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venerdì 27 settembre 2013

La resurrezione di Cristo (Seconda parte) 74

In Marco, la mattina della domenica di Pasqua le donne si recano con unguenti profumati al sepolcro per «l’unzione». Questa decisione presa dopo tre giorni, quando, date le condizioni climatiche orientali, non si poteva non tener conto del fatto che il processo di putrefazione fosse già iniziato, ci risulta inverosimile. Perciò Matteo non la prende in considerazione e manda le donne solo «a dare uno sguardo alla tomba», senza più parlare di unzione (Cfr. Mc. 16, 1 con Mt. 28, 1). infatti, secondo l'evangelista Giovanni, Giuseppe d'Arimatea e Nicodemo avevano proceduto al seppellimento definitivo di Gesù al punto che per l’unzione del suo cadavere avevano utilizzato una quantità di spezie del peso di «ben cento libbre» (Giovanni 19, 39). 

 Quindi la decisione delle donne di procedere all’imbalsamazione, raccontata da Marco al principio del XVI capitolo, non era soltanto poco credibile, ma anche completamente fuori posto (Cfr. Mc. 15, 46 sgg. con 16, 1 sgg.). Per altro, in Marco le donne acquistano gli unguenti il giorno successivo al sabato, in Luca se li procurano il giorno prima (Cfr. Mc. 16, 1 con Lc. 23,56). In Marco si recano presso il sepolcro tre donne, in Matteo solo due. Questa ariante fu forse suggerita probabilmente dalla storia della resurrezione di Osiride, nella quale una versione parla di tre persone giunte alla sua tomba, come in Marco, un’altra invece solo di due donne, come in Matteo. Anche nella resurrezione di Osiride esattamente come nei Vangeli le donne recano con sé dei balsami.

Altro fatto incredibile: in Marco le donne, con una leggerezza davvero inspiegabile si ricordano solo cammin facendo che avrebbero avuto bisogno d’aiuto per rovesciare la pietra tombale, poiché avevano già osservato «attentamente» il sepolcro sigillato (Cfr. Mc. 15, 47). Matteo e Luca, ignorando Marco, non fanno più menzione della loro preoccupazione per le dimensioni enormi della pietra sepolcrale (Cfr. Mc. 16, 1 sgg. con Mt. 28, 1 sg. e Lc. 24, 1 sg.).

E infine, sulle donne e sulla scoperta del sepolcro vuoto, Marco così scrive: «di questo non dissero nulla a nessuno» (Mc. 16, 8) Ma questo loro silenzio non solo era totalmente inverosimile da un punto di vista psicologico, ma si trovava in aperto contrasto con quanto affermato appena un versetto prima, quando l’angelo raccomanda alle donne di portare ai discepoli la notizia dell’avvenuta Resurrezione! (Cfr. Mc. 16,7 con 16, 8). 

Perciò Matteo fornisce un’altra versione, assolutamente opposta, nella quale le donne si precipitano immediatamente «a portare la notizia ai discepoli» (Cfr. Mc. 16, 8 con Mt. 28, 8). Addirittura in Luca, poi, esse recano la notizia «a tutti gli altri» (Lc. 24, 9. Cfr. anche 24, 22 sgg.). Insomma, l’inverosimile e incredibile silenzio delle donne riferito da Marco viene eliminato da tutti gli evangelisti successivi, che in luogo di tremori, fughe e terrori descrivono l’immediata diffusione della lieta novella.

Donne al sepolcro di Cristo


martedì 24 settembre 2013

La resurrezione di Cristo (Prima parte) 73

Tutti i resoconti evangelici sulla resurrezione di Gesù hanno un marcato carattere leggendario e sono un susseguirsi di contraddizioni su contraddizioni. La teologia storico-critica non si stanca di evidenziare il fatto che nelle notizie intorno alla Resurrezione di Gesù le contraddizioni si accumulano in misura sconosciuta a qualsiasi altro passo neotestamentario.

La Resurrezione vera e propria non viene raccontata dai Vangeli canonici ma da quello apocrifo (quindi non attendibile, secondo la Chiesa) di Pietro. La prova del miracolo fu, sostanzialmente, il sepolcro vuoto. Tutti i resoconti evangelici della Resurrezione hanno inizio proprio con questa constatazione, che possedeva evidentemente agli occhi dei narratori un’importanza determinante. Ma la storia del sepolcro vuoto fece sorgere, quasi subito, la tesi della sottrazione del cadavere per opera di Giuseppe d'Arimatea, che fu sostenuta spesso anche nel Medioevo e oltre e che fece scrivere a Goethe negli Epigrammi Veneziani: «Il sepocro è spalancato: che grandioso miracolo, il Signore è risorto! Chi ci crede! Furfanti, lo avete già portato via!».

È istruttivo, a questo proposito, il fatto che Paolo, l’autore cristiano più antico, non ne sa ancora nulla, o perlomeno non ne fa cenno, per quanto almeno un’allusione al sepolcro vuoto sarebbe stata del tutto ovvia, ad esempio nella Prima Lettera ai Corinzi. Inoltre, sembra che nulla sapesse neppure della storiella delle donne e dell’angelo seduto sulla tomba.
Per ovviare all’accusa di imbroglio, Matteo si inventò la storia della guardia posta a custodia del sepolcro (Mt. 27, 62 sgg.; 28, 11 sgg.), di cui manca ogni traccia anche in Marco, secondo il quale le donne incontrano un angelo che siede silenzioso presso l’avello vuoto. In Matteo l’angelo discende dal cielo e le guardie, assenti i negli altri Vangeli, cadono a terra come folgorate (Cfr. Mc. 16, 1 sgg. con Mt. 28, 1 sgg.).

Gli scrittori cristiani elaborarono ben presto la storia del sepolcro vuoto, per renderla più plausibile e arrivarono al punto di inventare tutta una serie di bufale. Al esempio che il nome del comandante di questa guardia fosse Longius o Petronius; che sulla tomba fossero stati impressi «sette sigilli»; che la pietra tombale fosse tanto pesante che tutte le sentinelle, comandante compreso e tutti quanti i presenti, dovessero darsi un bel da fare per smuoverla. Ma fortunatamente e tempestivamente essa rotolò via da sola dal suo posto. La guardia pagana e gli anziani ebrei diventano anch’essi testimoni della Resurrezione.

Nel Vangelo di Pietro (Ev.Petr. 39 sgg.) Gesù salta fuori dal sepolcro addirittura con la croce, e alla domanda proveniente dal cielo se abbia adempiuto alla sua missione nell’Inferno risponde con uno squillante «Sì». E infine il servo del Sommo Sacerdote riceve personalmente da Gesù il sudano di lino, e il centurione della guardia diventa un martire cristiano.



W.Goethe


venerdì 20 settembre 2013

Il mito della resurrezione nell'antichità. 72

I due miracoli più importanti, che secondo la Chiesa dimostrano specifica-
mente la divinità di Gesù sono, la resurrezione e la prova delle profezie.
Durante tutta l’antichità i il miracolo della resuscitazione dei morti, fu fenomeno assai diffuso, giacché il mito del dio che soffre, muore e risorge appartenne ai tratti caratteristici della maggior parte delle religioni
misteriche.
Prima di Cristo resuscitarono dai morti il babilonese Tammuz , il cui culto si era diffuso fmo a Gerusalemme; il siriano Adone, l’egiziano Osiride, il tracio Dioniso e altri. Molti di questi dèi dovettero subire sofferenze e martiri, alcuni morirono sulla croce; talvolta la loro morte ebbe carattere espiatorio, e alla loro resurrezione venne sempre collegata fin dai tempi più antichi la speranza nell’immortalità dell’uomo.

Come il Gesù dei Vangeli, questi dèi morirono spesso prematuramente e tutti, non di rado, resuscitarono il terzo giorno o dopo tre giorni, come Attis, Osiride e assai probabilmente anche Adone. Ma i parallelismi fra le celebrazioni di resurrezioni pagane e il dramma cultuale del Cristianesimo non si fermano qui: l’oscillazione degli Evangeli fra terzo e quarto giorno (dopo tre giorni!) ha la sua ragion d’essere evidente nel fatto che la resurrezione di Osiride si verificava il terzo giorno, quella di Attis, invece, il quarto giorno dopo la morte.



Appaiono sorprendenti talune analogie fra il culto cristiano e la resurrezione di Bel-Marduk, la principale divinità di Babilonia, creatore del mondo, dio della saggezza, dell’arte medica e dell’esorcismo, redentore inviato dal Padre, suscitatore dei defunti, signore dei signori, re dei re e buon pastore. Come il Cristo dei Vangeli, Bel-Marduk fu arrestato, processato, condannato a morte, fustigato e giustiziato insieme a un malfattore, mentre un altro delinquente venne lasciato libero. Una donna asciugò il suo sangue fluito da una ferita inferta da un colpo di lancia. Infine anche Marduk discese nell’inferno a liberarne i prigionieri; e la sua tomba fu ben nota agli antichi.

Tammuz


martedì 17 settembre 2013

La Gnosi. (Parte quinta) 71

Perché la Chiesa procedette alla sistematica distruzione di tutta la letteratura gnostica cancellandola definitivamente nel IV secolo?
Indubbiamente per motivi teologici derivanti dalla negata incarnazione di Cristo Dio, ma anche, come vedremo, per motivi squisitamente politici.
Gli gnostici, infatti, avevano la convinzione di poter accedere senza intermediari alla volontà divina tramite rivelazioni, esperienze estatiche e visioni (esattamente come successe a Paolo). Per essi chi riceveva da Dio direttamente una rivelazione, possedeva una autorità incontestabile, come i Profeti della Chiesa delle origini.

Quindi per gli gnostici l'uomo pneumatico, spiritualmente in grado di giungere ad una piena conoscenza di se stesso e della propria doppia natura materiale e divina, veniva condotto al Plèroma, cioè a Dio. dallo stesso Padre senza alcuna intermediazione di altro tipo, contrariamente a quanto affermava la Chiesa che ciò poteva avvenire solo tramite la struttura ecclesiale derivata dagli apostoli e dai successori degli apostoli, i vescovi. Solo la Chiesa, infatti, essa predicava, aveva ricevuto direttamente da Gesù, per via apostolica, il compito di condurre l’umanità alla salvezza.

Se l'uomo pneumatico invece poteva giungere in maniera totalmente autonoma alla riscoperta di quella goccia di luce divina che si celava nel suo cuore, scavando da solo nella sua più profonda interiorità, a cosa servivano i “successori degli apostoli”, intesi come intermediari tra l’uomo e Dio? La risposta è ovvia: a niente.

Ecco quindi lo scontro violentissimo delle comunità gnostiche con la gerarchia clericale, chiamata nel Vangelo di Filippo “la setta degli apostolici”, e, conseguentemente, la soppressione sistematica da parte della Chiesa di tutti i documenti gnostici contrari alla sua ortodossia, nonché l'accanita persecuzione, dopo il Concilio di Nicea del 325, dei molti cristiani dissenzienti accusati di eresia.

I Vangeli gnostici scoperti a Nag Hamadi, specialmente quello di Tommaso, chiamato da molti il quinto Vangelo, ci trasmettono di Gesù un'immagine molto diversa da quella che ricaviamo dal cristianesimo ufficiale: un Gesù più maestro di sapienza che Messia jahvista, umanamente saggio e per nulla ossessionato dalla sindrome colpa-peccato tipica del nostro cattolicesimo, poco cristiano quindi in senso tradizionale, e, per di più, estraneo all'atmosfera pregna di miracoli e di prodigi di ogni genere che rende così irrazionali e mitologici i quattro Vangeli canonici, riconosciuti dalla Chiesa. In essi, infine, non si accenna a Pilato, né al rito eucaristico teofagico avvenuto nella “ultima cena”, e tanto meno alla “Resurrezione” (M. Criva, Il Quinto Vangelo, Ed. Marco Valerio, Torino, 2001).


Vangelo di Tommaso


venerdì 13 settembre 2013

La Gnosi. (Parte quarta) 70

Purtroppo la Chiesa, fin dal IV secolo, procedette alla sistematica distruzione di tutti i documenti che Montanisti e Gnostici avevano sviluppato fin dal II secolo con un’attività letteraria di gran lunga più ricca di quella degli ambienti ecclesiastici, e fra questi ancheil Vangelo di Marcione che il filosofo di Sinope del Mar Nero aveva introdotto tra i cristiani di Roma nel 140, assieme alle Lettere di Paolo.

Fortunatamente, questo importantissimo documento è stato però in parte ricostruito utilizzando le citazioni dei Padri della Chiesa che lo confutarono (Tertulliano, Crisostomo, Atanasio, Ireneo), da due studiosi: Adolf Von Harnack e Paul Louis Cuchoud. Veniamo così a sapere che Marcione nel suo Vangelo scrive che nel quindicesimo anno del regno di Tiberio (cioè nell'anno 30 d.C.) ai tempi del procuratore Ponzio Pilato e Caifa Sommo Sacerdote, il Salvatore figlio di Dio, era disceso dal cielo su Cafarnao, città della Galilea, per cominciare da lì le sue predicazioni e, riferendosi alla vita terrena di Cristo, descriveva la sua biografia con tanto di date, di luoghi e di personaggi, fino ad allora a tutti ignoti.

Probabilmente fu su questi riferimenti storico-geografici riportati da Marcione che furono poi costruiti i quattro vangeli canonici. Fino ad allora, infatti, su Gesù erano circolate solo delle sentenze, chiamate Logìa, definite “corte e laconiche”.

Il Cristo di Marcione si presenta a Cafarnao, in Galilea, in età già adulta, prendendo dell'uomo l'apparenza ma non la sostanza, essendo puro spirito. Crisostomo nella sua Lettera ai Filippesi (2, 7), riportando un passo del Vangelo di Marcione scrive:" Gesù ha preso una somiglianza d'uomo perché se fosse divenuto veramente uomo avrebbe cessato di essere un Dio".

Negando di Gesù la nascita terrena, che cioè si è fatto carne come ognuno di noi, veniva negata anche la sua crocifissione e morte, considerate da Marcione del tutto simboliche e virtuali, perché il corpo di Cristo non era di carne. Anche la resurrezione, pertanto, si prefigurava come del tutto virtuale.

L'incarnazione di Cristo, e quindi la sua natura umana, nella prima metà del secondo secolo non veniva negata solo da Marcione ma anche da molti altri teologi e vescovi del tempo, come Papia, Carpocrate, Valentino, Nicola, Basilide e i Doceti.

Adolf Von Harnack


martedì 10 settembre 2013

La Gnosi. (Parte terza) 69

Prima però di delineare la nuova figura del Cristo Gnostico è necessario chiarire, sia pure sommariamente, i postulati epistemologici sui quali si fondava lo gnosticismo, soprattutto quello sviluppatosi alla scuola d’Alessandria per influsso di Filone, filosofo ebreo contemporaneo di Cristo, che ebbe largo seguito nel primo cristianesimo.

Il mito centrale dello gnosticismo filoniano, che derivava da un antico movimento religioso che assommava speculazioni cosmogoniche, riti misterici e mistica devozione, si basava su un rigido dualismo: Dio e Mondo, Spirito e Materia che si contrapponevano perlopiù in modo inconciliabile. Dio e Spirito erano concepiti assolutamente buoni, la Materia radicalmente cattiva.

In base a questo rigido dualismo Dio era concepito come una sorgente di luce posta al centro del cosmo da cui si dipartivano miriadi di entità incorporee (scintille divine) essenzialmente spirituali, chiamate “Eoni”. Questi Eoni, allontanandosi dalla sorgente di luce divina, subivano una specie di collasso ontologico, si rivestivano di materia corruttibile e piombavano nelle tenebre. L'ultimo eone, l'anima umana, incarnandosi nel corpo materiale, dimenticava la sua origine divina e diventava di conseguenza schiavo del dolore, del male e della morte.

Ma la scintilla divina, presente in ogni essere umano, sentiva un anelito possente a ricongiungersi al Dio Padre da cui era partita. Ecco quindi l'esigenza di una fede ragionata (gnosi) che permettesse all'uomo di liberarsi della schiavitù della materia, di riprendere conoscenza della sua natura divina e risalire a Dio attraverso gli insegnamenti di un Logos Salvatore.

Secondo gli gnostici ad aiutare l'uomo al ricongiungimento con la luce divina sarebbe sceso in terra un Redentore, primogenito di Dio, che dopo aver insegnato agli uomini la via della liberazione, sarebbe sceso nell'Ade e poi asceso in cielo.


Evidentissima analogia con la cristologia della preesistenza. L’uomo celeste, il Redentore e Rivelatore, venne da molti gnostici dei primi quattro secoli immedesimato nella persona di Gesù, considerato il modello perfetto dell'uomo spirituale inviato da Dio sulla Terra per un puro gesto d'amore e dotato di una natura essenzialmente unica e spirituale. Per il teologo e vescovo Valentino, il massimo maestro gnostico del secondo secolo, anche la carne di Cristi era composta di spirito (Tertulliano, De Carne Christi, XV, 1, Rizzoli, Milano, 2000).

Valentino gnostico


venerdì 6 settembre 2013

La Gnosi. (Parte seconda) 68

Sotto l'influsso della gnosi ai primi tre Gesù delle origini del cristianesimo (quello storico nazireo-esseno-zelota, crocifisso da Pilato, quello pseudo resuscitato atteso nella parusia e, infine, quello teologico, fatto assurgere da Paolo a figlio di Dio) ne fu aggiunto un quarto: il Gesù gnostico che a differenza degli altri tre che avevano avuto un'origine terrena e carnale, negava la sua terrenità non essendosi mai incarnato, ma sceso dal cielo come puro spirito, sotto parvenze umane, inviato come Logos da Dio per redimere l'umanità.

Di esso la massa dei cristiani, e forse anche molti ecclesiastici, sono completamente all'oscuro perché la Chiesa, fin dal quinto secolo, ha provveduto a cancellare ogni traccia che lo riguardasse.


Oggi, dopo la fortunosa scoperta nel 1945 a Nag Hammadi, in Egitto di una piccola biblioteca di 52 codici, quasi tutti gnostici, risalenti a più di 1500 anni fa, tra i quali importantissimi: il Vangelo di Tommaso, il Vangelo di Filippo, il Vangelo di Maria Maddalena e quello pubblicato recentemente (aprile 2006) come Vangelo di Giuda Iscariota, che forniscono la prova dell'esistenza di un cristianesimo ben diverso da quello che è giunto fino a noi, il Cristo Gnostico è diventato di grande attualità per gli studiosi. Vale le pena perciò di darne un breve cenno.

Nag Hammadi, codici gnostici


martedì 3 settembre 2013

La Gnosi. (Parte prima) 67

La scarsa originalità del Cristianesimo e la sua profonda affinità con forme religiose precristiane spiega la grande influenza che su di essa esercitò, nei perimi secoli della nostra era, una originale tendenza mistica che va sotto il nome di Gnosi.

Soprattutto due grandiosi miti greci hanno influenzato il Cristianesimo in modo assai profondo: il mito del Dio divenuto uomo, che soffre con gli uomini e muore (redenzione), e il mito dell’anima prigioniera e della sua liberazione ad opera di un redentore divino (gnosi).

La Gnosi (conoscenza), un insieme di speculazioni cosmogoniche, di antichissimi riti misterici e di mistica devozione, fu un possente movimento religioso fondato su una segreta rivelazione, i cui seguaci cercavano la salvazione con la contemplazione visionaria, l’estasi e i sacramenti, più che con una disposizione razionale dell’intelletto. Benché sostanzialmente diversa, essa possiede in molti tratti un’affinità tanto pronunciata col Cristianesimo, che per molto tempo venne considerata una sua
filiazione, e precisamente un’«eresia» del II secolo.

Fu solo agli inizi del XX secolo che la Gnosi venne riconosciuta come una religione autonoma, che in principio nulla ebbe a che fare col Cristianesimo, cui è antecedente, e del quale, anzi, nei suoi tratti fondamentali è notevolmente più antica.

L’origine di questo fenomeno estremamente complesso, è oggetto di notevoli controversie. Molti studiosi individuano la sua prima origine nell’Ellenismo, altri la ricercano in Egitto e a Babilonia, ma soprattutto in Iran, altri ancora nel sincretismo giudaico ( vedi Filone Alessandrino, il massimo cultore ebraico). Come il Cristianesimo, anche la Gnosi è una religione sincretistica, vale a dire una mescolanza di elementi diversissimi di culti orientali, di contributi religiosi babilonesi, egiziani, persiani,greci ed ebraici.


Filone Alessandrino


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Informazioni personali

Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)