Ancor
giovane, Paolo, sviluppò una coscienza ostile al messianismo,
radicalmente interpretato, ma aperta ai contributi teologici delle
spiritualità gentili. Per
lui fu di importanza fondamentale nascere e trascorrere gran parte
della sua giovinezza lontano dalla Palestina, fra i gentili, in una
città come Tarso, in cui era grande la tensione culturale e
religiosa, essendo il centro di convergenza di tutte le teologie
escatologiche del vicino Oriente.
In
questa città, infatti, era diffusa la tendenza sincretica che
portava a fondere e a mescolare i vari culti misterici alla cui
base c'era la concezione dell'immortalità dell'anima che veniva
redenta dalla morte e dalla resurrezione degli dèi soterici,
Mitra,
Adone, Attis e Osiride,
immolatisi per la salvezza dell'umanità.
Le
Religioni Misteriche, dette anche Misteri, erano culti di divinità
provenienti dalla Tracia, dall’Asia Minore, dalla Siria,
dall’Egitto, diffusi in Occidente molti secoli prima del
cristianesimo. Essi, interiorizzati e moralizzati dai greci, non
operando distinzioni razziali o di casta, erano diffusi in tutti gli
strati sociali e promettevano la liberazione dai vincoli del male e
la speranza in un destino felice nell’aldilà, partecipando al
banchetto dei beati e vivendo nella perenne gioia dei Campi Elisi.
Per il raggiungimento della futura vita celeste e dell'immortalità
era necessario ottenere la purificazione, la rinascita e la
filiazione divina, e soprattutto, attuare l'ascesi tramite il dominio
degli istinti e delle passioni.
È
indubbio che Paolo, come
ogni altro bambino nato e cresciuto a Tarso, dovette subire il
fascino delle grandi cerimonie che si svolgevano in onore degli dèi
misterici, considerati salvatori divini, e assimilarne
inconsapevolmente i riti e i significati profondi, soprattutto
i
due sacramenti più importanti, che egli adotterà poi per il suo
cristianesimo personale, il battesimo e l’eucaristia. Infatti, in
tutte le Religioni Misteriche ellenistiche esistevano due momenti
cultuali dominanti: il banchetto sacro ritualizzato, durante il quale
si mangiava la carne del Dio, cioè del dio-animale (agnello, toro o
pesce) a lui sacrificato, e si beveva un calice di vino a
simboleggiare il suo sangue, e il battesimo, inteso come cerimonia
unica di affiliazione ma anche come lavacro di tutte le colpe. I
banchetti sacri affondavano le loro radici negli antichissimi riti
del cannibalismo rituale, praticato non per istinto ferino ma per
acquistare le particolari energie fisiche e spirituali della vittima,
mangiandone le carni.
Il
quotidiano contatto con questi riti pagani impedì a Paolo di
crescere con l'incontrastabile certezza, comune a qualsiasi
gerosolimitano di nascita, di essere il centro religioso
dell'universo e di considerare i gentili (gli infedeli incirconcisi)
nient'altro che rozzi e reietti peccatori e lo portò ad aprirsi alla
spiritualità pagana che annoverava anche scuole filosofiche di
altissimo livello etico.
Venuto
a Gerusalemme per studiare da fariseo si trovò a scegliere tra due
realtà ignominiose: quella reazionaria dei sacerdoti, dei farisei e
degli erodiani, che accettava la connivenza opportunistica col
dominio romano, e quella rivoluzionaria, radical-fondamentalista dei
messianici jahvisti, che propugnava una dissennata e delirante
ribellione agli oppressori.
Dovette,
in un primo momento, scegliere la prima, pur essendo la più
ignobile, perché il suo ruolo di cittadino romano e il suo ceto
glielo imponevano. Scartò l'altra che, pur essendo patriottica, era
priva di ogni senso della realtà e sorretta da un fanatismo folle e
foriero d'immani catastrofi (che si verificarono puntualmente qualche
decennio dopo). C'era forse una terza via, che possiamo definire come
“qualunquismo di modo”, ma la tempra, fortemente morale
dell'uomo, non l'avrebbe mai accettata. In base alla sua scelta
diventò un feroce poliziotto mercenario al soldo del Tempio.