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venerdì 31 ottobre 2014

Cìpriano

Nel terzo secolo, a convalidare il concetto di Chiesa cattolica, di Chiesa romana giuridicamente fondata, fu il vescovo Cipriano, fortemente influenzato da Tertulliano. Nato da un’agiata famiglia africana intorno al 210, Cipriano fu, come Tertulliano, un giurista. Due anni dopo la separazione dalla moglie, nel 248, fu battezzato e creato Vescovo di Cartagine. Il concetto di legge venne da lui ribadito con gran forza, ed ebbe conseguenze negative per il cristianesimo. Il suo pensiero lo deduciamo dalle sue opere e della Vita Cypriani, la più antica biografia cristiana conosciuta.

Cipriano, considerato pietra angolare del cattolicesimo precostantiniano,si proclamava «l’ufficiale di Cristo e di Dio» e verso la metà del III secolo avanzò la tesi della Chiesa quale unico strumento di salvezza, dichiarando illegittimo il rapporto con Dio fuori di essa. Fu proprio lui a formulare i famigerati aforismi:
«Non può avere Dio come Padre, chi non ha la Chiesa come Madre»; «Non è cristiano chi non è nella Chiesa di Cristo»; «Fuori della Chiesa non c’è salvezza». Concetto, quest'ultimo, ribadito di continuo dalla Chiesa fino ai nostri giorni.

Già Agostino si riferiva a Cipriano quando scrisse:«Se sei fuori della Chiesa e privo del legame d’unione e del vincolo d’amore, tu cadi nell’eterna punizione infernale, anche se ti lasciassi bruciare vivo per Cristo» (Aug., ep. 173, 6). Il 18 novembre 1302 Papa Bonifacio VIII, non soltanto un tiranno arrogante, ma anche «un cristiano niennt’affatto credente», decretò ex cathedra che «ogni creatura deve sottostare al Romano Pontefice, se vuole raggiungere la salvazione».
Il Concilio di Firenze (1439) proclamò esplicitamente che tutti i non cattolici, tutti gli
ebrei e i pagani, nonché tutti quanti gli eretici cristiani, sono destinati all’Inferno.
Questo nesso mortifero e crudele di religione e diritto, terribilmente funesto nei
suoi effetti per milioni di uomini, è abissalmente lontano dall’insegnamento di Gesù.

Cipriano, eminente rappresentante della Patristica, al quale la Chiesa è infinitamente obbligata, combatté tuttavia con estrema decisione la pretesa del primato del Vescovo di Roma sull'intera cristianità affermando che non esisteva un vescovo dei vescovi, poiché nessuno poteva costringere all’obbedienza con autorità tirannica i propri confratelli che erano considerati tutti alla pari.



Cipriano


martedì 28 ottobre 2014

Tertulliano (ca. 150-225) 181

È considerato uno dei Padri della Chiesa più importanti, una autentica pietra miliare di questa istituzione al punto che molti lo ritengono padre del cristianesimo occidentale e fondatore del cattolicesimo.

Figlio di un sottufficiale dell’esercito, prima di trasferirsi a Cartagine, fu un importante avvocato a Roma perché dotato di colorita eloquenza così come di tagliente cavillosità. Dopo la conversione al cristianesimo divenne ben presto il primo grande scrittore ecclesiastico del suo tempo e un duro polemista contro i primi eretici che stavano nascendo.

Tutti concordano nel riconoscere che fu l’inventore del concetto di Chiesa come istituzione e che fu il primo a dare alla fede un fondamento giuridico, travasando nella Chiesa occidentale l’intero edificio giuridico romano. Essa fu per lui non più solo un’organizzazione finalizzata alla salvazione, ma istituto giuridico, istituzione, disciplina, anzi «una formazione militare». Tuttavia Tertulliano non attribuì tale diritto al vescovo romano né ai vescovi in generale, ma contemporaneamente ai laici e al clero.

Coi suoi scritti esercitò un notevole influsso anche su eminenti teologi del periodo successivo: Cipriano, Agostino e Gerolamo, ai quali fornì gli spunti decisivi per la dogmatica cattolica e per la teologia morale. Le sue formulazioni dominano la dottrina trinitaria e la cristologia occidentali, la dottrina del peccato, della grazia, del battesimo e della penitenza.

Paradossalmente, Tertulliano non morì cattolico perché avendo riconosciuto il rischio della concezione della Chiesa istituzionale da lui stesso teorizzata, in età avanzata si allontanò dall’ortodossia, passando fra i Montanisti; e da implacabile persecutore di eretici si trasformò in eretico invasato, da difensore fanatico della tradizione ecclesiastica in suo accesissimo avversario. Il Padre della Chiesa Tertulliano si fece allora assertore dello spiritualismo carismatico e del sacerdozio laico, tipici del cristianesimo primitivo, entrando in asperrimo conflitto col vescovo di Roma.





venerdì 24 ottobre 2014

La creazione della dogmatica cattolica ad opera di giuristi e retori africani (Tertulliano, Cipriano, Agostino). 180

In Africa più che in Oriente, il cristianesimo fu trasformato in normativa giudiziaria, l’ethos L’Africa del nord, totalmente colonizzata dai romani, divenne ben presto la vera e propria culla del cattolicesimo. Quasi totalmente cristianizzata, quando l’Italia era ancora semipagana, essa fu per molto tempo il centro del cattolicesimo occidentale.

Verso la fine del V secolo, in Africa esistevano 470 vescovadi (nel resto dell'Occidente solo poche decine), e fu lì che dal III al V secolo, i teologi africani, da Tertulliano ad Agostino,determinarono gli indirizzi della Chiesa; fu lì che venne introdotto l’uso del latino, che vennero cristianizzate concezioni romane militari e giuridiche, che venne creato il fondamento giuridico del primato papale.
dell’amore in etica del diritto, il vescovo in un burocrate, la formula battesimale in un giuramento per una bandiera, la fede in servizio militare. Qui la Chiesa proibì il rapporto immediato Uomo-Dio, legalizzandolo solo se interno alla propria struttura; qui bollò a fuoco come eretico chiunque non riconoscesse i suoi dogmi.

Fu qui che non fu più consentito al soffio dello spirito di spirare dove esso voleva, bensì dove la Chiesa imponeva. Questo processo, iniziato assai presto, venne proseguito con la creazione della dogmatica cattolica ad opera di giuristi e retori africani quali Tertulliano, Cipriano, Agostino.

Scrive, a questo proposito il teologo Carl Samuel Schneider: «L’ossuta mano del leguleio s’insinua anche nell’eroismo del martirio: è martire solo colui che

soffre il martirio all’interno della Chiesa; chi muore martirizzato fuori di essa (perché considerato eretico) non è più un martire, ma uno che ha subito la giusta punizione per aver infranto la legge della Chiesa». 

Sant'Agostino


martedì 21 ottobre 2014

L'influenza religiosa del giudaismo contribuì alla creazione della Chiesa. 179

Oltre i riti delle religioni misteriche e il modello giuridico dello stato imperiale, sull'istituzione della nascente Chiesa cristiana. esercitò una marcata influenza la gerarchia religiosa del giudaismo, le sue forme giuridiche a e la sua organizzazione cosmopolita. Ma soprattutto su di essa influì la teologia giudaica che la Chiesa adottò in pieno apportandovi però notevoli aggiustamenti. Per quanto riguardava l'ordinamento gerarchico, la suddivisione in sommi sacerdoti, sacerdoti, leviti e laici costituì un modello ben definito per la strutturazione ecclesiastica e la Curia Romana divenne, mutatis mutandis, una specie di copia del Sinedrio.

Nel Sommo Sacerdote di Gerusalemme si scorse addirittura un’anticipazione dello sfarzo e del potere del Papato medievale. Gli arcisinagoghi ebrei ebbero le medesime funzioni dei primi vescovi, e come a costoro si affiancavano i servi della sinagoga,piu tardi ai vescovi si affiancarono i presbiteri e i diaconi. La liturgia della Chiesa, quando non derivò dai riti misterici del paganesimo, provenne dalla sinagoga, soprattutto per taluni fattori essenziali del servizio divino, quali la lettura pubblica delle Scritture, la predicazione e la preghiera.

Anche la teologia morale cattolica ebbe i suoi precursori nella casuistica dei dottori di morale del rabbinismo. Infatti, le formule adoperate per gli anatemi e le scomuniche, ben presto utilizzate volentieri dalla gerarchia cristiana a dispetto del comandamento dell’amore per il prossimo e per i nemici derivano a pie' pari dal giudaismo. Persino l’amministrazione dei beni ecclesiastici venne organizzata sul modello di quella giudaica dei beni sacri.

L’influenza del giudaismo cristiano sulla comunità romana fu, in ogni caso, importantissima, anzi fu tale da contribuire in modo fortissimo a precipitare il cristianesimo, nel suo complesso, al livello di una religione fondata sul diritto e a dimenticare i precetti evangelici dell'amore del prossimo.



venerdì 17 ottobre 2014

La Chiesa cattolica si articolò sui riti delle religioni misteriche e sul modello giuridico dello stato imperiale. 178

In nessuna parte dei Vangeli sentiamo parlare di una comunità saldamente organizzata; parole come «Dove due o tre persone si riuniscono nel mio nome, ivi sono anch’io in mezzo a loro» (Matteo 16,20) sembrano addirittura escludere la costituzione di gruppi di una certa consistenza.

Fino al II secolo inoltrato non esistettero norme dottrinali fissate una volta per
tutte, non una comunità costituzionalmente strutturata e nemmeno un’organizzazione di carattere universale: c’erano soltanto piccole comunità in attesa del ritorno del Signore. Solo quando la speranza nella sua venuta svanì totalmente subentrò al suo posto la Chiesa e il cristianesimo si avviò ben presto in direzione di un crescente imborghesimento giuridicizzato.

Allora alle comunità fra loro giuridicamente indipendenti subentrò un sistema clericale minuziosamente regolato, una specie di sindacato della salvazione giuridicamente normato. Non fu più lo spirito profetico ad animare il missionariato, ma un’istituzione burocratizzata. Al posto dell’estasi primigenia subentrarono dottrine e regolamenti, la libertà originaria fu sostituita da una gerarchia, che introdusse nella cristianità una distinzione di gradi totalmente insensibile alle qualità religiose e morali dei soggetti.

Ne risultò un’imponente organizzazione minuziosamente articolata sui riti delle religioni misteriche, una costituzione ricalcata sul modello dello stato imperiale, un complicatissimo diritto ecclesiastico scopiazzato dal diritto latino, una teologia e una filosofia della Chiesa, nelle quali si attingeva a piene mani dalla tradizione pagana. Ebbero inizio una storiografia ecclesiastica, che imparò ben presto non solo a falsificare i racconti orali riferiti a Gesù ma anche a produrre testi zeppi di contraddizioni e incongruenza attribuiti agli apostoli analfabeti.



Diritto romano


martedì 14 ottobre 2014

L'istituzione della Chiesa Cattolica è in contrasto con lo spirito evangelico. 177

Secondo il teologo Adolf von Harnack il Cattolicesimo Romano come Chiesa esteriore, come Stato del Diritto e del Potere, non ha nulla a che fare col Vangelo, anzi lo contraddice nei suoi fondamenti. Molti altri teologi della Chiesa riformata condividono questa affermazione.

Per il Gesù evangelico la religione e la fede contrastavano col diritto e la legge ebraica. Egli si oppose esplicitamente proprio alla regolamentazione giuridica del rapporto fra uomo e Dio e durante tutta la sua attività pubblica combatté contro la Thora, il Clericalismo, le prescrizioni del culto e le sofisticherie giuridiche.
Il Gesù sinottico fu, quindi, per il suo tempo, un rivoluzionario che contestava la gerarchia templare, i teologi formalisti, il ritualismo vuoto e ipocrita, la pedante osservanza della Legge, i vacui esercizi dei bigotti: tutti abluzioni e digiuno. Secondo la nostra ottica era antilegalistico, anticultuale e anticlericale. Ma anche tutti i profeti, prima di lui, si erano comportati allo stesso modo.

Persino Paolo, per cui «Cristo ha posto fine alla Legge» (Rom. 10, 4) si collocò nella migliore tradizione di Gesù, perché negò recisamente ogni formalismo, ogni tradizionalismo, ogni edificazione giuridica della Chiesa. Per Paolo era sorpassata non solo la Legge rituale del Giudaismo, ma anche la Legge morale del Decalogo
Per lui l’amore del prossimo era l’adempimento della Legge, ma solo sulla carta: nella prassi, infatti, egli attribuiva il massimo valore alla sua Nuova Legge: la Fede in Gesù Cristo. Questa liberazione radicale da ogni codice umano esteriore, iniziata da Cristo e severamente ribadita da Paolo, avrebbe dovuto dar vita a comunità religiose fondate su uno spirito d’amore reciproco, non giuridicamente tradizionaliste, ma spiritualmente autonome.




venerdì 10 ottobre 2014

Molte serie considerazioni contraddicono l'istituzione della Chiesa da parte di Gesù. 176

Anzitutto, Gesù preannunciò continuamente e ripetutamente il Regno di Dio, la Basileia, ma mai accennò alla istituzione di una Chiesa. Infatti, nei Vangeli ad un’unica menzione della parola Chiesa fanno riscontro molte dozzine di espressioni concernenti il Regno di Dio.
Gesù non ha fatto mai dipendere l’ingresso nel Regno di Dio dall’appartenenza a una Comunità Superiore, come farà poi la Chiesa. Infatti, come avrebbero mai potuto Pietro e gli altri Apostoli continuare a recarsi nel Tempio a pregare (Atti, 3, 1), se appartenevano ad una Chiesa, apertamente concorrente col giudaismo?

E poi la storia del cristianesimo primitivo mostra che Pietro non possedette affatto quella posizione autorevole, che avrebbe dovuto competergli in seguito all'investitura attribuitagli da Gesù, come narrata in Matteo (Mt. 16, 18). Alla cristianità più antica era del tutto ignota qualsiasi particolare prerogativa concessa da Gesù a Pietro. Anzi era Giacomo, fratello di Gesù, ad essere considerato dagli apostoli e dalle stesse autorità del Tempio la leadership dei cristiano-giudei fino alla sua morte.

I Vangeli accennano più volte ad una lotta intestina tra gli apostoli per la supremazia del gruppo. ll giudizio di Gesù in questa polemica fra i discepoli: «Chi vuoi essere fra voi più grande, dovrà essere servo di tutti» (Mc. 10, 43), è stata definita l’argomentazione interna più esplicita contro l’autenticità di un’affermazione del Maestro tesa a conferire il primato a un apostolo.


Infine,la Chiesa non ha mai saputo spiegare il mistero irrisolto che ben tre dei quattro Vangeli tacciano su questa sua presunta fondazione e che Matteo ne faccia menzione soltanto in un passo. Se Gesù avesse avuto l’intenzione di dar vita a una Chiesa non ne avrebbe parlato solo una volta, per di più di sfuggita, ma sempre, come faceva a proposito del Regno di Dio, e noi oggi potremmo leggerla in tutti i Vangeli e con parole inequivoche.

È singolare, anche, che solo nel II secolo il vescovo Ignazio, che non sedette nemmeno sul soglio di Pietro (Ign., Smym. 8, 2), ci offra la parola «cattolico», che non si identificherà con la definizione di «cattolico romano» se non molto tempo dopo. In quel tempo la Chiesa non era affatto una realtà. Infatti, tutti i teologi e i vescovi della Chiesa antica non si avvalsero affatto per oltre due secoli della due parole fondanti: "chiesa cattolica", poi tanto celebri. E fino alla metà del III secolo, nemmeno i Vescovi romani vi si richiamano.

Già ai tempi di Goethe i teologi contestarono la fondazione di una Chiesa ad
opera di Gesù. E anche tutta la ricerca seria del XX secolo afferma apertamente
che Gesù non pensò affatto alla creazione di un’istituzione universalizzante e che predicò un Regno per i giudei, non una Chiesa per i pagani,
Quindi, le celebri parole fondative della Chiesa (Mt. 16, 18).sono considerate uno dei falsi più clamorosi del Nuovo Testamento, elaborato dalla gerarchia romana e interpolato forse nel IlI secolo.


Wolfang Goethe


martedì 7 ottobre 2014

Gesù non ha mai inteso istituire una Chiesa perdurante nei secoli. 175

Tutta la predicazione di Gesù, incentrata permanentemente sulla proclamazione dell'imminente fine del mondo, escludeva categoricamente che egli pensasse alla fondazione di una Chiesa, intesa come istituzione salvifica perdurante nei secoli.
Ma la Chiesa cattolica fa risalire a proprio lui la sua fondazione, richiamandosi al passo di Matteo «Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa, e le porte dell’inferno non prevarranno sopra di essa» (Mt. 16, 18). Ma questa frase altisonante, che rinnega tutta l'escatologia espressa nei Vangeli, non venne mai pronunciata da Gesù perché egli mai annunciò la costruzione di
un’organizzazione permanente e universale di culto.

Inoltre l’espressione di Matteo, rivolta a Pietro, non solo non si adatta alle concezioni di Gesù ma non ricorre né in Marco né in Luca né in Giovanni . La cosa è tanto più singolare perché Marco e Luca - fatto assai importante - confermano con le stesse parole di Matteo il riconoscimento della messianicità di Gesù da parte di Pietro ma Ignorano del tutto l'istituzione della Chiesa.


È inoltre sconcertante che il termine «chiesa» (lat. ecclesia, aram. k’nischta), che
in seguito avrebbe giocato un ruolo importantissimo, sia del tutto assente in non meno di dieci scritti neotestamentari: nella Lettera a Tito, nella Seconda Lettera a Timoteo, nella Prima e nella Seconda Lettera di Pietro, nella Prima e nella Seconda Lettera di Giovanni e in quella di Giuda. Quind, evidentemente si tratta di un falso aggiunto posteriormente.

Ed è poi altrettanto singolare che lo stesso Matteo usi soltanto due volte la parola «chiesa», sempre assente negli altri evangelisti (Mt. 16, 18 e 18, 17). Per altro, nella seconda volta viene adoperata non nel senso di «Chiesa universale», ma di «comunità locale. Infatti, il versetto recita: Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano (Mt. 18, 17) . Ma, a giudizio pressoché unanime della critica teologica, queste parole non possono essere riferite a Gesù, il quale non dispregiava né i pagani né i peccatori, anzi proprio ai publicani e ai peccatori donava la propria amicizia. Ergo, anche la seconda menzione della Chiesa è una falsificazione.


Ma cerchiamo di approfondire ulteriormente il problema. Com’era possibile che un’istituzione così fondamentale come la «Chiesa» fosse nota solo ed esclusivamente a Matteo? Com’era possibile che mancasse in Marco, che pure riproduce, secondo la tesi ecclesiastica, la predicazione di Pietro? Com’era possibile che Gesù, immediatamente dopo una così solenne investitura avuta da parte di Pietro che lo proclamava Messia, rivolto a Pietro esclamasse: «Via dai miei occhi, Satana!»? (Mt. 16, 23). Sant'Agostino, di fronte ad un fatto così assurdo dichiarò perplesso: «Uno stesso Pietro poco prima definito santo, e subito dopo Satana, così, da un momento all’altro...» (Aug. Semi. 76,3). Tutte queste incongruenze confermano che versetti di Matteo, riferito all'istituzione della Chiesa, è stato aggiunto posteriormente da un falsario.



Sant'Agostino


venerdì 3 ottobre 2014

Quando i vescovi presero nelle loro mani il potere economico, giuridico e pastorale nacque la Chiesa. 174

 Quando con l'esautorarsi del prestigio e dell'importanza dei Profeti e dei Maestri, i vescovi aggiunsero alle loro funzioni economiche anche quelle pastorali ed eucaristiche, il loro potere si accrebbe enormemente. Alla fine del II secolo essi avevano tutto il potere nelle loro mani: economico, giuridico e pastorale (celebrare l'eucaristia, ammettere nuovi fedeli, somministrare il battesimo e così via); inoltre erano inamovibili fino alla morte e governavano la loro comunità come monarchi assoluti.
Erano eletti dal popolo e fino al 483 anche i vescovi di Roma vennero eletti dai fedeli romani. Una carica così importante suscitava sempre enormi e smodati appetiti per cui alla morte di un vescovo, l'elezione del successore spesso avveniva tra risse furibonde, come ci racconta Gregorio di Nazianzio, Padre della Chiesa. Nel 366 quando i due candidati Damaso e Ursino si contesero il trono episcopale della Città Eterna, i partigiani delle due fazioni si massacrarono crudelmente all'interno delle chiese, disseminandole di centotrentasette cadaveri. Ci furono anche seggi episcopali ereditari. Policrates di Efeso fu l’ottavo vescovo nella sua famiglia (Eusebio di Cesarea, op. cit. 5,24). Infatti allora i vescovi, come i presbiteri, erano sposati.

Le primitive comunità cristiane erano, quindi, all'inizio, autonome e indipendenti ma, con il consolidarsi del potere dei vescovi si stabilì tra di loro dei legami che divennero sempre più stretti e che diedero origine ad un sistema clericale minuziosamente regolato e burocratizzato.

Era nata la Chiesa. Inventore del concetto di Chiesa fu Tertulliano. Fu lui a travasare nell'istituzione da lui concepita l’intero edificio giuridico romano. Mezzo secolo dopo, Cipriano dichiarò la Chiesa unico strumento di salvezza.
(Cipriano, De unitate ecclesiae 6; epistole 55,24; 73,21).


Gregorio di Nazianzio


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Informazioni personali

Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)