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venerdì 28 giugno 2013

Il culto di Mitra e il cristianesimo, (Parte prima) 52

Mitra, il dio della Luce celeste, fu una personificazione del Sole. Il suo culto, originario della Persia e dell’India, nel III secolo a.C. era già diffuso in Egitto. Quasi contemporaneamente al Cristianesimo penetrò poi nell’Impero Romano, facendo numerosi proseliti con grande rapidità soprattutto fra i soldati, i mercanti e gli schiavi, estendendosi in Nordafrica, in Spagna, in Gallia, in Germania e persino in Britannia. Il punto di irraggiamento della religione di Mitra fu la Cilicia, patria di Paolo, dov’era penetrata quasi cent’anni prima di lui. Gli studiosi hanno accertato tutta una serie di corrispondenze fra la predicazione di Paolo e i culti mitraici.

Mitra discese dal cielo e si racconta che alla sua nascita fu adorato dai pastori, che gli recarono in dono le primizie dei greggi e dei frutti della terra. In seguito ascese in cielo, venne posto sul trono accanto al dio del Sole, cioè divenne partecipe della sua onnipotenza, e infine fu parte di una Trinità. Si credeva, inoltre, che un giorno sarebbe tornato a risuscitare e a giudicare i morti
Il giorno consacrato al dio del Sole era il dies solis celebrato in modo particolare nel culto di Mitra come primo giorno della settimana, e in seguito definito «il giorno del Signore» (dies dominica) dai cristiani. La Domenica fu introdotta da Costantino con una legge del 321.

Il giorno della nascita di Mitra, il dies natalis Solis, era il 25 dicembre, che, come tutti sanno, è stato scelto dalla Chiesa come il giorno della nascita di Cristo.Ma nella cristianità primitiva si celebrava solo una festa, la Pasqua, mentre la nascita di Cristo era ignorata. Fu solo a partire dal 353 che la Chiesa scelse definitivamente il 25 dicembre come data della nascita di Cristo accorpandola alla ricorrente festività di Mitra.

La nuova solennità ecclesiastica divenne ben presto assai popolare proprio perché altro non era se che la trasformazione e l’adeguamento della festa pagana del solstizio d'inverno, cioè della mitica rappresentazione della nascita del nuovo sole.



Il dio Mitra


martedì 25 giugno 2013

L ‘adorazione del Sole. 51

La Eliolatria, cioè l’adorazione del Sole, cui si rifacevano molti riti antichi, occupa una posizione di grandissimo rilievo nella storia delle religioni. Già gli antichi Persiani invocavano nei loro templi l’astro diurno chiamandolo «Eterna Luce». Ma fu in Egitto col faraone Amenofi IV (1375-1358), grande riformatore religioso, che conobbe il massimo splendore. Nel breve periodo del suo regno questo faraone cancellò la religione politeista del Paese, spodestò la classe sacerdotale e sostituì il molteplice pantheon egizio con un singolare monoteismo di Stato, incentrato sul culto del disco solare chiamato Aton. Il sovrano mutò il proprio nome da Amenofi ad Akhenaton, (amato da Aton).

Per attuare questa sua radicale riforma religiosa, Akhenaton usò una forma di coercizione violenta: i templi furono chiusi, le immagini degli dèi distrutte, i loro nomi cancellali dai monumenti e i loro culti abbandonati. Tutto il variopinto pantheon di divinità antropomorfe e zoomorfe fu sostituito dal Dio Aton, il Dio unico della luce, dotato di trascendenza, onnipotenza, bontà infinita e libero da tutte quelle passioni terrene e plateali, quali aggressività, gelosia, vendicatività che di solito gli uomini attribuiscono al Dio inventato a loro immagine e somiglianza. Aton era anche un Dio sommamente pacifico, che aborriva la guerra, rifiutava i sacrifici cruenti, amava la serenità dell'esistenza umana, i sentimenti del cuore e il rispetto della natura.

Mosè, che probabilmente era un parente stretto di Akhenaton, alla morte improvvisa del faraone, ereditò la sua riforma religiosa imperniata sul dio Sole. Il suo monoteismo, come mostra Sigmund Freud nell’opera "Mosé e la religione monoteistica", era uguale al culto solare di Amenofis IV (Akhenaton).

L'eliolatria fu molto diffusa anche nell'antica Babilonia, come ci testimonia un Inno in caratteri cuneiformi risalente ad età prebiblica e perfino in Israele come deduciamo dal profeta Isaia quando scrive: «Vedi come la tenebra copre la terra e il buio avvolge i popoli; ma sorge su dite il Signore, e la sua magnificenza appare in te. I popoli camminano nella tua luce, e i re nello splendore, che è sorto per te».

A seguire, tutta una serie di dèi quali Giove, Apollo e Baal ebbero gli attributi della divinità solare e nell’Impero Romano questo dio fu venerato come Summus Deus. Ma anche molti cristiani primitivi adoravano il Sole. Nel 354 o 355 il vescovo Pegasio confessò al principe Giuliano di pregare segretamente il Sole. E ancora nel V secolo c’erano fedeli cristiani che si prosternavano davanti all’astro nascente, dicendo: «Abbi pietà di noi!», Papa Leone I dovette mettere in guardia la comunità romana da un aperto culto del Sole E nel primo Medioevo, Cristo fu proclamato «l’Onniveggente», l’Invitto» e il «Sole della giustizia», titolo proprio del dio del Sole, diventando «il vero Helios».

Un’eco dell’antico culto solare è presente tuttora in molte suppellettili sacre, usate per la conservazione delle ostie nelle chiese cattoliche ed è presente addirittura nella Messa: l’Antifona del 21 dicembre, giorno del solstizio invernale, recita: O Sole che sorgi splendor d’eterna luce e sole di giustizia,vieni ad illuminarci, ché siamo nella tenebre all’ombra della morte.


Amenophis IV (Akhenaton)


venerdì 21 giugno 2013

Dioniso e Cristo. 50

Il dio Dioniso, figlio di Zeus e della vergine mortale Semele, fu un altro archetipo di Cristo. La religione dionisiaca già nell'VIII secolo a.C. era molto diffusa nel mondo mediterraneo, soprattutto in Grecia. Dal II secolo a.C. il suo culto si diffuse anche a Roma e in Spagna e veniva celebrato con con feste e processioni sfarzose. Dei quattro evangelisti è stato Giovanni a venir maggiormente influenzato dalla figura di Dioniso.

Dioniso era strettamente collegato alla coltivazione della vite. Infatti, uno dei titoli più noti di Dioniso, era «la Vite», e Giovanni attribuì lo stesso titolo a Cristo, chiamandolo «la Vera Vite». In alcuni scritti cristiani del II secolo i suoi seguaci definirono Cristo «la santa Vite di Davide». Uno dei miracoli più eclatanti di Gesù, conosciuto come il miracolo delle Nozze di Cana, nel quale avviene la trasformazione dell’acqua in vino, era già stato compiuto da Dioniso, come testimonia Euripide (480-406 a.C.) nella descrizione dei misteri bacchici nella tragedia Le Baccanti. È sintomatico il fatto che questo miracolo venga esclusivamente riferito da Giovanni e sia totalmente ignorato dagli altri evangelisti che mostrano di non conoscere nemmeno il villaggio di Cana.

 Questo miracolo, chiaramente scopiazzato da Euripide, ha avuto largo seguito presso i cristiani primitivi perché è stato più volte ripetuto anche in dimensioni maggiori se il vescovo Epifanio di Salamina di Cipro (morto nel 403) scrive senza pena del ridicolo: «In molti luoghi succede la stessa cosa fino ai nostri giorni in nome del prodigio divino accaduto allora a Cana, come prova contro gli increduli; lo dimostrano in molte località fontane e fiumi,che nell’anniversario del miracolo di Cana si trasformano in vino».

Un elemento importante che rapporta il cristianesimo al culto di Dioniso riguarda la crocifissione. Infatti, come il Prometeo Incatenato nel Caucaso, anche Dioniso appartiene alla categoria degli dèi crocifissi. Le comunità seguaci di Dioniso, già molto prima dell’era volgare, veneravano questo dio crocifisso, sopra una tavola d’altare con ampolle di vino. Secondo il teologo Hermann Raschke, la crocifissione di Gesù non sarebbe che una forma evolutiva della crocifissione di Dioniso.

Da quanto abbiamo riferito appare indubbio che la vicenda di Cristo è stata plasmata, oltre che da un'ampia elaborazione di testi e profezie veterotestamentarie, anche da modelli derivati delle divinità redentrici ellenistiche qiali Asclepio, Eracle e Dioniso. Senza l'apporto di queste figure mitiche pagane, mai, da Messia fallito quale fu nella realtà, sarebbe diventato il Cristo figlio di Dio che, come già tutti quelli che lo avevano preceduto, nasce da una vergine, muore crocifisso e risorge dopo tre giorni.




Dioniso e un satiro


martedì 18 giugno 2013

Eracle e Cristo. 49

Le antiche saghe riguardanti Eracle e il culto religioso a lui attribuito erano conosciutissimi in Siria, in Grecia, a Roma e sul Reno ai tempi di Gesù.La somiglianza fra il mito di Eracle e la figura di Cristo fu spesso oggetto di attenzione da parte di molti studiosi, ma fu il filologo Friedrich Pfister a definire l’esistenza di una filiazione diretta di Gesù dal dio pagano. I parallelismi tra i due sono impressionanti e iniziano fin dalla loro nascita.

Come Anfitrione, il padre umano di Eracle, vive a Micene con la vergine Alcmena, così Giuseppe, il padre umano di Gesù, vive a Nazareth con la vergine Maria; come Anfitrione si astiene dai rapporti coniugali con Alcmena fino alla divina concezione, così fa anche Giuseppe. Come Anfitrione migra da Micene a Tebe insieme ad Alcmena, così Giuseppe trasmigra con Maria da Nazareth a Betlemme, e alla fine di queste peregrinazioni nascono sia Eralcle che Gesù.
Entrambi i pargoli divini vengono perseguitati subito dopo la nascita. Appena, infatti, la dea Era apprende che il figlio di Alcmena e di Zeus suo marito.
diverrà re, decide di perseguitarlo esattamente come farà Erode quando apprende dai Magi la nascita del re d'Israele e decide di farlo uccidere. Gesù ed Eracle sono quindi costretti a fuggire.

All'inizio della loro attività pubblica entrambi si ritirano in solitudine nel deserto e vengono sottoposti alle tentazioni durante le quali vengono mostrati loro dalla cima di una montagna tutti i regni della terra. E come Eracle, anche Gesù supera la tentazione. Tutta l’attività della loro vita di adulti presenta analogie sorprendenti essendo costellata delle medesime sofferenze.

Particolarmente sorprendenti appaiono le corrispondenze fra la religione di Eracle e il Vangelo di Giovanni che, essendo il Vangelo canonico più recente, contiene più degli altri un patrimonio concettuale pagano. Nei tre Vangeli più antichi il discepolo prediletto non si trova ai piedi della croce e nemmeno la madre di Gesù; le donne, infatti, osservano «da lontano». In Luca leggiamo: «Tutti i suoi conoscenti stavano lontani».

In aperto contrasto con questo racconto, nel Vangelo di Giovanni il discepolo prediletto e la madre di Gesù si trovano sotto la croce. Analogamente al momento della morte di Eracle sono presenti la madre e il discepolo prediletto Hyllos! E non solo. Eracle muore eroicamente pronunciando le parole epiche «E’ compiuto». Gesù nel racconto di Giovanni si comporta allo stesso modo e, in aperto contrasto coi sinottici che lo descrivono in profonda crisi esistenziale, non mostra alcun cedimento morale e muore pronunciando le identiche parole di Eracle.

In seguito alla morte di Gesù, secondo i Vangeli, la terra tremò e si spaccò e caddero le tenebre, esattamente come avvenne, secondo la leggenda, alla morte di Eracle. E per concludere: Eracle risorto, come Gesù, ascese al cielo per cogliere dal padre divino il premio delle proprie fatiche e il diretto responsabile della sua morte, si impiccò, pentito e sconvolto, come Giuda.

All’epoca di Gesù era molto diffusa una religione di Eracle che lo additava come l’ideale del saggio e il più sublime modello etico per l'intera umanità.
Addirrttura, nelle due tragedie di Seneca: Hercules furens e Hercules Oetaeus, Eracle viene indicato come l’autentico Figlio di Dio, il Salvatore del mondo.


Eracle


venerdì 14 giugno 2013

Modelli pagani della figura del Redentore cristiano. 48

La figura del Redentore cristiano, dalla nascita all'ascensione in cielo, ricalca, scena per scena, i tre Redentori della religione dei Misteri : Asclepio, Eracle e Dioniso.

Il culto di Asclepio fin dal V secolo a.C. era diffusissimo nel mondo antico e il tempio di Epidauro, a lui dedicato, era meta continua di pellegrinaggi come oggi è Lourdes. Lì avvenivano, per sua intercessione, i miracoli più eclatanti: i morti resuscitavano, i paralitici camminavano, i ciechi riacquistavano la vista, i muti la parola e persino i calvi si allontanavano con folte chiome. Asclepio guariva non solo i mali del corpo, ma anche quelli dell’anima. Da medico e divinità guaritrice, divenne, come in seguito Gesù, un Salvatore e un Redentore. Sul suo altare, fino al trionfo del cristianesimo, troneggiava in lettere cubitali la parola Sotér (Salvatore). Non pochi miracoli compiuti da Gesù nella narrazione evangelica si rifanno ad Asclepio.

La straordinaria affinità dell’opera miracolosa di entrambi viene sottolineata dal teologo Carl Schneider. "Come Asclepio -egli scrisse- Gesù guarisce tendendo o imponendo le mani, con un dito che tocca le membra inferme oppure con un altro contatto col malato. Come in Asclepio, la fede e la guarigione sono quasi sempre strettamente congiunte. Anch’egli, come Gesù, esige il ringraziamento della persona guarita. Un cieco guarito da Asclepio vede per prima cosa degli alberi, come un uomo miracolato da Gesù. Entrambi guariscono zoppi, muti, paralitici, che se ne vanno col lettuccio in spalla; nessuno dei due fa distinzioni fra ceti sociali, fra giovani e vecchi, ricchi e poveri, uomini e donne, schiavi e liberi, amici e nemici".

A tali guarigioni vanno poi aggiunte operazioni miracolose sulla natura: Asclepio come Gesù placa le tempeste. Altra cosa da rilevare è che Asclepio resuscitò sei morti, con particolari identici agli analoghi atti di Gesù in occasioni simili e alla presenza di numerosi testimoni.

Il culto di questo dio, nato cinque secoli prima di Cristo e perdurato a lungo dopo il cristianesimo, ha senz'altro influito molto sulla nascita dei racconti evangelici. 

Epidauro -rovine del Tempio


martedì 11 giugno 2013

Affinità tra gli insegnamenti di Buddha e di Gesù. 47


Gli insegnamenti morali di Buddha e di Gesù sono spesso molto affini. Entrambi proibiscono di uccidere, di rubare, di mentire e di fornicare. L’uno e l’altro raccomandano il rispetto dei genitori, ed esaltano i pacifici; tutti e due vogliono ricambiare il male col bene, predicano l’amore per i nemici, insegnano a non accumulare inutili ricchezze terrene e preferiscono la misericordia all’offerta di sacrifici.

Anche le definizioni sono spesso pressoché letteralmente eguali. Buddha si definisce «figlio dell’uomo», come Gesù, e viene anche lui chiamato «profeta», «maestro» e «signore». Le denominazioni di Buddha quale «occhio del mondo» e «luce senza pari» corrispondono alla definizione di Cristo quale «luce del mondo». Perfino i miracoli compiuti da Buddha sono simili a quelli di Gesù: i malati guariscono, i ciechi vedono, i sordi sentono, gli storpi procedono di nuovo eretti. Egli cammina sul Gange in piena come Gesù sul lago.

Buddha esigeva che i suoi miracoli non venissero intesi come mere esibizioni, proprio come Gesù. Ma in seguito, nel Buddismo istituzionalizzato, il miracolo svolse lo stesso ruolo dominante che ebbe nella Chiesa cristiana o nell’Islam. In tutte le religioni la massa si lascia più facilmente impressionare dai portenti e dalle magie che non dalla spiritualità e dall’ethos; essa vuole che accada qualcosa per sé, non in sé.
A conclusione del confronto tra Cristianesimo e Buddismo viene qui riportato uno dei più sorprendenti parallelismi tra loro riferito all'episodio evangelico dell'obolo della vedova. Nella narrazione buddista, durante un’assemblea religiosa i ricchi offrono doni preziosi, mentre una vedova possiede solo due monete: è tutto ciò che ha, ma lo offre con gioia. Il sacerdote riconosce la sua buona intenzione e la esalta, senza badare ai regali degli altri. Ecco il passo parallelo del Vangelo di Marco: «E sedutosi di fronte al tesoro, (Gesù)stava a vedere come la folla gettava monete nella cassa, e molti ricchi ne gettavano molte. Ma venuta una povera vedova, gettò due monete, che fanno un quadrante. E chiamati a sé i discepoli, disse loro: “In verità vi dico, questa povera vedova ha dato molto più di tutti gli altri, che hanno gettato qualcosa nella cassa. Infatti, costoro hanno tutti quanti gettato il superfluo, essa invece tutto quello che aveva nella sua povertà, tutto il suo sostentamento”» (Marco 12, 41 sgg.).

Qui le coincidenze sono specifiche e assolute: in tutti e due i casi si tratta di una donna; le due donne sono povere; entrambe offrono in chiesa; entrambe lo fanno assieme ai ricchi; tutte e due donano tutto ciò che hanno; entrambe posseggono due monete; entrambe vengono esaltate da un osservatore; entrambe le donazioni sono stimate assai più che i doni dei ricchi. È qui difficile, se non impossibile, negare un rapporto diretto di dipendenza del racconto evangelico da quello buddista.

Le analogie fra Buddismo e Cristianesimo continuano anche dopo la morte dei loro fondatori. Miti e leggende trasfigurano le loro immagini: Buddha e Gesù vengono ben presto divinizzati e collocati al di sopra di tutte le altre divinità e i loro principi fossilizzati in dogmi. In tutte e due le religioni si giunge a un Concilio. I buddisti ortodossi fissarono il proprio dogma nel Concilio di Pataliputra (241 a.C.), circa 250 anni dopo la morte di Buddha, i cristiani lo fecero nel Concilio di Nicea (325), circa trecento anni dopo la morte di Gesù. 

La sollecita apoteosi di Buddha rende comprensibile la divinizzazione relativamente rapida di Gesù. Ma le deificazioni, la comparsa di Redentori e soprattutto di figli divini provenienti dal cielo, come Asclepio, Eracle e Dioniso, modelli del cristiano figlio di Dio, erano familiari e ovvi nel mondo antico che precedette il cristianesimo.



Asclepio


venerdì 7 giugno 2013

Le molteplici affinità tra Gesù e altri fondatori di antiche religioni. 46


I parallelismi tra le antiche religioni e il cristianesimo sono spesso così evidenti da giustificare chi crede che il cristianesimo sia fondamentalmente una sintesi delle religioni che lo precedettero. Oggi esamineremo in particolare il rapporto tra Buddha e Cristo. Già Schopenhauer riconobbe giustamente l’affinità tra Cristianesimo e Buddismo affermando:Tutto ciò che è vero nel Cristianesimo, si trova anche nel Brahmanesimo e nel Buddismo. Come spiegare un fatto del genere? Ammettendo che nell'antichità di certo ha avuto luogo uno scambio continuo del patrimonio religioso ideale tra l'Oriente e l'Occidente. Mercanti, ambasciatori e dotti indiani giunsero spesso in Occidente e viceversa determinano prestiti reciproci; fu addirittura sostenuta la tesi di una presenza di Gesti in India, ma senza possibilità di prova.

La storia di Buddha (ca. 560-480 a.C.) presenta diversità notevoli da quella di
Gesù: non è il figlio di un falegname, ma di un re, non viene perseguitato né da giovane né da adulto, e non finisce ancor giovane sul patibolo, come un delinquente comune, ma passa a miglior vita vecchio di 80 anni. Esistono poi differenze dottrinali significative. Tuttavia, la sua vita e la sua predicazione offrono molte analogie degne di nota col Cristo biblico.

Prima della sua venuta, Buddha dimora quale entità spirituale fra le divinità del cielo e discende volontariamente sulla terra per la salvezza del mondo e, come il Cristo biblico, viene generato in modo miracoloso. Gli Angeli lo proclamano Redentore e annunciano alla vergine madre: «Ogni gioia piova su di te, Regina Maya; giubila e sii lieta, perché il bimbo che hai partorito è sacro!». Gesù, alla presentazione del Tempio, viene accolto dal sacerdote Simeone che, prendendolo tra le braccia esclama estasiato:«Signore, adesso congeda il tuo servo in pace, come hai promesso; perché i miei occhi hanno visto la salvezza, che hai posto davanti agli occhi di tutti i popoli, una luce per illuminare i pagani e per magnificare il tuo popolo d’Israele»(Lc. 2, 25 sgg.). Un analogo episodio illustra la vita di Buddha. Il Simone buddista, è il vecchissimo e santo veggente Asita che, ormai prossimo a morte, si reca dal neonato, lo innalza sulle braccia e proclama estasiato: «Costui è l’incomparabile, il più illustre fra gli uomini. Questo fanciullino attingerà il culmine della piena illuminazione». 

Altro episodio comune tra Gesù e Buddha riguarda il dodicenne Gesù nel tempio. che si intrattiene con gli scribi, stupefatti della sua profonda dottrina, mentre i genitori lo cercano. Analogamente il Principe Buddha a scuola, conosce già tutte le scritture e dodicenne compie un breve viaggio, viene smarrito e ritrovato immerso in meditazione profonda.

Nella letteratura antica, però, a dire il vero, sono presenti molti episodi analoghi ad una simile leggenda.  Ad esempio il racconto sul dodicenne nipote del re Ramsete II, del quale il testo egizio, dice: «Il fanciullo crebbe e divenne robusto. Fu mandato a scuola e ben presto superò lo scriba che lo doveva istruire. E allorché il fanciullo raggiunse l’età di dodici anni, era tanto sapiente, che a Memphis nessuno scriba o dotto gli era pari nella lettura dei libri di Magia». Simili parallelismi riguardano altre personalità antiche. Epicuro iniziò a dodici anni lo studio della filosofia (Diogene Laertio. 10, 14), e alla stessa età Augusto tenne una pubblica orazione (Svetonio. Aug. 8,1). Lo storico ebreo Giuseppe Flavio narra che a 14 anni era tanto avanti nella conoscenza della Legge, che esimi esperti di Gerusalemme si recavano da lui per consultarlo.

Altri parallelismi tra Gesù e Buddha. A circa trentanni, come in seguito il Cristo dei Vangeli, Buddha inizia la sua vita pubblica. Mentre digiuna e mortifica la carne, come Gesù viene tentato dagli spiriti maligni, dopo il digiuno di 40 giorni e 40 notti (Mt. 4, 2 sg.). Una storia simile di tentazioni veniva raccontata anche per Zarathustra. Ma le analogia non si fermano qui.

Come Gesù, anche Buddha va in giro in volontaria povertà, col seguito di numerosi discepoli, ai quali si manifesta con detti, metafore e parabole. Come il Cristo evangelico, anche Buddha ha dodici discepoli preferiti, e i suoi primi seguaci sono due fratelli, come i primi seguaci di Gesù . Buddha e Gesù hanno un discepolo prediletto e uno traditore. Devadatta è il traditore di Buddha e fa una fine miseranda come Giuda. Con la stessa durezza, con la quale Gesù combatte i Farisei ligi alla lettera della Torah, così Buddha critica la pratica esteriore della legge da parte dei Brahmini credenti nel Veda.

Come Buddha bolla d’infamia i Brahmini ipocriti, allo stesso modo Gesù smaschera i Farisei: definendoli « .. sepolcri imbiancati, belli a vedersi esteriormente, ma dentro pieni di ossa di morti e di ogni putridume» (Mt. 23,27). Infine, anche i pensieri di Buddha sulle abluzioni rituali, su ciò che è puro e su ciò che è impuro, sono analoghi ai giudizi di Gesù.

Buddha


martedì 4 giugno 2013

Tutti i miracoli attribuiti a Gesù erano già stati raccontati in età precristiana.45


Ogni religione ha dimostrato coi miracoli la «verità» delle sue dottrine. Infatti: guarigioni, resurrezioni, moltiplicazioni di pani, passeggiate sull’acqua, viaggi all’inferno o al paradiso, interventi sulla natura e così via erano prodigi standard di tutte le religioni antiche che precedettero Gesù. Non sorprende quindi che nei decenni successivi alla sua morte tali miracoli, vivi nella fantasia popolare, furono trasferiti a lui, e la sua immagine venne sublimata
dallo splendore della leggenda.

La letteratura specialistica dimostra che i miracoli evangelici coincidono sia nella loro stilizzazione che nel contenuto coi miracoli delle altre religioni per cui è evidente l’origine pagana delle leggende sinottiche. Più tardi molti miracoli furono attribuiti a Maometto, perché, come Gesù fu posto in concorrenza con le divinità pagane, così Maometto fu contrapposto a Gesù. I tratti tipici dei miracoli profani si ripropongono con perfetta similitudine con quelli del Nuovo Testamento. Ad esempio, come Gesù incontra il fanciullo di Nain mentre viene condotto al sepolcro, così anche i taumaturghi pagani erano soliti incontrare il feretro per avere l'occasione di operare la resurrezione. Altri elementi in comune sono il tocco della mano del malato, l’esplicito richiamo alla lunga durata della malattia, l’intensità della sofferenza, gli inutili sforzi dei medici, il successo immediato, lo stupore delle persone e altri simili tratti caratteristici.

Le guarigioni miracolose, soprattutto gli esorcismi, erano assai familiari agli antichi sia ebrei che pagani e dappertutto si incontravano esorcisti che
cacciavano demoni, guarivano turbe psichiche, la follia, l’isteria, l’epilessia. Le narrazioni di questi eventi sono spesso eguali e assai schematizzate.
In quel tempo non erano affatto eccezionali né la camminata di Gesù sull’acqua né il placamento delle tempeste marine. Asclepio e Serapide erano considerati veri maestri in simili prodigi. Inoltre, esisteva presso gli ebrei tutta una serie di straordinarie esorcizzazioni di tempeste, come possiamo evincere da questo racconto: «Accadde a una nave pagana... e c’era in essa un giovane ebreo. Si levò quindi una grande tempesta... e allora dissero a quel1’ebreo: Figliolo, alzati e invoca il tuo dio!.., subito il giovane si levò.., e gridò.., e il mare si tacque».

Nemmeno resuscitare i morti costituiva allora qualcosa di eccezionale , se è vero che esistevano vere e proprie formule specialistiche in proposito. A Babilonia, dove l’idea della resurrezione dalla morte era straordinariamente diffusa, molte divinità venivano definite esplicitamente «resuscitatrici». Nel Medioevo la Chiesa, ancora in preda a alla supestizione più tenebrosa, superò ogni limite ammettendo resurrezioni in serie. I Libri dei Miracoli del Sacrario Bavarese di Inchenhofen indicano 173 resurrezioni ottenute «con l’invocazione e l’intercessione di qualche santo locale.

Anche i papi, allora, diedero il proprio contributo. Fra i cento e più miracoli assemblati nel secolo XIII per il processo di beatificazione di Sant’Elisabetta ed esaminati alla corte papale di Perugia dai più autorevoli prelati della Chiesa, poi approvati ufficialmente dal Papa, ci sono nove resurrezioni. Ma con l'avvento dell'Illuminisno miracoli simili sono spariti, o meglio,evaporati nel nulla, e oggi la Chiesa si deve a mala pena accontentare di qualche pseudoguarigione, spesso contesta della scienza.

Sant'Elisabetta


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Informazioni personali

Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)