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martedì 29 aprile 2014

Ritratto fisico, ambiente e stato civile di Paolo. 135

Il ritratto fisico di Paolo che possediamo non deriva dagli Atti o dalle sue Lettere ma dall’apocrifo Atti di Paolo e di Tecla, testimonianza della pietà popolare alla fine del 2° secolo: «Era un uomo di bassa statura, la testa calva e le gambe storte, le sopracciglia congiunte, il naso alquanto sporgente, pieno di amabilità; a volte, infatti, aveva le sembianze di un uomo, a volte l’aspetto di un angelo». Questa descrizione è poco attendibile e sembra ricalcare la descrizione della fisionomia di Socrate.

Risalgono al 4° secolo i ritratti iconografici a noi giunti: vi è espressa l’intenzione di rappresentare il filosofo cristiano, dotandolo di barba. Come scrisse S. Agostino: «La barba è segno dei forti, la barba indica i giovani, gli strenui, le persone attive, gli uomini vivaci (Enar. in Ps. 132).
Per quanto riguarda il suo temperamento, oggi gli psicologi lo classificherebbero come un ”passionale”, un emotivo attivo secondario, cioè il carattere più completo.

L'ambiente
in cui Paolo cresce e vive è quello tipicamente urbano. Gesù usa immagini tratte prevalentemente dalla natura, dalla vita di provincia e dal mondo agricolo: il fiore del campo, il seminatore e la semente, il pastore e le pecore, la pesca e la rete, la vigna e i vignaioli, ecc. Paolo preferirà usare paragoni caratteristici di un cittadino della Tarso di allora: lo stadio (cf 1Cor 9, 24-27; Fil 3,4; 2Tim 4, 7ss),il teatro (cf 1Cor 4,9; Rom 1, 32), i tribunali, l’edilizia, l’artigianato, il commercio (cf Ef 1, 14; 2Cor 1, 22; 2, 17; 5, 5), la navigazione (cf 1Tim 1, 19), la vita militare (cf 1Tes 5, 8; Ef 6, 10ss; Fim 2; 1Cor 9,7; 14, 8; 2Cor 2, 14; 10, 3; Fil 2, 25; Col 2, 15).

E il suo stato civile? Forse
mai sposato o vedovo o separato Stando agli Atti e alla Lettere, di risposte certe non se ne possono dare. Negli ambienti rabbinici nei quali era stato educato si citava il detto: «Chi non si cura della procreazione è come uno che sparge sangue» (rabbi Eliezer, 90 d. C. circa). Ma non mancavano i celibi tra gli Esseni e altri rabbi ricordati nel Talmud babilonese e persino nel mondo greco.

Paolo, nei primi anni 50, affermerà di non avvalersi del diritto degli apostoli di mettere a carico della comunità anche le «mogli cristiane» (1Cor 9, 5). Poco prima aveva esortato i Corinzi a vivere liberi dal vincolo matrimoniale, come lui stesso era libero (cf 1Cor 7, 8). Secondo lui sarebbe proferibile rimanere scapoli giacché il matrimonio non reca con sé nulla di buono (1 Corinzi 7,28 sgg.) e condurre una vita casta come la sua. Solo che giustifica la sua castità non per virtù propria ma come conseguenza di una menomazione fisica. “Vorrei che tutti voi conduciate una vita casta come me, ma non tutti hanno il dono dell’impotenza”(1 Corinzi 7,1 sgg.).


Paolo di Tarso


venerdì 25 aprile 2014

Sul nome, l'origine e la professione di Paolo 124

Circa il nome, le origini, la professione, l'aspettofisico e lo stato civile di Paolo di Tarso, quel poco che sappiamo lo deduciamo dagli Atti e dalle dalle sue Lettere. L’apostolo non assunse il nome di Paolo soltanto in occasione della sua conversione; probabilmente portava da sempre un duplice nome, l’ebraico Saul e il romano Paulus. In realtà, i giudei della diàspora portavano spesso due nomi, quello giudaico e quello greco.

Per altro, l’usanza di cambiar nome nel caso di conversione o iniziazione era normale sia nel giudaismo che nel paganesimo, trapassando poi anche nel cristianesimo. Già Simone riceve da Gesù il nome di Pietro al momento della sua chiamata (Mc. 3, 16; Lc. 6, 14); in seguito saranno cambiati i nomi di martiri e di santi, e ancor oggi quelli di suore e frati all’atto della monacazione. Il cambiamento di nome dei Papi ha origini profane: avvenne per la prima volta con Sergio IV (1009-1012), il cui cognome, Bocca di Porco, parve poco adatto alla carica papale.

Circa la sua origine leggiamo negli Atti:
«Sono giudeo, nato a Tarso in Cilicia, cittadino di una città che non è senza fama» (At 21, 29; cf At 22, 3). Situata nell’attuale Turchia centro-meridionale, allora Tarso era capitale della provincia romana della Cilicia, centro culturale-sociale-politico molto ambizioso e dalle connotazioni religiose in parte orientali e in parte ellenistiche. La sua famiglia era ebrea della tribù di Beniamino (cf. Rom 11,1) e apparieneva alla locale colonia della diaspora ”dispersione d’Israele” che annoverava circa tre milioni di ebrei sparsi per l'intero impero romano..

La sua nascita è presunta agli inizi dell’era cristiana, tra il 7 e il 10 d. C., calcolando che Paolo stesso si dichiarava «vecchio» nel biglietto scritto a Filemone verso il 63 d. C., ed era «un giovane» (At 7, 58) quando venne lapidato Stefano, circa il 35-36 d. C.

Paolo esercitava il ruvido mestiere di lavoratore del cuoio,per costruire tende o altri oggetti (cf At 18, 3) per l'esercito romano. Quest'arte gli era stata probabilmente trasmesso dal padre. L’apprese tra i 13 o i 15 anni, giusto il detto rabbinico: «Chiunque non insegna a suo figlio un lavoro, gli insegna ad essere ladro». Paolo parlerà spesso del suo lavoro manuale, che durava «notte e giorno»: «Vi ricordate, fratelli, l’arduo lavoro e la fatica nostra» (1Tess 2, 9; cf anche 2Tes 3, 8; 1Cor 4, 12; 2Cor 11, 27). Questo gli permetterà di non gravare sulle sue Chiese per provvedere ai bisogni economici personali e dei collaboratori (cf At 20, 34; 1Tes 2, 9; 1Cor 4, 12; 9, 7-15; 2Cor 12, 13-14).



Paolo di Tarso



martedì 22 aprile 2014

Le numerose incongruenze sulla conversione di Paolo 133

Vediamo ora le incongruenze relative all'avvenimento. Secondo una versione dei fatti, i compagni di Paolo ebbero un’audizione, secondo un’altra, una visione. Secondo una narrazione essi udirono la voce ma non videro nessuno; secondo un'altra videro la luce ma non sentirono nessuno (cfr. Atti, 9, 7 con 22, 9). Stando alle due prime versioni la luce che si «aprì» a Paolo avvolse soltanto lui, secondo la terza versione anche gli accompagnatori (cfr. Atti, 9, 3 e 22, 6 con 26, 13), ma accecò solo Paolo e non gli accompagnatori, che pure, secondo la terza versione, l’avevano vista anche loro. Secondo una versione i compagni rimasero impietriti, secondo l’altra caddero a terra (cfr. Atti, 9, 7 con 26, 14).

Le incongruità, però, non si fermaho qui. A Damasco viveva un seguace di Gesù di nome Anania, che, apprende mediante visione l’arrivo di Paolo e il suo indirizzo (Atti, 9, 10 sgg.), esattamente la casa in cui prende dimora. Solo nelle due prime versioni,Gesù spedisce Paolo a Damasco, dove Anania gli impartisce le necessarie istruzioni; nella terza versione, invece, nella quale Anania non compare affatto, è Gesù in persona che istruisce immediatamente Paolo.
In un punto importante, tuttavia, i racconti degli Atti coincidono, cioè laddove
tutti e tre parlano non della visione di una figura, ma dell’audizione di una voce: «Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?». Ma purtroppo soltanto Paolo in persona afferma e ribadisce d’aver visto il Signore. Le contraddizioni sulla conversione paolina, fin qui dimostrate, sono quindi più che evidenti.

Dopo la conversione, Paolo visse alcun tempo in «Arabia» (Gal. 1, 17), come si chiamava allora il territorio immediatamente a sud di Damasco, e solo dopo tre anni si recò a Gerusalemme per una breve presa di contatto con gli altri. Ma probabilmente già da prima s’era formata una concezione del tutto personale della predicazione cristiana, della quale, in ogni caso, doveva pur possedere un’idea almeno approssimativa, perché altrimenti non avrebbe potuto perseguitare i seguaci di Gesù.

Le sue conoscenze della figura di Gesù, sempre molto scarse da quanto apprendiamo dalle sua Lettere, furono forse accresciute presso i cristiani di Damasco e ancor più durante la sua prima visita a Gerusalemme e infine in Antiochia.


Anania di Damasco


venerdì 18 aprile 2014

Parallelismi storico-religiosi nella conversione di Paolo.132

Paolo dalle sue Lettere ci appare come un individuo di forte tempra morale.
È probabile che la sua subitanea rivoluzione esistenziale, la sua totale catarsi sia stata dovuta ad un insieme di fattori concomitanti: il disagio interiore da lui provato per aver perseguitato i primi cristiani (aveva partecipato anche alla lapidazione di Stefano, il primo martire della Chiesa), acuito dal fatto che era in procinto di compiere un'altra missione crudele; il calore accecante del sole in pieno deserto, da sempre luogo particolarmente propizio ad apparizioni soprannaturali (in Arabia viandanti solitari si sentono così spesso chiamati da una voce misteriosa, che esiste in arabo una precisa denominazione di questa voce, cioè il termine Hatif). abbiano scatenato in lui un forte complesso di angoscia che determinò la sua violenta crisi epilettica e la visione celeste.

Ora, anche se l’autore degli Atti si è inventato in buona fede gran parte del fatto, i fattori concomitanti appena accennati ci fanno intuire che quanto accaduto nei pressi di Damasco, mutatis mutandis, potrebbe essere storicamente vero, ma abbondantemente correlato da parallelismi storici più che evidenti. Esaminiamo da vicino i fatti.. Secondo gli Atti, Paolo in pieno deserto, a mezzogiorno, venne scaraventato al suolo da una luce soprannaturale, quindi si svolse il dialogo seguente: «Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?». «Signore, chi sei?»; «Sono Gesù, che tu perseguiti. Ti sarà difficile recalcitrare.» (Atti, 9, 3 sgg.).

La voce del cielo che dice «Ti sarà difficile recalcitrare» è una citazione dalle
Baccanti di Euripide. È vero che si trova anche in Pindaro e in Eschilo, ma nelle Baccanti, dramma del 406 a.C.,ricorre in una situazione del tutto analoga alla storia della conversione di Paolo. La medesima locuzione, che qui Cristo rivolge al suo persecutore Paolo, viene là usata da Dioniso, dio misconosciuto, nei riguardi del suo persecutore Penteo. Entrambe le volte la nuova divinità si serve di quel motto per esortare il suo più implacabile persecutore. È singolare il fatto che entrambi i persecutori vengono subito dopo colpiti dalla portentosa punizione del dio, Penteo dalla morte, Paolo da una cecità momentanea.

Tale sorprendente concordanza di motivi non poteva essere casuale, tanto più che è possibile riscontrare ulteriori singolari coincidenze fra il dramma euripideo e gli Atti degli Apostoli, in parte già individuate da Celso.
Sicuri parallelismi storico-religiosi si trovano anche in Omero, Sofocle, Virgilio e non da ultimo nella leggenda veterotestamentaria di Eliodoro.
Eliodoro, economo del re di Siria Seleuco III, ricevette l’ordine di
rubare il tesoro del Tempio di Gerusalemme, ma proprio sulla soglia venne abbattuto al suolo da un cavaliere splendente d’oro, e accecato e muto fu portato via dai suoi compagni.

Analogamente succede anche anche a Paolo, il quale avrebbe dovuto rastrellare i cristiani di Damasco ma a causa della visione luminosa non può più vedere e i suoi compagni lo portano via. E come la preghiera del Gran Sacerdote Onias salva Eliodoro, assegnandogli il compito di proclamare la potenza del Dio che lo ha abbattuto, allo stesso modo Paolo viene guarito per intermediazione di Anania, e incaricato di predicare quel Dio che lo ha gettato a terra. E come i Giudei perseguitati da Eliodoro esaltano Dio per tale caso miracoloso, così lo esaltano i cristiani già perseguitati da Paolo.


Dio Dioniso



martedì 15 aprile 2014

L'epifania di Paolo. 131

Durante una spedizione punitiva contro i cristiano-ellenisti di Damasco, su incarico dal sommo sacerdote Caifa che gli aveva ordinato di arrestarli e tradurli a Gerusalemme, Paolo fu folgorato da una visione celeste che lo portò ad una radicale conversione personale. Così passò dalla parte di quelli che fino ad allora aveva così ferocemente perseguitato, i cristiano-giudei, diventando, da quel momento in poi, altrettanto fanatico nella divulgazione della parusia (ritorno di Gesù dal cielo) quanto lo era stato prima nel tentare di ostacolarla. Questa sua conversione coincise con una rovinosa caduta (da cavallo?) che possiamo sicuramente attribuire ad un improvviso attacco epilettico.

Gli studiosi non hanno dubbi sull'epilessia di Paolo. Il neurologo A. Ragot scrive: “Paolo era soggetto a crisi epilettiche: oscuramento, aura luminosa e sonora, caduta, coma, cecità, afasia che regrediscono nei giorni seguenti, paralisi che migliora progressivamente lasciando ogni volta conseguenze emiplegiche definitive.”(A.Ragot. Paolo di Tarso, Quaderno del Circolo Renan, 4° trim., 1963). Tutti fenomeni accaduti a Paolo durante la sua prima rivelazione.

Ma la medicina odierna, a proposito dell'epilessia, spiega dell'altro. Secondo Vilayanur Ramachandran (Che cosa sappiamo della mente, Mondadori, Milano, 2004) dell'Università San Diego di California, sono numerosi e ben documentati i casi di persone che, colpite da una crisi epilettica, hanno riferito di aver vissuto esperienze mistiche e di aver ricevuto rivelazioni religiose direttamente da un’entità ultraterrena. Si tratta di allucinazioni intense che accadono specialmente nelle “crisi estatiche” che provengono dal lobo temporale. Nonostante la brevissima durata, questi episodi provocano la sensazione di grandiose visioni celesti, fanno udire voci arcane e determinano una gioia così intensa da non poterla descrivere.

Il celebre scrittore russo, Fyodor Dostoevskij, che era soggetto a questi episodi di “crisi estatiche”, li descriveva come “il tocco di Dio”. “È venuto da me, Dio esiste. Ho pianto e non ricordo niente altro. Voi non potete immaginare la felicità che noi epilettici proviamo il secondo prima di avere una crisi. Non so quanto possa durare nella realtà ma tra tutte le gioie che potrei avere nella vita, non farei mai scambio con questa”. A conferma della stretta relazione epilessia-visioni celesti, nel Campus della Laurentian University in Canada il neuroscienziato Michael Persinger facendo indossare a centinaia di volontari un casco che emette dei campi magnetici complessi a frequenza molto bassa (il casco Koren o casco di Dio) è riuscito a provocare nei loro lobi temporali dei micro-attacchi di epilessia che inducono epifanie divine, apparizioni, sensazioni extracorporee ed altre forti allucinazioni. Tutti i partecipanti all'esperimento, in base al loro retroterra religioso, hanno visto Gesù, la Madonna, lo Spirito Santo, Maometto e altre divinità; in taluni casi perfino Satana. Persinger, a seguito di questi suoi numerosissimi esperimenti è giunto a concludere che tutte le esperienze spirituali altro non sono che semplici allucinazioni collegate a forme epilettiche. (Persinger, M.A. e Koren, S.A. “Esperiences of spiritual visitation”, Perceptual and Motor Skills, 2001)

Anche per il ricercatore Orrin Devinsky e i suoi colleghi neurologi l'attacco epilettico provoca una dissociazione mentale che genera un profondo stato di alterazione della coscienza e causa allucinazioni e visioni così vivide da sembrare più reali della realtà per cui queste allucinazioni non hanno un'origine sovrannaturale ma sono parte della normale esperienza umana. Determinano però in alcuni pazienti un cammino di conversione religiosa (Devinsky Orrin, Lai Giorgio, La spiritualità e la religione in epilessia, Epilessia e comportamento, maggio 2008, vol.12).

Esattamente come è accaduto in Paolo. Ecco quindi come si deve spiegare la folgorazione di Damasco, le ripetute testimonianze delle sue visioni e i presunti rapimenti al terzo cielo. D'altronde è lo stesso Paolo che nelle Lettere conferma indirettamente la sua malattia, accennando spesso ad una spina nel fianco, forma allegorica per indicare un disturbo fisico ricorrente, che più volte aveva chiesto a Dio di togliergli, e scrivendo in Galati: “Voi sapete, fratelli, che fu a causa di una malattia del corpo che vi annunciai il vangelo” (da lui sempre dichiarato una rivelazione divina) (Galati 4,13). Ai suoi tempi l'epilessia era considerata un morbo sacro che gli dèi riservavano a coloro che sceglievano come loro intermediari.




Fyodor Dostevskij


venerdì 11 aprile 2014

Periodo persecutorio di Paolo di Tarso. 130

Paolo entra in scena non molto dopo la crocifissione di Gesù e si presenta subito come un fanatico agente dei sadducei, partecipando attivamente agli attacchi contro i nazirei di Gerusalemme. Gli Atti (22,4; 8,3; 26 e sgg.) ce lo presentano come uno spietato persecutore dei cristiani ellenisti e testimone, non occasionale, della lapidazione di Stefano, il protomartire cristiano, e lui stesso nelle sue Lettere lo conferma senza mezzi termini.

"Voi avete certamente sentito parlare della mia condotta di un tempo nel giudaismo, come io perseguitassi fieramente la Chiesa di Dio e la devastassi, superando nel giudaismo la maggior parte dei miei coetanei e connazionali, accanito com'ero nel sostenere le tradizioni dei padri" (Galati 1,13-14). "[Paolo] infuriava contro la Chiesa ed entrando nelle case prendeva uomini e donne e li faceva mettere in prigione" (Atti 7,3). E ancora: "Sempre fremente minaccia e strage contro i discepoli del Signore, [Paolo] si presentò al sommo sacerdote e gli chiese lettere per le sinagoghe di Damasco al fine di essere autorizzato a condurre in catene a Gerusalemme uomini e donne seguaci della dottrina di Cristo, che avesse trovati" (Atti 9,1-2). Gli Atti degli Apostoli, qui citati, evocano icasticamente l’immagine di un Paolo, sgherro fanatico dei più accaniti, ma forse questa immagine è stata caricata per far apparire ancora più grandioso il miracolo della sua conversione; si tratta, quindi, di un’esagerazione tendenziosa, se non addirittura di una leggenda.

Lo scopo di tanto accanimento da parte di Paolo era di bloccare sul nascere il messianismo jahvista dei primi cristiani, foriero di tremende catastrofi. Non era quindi una persecuzione religiosa ma politica. Paolo era fermamente convinto che i sommi sacerdoti, che desideravano mantenere lo status quo, esprimessero il volere di Dio, mentre gli zeloti e i messianisti in genere, che volevano sconvolgere tutto, erano dei pazzi criminali che andavano eliminati e magari crocifissi. Egli era fin troppo felice di dar loro la caccia con feroce determinazione. Dobbiamo tener presente che i cristiani di quel particolare momento storico non erano dei pacifisti, come diverranno i gentili convertiti successivamente da Paolo, bensì dei giudei messianisti legati agli zeloti, aspiranti alla rinascita del Regno di Jahvè e alla cacciata dei romani.

Ma un fatto nuovo, straordinario e sovrannaturale (secondo la sua testimonianza), cambiò all'improvviso la sua vita (36 d.C.?). Quest'evento viene raccontato pittorescamente in versioni diverse, due volte nelle sue Lettere ( Galati 1,15; 1 Cor. 9,1; 15,8) e tre negli Atti (Atti, 9,3-9; 22,6-11; 26,12-18), ma ogni volta in maniera stringatissima e sempre allo scopo di rafforzare la propria autorità di Apostolo (Gai. 1, 15; 1 Cor. 9, 1; 15, 8), contestata a Gerusalemme.

La descrizione pittoresca dell’evento in tre versioni ogni volta diverse ha sollevato molti dubbi sulla sua veridicità da parte della storiografia critica. Ma la storiografia cattolica lo ritiene fermamente veritiero e pretende anche di sapere che l’accadimento meraviglioso si è svolto nel volgere di «secondi», e nel VI secolo si era già in grado di precisare con esattezza anche il luogo: presso la seconda pietra miliare prima di Damasco.


Caduta di Paolo


martedì 8 aprile 2014

Il Paolo precristiano (Parte seconda) 129

Ancor giovane, Paolo, sviluppò una coscienza ostile al messianismo, radicalmente interpretato, ma aperta ai contributi teologici delle spiritualità gentili. Per lui fu di importanza fondamentale nascere e trascorrere gran parte della sua giovinezza lontano dalla Palestina, fra i gentili, in una città come Tarso, in cui era grande la tensione culturale e religiosa, essendo il centro di convergenza di tutte le teologie escatologiche del vicino Oriente.

In questa città, infatti, era diffusa la tendenza sincretica che portava a fondere e a mescolare i vari culti misterici alla cui base c'era la concezione dell'immortalità dell'anima che veniva redenta dalla morte e dalla resurrezione degli dèi soterici, Mitra, Adone, Attis e Osiride, immolatisi per la salvezza dell'umanità.

Le Religioni Misteriche, dette anche Misteri, erano culti di divinità provenienti dalla Tracia, dall’Asia Minore, dalla Siria, dall’Egitto, diffusi in Occidente molti secoli prima del cristianesimo. Essi, interiorizzati e moralizzati dai greci, non operando distinzioni razziali o di casta, erano diffusi in tutti gli strati sociali e promettevano la liberazione dai vincoli del male e la speranza in un destino felice nell’aldilà, partecipando al banchetto dei beati e vivendo nella perenne gioia dei Campi Elisi. Per il raggiungimento della futura vita celeste e dell'immortalità era necessario ottenere la purificazione, la rinascita e la filiazione divina, e soprattutto, attuare l'ascesi tramite il dominio degli istinti e delle passioni.

È indubbio che Paolo, come ogni altro bambino nato e cresciuto a Tarso, dovette subire il fascino delle grandi cerimonie che si svolgevano in onore degli dèi misterici, considerati salvatori divini, e assimilarne inconsapevolmente i riti e i significati profondi, soprattutto i due sacramenti più importanti, che egli adotterà poi per il suo cristianesimo personale, il battesimo e l’eucaristia. Infatti, in tutte le Religioni Misteriche ellenistiche esistevano due momenti cultuali dominanti: il banchetto sacro ritualizzato, durante il quale si mangiava la carne del Dio, cioè del dio-animale (agnello, toro o pesce) a lui sacrificato, e si beveva un calice di vino a simboleggiare il suo sangue, e il battesimo, inteso come cerimonia unica di affiliazione ma anche come lavacro di tutte le colpe. I banchetti sacri affondavano le loro radici negli antichissimi riti del cannibalismo rituale, praticato non per istinto ferino ma per acquistare le particolari energie fisiche e spirituali della vittima, mangiandone le carni.

Il quotidiano contatto con questi riti pagani impedì a Paolo di crescere con l'incontrastabile certezza, comune a qualsiasi gerosolimitano di nascita, di essere il centro religioso dell'universo e di considerare i gentili (gli infedeli incirconcisi) nient'altro che rozzi e reietti peccatori e lo portò ad aprirsi alla spiritualità pagana che annoverava anche scuole filosofiche di altissimo livello etico.

Venuto a Gerusalemme per studiare da fariseo si trovò a scegliere tra due realtà ignominiose: quella reazionaria dei sacerdoti, dei farisei e degli erodiani, che accettava la connivenza opportunistica col dominio romano, e quella rivoluzionaria, radical-fondamentalista dei messianici jahvisti, che propugnava una dissennata e delirante ribellione agli oppressori.

Dovette, in un primo momento, scegliere la prima, pur essendo la più ignobile, perché il suo ruolo di cittadino romano e il suo ceto glielo imponevano. Scartò l'altra che, pur essendo patriottica, era priva di ogni senso della realtà e sorretta da un fanatismo folle e foriero d'immani catastrofi (che si verificarono puntualmente qualche decennio dopo). C'era forse una terza via, che possiamo definire come “qualunquismo di modo”, ma la tempra, fortemente morale dell'uomo, non l'avrebbe mai accettata. In base alla sua scelta diventò un feroce poliziotto mercenario al soldo del Tempio.


Il dio Mitra


venerdì 4 aprile 2014

Il Paolo precristiano (Parte prima) 128

 Nei post precedenti abbiamo accennato più volte, ma sempre di sfuggita, a Paolo di Tarso, meglio conosciuto nel mondo cattolico come l'apostolo San Paolo. Ora è giunto il momento di mettere a fuoco la figura di questo personaggio straordinario che è ritenuto da molti studiosi, e giustamente, uno dei più grandi geni religiosi dell'umanità e il vero inventore del cristianesimo.

Chi era Paolo di Tarso e quali prove storiche abbiamo della sua esistenza? Nessun documento storico di fonte non cristiana parla di lui e noi lo conosciamo soltanto attraverso le sue Lettere e gli Atti degli Apostoli.

È molto significativo il fatto che di lui non venga fatta menzione non solo da parte degli storici ebrei suoi contemporanei, come Giuseppe Flavio, Filone Alessandrino e Giusto di Tiberiade, ma neppure nelle Lettere degli apostoli Giuda, Giacomo il Minore e Giovanni, i quali, in base agli Atti, lo conobbero. Solo la Seconda Lettera di Pietro ne parla esplicitamente, ma questa lettera è universalmente ritenuta un falso, e la stessa CEI, nella versione della Bibbia del 1989, la riconosce come tale.

Paolo è totalmente ignorato anche dai primi apologeti e scrittori cristiani, come Giustino, morto a Roma nel 165, che attribuisce la conversione dei pagani esclusivamente ai dodici apostoli (Apologia I,39-45), e Papia, vescovo di Geropoli (Asia Minore), vissuto nella prima metà del II secolo, che scrisse un'apologia sulle “Sentenze del Signore.”

Il primo a farci conoscere Paolo fu Marcione, filosofo di Sinope sul Mar Nero. Costui nel 140 presentò alla comunità cristiana di Roma il suo vangelo gnostico assieme ad alcune Lettere affermando che erano state scritte da un certo predicatore siriano di nome Paolo che aveva conosciuto gli apostoli di Cristo.

Nonostante queste grosse lacune storiche sulla persona di Paolo, gli studiosi, attraverso un'attenta lettura delle sue Lettere e degli Atti, hanno ricostruito la sua vita. Paolo nacque a Tarso (attuale Turchia) fra il 5 e il 10 d.C. da una famiglia di ebrei collaborazionisti dei romani e ciò spiega perché, ancor giovanissimo, si sia messo al soldo dei sacerdoti del Tempio per dare la caccia ai seguaci di Gesù, da lui ritenuto un messianista jahvista fatto crocifiggere da Pilato come un pericoloso ribelle.



Di famiglia sicuramente benestante e che godeva della cittadinanza romana, Paolo probabilmente fin da piccolo portò un duplice nome: quello ebraico di Saul e quello romano di Paolo. Di professione forniva tende agli accampamenti delle legioni romane per cui fu costretto a viaggiare spesso e a tenere frequenti contatti in ambienti sia ebraici sia greco-romani.

Filone Alessandrino


martedì 1 aprile 2014

La fine del cristianesimo giudaico (Parte seconda). 127

L'imperatore Adriano, non pago degli stravolgimenti radicali operati a Gerusalemme e in Palestina, proibì anche a tutti gli ebrei, che si erano salvati nella fuga, di rientrare, pena la morte, nei loro territori e nella nuova Gerusalemme, ribattezzata Aelia Capitolina. 

Da allora ebbe inizio la vera diaspora ebraica che durò fino alla nascita dello Stato d'Israele nel 1948. Sotto il nome di nazirei e di ebioniti, i pochi cristiano-giudei salvatisi con la fuga continuarono a sopravvivere in piccoli gruppi sparsi in Siria e Asia, considerati eretici dalla chiesa trionfante di Paolo, come ci attestano i Padri della Chiesa.

Essi continuarono ad usare solo il Vangelo originale degli Ebrei, in lingua ebraica, e rimasero osservanti scrupolosi della Legge, rifiutando tutte le invenzioni teologiche di Paolo. Tra di loro c'erano i discendenti di Gesù. Credevano ancora che Gesù sarebbe ritornato come Messia e Re per instaurare sulla Terra un regno millenario di pace, giustizia e prosperità.

I resti della nazione ebraica, scampati alla strage e scacciati dalla Palestina, furono costretti, di fronte ad un avvenimento così catastrofico, a riesaminare la loro storia. Allora divenne a tutti chiaro che il messianismo era stato una stolta, assurda e delirante chimera, dalla quale bisognava subito e definitivamente prendere le distanze, perché la sconfitta suonava come un giudizio inappellabile di Dio.

Le Apocalissi passarono subito di moda e Roma cessò di essere la grande Meretrice, la grande Babilonia assetata del sangue dei martiri e l'Impero non fu più considerato il regno del maligno e delle potenze sataniche ma l'espressione della volontà divina, cui tutti, anche i cristiani, dovevano sottostare.

Mentre il cristianesimo più antico si spegneva in solitudine, quello pagano-cristiano degli ellenisti cresceva rapidamente nel mondo greco-romano e dava inizio all'attuale religione cristiana-cattolica per opera di Paolo di Tarso, il vero e assoluto fondatore del cristianesimo.



Adriano imperatore


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Informazioni personali

Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)