l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole statali. Quindi, come ha mostrato l'Uaar, l'insieme dei contributi assomma non meno di ottocento milioni di euro.
Ma il ragionamento cattolico non è valido per due altri ordini di motivi. Anzitutto i genitori che iscrivono i figli alle scuole cattoliche non lo fanno per ragioni di convenienza economica, viste le profumatissime rette che devono pagare (e che non risultano calate da quando esistono i sussidi pubblici), ma per preferenze educative soprattutto di natura religiosa, per scelte legate al censo o al ceto sociale o per evitare che si "contaminino" con le idee che circolano in scuole ben più pluraliste.
In secondo luogo, ammesso e non concesso che tali studenti tornino in massa alle vere scuole pubbliche, l'impatto sarebbe minimo. Perché i costi pubblici sono fissi (stipendi degli insegnanti e mantenimento degli edifici) e non variabili. Qualche studente in più ripartito classe per classe non farebbe aumentare i costi.
Ma non sono queste le uniche sostanziali carenze del discorso cattolico. Un silenzio tombale è per esempio riservato alla qualità dell'insegnamento in questo tipo di scuole. Eppure tutti gli studi effettuati, siano essi opera di organismi internazionali (l'Ocse), realtà indipendenti (la Fondazione Agnelli) o lo stesso ministero dell'istruzione, sono concordi nel riconoscere che la qualità dell'insegnamento privato è scarsa, assai più scarsa di quella impartita nella scuola di tutti, e declassa in Europa il livello della nostra istruzione.
Le cause di questo spread qualitativo sono del resto note. Gli insegnanti delle scuole private sono reclutati senza concorso (che è pur sempre una selezione), sono sottopagati e secondo l'Istat, una fetta consistente di tali docenti lavora in nero. Molti non hanno neppure l'abilitazione prevista dalla legge. È noto inoltre come le scuole private sono spesso la soluzione di ripiego per gli studenti bocciati in quelle statali, e le classifiche dei "diplomifici", denunciati più volte dai giornali, confermano come le scuole cattoliche siano "ripieghi" assai seguiti. Difficile in ogni caso non essere generosi verso clienti che pagano rette da capogiro pretendendo percentuali del 100% di promossi.
Le scuole private non potranno mai, per definizione, essere la scuola di tutti perché impartiscono progetti educativi di parte e spesso discriminano i disabili e gli extracomunitari. La nostra Costituzione le riconosce, purché "senza oneri per lo Stato". Ma i nostri politici, appecorati alla Chiesa, della Costituzione si fanno un baffo e magari poi, come D'Alema, si fanno insignire dal Vaticano di un titolo nobiliare.


Massimo D'Alema viceconte vaticano


Quanti sono e dove vengono custoditi i testi canonici. (“L'invenzione del cristianesimo”) 271


Alla fine del IV secolo coi Sinodi di Roma e di Cartagine i ventisette testi neotestamentari vennero considerati ispirati dallo Spirito Santo e quindi privi di errori, nonché di origine apostolica. Successivamente, nei Concili di Firenze (1442), di Trento (1546) e del Vaticano I (1870) la Chiesa Cattolica trasformò in dogma di fede la dottrina dell’ispirazione divina della Bibbia, escludendo in essa qualsiasi errore dottrinale e perfino riferito ad eventi profani (come il “fermati o sole” di Giosuè). Quindi, ogni rilievo storico-critico sui ventisette testi neotestamentari e sulla Bibbia ebraica è per la Chiesa improponibile, malgrado le innumerevoli contraddizioni, incongruenze e assurdità che essi contengono.

Eppure, leggendo i Vangeli o le Lettere di Paolo non si ha la minima impressione che i loro autori si ritenessero ispirati da Dio. Anzi, appare il contrario. Luca, ad esempio, nel prologo del suo Vangelo, confessa «d’aver indagato accuratamente tutti i fatti fin dal principio» presentandosi come un attento epitomatore che vuol raccontare avvenimenti del suo tempo per scopi puramente edificatori, senza pretese di infallibilità. D'altronde la perdita degli originali di questi testi, nonostante la loro proliferazione, testimonia la scarsa rilevanza con la quale erano considerati.

giovedì 29 novembre 2012

Peccato e redenzione. Epilogo. 125


Un ulteriore fatto che dimostra che il cristianesimo è costruito sulla sabbia lo rileviamo dalla constatazione che le sue fonti, cioè i ventisette documenti che costituiscono il Nuovo Testamento, non hanno alcuna validità storica e sono per di più zeppi di contraddizioni e incongruenze che dimostrano che sono stati continuamente alterati nel corso del tempo.

Nessuno di essi ci è pervenuto in originale. Tutti, proprio tutti, nessuno escluso, sono copie riscritte degli amanuensi ecclesiastici, datate nei casi più antichi, al IV secolo d.C. Si tratta quindi di trascrizioni di trascrizioni di trascrizioni, che non godono di nessuna attendibilità, perché sono stati sottoposti, attraversi i secoli, al continuo vaglio della Chiesa per essere adattati alle sue esigenze catechistiche e teologiche, e sono giunti a noi dopo aver subito manipolazioni, censure, omissioni, interpolazioni e aggiunte, che continuano anche ai giorni nostri. Perfino i quattro Vangeli canonici (Marco, Matteo, Luca e Giovanni) vanno considerati alla stregua di romanzi teologici, privi di ogni attendibilità.

Quanti sono e dove vengono custoditi i testi canonici. (“L'invenzione del cristianesimo”) 270


I testi neotestamentari riconosciuti dalla Chiesa come canonici sono ventisette e tutti, come abbiamo visto, sono trascrizioni di trascrizioni di trascrizioni. I più antichi a noi pervenuti, il Vaticanus e il Sinaiticus, risalgono al 1V secolo. Il primo, custodito nella Biblioteca Vaticana, è incompleto e ha subito tre rappezzamenti. Il secondo, quello Sinaiticus, così chiamato perché scoperto nel Monastero Caterino del Sinai, si trova dal 1933 nel British Museum e contiene per intero il Nuovo Testamento e persino due Apocrifi.

Ci sono poi manoscritti frammentari su pergamena e papiro risalenti al II-III secolo, alcuni minuscoli come francobolli, scritti in modo assai rozzo e zeppi di correzioni e di aggiunte mirabolanti. Si può dire che ogni comunità cristiana primitiva si costruiva il suo Vangelo a seconda delle sue esigenze e non riteneva né sacri né ispirati da Dio gli scritti neotestamentari ma solo normali strumenti di edificazione.

Per porre fine a questo processo che determinava, ineluttabilmente testi, sempre più discordanti tra di loro, papa Damaso nel 383 incaricò il dottore della Chiesa, Gerolamo, di costituire in latino un testo unitario dell'intera Bibbia, chiamato la Vulgata, che suscitò non poche perplessità e che solo nel Concilio di Trento (1546) fu del tutto accettato dalla Chiesa. 

Codice Sinaitico tutto consultabile online


mercoledì 28 novembre 2012

Il falso Jahvè. Il messianesimo. 186


Nel primo secolo dopo Cristo dall'ebraismo nacque il cristianesimo, considerato dagli israeliti uno scisma eretico. La sua matrice fu il messianismo jahvista. Quest'utopia, originata dalla profezia del profeta Isaia al tempo dell'esilio babilonese, preconizzava la restaurazione del mitico regno di David a seguito di un conflitto risolutivo d'inaudita violenza, che avrebbe concesso ad Israele di sconfiggere definitivamente i suoi oppressori e di dare inizio ad una nuova era di giustizia e di pace in questa Terra. 

Protagonista di quest'evento escatologico sarebbe stato un Messia, "l'Unto" del Signore", che sarebbe nato a Betlemme, nella città e dalla stirpe di David, secondo le parole del profeta:
"Ecco, ci è nato un pargolo, ci fu elargito un figlio, ha sopra i suoi omeri il principato […] e darà una pace senza fine al trono di David e al suo regno, per stabilirlo e renderlo potente, nel diritto e nella giustizia da oggi e per sempre. Questo farà lo zelo del Signore degli eserciti" (Isaia 9,5-6).

Questo salvatore non doveva avere una funzione universale – come auspicavano i gentili, i quali aspiravano a un soter salvifico apportatore di pace e di giustizia per l'intera umanità – ma soltanto quella di restaurare il mitico regno di David. La Profezia di Isaia, ribadita da Michea, sfociò inevitabilmente, durante la dura dominazione di Erode prima e dei romani dopo, nel fanatismo più virulento (Giuseppe Flavio, Bellum Judaicum).

Già durante il regno di Erode il Grande, come abbiamo visto, il malcontento degli ebrei contro il dominio dei romani era cresciuto a dismisura e aveva provocato frequenti rivolte da parte dei seguaci di quest'apocalittica utopia. L'aspirazione messianica era talmente forte in Israele all'inizio della nostra èra, che chiunque si proclamava Messia trovava subito in nugolo di seguaci pronti a seguirlo fino alla morte. Negli ultimi periodi della storia d'Israele – da Erode alla seconda e definitiva distruzione di Gerusalemme e della Palestina del 135 d.C. – non è che un susseguirsi di rivolte messianiche, soffocate nel sangue ma sempre risorgenti.

Talvolta questi tentativi di ribellione si tramandava di padre in figlio, come nella famiglia di Giuda il Galileo. Naturalmente, ogni presunto Messia spiegava ai suoi seguaci che a colmare l'immensa disparità di forze tra il suo esiguo gruppo di seguaci e le legioni romane avrebbe provveduto Jahvè stesso inviando dal cielo i suoi angeli a tenere a bada le truppe di Cesare.

Giuseppe Flavio


Introduzione all'analisi delle fonti del cristianesimo. (“L'invenzione del cristianesimo”) 269


A conclusione della trattazione della triplice metamorfosi della figura di Gesù nei primi secoli della nostra èra e della nascita della Chiesa, vengono qui esaminati i documenti canonici e storici che sono a fondamento del cristianesimo e ai quali si è fatto di continuo riferimento nel corso del libro.

Le fonti sulle quali si basa il cristianesimo comprendono: i documenti canonici, i libri apocrifi, i documenti di storici ebrei e latini, gli scritti apologetici e teologici degli antichi Padri della Chiesa e i Manoscritti del Mar Morto.

Una considerazione importantissima va fatta prima di esaminare, sia pure sommariamente, alcuni di questi documenti. Nessuno di essi ci è pervenuto in originale. Tutti, proprio tutti, nessuno escluso, sono copie riscritte degli amanuensi ecclesiastici, datate nei casi più antichi, al IV secolo d.C., quando la Chiesa si era consolidata e si era radicata trionfante in tutte le contrade dell'impero romano, e si trovano attualmente negli archivi del Vaticano, nelle biblioteche di antichi monasteri e in alcuni grandi musei.

Ne consegue che tutto il nostro patrimonio storico, culturale e religioso attuale è stato passato al vaglio della Chiesa per essere adattato alle sue esigenze catechistiche e teologiche. Soprattutto i documenti canonici, che sono a fondamento della sua dottrina, sono giunti a noi attraverso manipolazioni, censure, manomissioni, omissioni, interpolazioni e aggiunte. Su ognuno di essi, prima che vedesse la luce, è stato posto l'imprimatur ecclesiastico.

Manoscritti del Mar Morto


martedì 27 novembre 2012

Lo Ior senza guida e il polo sanitario ecclesiastico in grave sofferenza allarmano il Vaticano.


Da sei mesi lo Ior (banca vaticana) è senza presidente. Un fatto senza precedenti nella recente storia dei sacri palazzi dove non si era arrivati a tanto nemmeno negli anni Ottanta, nel pieno della crisi dell'era Marcinkus. Molti candidati eccellenti hanno detto no all'offerta di prendere il posto di Gotti Tedeschi, per la mancata chiarezza nella governance.
Da una parte c'è chi si preoccupa di passare al setaccio gli oltre 40 mila conti correnti su richiesta delle autorità monetarie nazionali ed internazionali per cercare di “ripulire” la banca da depositi occulti e dalle provenienze poco chiare; dall'altra ci sono vescovi e cardinali che si fronteggiano spaccati tra il “partito” della glasnost (trasparenza assoluta) e i fautori della difesa ad oltranza della tradizionale riservatezza dell'istituto che vogliono mantenerlo una sorta di isola felice per operazioni bancarie per niente ortodosse. È quindi la lobby anti-glasnost che paralizza la banca.
Benedetto XVI non nasconde di essere “dispiaciuto” e “deluso” per come vanno le cose in materia di politiche economiche e bancarie, al punto che da qualche tempo dà l'impressione di non poterne più di continuare a tenere in piedi una banca tanto chiacchierata e diventata scomoda per l'immagine del Vaticano e della Chiesa universale.
Lo Ior senza guida non è l'unico cruccio dell'area economico- finanziaria del Vaticano. Il fronte più caldo per il portafoglio della Santa Sede, in questo momento, è forse quello della sanità. Dopo che il progetto della Segreteria di Stato di comprare il San Raffaele da Don Verzè è andato in fumo, facendo saltare l'ipotesi di un maxi-polo sanitario che riunisse Policlinico Gemelli, Bambin Gesù, Idi-San Carlo a Roma e la Casa per il sollievo della sofferenza fondata da Padre Pio a San Giovanni Rotondo, adesso viene allo scoperto che questi istituti sono in gravi sofferenze con problemi di bilancio da brividi (si parla di debiti complessivi per 2 miliardi). E in qualche caso anche con qualche piccolo guaio giudiziario.
Per di più anche la Associazione religiosa degli istituti sanitari - cappello sotto cui sono raccolti 10 istituti di ricovero, 20 ospedali, 50 case di cura, 124 centri di riabilitazione, 17 residenze sanitarie ex-psichiatrici - naviga in acque turbolente. La spending review avviata dal governo Monti minaccia di far saltare i piccoli ospedali per risparmiare sui costi dello Stato per cui la Sanità di Dio andrà ancor più in sofferenza. A parte il Bambin Gesù, che ancora naviga in positivo, il resto è una via crucis di guai. La situazione al Gemelli, l'ospedale del Papa, è da incubo. Ci sono 490 posti a rischio, 800 milioni almeno di debiti e diverse centinaia di milioni di crediti con la Regione Lazio «inesigibili». Per cui l'impossibilità di accesso al credito crea l'ipotesi del fallimento. Ancora peggio vanno le cose all'Istituto Dermatologico Italiano - San Carlo di Nancy gestito con 1.500 dipendenti dai Figli dell'Immacolata concezione. I dipendenti pochi giorni fa hanno sfidato i rigori dell'inverno salendo sui tetti per reclamare i tre mesi di stipendio arretrato. Nubi oscure hanno iniziato ad addensarsi anche su quello che una volta era uno dei fiori all'occhiello della Vaticano Spa: l'ospedale di San Giovanni Rotondo, una struttura da 57mila ricoveri l'anno.
La gestione di tutti questi istituti è stata poco accorta, per non dire aleatoria, e non manca il sospetto che corruzione e truffe, secondo l'andazzo nazionale, siano stati massicciamente presenti. Il guaio è che, alla fin fine, a salvare la baracca dovrà intervenire lo Stato. Per cui al Cupolone andrà il merito dell'assistenza, al popolo bue il pagamento della stessa.




Policlinico Gemelli Roma


La scienza e la cultura sconfiggeranno l'oscurantismo religioso. (“L'invenzione del cristianesimo”) 268


Saranno la scienza e la cultura che si espandono sempre più veloci e inarrestabili attraverso i mass media, come una ragnatela che irretisce il pianeta, a salvarci dalla pandemia religiosa, ad abbattere gli antichi idoli, le assurde credenze e gli inutili freni alla libertà individuale, e a convincere l'homo sapiens che se è dotato di quell’organo che è la ragione, è naturale che la usi, ed è invece contro-natura che la ottenebri.

Allora, finalmente, tutti gli infantilismi, intesi come assolute verità di fede – che a salvarci (da che cosa?) basta toglierci il prepuzio, o farci versare un po' d'acqua in testa, o mangiare una cialda condita con formule magiche e altre consimili amenità – saranno considerati per quello che sono sempre stati, delle demenziali stupidità. Allora sarà chiaro a tutti che il dio d'Abramo è la più ignobile invenzione dell'uomo e che chi, con immensa protervia e con il supporto di paludamenti scintillanti d' oro e d'argento, si arroga oggi il diritto di essere l'infallibile vicario di dio in Terra, millanta una verità semplicemente inventata. Allora, finalmente, ci saremo liberati dai miti della caverna e l'umanità avrà raggiunto la vera “salvezza”.


lunedì 26 novembre 2012

Il falso Jahvè. La dominazione romana e le due guerre giudaiche. 185


Ancor oggi in ogni sinagoga i rotoli della Torah costituiscono l’oggetto più sacro: scritti a mano su pergamena e arrotolati su due bacchette di legno, vengono conservati in una teca preziosa chiamata Arca, che è il punto centrale dell’edificio. Quando l’Arca viene aperta, la congregazione si alza in piedi in segno di rispetto e devozione verso il rotolo in essa contenuto; quindi, il rotolo viene portato in processione lungo la sinagoga.

Ogni sabato viene letta una della 54 sezioni in cui è divisa la Torah, sicché la lettura dell’intero ciclo si completa nel corso di un anno. Quando la lettura della sezione è finita, il rotolo viene sollevato e mostrato alla congregazione, che dichiara: “Questa è la legge che Mosè pose di fronte ai figli d'Israele, secondo il comandamento del Signore per mezzo di Mosè. E un albero di vita per coloro che lo afferrano e chiunque lo prenda è reso felice”.

Sebbene, con la nascita nel 1948 del suo nuovo Stato, Israele abbia ripreso il possesso di gran parte del suo antico territorio, nessun tempio è stato ricostruito (né lo sarà mai più) per il ripristino della liturgia dei sacrifici, Tutte le attività religiose del popolo ebraico si svolgono all'interno delle sinagoghe.

SINAGOGA (interno)


Ai liberi pensatori italiani manca lo spirito di corpo. (“L'invenzione del cristianesimo”) 267


Anche in Italia i non credenti, gli atei e gli agnostici sono in continuo aumento e raggiungono ormai qualche milione. Però non sono organizzati e fanno sentire poco la loro voce, soprattutto a livello politico. Ancora “non sono usciti dall’armadio”. Si limitano a disertare ogni manifestazione religiosa, senza mai prendere di petto le più macroscopiche interferenze che la religione attua nel campo civile e politico.

Manca loro l'orgoglio di essere liberi pensatori, la fierezza di possedere una sana indipendenza di giudizio e di essere, tout court, fuori dalla massa acefala dei credenti. La loro indipendenza di giudizio non favorisce l'appecoramento, così istintivo nelle persone religiose, e questa è la loro debolezza. Che devono assolutamente vincere, manifestando con orgoglio la loro superiorità intellettuale, morale e civile. Non sarà facile, ma solo in tal modo possono creare un nuovo illuminismo di cui l'Italia e il resto del mondo hanno urgente bisogno.

Questo illuminismo non scenderà dall'alto, come una rivelazione, ma sarà conquistato dal basso, passo dopo passo, favorito oggi più che nel passato, dal rapido diffondersi, a livello planetario, delle conquiste sempre più rivoluzionarie della scienza, della cultura e di tutte le libertà di espressione.

domenica 25 novembre 2012

Peccato e redenzione. Epilogo 124


Oltre al fatto della totale assenza di ogni riferimento storico sull'esistenza di Cristo c'è da far rilevare un'altra assurdità che riguarda la redenzione: il suo enorme ritardo rispetto all'origine del genere umano, dato che è avvenuta appena duemila anni fa, gettando nel dimenticatoio tutte le infinite generazioni precedenti e all'insaputa delle popolazioni che erano al di fuori dell'impero romano.

Ci chiediamo a questo proposito: il genere umano era da redimere tutto o solo in una piccola parte? Quesito che nessuna acrobazia teologica è mai riuscita a spiegare. Penso che ciò basti a dimostrare che la redenzione altro non è che una bufala demenziale.

In nomine Domini 40


Appena rientrato in Laterano Giovanni XII sentì impellente il bisogno di isolarsi per qualche tempo allo scopo di riflettere su quanto aveva sentito da Simone e poter dare un po' d'ordine alle molte contrastanti impressioni che aveva ricevuto. Il fedele Cassio lo assecondò col massimo impegno e impedì in modo categorico che il papa venisse disturbato da coloro che avevano facile accesso alla sua persona, specialmente le tre favorite troppo intraprendenti del suo piccolo harem. Quelle brevi pause di isolamento e di solitudine, che il papa aveva cominciata a prendersi in quegli ultimi tempi, soprattutto dopo il rientro da Tivoli, erano per Cassio il segnale che il giovane pontefice cominciava a far tesoro delle sue esperienze negative che tanto lo avevano messo in cattiva luce presso il clero, il popolo e lo stesso imperatore.
Fu verso il tardo pomeriggio che Giovanni XII emerse dal suo isolamento, sollevato e riposato, e chiese subito a che punto erano i preparativi per il suo incontro amoroso con Stefanetta.
"Alcune nostre guardie, travestite da pellegrini e mendicanti, controllano con la massima cura il palazzo sul Quirinale e m'aspetto, da un momento all'altro, che mi vengano a riferire della partenza del padrone. Allora vostra Santità deciderà quando iniziare la sua visita", spiegò Cassio.
"Ho una strana sensazione", gli confessò il giovane papa, che appariva in vena di confidenze. "Sento proprio, quasi sia una certezza assoluta, che questa sarà la mia ultima avventura e che da domani in poi tutto cambierà nella mia vita. Ho avuto in questi ultimi giorni, come ben sai, dei lunghi colloqui col venerando monaco Simone e il diacono Ascanio e, per la prima volta nella mia vita, ho avvertito nei loro confronti la consapevolezza della mia abissale povertà culturale e indegnità morale. Perciò ho deciso: da domani mi metterò alla loro scuola per diventare degno della carica che rivesto".
"Questi propositi fanno molto onore a vostra Santità", rispose Cassio con sincera convinzione.
"Per il momento intanto preoccupiamoci della splendida serata che mi attende tra le braccia della divina Stefanetta", esclamò il papa che aveva ripreso in pieni il suo lieto umore e che già pregustava le delizie di quella notte amorosa.
"A proposito", fece allarmato, "ancora non ho deciso il dono da offrire alla mia amata".
"Nel forziere è rimasto ben poco", rispose Cassio, sconsolato.
"Quello dei Teofilatto però è ancora intatto", s'illuminò il papa.
"Ma sono i gioielli di famiglia!" fece Cassio, scandalizzato.
"Per la mia ultima avventura posso saccheggiare anche qualcosa che apparteneva a mia nonna Marozia", concluse il papa.
Scelse una collana di smeraldi d'inestimabile valore. "Forse era quella che indossò nel giorno del suo matrimonio con re Ugo, mio nonno", esclamò stupito e ammirato.
In quel momento Cassio fu informato del ritorno di Manlio.
"Notizie in arrivo", fece Cassio e corse incontro al capo delle guardie che controllavano il palazzo sul Quirinale.
Sì, il padrone era partito poco prima seguito da due famigli e da alcuni cavalli carichi di mercanzie varie.
"Ci siamo!", gridò il papa esultante. "Preparami la veste da giullare", continuò. Era quella che più apprezzava per i suoi incontri amorosi perché la più allegra e variopinta.

sabato 24 novembre 2012

Il falso Jahvè. La dominazione romana e le due guerre giudaiche. 184


Circa settant'anni dopo, nel 135 d.C., un altro zelota di nome Simeone bar Kokhba, proclamatosi Messia, scatenò una seconda guerra contro Roma, che si concluse con l'uccisione di 850.000 ebrei, la distruzione di quello che era rimasto della Palestina e con l'espulsione di tutti i sopravvissuti alla strage.

Gerusalemme, dopo essere stata rasa al suolo (perfino il Golgota fu spianato) venne ricostruita in forma totalmente ellenizzata col nome di Colonia Aelia Capitolina, con templi a Giove Capitolino, a Giunone e a Minerva. Fu promulgata la condanna a morte a tutti i circoncisi che avessero osato rientrare. Cominciò così la grande diaspora ebraica che perdurerà fino al 1948, anno della nascita del nuovo Stato d'Israele.

La distruzione di Gerusalemme e del Tempio, la cacciata di tutto il popolo d'Israele dalla Palestina furono una catastrofe di inimmaginabili dimensioni per il popolo ebraico. La celebrazione dei sacrifici, il rito più sacro imposto da Mosè, cessò per sempre e i sacerdoti sadducei persero ogni loro ruolo.

Col Tempio totalmente distrutto e la città santa e tutto il territorio proibiti agli ebrei, il giudaismo avrebbe potuto scomparire, come accadde a molte religioni del mondo antico in analoghe circostanze. Invece sopravvisse per merito delle sinagoghe che fin da un secolo prima si erano diffuse in tutta la Palestina e nei luoghi della diaspora e che, da allora, diventarono i nuovi centri cultuali in cui celebrare la liturgia della parola imperniata sulla Torah, in sostituzione di quella del sacrificio del Tempio di Gerusalemme. 

Bar Kokhba


Nel mondo occidentale si diffonde il libero pensiero. (“L'invenzione del cristianesimo”) 266


Per reagire davanti al quadro desolante di un mondo in gran parte dominato dall'oscurantismo religioso, per aprire la mente dei giovani e avviarli al libero e autonomo pensiero e, infine, per costringere i politici settari a concederci finalmente tutti i diritti civili e una scuola decente, c'è una sola strada percorribile: battersi da uomini liberi, con passione, determinazione e fierezza, per far sorgere nel mondo un nuovo illuminismo che favorisca tutte le forme di libertà e di autentica umanità.

Da sondaggi fatti in Europa e in America risulta che i laici non credenti e gli atei sono molto più numerosi di quanto la gente comune ritiene. In America, lo sdegno suscitato da Bush appecorato all'estrema destra religiosa per negare agli americani molti diritti civili e la libertà di ricerca, ha spinto molti atei al “coming out, a venire allo scoperto.

La Secular Student Alliance, un network di studenti atei, si è diffusa in sei anni in 146 campus universitari e il numero dei «senza religione» è in rapido aumento, secondo i sondaggi dell’American Religious Identification Survey. Iniziative locali, libri sull’ateismo improvvisamente diventati dei best-seller e donazioni per milioni di dollari hanno dato loro coraggio e fiducia. Ora, col nuovo clima più liberal, inaugurato da Barack Obama con le celebre frase “ Siamo una nazione di cristiani e musulmani, ebrei, hindu e non credenti”, i laici si sentono col vento in poppa.

venerdì 23 novembre 2012

L'atteggiamento 'partisan' dei vescovi americani, durante l'ultima campagna elettorale, per impedire la rielezione di Obama.


L'atteggiamento settario e illiberale dei vescovi cattolici nei confronti di Obama per impedire la sua rielezione si è fatto sempre più duro e oppressivo all'avvicinarsi del 'super Tuseday' (il fatidico martedì delle elezioni). Non si sono limitati a sostenere il mormone Mitt Romney con parole, volantini e preghiere ma sono ricorsi a mezzi ben più estremi che hanno sfiorato il terrorismo psicologico.

Per fare solo degli esempi, il vescovo Thomas Paprocki ha affermato che era in forse "la salvezza eterna" per gli elettori che appoggiavano un candidato contrario ai dettami della Chiesa, il vescovo David Ricken che si rischiava di "mettere a repentaglio la propria anima" a votare Obama, e i presuli della Pennsylvania che con Obama la democrazia degli Stati Uniti rischiava ultimamente di "perdere la propria anima a piccoli passi". Posizioni settarie che i vescovi hanno spiegato essere giustificate per la difesa di 'principi non negoziabili'.

Ma queste posizioni antidemocratiche e intimidatorie hanno sollevato forti opposizioni anche in molti cattolici tanto che il 'watchdog' di Washington Citizens for Responsibility and Ethics in Washington (Crew) si è spinto a chiedere che lo Stato revochi le esenzioni fiscali alla Chiesa in ragione di un attivismo elettorale molto 'partisan'. Scandalizzata anche la stampa cattolica 'liberal'. Per il 'National Catholic reporter' gli esponenti della gerarchia "hanno non solo fatto un disservizio alla causa dell'unità, ma non sono riusciti a far avanzare granché le cause che difendevano così rumorosamente". Infatti la Chiesa ha perso tutti i referendum contro l'aborto e i matrimoni gay.

'Ncr' ha criticato al contrario, il silenzio dei vescovi in altre circostanza. "Nessuna voce episcopale si è levata per obiettare all'affermazione calunniosa e assurda del vescovo Daniel R. Jenjy, che a fine aprile ha paragonato il presidente Barack Obama ad Adolf Hitler e Joseph Stalin". La testata punta il dito anche contro la maggiore compagnia assicurativa cattolica degli Usa dominata dai Cavalieri di Colombo il cui capo Carl Anderson, è membro del 'board' dello Ior, la banca vaticana sospettata di riciclaggi mafiosi. In conclusione il 'sensus fidelium di molti cattolici ha rinnegato le le assurde imposizioni dei vescovi appecorati al Vaticano e al capitalismo più ostile al sociale e ha ampiamente sostenuto le cause progressiste.

Mons. Thomas Paprocki


Un grande vantaggio per tutti avere un ateo come primo ministro. (“L'invenzione del cristianesimo”) 265


Il bigottismo politico da noi è bipartisan, e non sono rari i politici di sinistra folgorati sulla via di Damasco, e gli atei che si comportano in modo più reazionario e devoto dei bigotti. Insomma una débâcle che ci insegna che gli Stati dovrebbero sempre essere governati da leader non credenti per progredire in ogni campo.

Anthony C. Grayling, autorevole filosofo inglese, in un editoriale apparso recentemente (2008) sul quotidiano britannico “The Guardian”, dichiara esplicito che “ci sono molte ragioni per cui sarebbe un grande vantaggio per tutti avere un ateo come primo ministro”. Anzitutto non accetterebbe “di ricevere messaggi dal cielo che gli dicono di andare in guerra come è accaduto a Bush per l'Iraq. 

Secondariamente, non sarebbe succube dei gruppi religiosi che ricattano lo Stato pretendendo privilegi, sostanziose prebende economiche, l'immunità dalle critiche e dalle satire e innumerevoli altri benefici. In terzo luogo, salvaguarderebbe meglio i diritti civili, l'autodeterminazione delle persone e la laicità della scuola.  

Anthony C, Grayling


giovedì 22 novembre 2012

Peccato e redenzione. Epilogo. 123


Data l'infondatezza del peccato originale, anche la redenzione che avrebbe dovuto redimere l'umanità, condannata dal peccato di Adamo, risulta del tutto vana. Essa, infatti, è nata dalle allucinazioni epilettiche di Paolo di Tarso che hanno spinto questo pseudo apostolo a trasformare un fallito Messia, crocifisso dai romani, nel figlio di dio, immolatosi per redimere l'intera umanità, a similitudine degli dèi soterici del suo tempo.

La prova? Questo Messia, strombazzato come Cristo Redentore, non ha avuto riscontro in nessun documento antico, nonostante gli storici a lui contemporanei e spesso quasi conterranei (greci, latini ed ebrei) fossero almeno una quarantina.

Come è potuto accadere che nessuno di costoro si sia accorto della presenza del Salvatore dell'umanità? E come è potuto accadere che le mirabolanti vicende a lui attribuite dai Vangeli siano passate del tutto inosservate anche ai molti testimoni stranieri che frequentavano la Palestina? Semplicemente perché si è trattato di una figura mitologica, come ritiene la maggior parte degli studiosi, inventata da Paolo di Tarso e calata sulla figura di un Messia fallito, crocifisso dai romani.

Infatti il termine aramaico Messia, che in origine indicava solo il liberatore d'Israele, nei testi neotestamentari scritti in greco, fu tradotto col termine Christòs, che ben presto perse ogni riferimento al Messia delle profezie bibliche per assumere quello di figlio di dio, redentore dell'umanità, come voleva Paolo, e diede in tal modo origine al nome cristianesimo.

San Paolo


I 67 professori dissenzienti additati al ludibrio nazionale.(“L'invenzione del cristianesimo”) 264


Lo spettacolo indecoroso, antidemocratico e servile dimostrato da noi italiani in quella circostanza, e che ha coinvolto, dal Presidente della Repubblica, tutte le alte cariche dello Stato, dell'opposizione e di gran parte della cultura nazionale, ha dimostrato l'infimo senso civico e il plateale servilismo che da sempre contraddistinguono il nostro Paese e la sua distanza anni luce da un autentico e sano laicismo.

D'altra parte paghiamo lo scotto di quasi venti secoli di Vaticano in casa, che ha reso gli Italiani, secondo il costume nazionale: amorali, superstiziosi, areligiosi e ipocriti conformisti. Da noi, purtroppo, non si profila ancora all'orizzonte un leader carismatico che sappia coagulare attorno a sé quanti diventano sempre più insofferenti delle continue ingerenze vaticane che permettono alla Chiesa Cattolica di imporre per legge la propria visione morale a tutti i cittadini e di negare loro i diritti civili rendendo, di fatto, l'Italia il Paese più bigotto e arretrato d'Europa.


mercoledì 21 novembre 2012

Il falso Jahvè. La dominazione romana e le due guerre giudaiche. 183


Nel 37 a.C. Erode il Grande fu nominato dai romani re dell'intera Palestina. Godeva di una certa autonomia ma era pur sempre un re delegato perché Roma col suo esercito manteneva il controllo dell'intera regione. Durante il suo regno il malcontento degli ebrei verso il re e il dominio dei romani crebbe a dismisura, provocando frequenti rivolte da parte dei messianici.

Questi ultimi erano in continuo aumento, ed essendo fanaticamente convinti che l'arrivo del Messia liberatore fosse imminente, avevano dato vita alla setta degli zeloti o sicari, pronti a uccidere senza pietà i romani e gli ebrei collaborazionisti. Dopo la morte di Erode il Grande, nel 4 a.C., la situazione peggiorò perché il figlio Archelao, divenuto re della Giudea, fu deposto dai romani per inettitudine, e il regno diventò una provincia romana retta da procuratori incapaci di capire le esigenze della religione monoteistica ebraica.

I messianici, nazionalisti sempre più fanatici e anche sempre più fondamentalisti sotto l'aspetto religioso, continuarono a fomentare rivolte contro Roma finché, nel 66 d.C., la situazione precipitò: una piccola legione romana e un gruppo di ebrei filoromani furono uccisi in una sollevazione popolare guidata dagli zeloti.

La guerra che ne seguì, condotta prima da Vespasiano e poi dal figlio Tito, comportò, secondo Giuseppe Flavio (Bellum judaicum), che la combatté personalmente, la morte di più di 600.000 ebrei e determinò nel 70 d.C. la prima distruzione di Gerusalemme e del suo Tempio.

Erode il Grande


I 67 professori dissenzienti additati al ludibrio nazionale.(“L'invenzione del cristianesimo”) 263


I 67 professori sono stati additati al ludibrio nazionale come “cattivi maestri”, “cretini”, “liberticidi”, “oscurantisti”, “illiberali”, e così via. Un ex ministro, confondendo la democrazia (dove il dissenso è legittimo) con la teocrazia (dove il dissenso è punito col rogo) ne ha chiesto il licenziamento e la condanna alla galera e li ha definiti nemici della libertà e promotori di odio e di terrore. Il Senato accademico dell'Università, appecorato al Rettore, dopo la rinuncia autonoma del papa ad accogliere l'invito, ha espresso grande rammarico per la perdita di una occasione di dialogo e riflessione culturale e civile.

Secondo quell'aulico consesso, dunque, la prolusione di un papa su verità dogmatiche assolute, eterne e immodificabili, era sinonimo di dialogo e non invece di un diktat da parte di un dittatore del Dogma, che in ogni occasione afferma il primato della fede sulla ragione e sulla scienza.

Rinunciando alla visita, papa Ratzinger ha ottenuto il risultato immediato di apparire un martire, di fronte all'opinione pubblica italiana. In realtà quella rinuncia ha dovuto farla per evitare sgradite e poco rispettose contestazioni di cui i media di tutto il mondo avrebbero dato notizia, provocando una sua caduta di prestigio e di rappresentatività. Privo di quella copertura fittizia di intoccabilità e di maestosità di cui si ammanta con il supporto dei paludamenti scintillanti d' oro e d'argento. sarebbe apparso ai suoi sudditi com'è nella realtà: un semplice Re Nudo.


martedì 20 novembre 2012

Per i satrapi del Vaticano l'ateismo è disumano e intollerante.


L'ateofobia, assieme alla feto mania, assilla sempre più la Chiesa Cattolica. Da una parte Gianfranco Ravasi, cardinale rampante verso la papabiltà, lusinga gli atei più o meno devoti facendoli razzolare nel Cortile dei Gentili per invischiarli in un dialogo tra sordi, dall'altra il cane da guardia dell'ortodossia cattolica mons. Gerhard Müller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede (lex Inquisizione), lancia deliranti bordate contro la libertà di pensiero e i liberi pensatori, colpevoli di tutti i mali del mondo.

Intervenendo al quinto congresso mondiale di metafisica mons. Müller, da perfetto manicheo che vede tutto il bene entro la Chiesa e tutto il male fuori di essa, ha contrapposto “l’ottimismo (sic) della visione cristiana del mondo e dell'uomo” alla “visione del mondo pseudo-scientifica propagandata dal neo-ateismo” che “viene ai nostri giorni esaltata come programma di opinione da imporre all’intera umanità”. Di qui il “carattere disumano e intollerante” di questa visione nichilista che si maschera con una “morale filantropica e umanitaria”.

Ignorando la sempre più rapida secolarizzazione del mondo cattolico, l'indefesso guardiano dell'ortodossia ha spudoratamente affermato che diventano sempre più numerosi quelli che si rivolgono alla fede oggi più che mai “moderna”, e apre dunque alla speranza di fronte al pessimismo di quanti negano “la possibilità della conoscenza di Dio per mezzo della Rivelazione”.

Non pago delle sue assurde affermazioni, Müller ha rincarato la dose sull’Osservatore Romano scrivendo che i libri di Dawkins e Hitchens “promuovono uno stile di vita edonistico improntato all’utile e al profitto”, e ha concluso ripetendo l'accusa assurda e delirante, più volte iterata da papa Ratzinger, che il nazionalsocialismo di Hitler era frutto del suo ateismo.

Una bestialità storica. Come poteva un regime ateo stipulare un Concordato della Germania con la Chiesa cattolica (tuttora valido) solo pochi mesi dopo la presa del potere, mettere fuori legge le associazioni atee, avere un motto quale “Dio è con noi”, stampigliato in tutti i cinturoni dell'esercito,avere un führer così affettuoso nei confronti della Chiesa cattolica da farne parte fino alla fine, attuare il più feroce antisemitismo in combutta con la Chiesa? Semplicemente, non poteva. Il nazismo non era ateo, era cattolicissimo. Infatti, ad acconsentire la fuga dei gerarchi nazisti furono i vescovi cattolici appoggiati dal Vaticano. Su Hitler e sull'ateismo il tedesco Müller e il suo papa mentono sapendo di mentire.

Mons. Gerhard Muller


Il lecchinaggio dei politici italiani nei confronti di papa Ratzinger .(“L'invenzione del cristianesimo”) 262


Infatti il papa, non veniva in quel “libero tempio” del “libero sapere”che è l'università per confrontarsi su un qualche dogma del cristianesimo, come ad esempio sulla verginità di Maria, e discuterne da filosofo come si proclama di essere, ma a ribadire, per l'ennesima volta, la sua verità teologica, “data” una volta per tutte, rivelata ed immutabile nei suoi princìpi, anche se le scoperte della scienza la rendono palesemente inverosimile, senza mettere in discussione un bel nulla di questa verità, per cui l’incontro sarebbe stato del tutto incongruo, essendo l'Università il luogo deputato alla continua ricerca filosofica e scientifica, che tutto mette in discussione, tutto rielabora e tutto rinnova alla luce delle sempre nuove scoperte.


La lettera di dissenso dei 67 professori, in uno Stato democratico in cui il dissenso dovrebbe essere non solo legittimo ma sacrosanto, sarebbe dovuta essere accolta con rispetto e attenzione, invece ha suscitato una bagarre mediatica immane, un'orgia di mistificazioni, di ipocrisie, di opportunismi e di falsità d'ogni genere da parte non solo della quasi totalità della nostra “casta politica”, la più bigotta d'Europa anche se in gran parte atea e baciapile, ma di tutti i giornali di destra e di sinistra e dei telegiornali nazionali, in una gara di inverecondo lecchinaggio nei confronti del papa martire.

lunedì 19 novembre 2012

Il falso Jahvè. Fine d'Israele. Il periodo ellenistico. 182


Il Libro di Daniele espresse una forma teologica di reazione sia alla repressione dei seleucidi sia alla seduzione della civiltà ellenistica che aveva coinvolto clero e aristocrazia, provocando forme di apostasia e di abbandono della Torah. La teologia apocalittica formulata nel Libro di Daniele, s'imperniò nell'attesa di una vicina catastrofe cosmica finale, che sarebbe stata il preludio dell'avvento perenne del regno di Dio in Terra.

Essa determinò due conseguenze importanti: la fede nella resurrezione individuale dei morti, formulata per la prima volta nella storia del popolo ebraico, e la sostituzione del tradizionale Messia davidico, preannunciato da Isaia, con un altro Messia inviato da Dio direttamente dal cielo, una sorta di salvatore preesistente e trascendente, nascosto presso Dio e chiamato il Figlio dell'Uomo (H. Kung, op. cit., pag.147).

La fede nella resurrezione dei morti poneva in maniera più radicale il problema della giusta retribuzione. Di fronte al sacrificio di tanti ebrei martiri uccisi dai seleucidi, Jahvè, il Dio della giustizia, sarebbe intervenuto nel giorno finale dell'apocalisse, facendoli risorgere dalla polvere come uomini integri (carne ed ossa) e non soltanto come anime, e li avrebbe restituiti a una nuova esistenza terrena, questa volta eterna. I giusti sarebbero risorti nello splendore del firmamento, i loro persecutori nella vergogna eterna (Daniele 12,2/3).

Questo Libro di Daniele è l'unico documento incontestato relativo a una resurrezione dei morti nell'intera Bibbia ebraica. Così, nel secolo e mezzo che precede la nascita di Cristo, la fede nella resurrezione prese a diffondersi nell'ebraismo. Questa teoria, accettata dai cristiani, nel mondo ebraico fu accolta con favore soltanto dai farisei e recisamente negata dai sadducei, cioè dalla casta sacerdotale.

Paul D. Hanson


In Italia l'oscurantismo religioso più forte che nel resto dell'Europa. (“L'invenzione del cristianesimo”) 261


Se abbattere l'oscurantismo religioso nel mondo è un'impresa difficilissima, in Italia, col Vaticano in casa e il servilismo imperante a tutti i livelli della nazione, sarà addirittura un'impresa quasi disperata. Un recente episodio lo dimostra in modo lapalissiano. 

Quando papa Benedetto XVI fu invitato dal Rettore dell'Università “La Sapienza” di Roma a tenere il 17 gennaio 2008 la "Lectio magistralis" per l'inaugurazione dell'Anno Accademico, 67 docenti dell'ateneo inviarono al Rettore una lettera di dissenso, ravvisando in quell'invito l'indice di un forte conformismo, di una desolante forma di servilismo e, soprattutto, il tentativo di trasformare l'inaugurazione dell'anno accademico in un mega-evento mediatico da parte del supremo rappresentante della dogmatica ecclesiale che, nel 1990, da cardinale, aveva dichiarato che il processo contro Galileo era stato ragionevole e giusto, suscitando non poche polemiche nel mondo scientifico.

Questo tempio della cultura, della scienza e del sapere perennemente “in fieri”, non poteva, quindi, accogliere chi, come il capo della Chiesa Cattolica, ha negato e represso per secoli ogni forma di libertà di ricerca, e continuerebbe ancora oggi a reprimerla coi roghi, se il secolo dei lumi e la nascita delle democrazie non avesse cambiato le cose.

Università "La Sapienza" Roma


domenica 18 novembre 2012

Peccato e redenzione. Epilogo 122


Ma Adamo ed Eva, come abbiamo dimostrato, non sono mai esistiti per cui il famigerato peccato originale dal quale, secondo la leggenda sumerica, inserita nella Bibbia, derivano tutte le sciagure umane e planetarie, è un mito infantile, nato ai primordi della civiltà per spiegare l'origine del male e della morte. Si tratta quindi di una impostura vera e propria che solo la dabbenaggine umana ha accettato come evento divino.

Esattamente come è un'impostura anche l'altro mito infantile, sconfessato senza mezzi termini dalla scienza, che l'uomo abbia avuto origine da una statuetta di creta impastata dal vasaio celeste, a somiglianza di dio. Oggi la scienza spiega in modo incontrovertibile che il mammifero pensante, denominato uomo, è il prodotto di milioni di anni di evoluzione.

Nessun scienziato può mettere in dubbio che tutte le specie che hanno popolato e popolano la Terra siano il frutto di una continua e inarrestabile evoluzione retta da leggi immanenti al nostro pianeta e determinate dal caso e dalla selezione naturale, quindi al di fuori di ogni intervento divino. 

Creazione di Adamo


In nomine Domini 39


"Come si concluse a Roma il processo contro Paolo?”, chiese il papa con vivo interesse.
"Paolo trascorse a Roma due anni di prigionia dorata poi, prosciolto dalle accuse, se ne andò in Spagna, poco prima che i cristiani venissero accusati dell'incendio di Roma. Dopo aver visitato la Spagna, Creta e la Macedonia, si ritirò a Nicopoli in Epiro, dove morì di vecchiaia dopo aver completato l'organizzare della Chiesa da lui fondata, dotandola di una solida gerarchia. Quindi la nostra tradizione che vuole che durante la persecuzione di Nerone sia stato martirizzato non corrisponde a quanto dicono questi documenti".
"Quando si ritirò a Nicopoli, Paolo cessò la sua attività apostolica?" chiese il papa.
"No, perché dovette affrontare il clima di odio contro i cristiani che si andava diffondendo in tutto l'Impero in seguito alla persecuzione di Nerone e alla Guerra Giudaica conclusasi con la distruzione di Gerusalemme. I cristiani erano accomunati dai romani agli ebrei nemici di Roma e accusati di continui atti di sedizione. Paolo dovette quindi togliere al nuovo movimento cristiano, che si andava rapidamente diffondendo tra i pagani, ogni residuo di messianismo e giudaismo, che erano alle origini dell'ostilità dei romani, e rivestirlo di pacifismo, di non-violenza, di amore per i nemici, di rispetto quasi servile verso le autorità costituite, di spirito di comprensione per le classi più ricche e potenti. Quindi, manipolando i Vangeli preesistenti, li trasformò in manifesti consoni alla sua nuova teologia, togliendo da essi i riferimenti messianici e inserendo tra i loro vecchi contenuti, una nuova serie di eventi non verificabili, quali: il processo ebraico, i miracoli, la nascita virginale, le apparizioni angeliche, le parabole, l'eucaristia e tutta una serie di proclamazioni di perdono e d'amore per i nemici - che per gli ebrei erano solo i romani - che se il Gesù storico le avesse veramente pronunciate nella Galilea degli anni trenta, sarebbe sicuramente incorso nella lapidazione a furor di popolo. In tal modo Roma venne scagionata da ogni responsabilità della morte ignominiosa di Cristo e quest'ultima fu fatta ricadere esclusivamente sui perfidi giudei, assieme al delirante messianismo che aveva portato alla distruzione di Gerusalemme e dell'intera Palestina".
"E l'apostolo Pietro quando venne ad evangelizzare Roma?", chiese il papa.
"In base a questi rotoli la presenza di Pietro a Roma non ha alcun fondamento. Egli muore in Palestina, dalla quale non era mai uscito se non per un breve soggiorno ad Antiochia, prima di Giacomo, fratello del Signore. D'altronde com'è possibile che la concomitante presenza a Roma dei due apostoli, Pietro e Paolo, non trovi alcun cenno né nelle Lettere di Paolo, né negli Atti, e che, negli stessi Atti, Pietro sia fatto svanire nel nulla ancor prima della metà del testo e che di lui non si accenni più in nessun documento? È evidente che la presenza e il martirio di Pietro a Roma sono una leggenda messa in circolazione dai Padri della Chiesa per rivendicare il diritto della capitale dell'Impero di essere anche la capitale del cristianesimo, al posto della città santa di Gerusalemme".
"Quindi il martirio dei due massimi esponenti della nostra santa fede, Pietro e Paolo, è un'invenzione dei Padri della Chiesa!" esclamò Ascanio visibilmente scosso.
"Questa e forse tante altre", rispose Simone, "se è vero che importantissimi documenti, come questi che ho tra le mani, sono stati distrutti da loro".
"Come si concludono questi testi?", concluse il papa.
"Con la morte di Paolo a Nicopoli, assistito dal fedele Luca e circondato dai molti seguaci, nel compiacimento generale del trionfo del suo cristianesimo in tutte le contrade dell'Impero e della scomparsa quasi totale della chiesa di Gerusalemme", rispose Simone.
"Riassumendo, in una sintesi estrema, quanto vi ho esposto finora", concluse il monaco,"possiamo affermare, in base a questi antichi testi, che Gesù, nel giro di mezzo secolo dalla sua morte, subì tre radicali trasformazioni passando dal Gesù storico, inteso come Messia davidico finito crocifisso come un ribelle javista, al Gesù Messia Martirizzato, divenuto tale dopo la sua presunta resurrezione e inteso come il Figlio dell'Uomo, preconizzato da Daniele, e infine, al Gesù teologico dei nostri Vangeli, trasformato da Paolo in Nostro Signore Gesù Cristo, figlio di Dio, incarnatosi e immolatosi per la salvezza universale.
"Solo il primo è l'autentico Gesù, uno dei tanti Messia falliti che a quel tempo in Palestina sorgevano e tramontavano con una certa frequenza. Il secondo è una pura invenzione della Maddalena e il terzo il capolavoro teologico di Paolo. I primi due Gesù riguardavano esclusivamente il popolo ebraico, il terzo, con la sua elevazione a figlio di Dio, l'intero genere umano".
E porgendo i codici che aveva sul tavolo agli illustri ospiti concluse: "Qui trovate la traduzione fedele dei due rotoli e, da questo momento, li affido alle vostre mani".
"A questo punto sarebbe opportuno che ognuno di noi esprimesse una sua valutazione su quanto abbiamo ascoltato", disse il giovane papa. "Non sarà facile, almeno per me, ma dobbiamo farlo".
"Io gradirei sentire per primo il parere del venerando Simone", intervenne Ascanio. "Dalla sua relazione mi sembra di aver capito che considera questi rotoli dei documenti autentici. La mia domanda è: quanto di vero c'è in essi e quanto nei nostri testi canonici? Perché è chiaro che gli uni escludono gli altri".
"Il diacono Ascanio mi addossa una responsabilità enorme ponendomi questo quesito", rispose Simone tentennando il capo. "Ma io risponderò anche se le mie parole potranno sembrare blasfeme e non in linea con la nostra ortodossia. Comincerò col precisare che quando, parecchi anni fa, ho affrontato la lettura di questi testi, ho subìto un trauma quasi mortale. Per molti mesi sono vissuto nell'angoscia e nella disperazione. Tutto il mio mondo interiore era crollato e tutte le mie certezze religiose svanite nel nulla. Ero continuamente tentato di distruggerli, considerandoli opera di Satana. Poi mi sono messo a soppesare il contenuto di questi testi e a confrontarlo, quasi parola per parola, con quello dei nostri libri canonici. Ebbene, lentamente ma inesorabilmente, sono arrivato alla conclusione, molto amara e molto sofferta, che la verità sull'origine del cristianesimo si trova in questi due rotoli e non nei nostri testi rivelati. In parole semplici e brutali, che il Gesù storico non ha niente a che vedere col cristianesimo che noi professiamo, e che il Gesù teologico, quale ci propongono i nostri Vangeli, è una pura invenzione di Paolo di Tarso".
"Una cosa mostruosa che potrebbe sembrare una enorme bestemmia", sbottò il papa, allargando le braccia in segno di sconforto, "se non fosse che quello che abbiamo sentito nella relazione ci induce a crederlo senza difficoltà".
"Anch'io concordo col venerando Simone", ammise Ascanio senza perifrasi inutili. "Da parecchi anni, considerando le molte ed evidenti contraddizioni e incongruenze che si trovavo nei Vangeli e negli Atti e leggendo le feroci diatribe dei Padri della Chiesa contro gli eretici, ritenevo i testi canonici poco credibili e sottoposti a grossolane manomissioni. Soltanto ora però, dopo aver ascoltato la meravigliosa sinossi di Simone, comprendo appieno che il ruolo messianico di Gesù, pur camuffato in mille modi, affiora di continuo in essi e mi illumina su tanti episodi poco coerenti che mi lasciavano perplesso. Indubbiamente il cristianesimo è nato da una colossale mistificazione inventata da Paolo allo scopo di creare una religione che prendesse dall'ebraismo il monoteismo e l'eticità dei costumi e dal paganesimo l'idea del soterismo, cioè del Dio salvifico che si immola per redimere le colpe dell'umanità.
"Ciò premesso", continuò il diacono, "dobbiamo anche dare atto che Paolo, fondendo in un sintesi geniale la religiosità ebraica con quella salvifica dei gentili, seppe interpretare quel vago sentimento escatologico che era diffuso trasversalmente in tutto l'Impero, riuscendo a creare la religione del futuro. Egli, infatti, seppe interpretare coraggiosamente le aspirazioni religiose dell'universo pagano, che anelava alla trasformazione radicale del mondo sotto il livello politico, sociale e spirituale. Creando un Dio unico e giusto, che amasse i suoi figli senza distinzione di casta; che s'incarnasse tra gli uomini per un puro gesto d'amore, allo scopo di consentire a ciascuno di loro la salvezza; che unisse il genere umano sotto il segno della fratellanza; che restituisse dignità umana a quanti, vittime di una società schiavista, avevano dimenticato di possederne una; che esaltasse gli umili, i reietti e i mansueti, egli seppe cogliere e appagare le più profonde aspirazioni dell'intero mondo antico.
"Questo è indubbiamente il merito supremo di Paolo e fa di lui uno dei più grandi geni religiosi dell'umanità, al cui confronto il Gesù della storia scompare, come abbiamo capito dalla relazione di Simone, e il Gesù, quale noi oggi conosciamo dai Vangeli, è soltanto una sua creatura, il frutto del suo geniale assemblaggio teologico".
"Parole nobili ed elevate", esclamò Simone, "che possono in qualche modo dare un valida giustificazione al nostro cristianesimo, pur fondato sulla frode. Posto in questi termini, infatti, possiamo riconoscere che il cristianesimo è riuscito a dare a gran parte dell'umanità alcuni valori umani e religiosi fondamentali. Se non che il suo primitivo slancio, imperniato soprattutto sull'amore e la fratellanza universale, si è infranto in una pletora di norme, riti, dogmi, liturgie e istituzioni che lo hanno reso sterile e vuoto".
"La straordinaria perspicacia di Simone ancora una volta ha colto nel segno", replicò Ascanio. "Il cristianesimo, nato come sublime aspirazione all'amore universale, si è trasformato, a poco a poco, in una corazza rigida e soffocante, quale è oggi la nostra religione. Però alcuni suoi valori hanno conservato una qualche loro valenza e giustificano appieno la sua esistenza. D'altra parte si è talmente radicato nel mondo che qualsiasi nostro modo di sconfessarlo risulterebbe inimmaginabile e sicuramente catastrofico. Dobbiamo quindi tenercelo così com'è e perfino difenderlo anche dalla verità".
"In altre parole dobbiamo distruggere questi antichi rotoli che in qualche modo lo sconfessano, come fecero gli antichi Padri della Chiesa", fece scandalizzato Simone.
"Proprio così", affermò con vigore Ascanio. "Possiamo e dobbiamo conservare la sapienza degli antichi, perché creata al di fuori della fede, anche se esprime valori contrari ad essa. Non possiamo nel modo più assoluto ammettere questi testi che si trovano all'interno della fede e che finirebbero per corroderla e distruggerla".
Il dibattito tra Ascanio e Simone, pur condotto nel modo più rispettoso, continuò serrato e rigoroso per quasi un'ora. Ognuno dei due sosteneva con gran foga il suo punto di vista e gli argomenti pro e contro la distruzione dei rotoli parevano al papa in perfetto equilibrio.
Mentre egli ascoltava muto e attento lo scambio dialettico tra Ascanio e Simone si rendeva conto, con sempre maggiore consapevolezza, di quanto grande fosse la sua pochezza culturale nel campo religioso. Purtroppo spettava a lui, alla fine, prendere la decisione finale. Era decisamente dalla parte di Ascanio ma gli dispiaceva anche contrariare il venerando Simone, verso il quale nutriva una gran ammirazione e una profonda simpatia.
"La notte porta consiglio", disse al termine di quel serrato dibattito. "Domani ci rincontreremo per prendere una decisione definitiva. Nel frattempo valuterò con la massima ponderazione i vostri due punti di vista. Devo però confessare umilmente", ammise con sincera commozione", che sono molto ammirato della vostra sapienza e saggezza e che ascoltando le vostre parole ho toccato con mano quanto sia carente la mia cultura religiosa e quanto grande, invece, la mia indegnità".






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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)