Visualizzazioni totali

martedì 30 giugno 2015

65- “L'invenzione del cristianesimo” - Parte quarta. Le persecuzioni.2

Gli storici romani parlano chiaro: essi che conoscevano molto bene il messianismo ebraico ed il suo odio implacabile e fanatico contro l'autorità imperiale, accusano apertamente i cristiani (messianisti) di azioni sovversive contro le istituzioni e li definiscono propagatori di un'ideologia funesta e malefica e rei di odiare il mondo intero.
Che Roma dovesse perire in un'apocalittica conflagrazione era quello che i cristiano-giudei andavano predicando quando proclamavano l'imminente parusia. Per essi l'Impero era considerato il regno delle potenze sataniche e Roma la grande Babilonia, la Grande Meretrice. "Il cumulo dei suoi peccati sale fini al cielo e Dio si è ricordato della sua iniquità. Trattatela come ha trattato gli altri e rendetele il doppio di quello che ha fatto […] quanto ha fatto di sfoggio del suo splendore e del suo lusso, altrettanto datele di tormenti e di lutto" (Apocalisse 18).
Parole terribili che trasudano un possente odio contro i romani e proclamano la spietata speranza che il più gran numero di esseri umani incirconcisi perisca in un lago di fuoco.
Questa apocalittica catastrofe contro Roma sembrò verificarsi, secondo lo storico Tacito, quando nel luglio del 64 un incendio di enormi proporzioni divampò per alcuni giorni, distruggendo gran parte della città. Subito la vox populi, a detta dello storico, accusò i cristiani del misfatto e l'imperatore Nerone diede inizio alla prima persecuzione contro di essi. Questi avvenimenti, considerati dai più assolutamente certi, hanno trovato ampi riscontri nei testi storici e alimentato famose opere letterarie e cinematografiche. Ma alcuni studiosi non li danno affatto per scontati e li considerano piuttosto una delle tante leggende inventate dalla Chiesa per dimostrare, attraverso il martirio di Pietro, che il primato sulla cristianità spettava come sede, per diritto storico, a Roma (e non a Gerusalemme, dove il cristianesimo era nato), e al suo vescovo, quale successore di Pietro.
Esaminiamo i documenti del tempo. Gli storici latini che parlano di Nerone sono tre: Tacito, Svetonio e Dione Cassio. Di questi tre, solo Tacito nel XV libro degli "Annali" mette in relazione la persecuzione dei cristiani con l'incendio della città. Gli altri due ignorano questo legame. Ma, cosa ancor più significativa, i padri della Chiesa: Clemente, Ireneo, Eusebio, Origene e Ambrogio, ignorano nei loro scritti la persecuzione ordinata da Nerone che, sicuramente, avrebbero ben volentieri strombazzata, se avvenuta,  per controbattere coloro che negavano l’esistenza dei cristani a Roma nel I secolo e per dimostrare il martirio di Pietro e Paolo.
Perfino Agostino, che nel suo libro "De Civitate Dei" elenca gli avvenimenti accaduti a Roma precedentemente al "sacco" eseguito da Alarico nel 410, non accenna all'incendio e alla persecuzione. Quindi nessun padre della Chiesa ha mai citato questo passo di Tacito in una sua opera, fino al XV secolo. E allora come la mettiamo con lo storico latino, ritenuto al di sopra di ogni sospetto? Riconoscendo, affermano questi studiosi, che il brano XV.44 degli Annali è stato interpolato ed è quindi falso.
Già a partire dall'Illuminismo, e in particolare da Voltaire (1775), era iniziata a circolare la voce che gli Annali di Tacito fossero un clamoroso falso, facendo riferimento ad argomentazioni storiche (incongruenze con Svetonio e Plinio il Vecchio) e filologiche (incoerenze stilistiche col Tacito delle Historiae).
Ma a sostenere con vigore questa ipotesi fu nel XVIII secolo John Wilson Ross che nel 1878 pubblicò a Londra il libro Tacitus and Bracciolini, the Annals Forged in the XVth Century nel quale dimostrò che fu l'umanista italiano Poggio Bracciolini, segretario di papa Martino V e amanuense disinvolto (1380-1459), a falsificare gli Annali nel 1429. Come? Inserendo, quasi alla lettera, un passo di un certo Sulpicio Severo (IV secolo) che nella sua “Historia Sacra” (II-29), considerata al suo apparire una raccolta di assurde invenzioni, aveva raccontato per primo la persecuzione di Nerone.
E perché Bracciolini fece questa manomissione del testo di Tacito? Per confutare le contestazioni di quanti, papi e antipapi, durante lo Scisma d'Occidente che si era appena concluso,  avevano sollevato dubbi sulla legalità di Roma come sede del trono di Pietro. Il martirio dell'apostolo cadeva a puntino e toglieva ogni pretesto.
Dopo il Ross anche P.Hochart nel suo studio La persécution des chrétiens sous Néron, (www.mediterraneeantique.info/Rome/Hochart/Ner_0.htm), ed altri storici (J. Rougé, A. Drews e C. Saumang), adducendo rigorose argomentazioni storiche, filologiche e stilistiche, nonché evidenziando come Tacito descriva in modo contraddittorio il comportamento di Nerone durante l'incendio, confermarono l'interpolazione degli Annali.
L'incendio di Roma nel 64, e di conseguenza la persecuzione contro i cristiani (del resto mai nominati da Tacito nelle sue Historiae), non sarebbero quindi attendibili secondo questi studiosi e ciò sarebbe confermato, sia pure in modo indiretto, anche da Giuseppe Flavio, il più famoso degli storici ebrei dell'antichità.
Infatti, nel 64 egli si trovava a Roma in qualità di avvocato difensore di due rabbini, accusati dalle autorità romane di Gerusalemme di connivenza coi ribelli che già cominciavano a devastare la Giudea. Ora, in nessuna delle sue opere vi è il pur minimo accenno alla persecuzione di Nerone e all'incendio che in quell'anno distrusse 10 dei 14 quartieri in cui si articolava la città. Poteva, uno storico pignolo come lui, ignorare completamente un fatto del genere?
Comunque, fu in seguito alla prima guerra giudaica (ordinata da Nerone) che si sviluppò a Roma il clima di tensione contro il cristianesimo (confuso col giudaismo), che andò via via crescendo nel tempo, con alterne vicende. Un episodio, riferito da Eusebio di Cesarea, riguardante l'imperatore Massimino Trace (235-238), serve ad illuminarci a questo proposito
Questo imperatore, preoccupato per il diffondersi della nuova religione che riteneva nociva all'Impero, fece stampare e diffondere le memorie di Pilato (Acta Pilati), integralmente tratte dagli archivi imperiali, al fine di rendere evidente a tutti la pericolosità politica e sociale dei cristiani. Pur essendone state create molte copie, distribuite anche alle scuole affinché gli studenti le conoscessero, di queste memorie di Pilato oggi non esiste traccia.
Qualcuno, e non è difficile capire chi, ha provveduto a farle sparire perché forse davano una versione totalmente diversa della condanna di Gesù, rispetto a quella tramandataci dai nostri Vangeli. Nessuno dei ben noti polemisti cristiani dell'epoca osò contestarle nel merito. Ma se il rapporto di Pilato fosse stato favorevole a Gesù, quanto lo avrebbe strombazzato la Chiesa, una volta raggiunto il potere!
"L'invenzione del cristianesimo " ebook € 1,99 (store: Amazon, LaFeltrinelli, Kobo, Internet Bookshop Italia, Bookrepublic Store, etc...)


venerdì 26 giugno 2015

64- “L'invenzione del cristianesimo” - Parte quarta. Le persecuzioni. 1

La Chiesa ci ha trasmesso un'immagine deformata e antistorica delle persecuzioni da essa subite dagli Imperatori.
Purtroppo, i testi storici che vanno per la maggiore, hanno convalidato questa verità di regime e accettato, senza una seria indagine testuale, quella che David Donnini (Cristo, Una Vicenda Storica da riscoprire, R. Massari Editore, Bolsena (VT), 1994) chiama la "retorica vittimistica delle persecuzioni”, per cui dobbiamo ammettere che molto di ciò che ci è stato tramandato su di esse è quasi completamente falso e del tutto leggendario perché fortemente condizionato sia dalla tradizione cattolica, sia da opere storico-letterarie di dubbio valore. Chi conosce, anche approssimativamente, la storia antica sa che i romani, senz'altro duri e spietati sotto il profilo politico, erano del tutto tolleranti in campo religioso e ammettevano che i diversi popoli sottomessi seguissero liberamente i loro culti e le loro tendenze religiose.
Roma stessa era un coacervo di centinaia di divinità, spesso importate dai soldati da ogni parte dell'Impero, e tutte avevano il loro tempio e i loro seguaci. Nessun storico romano accenna mai a persecuzioni di tipo esclusivamente religioso. Solo se un culto si profilava ostile al potere costituito o palesemente immorale, poteva subire delle censure.
Com'è possibile allora che una religione che predicava la non-violenza, l'amore del prossimo (e perfino dei nemici) e la fratellanza universale (imperativi etici fortemente condivisi anche da molti pagani), e per di più dichiarava che bisognava dare a Cesare quello che era di Cesare (cioè riconosceva implicitamente il potere imperiale e ammetteva il dovere di pagare le tasse), subisse delle dure repressioni da parte degli Imperatori? Forse che questi erano disturbati dal fatto che il suo fondatore si proclamava figlio di Dio e vantava la sua resurrezione? Ma neanche per sogno! Erano così anche le altre divinità che andavano allora per la maggiore come Osiride, Attis, Mitra, Eracle e così via. E allora? La verità è che la religione non c'entra niente con queste persecuzioni; c'entra, invece, e come, la politica. Per i romani la parola "cristianesimo", che traduceva letteralmente il termine ebraico "messianismo”, era sinonimo di fondamentalismo nazional-religioso, cioè di una forma di fanatismo patriottico-giudaico inteso a scalzare il potere di Roma.
Infatti, il cristianesimo del primo secolo della Chiesa di Gerusalemme, prima che Paolo lo demessianizzasse e lo degiudeizzasse, non era affatto simile al nostro ma fortemente legato alle istanze esseno-zelote e i romani lo sapevano. Perciò essi non perseguitavano la nuova ideologia religiosa bensì l'ostilità contro Roma, unita alla disobbedienza civile, che essa implicava.
I cristiani, infatti, rifiutavano il servizio militare, atto considerato dai romani intollerabile e antipatriottico, non frequentavano né il circo né il teatro, e nemmeno le feste e le processioni pagane, cioè si autoescludevano dalla vita civile.
Inoltre, predicavano che solo il loro Dio era vero e che tutti gli altri dèi, adorati dai pagani, erano falsi e andavano distrutti, e si dedicavano ad un proselitismo accanito, inconcepibile per il politeismo del tempo. Infine, invocavano fanaticamente la fine del mondo e consideravano quella raccapricciante catastrofe, che avrebbe arrecato interminabili tormenti, la giusta punizione per la malvagità dei pagani e invece per loro l'inizio di una eterna felicità.
Si definivano, come gli ebrei, il popolo eletto, il popolo santo e, in contrapposizione, consideravano tutti i pagani degli iniqui peccatori. Ecco perché erano considerati nemici degli dèi e li si accusava di ateismo e di empietà mostruose, come incesto, omicidi rituali e cannibalismo (Eusebio di Cesarea, op. cit. 4,7; 11 e sgg.).
Il crimine più grave, però, di cui erano accusati i cristiani, riguardava il rifiuto del sacrificio alle divinità imperiali. I romani attribuivano al favore di queste divinità i propri successi militari e politici e ritenevano il sacrificio loro attribuito una manifestazione di patriottismo. Chi si sottraeva diventava nemico della comunità e metteva in pericolo la stabilità dello Stato. L'ordine di sacrificare alle divinità imperiali era quindi un atto di lealtà politica che doveva garantire l’unità interna dell’Impero e non intaccava minimamente l’esercizio libero della religione personale. Ma per i cristiani l’apoteosi di una persona umana era impensabile e considerato un atto di apostasia. Quando nuclei sempre più numerosi di cristiani si opposero al culto imperiale, scattarono inevitabilmente le persecuzioni che non rivestirono mai un carattere religioso ma esclusivamente politico.
"L'invenzione del cristianesimo " ebook € 1,99 (store: Amazon, LaFeltrinelli, Kobo, Internet Bookshop Italia, Bookrepublic Store, etc...)

giovedì 25 giugno 2015

Fino al II secolo il battesimo veniva somministrato in modo semplice e senza una specifica preparazione. 218

Inizialmente il battesimo cristiano si differenziava da quello pagano sia per una maggiore semplicità, sia perché non necessitava di una preparazione particolare. Lo deduciamo dagli Atti degli apostoli nei quali si narra che l'apostolo Filippo, dopo aver incontrato sulla strada da Gerusalemme a Gaza un funzionario della corte etiope e avergli spigato i rudimenti della nuova religione, subito costui decise di battezzarsi. «E proseguendo il cammino giunsero dove c’era dell’acqua; e il cortigiano disse: “Qui c’é dell’acqua! Che cosa impedisce ancora il mio battesimo?”». E immediatamente li vediamo entrambi nell’acqua, intenti a compiere l’atto salvifico.

Ma a partire dal II secolo le cose cambiarono totalmente. Scopiazzando le religioni misteriche, il battesimo cristiano venne allora preceduto da un’istruzione specifica e da un periodo di preparazione, cioé da un catecumenato, che in talune comunità durava quaranta giorni, in altre fino a tre anni. Il rito battesimale era poi accompagnato da un ricco cerimoniale consistente in esorcismi quotidiani, squilli, segni di croce, offerte di sale consacrato e altre stravaganze, sempre di derivazione pagana, come l’unzione del capo o addirittura di tutto il corpo con olio, l’offerta di ceri accesi, di latte e di miele

E, sempre imitando le religioni misteriche, non mancavano lunghi digiuni e orazioni. Cinque giorni prima del battesimo si doveva prendere un bagno, tre giorni prima bisognava digiunare in modo particolarmente rigido e l’ultima notte era consacrata alla veglia. Come nel culto di Iside, anche il battezzatore era tenuto al digiuno e doveva decidere quando il battezzando era maturo per il rito. Come nella religione mitraica, il battesimo aveva solitamente luogo all’inizio della primavera (intorno alla Pasqua) e come nel rito eleusino od orfico anche in quello cristiano il battesimo per immersione prevedeva che il catecumeno fosse per lo più nudo.

Come nel culto di Iside, in un primo momento il luogo poteva essere qualsiasi fiume, sorgente o spiaggia; poi fu utilizzato un edificio apposito, il battistero, che aveva a sua volta un modello un po’ più semplice nelle costruzioni erette al medesimo scopo presso sorgenti o canali dai fedeli delle religioni misteriche, soprattutto di Mitra, nei cui templi c’era persino una specie di acquasantiera.
Il candore dell’abito battesimale imitava la mistica dell’Ellenismo, nella quale il rosso e il bianco erano i colori più usati nell’abbigliamento in occasione di solennità misteriche. Nel IV secolo, infine, il sacramento diventò una festa di società, celebrata anche con epistole gratulatorie.


S.Filippo apostolo


martedì 23 giugno 2015

63- “L'invenzione del cristianesimo” - Parte quarta. Il cristianesimo gnostico. 2

Perché lo gnosticismo, largamente diffuso all'inizio del cristianesimo (Valentino, il suo massimo teorico, per poco non venne eletto Papa al posto di Anacleto) fu ferocemente combattuto dalla Chiesa (soprattutto da Tertulliano e Ireneo) al punto da rimanere totalmente cancellato da essa e da restare, dal quinto secolo in poi, completamente sconosciuto al mondo cristiano? Indubbiamente per motivi teologici derivanti dalla negata incarnazione di Cristo Dio, ma anche, come vedremo, per motivi squisitamente politici. Gli gnostici, infatti, avevano la convinzione di poter accedere senza intermediari alla volontà divina tramite rivelazioni, esperienze estatiche e visioni (esattamente come successe a Paolo). Per essi chi riceveva da Dio direttamente una rivelazione, possedeva una autorità incontestabile, come i Profeti della Chiesa delle origini.
Quindi per gli gnostici l'uomo pneumatico veniva condotto all'Essere dallo stesso Padre senza alcuna intermediazione di altro tipo, contrariamente a quanto affermava la Chiesa che ciò poteva avvenire solo tramite la struttura ecclesiale derivata dagli apostoli e dai successori degli apostoli, i vescovi. Solo la Chiesa, infatti, essa predicava, aveva ricevuto direttamente da Gesù, per via apostolica, il compito di condurre l’umanità alla salvezza.
Se l'uomo pneumatico invece poteva giungere in maniera totalmente autonoma alla riscoperta di quella goccia di luce divina che si celava nel suo cuore, scavando da solo nella sua più profonda interiorità, a cosa servivano i “successori degli apostoli”, intesi come intermediari tra l’uomo e Dio?
La risposta è ovvia: a niente. Ecco quindi lo scontro violentissimo delle comunità gnostiche con la gerarchia clericale, chiamata nel Vangelo di Filippo “la setta degli apostolici”, e, conseguentemente, la soppressione sistematica da parte della Chiesa di tutti i documenti gnostici contrari alla sua ortodossia, nonché l'accanita persecuzione, dopo il Concilio di Nicea del 325, dei molti cristiani dissenzienti accusati di eresia.
I Vangeli gnostici scoperti a Nag Hamadi, specialmente quello di Tommaso, chiamato da molti il quinto Vangelo, ci trasmettono di Gesù un'immagine molto diversa da quella che ricaviamo dal cristianesimo ufficiale: un Gesù più maestro di sapienza che Messia jahvista, umanamente saggio e per nulla ossessionato dalla sindrome colpa-peccato tipica del nostro cattolicesimo, poco cristiano quindi in senso tradizionale, e, per di più, estraneo all'atmosfera pregna di miracoli e di prodigi di ogni genere che rende così irrazionali e mitologici i quattro Vangeli canonici, riconosciuti dalla Chiesa. In essi,infine, non si accenna a Pilato, né al rito eucaristico teofagico avvenuto nella “ultima cena”, e tanto meno alla “Resurrezione” (M. Criva, Il Quinto Vangelo, Ed. Marco Valerio, Torino, 2001).
"L'invenzione del cristianesimo " ebook € 1,99 (store: Amazon, LaFeltrinelli, Kobo, Internet Bookshop Italia, Bookrepublic Store, etc...)



venerdì 19 giugno 2015

62- “L'invenzione del cristianesimo” - Parte quarta - Il cristianesimo gnostico 1.

Abbiamo detto che il Cristo Gnostico cominciò a svilupparsi nell'ambito cristiano nel secondo secolo. Ad introdurlo a Roma nel 140 fu il filosofo gnostico Marcione di Sinope, sul Mar Nero. Egli portò alla comunità cristiana di Roma il suo vangelo e dieci lettere di Paolo, a quel tempo totalmente sconosciute nella capitale dell'Impero. Il suo vangelo fu accolto molto favorevolmente in un primo tempo ma subito dopo, nel 144, respinto come eretico in quanto presentava Cristo come un salvatore essenzialmente spirituale che non si era mai incarnato sulla Terra e che di uomo aveva assunto solo le sembianze umane.
Questo importantissimo documento, completamente distrutto dalla Chiesa, come il primitivo Vangelo degli Ebrei e gli altri Vangeli gnostici, è stato in parte ricostruito utilizzando le citazioni dei Padri della Chiesa che lo confutarono (Tertulliano, Crisostomo, Atanasio, Ireneo), da due studiosi: Adolf Von Harnack e Paul Louis Cuchoud. Secondo Elaine Pagels (I Vangeli gnostici, Mondadori, Milano, 1981) fu il vescovo di Lione, Ireneo, il primo a selezionare i documenti ritenuti ortodossi e a far distruggere quelli considerati eretici, come il Vangelo di Marcione.
Questo Vangelo cominciava dicendo che nel quindicesimo anno del regno di Tiberio (cioè nell'anno 30 d.C.) ai tempi del procuratore Ponzio Pilato e Caifa Sommo Sacerdote, il Salvatore figlio di Dio, era disceso dal cielo su Cafarnao, città della Galilea, per cominciare da lì le sue predicazioni e, riferendosi alla vita terrena di Cristo, descriveva la sua biografia con tanto di date, di luoghi e di personaggi, fino ad allora a tutti ignoti. Probabilmente fu su questi riferimenti storico-geografici riportati da Marcione che furono poi costruiti i quattro vangeli canonici. Fino ad allora, infatti, su Gesù erano circolate solo delle sentenze, chiamate Logìa, definite “corte e laconiche”. Il Cristo di Marcione si presentava a Cafarnao, in Galilea, in età già adulta, prendendo dell'uomo l'apparenza ma non la sostanza, essendo puro spirito. Crisostomo nella sua Lettera ai Filippesi (2, 7), riportando un passo del Vangelo di Marcione scrive:" Gesù ha preso una somiglianza d'uomo perché se fosse divenuto veramente uomo avrebbe cessato di essere un Dio". Negando di Gesù la nascita terrena, che cioè si è fatto carne come ognuno di noi, veniva negata anche la sua crocifissione e morte, considerate da Marcione del tutto simboliche e virtuali, perché il corpo di Cristo non era di carne. Anche la resurrezione, pertanto, si prefigurava come del tutto virtuale.
L'incarnazione di Cristo, e quindi la sua natura umana, nella prima metà del secondo secolo non veniva negata solo da Marcione ma anche da molti altri teologi e vescovi del tempo, come Papia, Carpocrate, Valentino, Nicola, Basilide e i Doceti.
Ma come nasce il Cristo Gnostico? E' singolare il fatto che Marcione nel 140 porti a Roma il suo vangelo gnostico assieme alle Lettere di Paolo. C'è una connessione tre le due cose? Marcello Craveri, senz'altro uno dei massimi studiosi della materia, ha sottolineato il carattere tipicamente gnostico di alcune importanti Lettere di Paolo di Tarso. A questo proposito basterebbe citare, dalla Lettera ai Filippesi, il seguente versetto: "Cristo, pur essendo di natura divina, spogliò se stesso assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini ci è apparso in forma umana" (Filippesi. 2, 6). Negazione chiara della sua terrenità.
A collegare Paolo alla gnosi, oltre alle Lettere, ci sono molti altri argomenti. Anzitutto, le ripetute visioni celesti dell'apostolo che alludono all'illuminazione di tipo gnostico; poi, il fatto, rilevato da molti, che Paolo non accenna mai alle origini terrene di Gesù, alle parabole, ai miracoli, ai personaggi e agli eventi più importanti della sua vita, come la Passione; inoltre, evita chiaramente di chiamarlo per nome (25 volte in tutto) ma in compenso lo nomina col nome di “Cristo” 378 volte, e si riferisce esclusivamente a lui come ad una entità spirituale ultraterrena proiettata in un ambito mitico e metafisico (E.Dujardin, Ancient History of the God Jesus, C.A. Watts & Co, London, 1938) I pochi riferimenti storici, riportati nelle epistole, riferibili ad una reale esistenza terrena di Gesù, secondo alcuni studiosi, sarebbero stati aggiunti posteriormente. Tutto ciò potrebbe far supporre che Paolo fosse uno gnostico, ma nelle sue Lettere ci sono anche chiari passi che lo negano. Nel prologo della Lettera ai Romani, come nell'introduzione a tutte le altre Lettere, Paolo scrive: "Io sono Paolo, servo di Dio, apostolo per vocazione, prescelto per annunziare il vangelo di Dio riguardo al figlio, nato dalla stirpe di David secondo la carne" (Romani 1,1). Con ciò non solo ammettendo l'incarnazione di Gesù ma negando anche che questa sia avvenuta per opera divina. Ciò fa supporre che le Lettere di Paolo, che prefigurano il Cristo terreno e quello puramente spirituale, abbiano subito manipolazioni e interpolazioni da entrambe le Chiese, quella gnostica e quella ortodossa.
"L'invenzione del cristianesimo " ebook € 1,99 (store: Amazon, LaFeltrinelli, Kobo, Internet Bookshop Italia, Bookrepublic Store, etc...)

giovedì 18 giugno 2015

Il battesimo cristiano ricalca fin nei particolari i riti iniziatici delle Religioni Misteriche. 217

Il battesimo cristiano offre un parallelismo preciso con quello di origine pagana.
All’atto dell’iniziazione, consistente in un bagno per immersione, il pagano seguace dei Misteri viveva il destino del suo Dio (Attis, Dioniso, Mitra), la sua morte e resurrezione, esattamente come il cristiano all’atto del battesimo viveva la morte e la resurrezione di Cristo. Durante il battesimo i sacerdoti di Attis dicevano:
«Siate di buon animo, voi Misti! Come il Dio fu salvato, così nasce per noi la salvazione dal dolore».
E Paolo scrive: «Nel battesimo siete stati sepolti con Cristo, e in Cristo siete anche risorti... voi, che eravate morti per i vostri peccati... Dio ha vivificato con Cristo».
Tutta la teologia critica e la dottrina biblica extra ecclesiastica vedono qui un
Paolo che parla in strettissima dipendenza dal pensiero e dai modi espressivi delle
religioni misteriche. La concezione di fondo del battesimo cristiano quale «rinascita», era propria di tutti i culti religiosi precristiani. «Rinato in eterno» si definiva il seguace di Attis; «rinato» si chiamava colui che era stato redento da Iside e una fitta schiera di Misti della religione dionisiaca si autodefiniva «coloro che sono nati dal Dio». La «rinascita» era concetto comune anche ai Misteri di Mitra e alla mistica ermetica.

Secondo Paolo, il battezzando cristiano indossa Cristo come un abito:
«infatti voi tutti, battezzati in Cristo, avete indossato Cristo»; oppure, come scrive nella Lettera ai Romani: «Indossate il Signore Gesù Cristo» (Gal. 3, 272. Rom. 13, 14).

Questa immagine dell’indossare il Cristo» deriva dalla «mistica dell’abito» di
diverse religioni misteriche, particolarmente risaltata nei Misteri Eleusini o nel culto
di Iside, in cui il fedele indossava l’abito della divinità, diventando cosi immortale
egli stesso o addirittura divinizzato. Anche per Paolo il battesimo non è solo un atto simbolico, ma un’azione divinizzante assolutamente reale e sostanziale. Forse i cristiani paolini, come i battezzandi di Iside, indossavano un particolare abito battesimale. In ogni caso i cristiani vedevano nel loro battesimo nient’altro che un’iniziazione misterica collegandola fin dal principio a concezioni magiche, analogamente al carattere magico del sacramento pagano. Dopo il battesimo, per un certo periodo, non era lecito toglier via l’acqua battesimale né farsi il bagno o lavarsi per settimane.


Iside


martedì 16 giugno 2015

61 - “L'invenzione del cristianesimo” - Parte quarta - Il Cristo Gnostico

Due furono i grandi miti greci a fondamento del cristianesimo antico: il mito del dio divenuto uomo, che soffre e muore immolandosi per la salvezza dell'umanità come Dioniso, Eracle, Attis, Mitra e così via, e il mito dell’anima prigioniera della materia e della sua liberazione ad opera di un redentore divino: il Logos. Il primo mito diede origine alla teologia paolina di cui abbiamo parlato diffusamente in precedenza, il secondo fu appannaggio della Gnosi e diede origine al Cristo Gnostico.
Finora abbiamo delineato le tre figure assunte da Gesù nei primi secoli della nostra èra. Abbiamo cominciato col Gesù storico, il nazireo-esseno-zelota che si era proclamato Messia davidico ed era finito crocifisso per ribellione armata contro Roma.
Poi siamo passati al secondo Gesù, quello che i suoi seguaci, dopo la sua presunta resurrezione, avevano proclamato come Messia Martirizzato, destinato, secondo la profezia di Daniele, a tornare in tempi brevi sulla Terra per fondare il nuovo regno di Dio.
Infine abbiamo delineato il terzo Gesù, quello teologico, inventato da Paolo di Tarso a seguito delle sue visioni celesti e divinizzato come figlio di Dio. Tutte e tre queste figure implicavano un'origine terrena e carnale di Gesù, affermavano cioè che era nato da una donna mortale, era vissuto come uomo ed era stato crocifisso soffrendo la morte. Ma accanto a questi tre Gesù che abbiamo descritto, dal secondo al quinto secolo della nostra èra se ne era diffuso un altro, il Cristo Gnostico, che a differenza degli altri tre non era di natura terrena, non essendosi mai incarnato, ma puro spirito, inviato come Logos da Dio, sotto parvenze umane, per redimere l'umanità. Di esso la massa dei cristiani, e forse anche molti ecclesiastici, sono completamente all'oscuro perché la Chiesa, fin dal quinto secolo, ha provveduto a cancellare ogni traccia che lo riguardasse.
Oggi, dopo la fortunosa scoperta nel 1945 a Nag Hammadi, in Egitto di una piccola biblioteca di 52 codici, quasi tutti gnostici, risalenti a più di 1500 anni fa, tra i quali importantissimi: il Vangelo di Tommaso, il Vangelo di Filippo, il Vangelo di Maria Maddalena e quello pubblicato recentemente (aprile 2006) come Vangelo di Giuda Iscariota, che forniscono la prova dell'esistenza di un cristianesimo ben diverso da quello che è giunto fino a noi, il Cristo Gnostico è diventato di grande attualità per gli studiosi. Vale le pena perciò di darne un breve cenno. Prima però di delineare questa nuova figura di Cristo è necessario chiarire, sia pure sommariamente, i postulati epistemologici sui quali si fondava lo gnosticismo sviluppatosi alla scuola d’Alessandria per influsso di Filone, filosofo ebreo contemporaneo di Cristo, che interpretò la Sacra Scrittura in forma platonica (vedi il Timeo di Platone) e in chiave allegorica.
Il mito centrale dello gnosticismo filoniano, che derivava da un antico movimento religioso che assommava speculazioni cosmogoniche, riti misterici e mistica devozione, partiva dal presupposto che Dio era una sorgente di luce posta al centro del cosmo da cui si dipartivano miriadi di entità incorporee (scintille divine) essenzialmente spirituali, chiamate “Eoni”.
Questi Eoni, allontanandosi dalla sorgente di luce divina, subivano una specie di collasso ontologico, si rivestivano di materia corruttibile e piombavano nelle tenebre. L'ultimo eone, l'anima umana, incarnandosi nel corpo materiale, dimenticava la sua origine divina e diventava di conseguenza schiavo del dolore, del male e della morte (M. Craveri, Vangeli Apocrifi, Einaudi, Torino, 1990).
Ma la scintilla divina, presente in ogni essere umano, sentiva un anelito possente a ricongiungersi al Dio Padre da cui era partita. Ecco quindi l'esigenza di una fede ragionata (gnosi) che permettesse all'uomo di liberarsi della schiavitù della materia, di riprendere conoscenza della sua natura divina e risalire a Dio attraverso gli insegnamenti di un Logos Salvatore. Secondo gli gnostici ad aiutare l'uomo al ricongiungimento con la luce divina sarebbe sceso in terra un Redentore, primogenito di Dio, che dopo aver insegnato agli uomini la via della liberazione, sarebbe sceso nell'Ade e poi asceso in cielo.
Evidentissima analogia con la cristologia della preesistenza. L’uomo celeste, il Redentore e Rivelatore, venne da molti gnostici dei primi quattro secoli immedesimato nella persona di Gesù, considerato il modello perfetto dell'uomo spirituale inviato da Dio sulla Terra per un puro gesto d'amore e dotato di una natura essenzialmente unica e spirituale. Per il teologo e vescovo Valentino, il massimo maestro gnostico del secondo secolo, anche la carne di Cristi era composta di spirito (Tertulliano, De Carne Christi, XV, 1, Rizzoli, Milano, 2000).
Secondo gli gnostici gli uomini si potevano dividere in tre categorie: gli ilici, nei quali le due nature, quella umana e quelle divina, non si incontravano mai per cui non erano in grado di superare gli angusti limiti della propria natura materiale e rimanevano per tutta la vita a livello dei bruti; gli psichici, nei quali la coscienza, pur essendo potenzialmente in grado di attingere alla fonte interiore della verità, non raggiungeva la liberazione perché offuscata dalla nebbia dell’errore; e, infine, gli pneumatici che erano i pochi in grado di giungere ad una piena conoscenza di se stessi e della propria doppia natura materiale e divina e, quindi, di ricongiungersi al Plèroma, cioè a Dio.
"L'invenzione del cristianesimo " ebook € 1,99 (store: Amazon, LaFeltrinelli, Kobo, Internet Bookshop Italia, Bookrepublic Store, etc...)


venerdì 12 giugno 2015

60 - “L'invenzione del cristianesimo” - Parte quarta - I polemisti anticristiani.

Dal II secolo cominciò a farsi strada in alcuni filosofi pagani una forte avversione verso il nascente cristianesimo e verso l’attendibilità storica delle scritture cristiane. I più importanti polemisti anticristiani furono Celso e Porfirio. Il filosofo platonico Celso. con “Il discorso vero” del 178 mise in luce, molto acutamente, le molteplici contraddizioni del cristianesimo, puntualizzando tutti gli imbrogli che i cristiani stavano facendo “per costruire la figura di un mago che, qualora fosse veramente esistito, poteva tutt'al più essere quella di uno dei tanti ciarlatani che avevano percorso la Palestina imbrogliando la gente”.
E a proposito del fondatore della setta dichiarò esplicito: “Colui al quale avete dato il nome di Gesù era in realtà un capo brigante”, ritenendolo uno zelota violento e non un mistico pacifista.
E per quanto riguarda i racconti evangelici scrisse sarcastico: “La verità è che tutti questi pretesi fatti, non sono che dei miti che voi stessi avete fabbricato; senza pertanto riuscire a dare alle vostre menzogne una tinta di credibilità. È noto a tutti che ciò che avete scritto, è il risultato di continui rimaneggiamenti, fatti in seguito alle critiche che vi venivano portate” (Celso, Contro i Cristiani, I, 62).
Inoltre accusò i predicatori cristiani di scegliere i loro seguaci tra “gli ottusi, gli ignoranti, o gli stupidi» ai quali imponevano: “non chiedere nulla: credi e basta. La tua fede ti salverà”.
Questo libro, puntualmente distrutto dalla Chiesa perché forse conteneva delle rivelazioni troppo imbarazzanti sul conto di Gesù, noi lo conosciamo in parte per merito di Origene, vigoroso polemista cristiano, che scrisse un libello intitolato “Contra Celsum” per confutare le accuse anticristiane dell'autore pagano. Origene, però, nel confutarlo, dovette riconoscere che molte tesi sostenute da costui erano fondate (Origene, Contra Celsum,3,8 op. cit.).
Porfirio (233-304) fu forse il più implacabile polemista anticristiano. Nella sua opera “Contro i cristiani” in 15 libri, con puntigliosa acutezza dialettica e profonda dottrina, accusò gli evangelisti, da lui definiti falsi e bugiardi, di aver mitizzato la vita di Gesù.
Subito dopo Costantino la sua opera fu messa al bando e nel V secolo, sotto Teodosio II, anche gli ultimi esemplari di essa furono messi al rogo per volere della Chiesa, assieme alle molte opere cristiane che polemizzavano col filosofo. Erano troppo pericolose perché contenevano lunghe citazioni di Porfirio, considerate un micidiale veleno. Agostino, uno dei più grandi Padri della Chiesa, trovò nell'opera di Porfirio la fonte principale della sua dottrina e, sottobanco, lo saccheggiò.

"L'invenzione del cristianesimo " ebook € 1,99 (store: Amazon, LaFeltrinelli, Kobo, Internet Bookshop Italia, Bookrepublic Store, etc...)

giovedì 11 giugno 2015

La Chiesa, per giustificare l'istituzione del battesimo, dovette ricorrere ad assurde interpretazioni del Vecchio e del Nuovo Testamento. 216

Il battesimo cristiano, venne propagato soprattutto da Paolo, benché l'apostolo ammetta esplicitamente che in nessun caso Cristo lo abbia invitato a battezzare (Cfr. i Cor. 1, 14. 16 con 1, 17). Egli, per giustificare questo sacramento, con mirabili contorsioni teologiche, ricorse allora al passaggio degli Israeliti attraverso il Mar Rosso, durante il quale «tutti sono stati battezzati (in Mosè nella nube e nel mare» (1 Cor. 10, 2).

La Chiesa delle origini, risultando evidente che Gesù, presunto fondatore dell’istituto battesimale, non ne aveva mai fatto menzione nei Vangeli, considerò questo sacramento fondato dalla morte di Gesù, ricorrendo, per «provare» questa tesi, ad altre interpretazioni del Vecchio Testamento assurde e inverosimili. Così il vescovo Cipriano si vide costretto a sostenere che ogni volta che nella Bibbia si parla d’acqua (aqua sola) si doveva intendere la proclamazione del battesimo. (Cypr. ep. 63, 8 sg.).

Parimenti individuava un’allusione profetica al sacramento del battesimo in tutti quei passi nei quali un’acqua qualsiasi entrava in contatto con un qualsivoglia pezzo di legno (la Croce!), come nel caso dell’Arca di Noé, della verga usata da Mosé per separare le acque del Mar Rosso, dei bastoncini collocati da Giacobbe negli abbeveratoi delle pecore per meglio governare il gregge, e così via.
Per ovviare al fatto che gli apostoli non erano stati battezzati si ricorse alle storie neotestamentarie delle tempeste abbattutesi su laghi o mari, intese come l’effettuazione del loro battesimo. In questo modo Pietro sarebbe stato battezzato durante la sua passeggiata sui lago, quando finì sott’acqua di fronte a Gesù.

Non essendo ancora stato inserito nel Vangelo di Matteo il falso ordine di battezzare «in nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo», nel cristianesimo che va dal I fino al IV secolo, com’é possibile provare con esattezza, si battezzava soltanto richiamandosi a Gesù oppure «nel nome di Gesù», ignorando totalmente la SS. Trinità non essendo stata ancora elaborata alcuna dottrina trinitaria introdotta soltanto nel IV secolo. Quindi nei primi tre secoli il battezzando veniva affidato a Gesù considerato il suo Signore, come si consegnava simbolicamente il seguace dei Misteri alla sua divinità pagana.


S.Cipriano


martedì 9 giugno 2015

59 - “L'invenzione del cristianesimo” - Parte quarta - I primi movimenti eretici.

Chi, rifiutando ogni ingerenza filosofica pagana, si limitò all’esegesi delle parole di Gesù e di Paolo, a una teologia puramente evangelica, fu Marcione, filosofo di Sinope, sul Mar Nero. Costui, autore di un'opera intitolata “Antitesi”, conosciuta e diffusa in tutte le maggiori comunità cristiane dell’impero romano verso la fine del Il secolo, ma poi fatta sparire dalla Chiesa, ripropose con passione l’amore verso i poveri e gli infelici, inteso come il nucleo centrale del messaggio evangelico ed elemento distintivo della predicazione cristiana, e ritenne il Discorso della Montagna come quintessenza dell’insegnamento di Gesù.
Marcione riuscì a fare molti proseliti sia a Roma, sia in Oriente e costituì coi suoi seguaci una vera e propria Chiesa (la prima in questa accezione del termine). Respinse, come testo sacro, il Vecchio Testamento, in quanto esso poneva quale spirito universale reggitore del mondo Jahvè, la divinità nazionale più crudele e vendicativa della storia delle religioni, e pose le basi del modello ufficiale del Canone del Nuovo Testamento, cioè dei testi sacri a fondamento del cristianesimo.
Fu il primo a far conoscere a Roma le Lettere di Paolo, delle quali considerò autentiche solo dieci. Il vanto supremo di Marcione e dei suoi seguaci fu il precetto di operare il bene senza l’aspettazione di una concreta ricompensa; essere buoni solo per essere buoni, perché agire eticamente reca in sé il proprio valore, senza il paradiso dietro le quinte. Principio inaccettabile per la Chiesa per la quale le opere buone si compiono non disinteressatamente, ma nell’interesse della propria salvezza, con riguardo cioè all’altra vita: autentico materialismo religioso. Naturalmente fu considerato eretico e combattuto ferocemente dai Padri della Chiesa, soprattutto da Tertulliano che scrisse contro di lui un'opera memorabile “Adversus Marcionem” che ci ha consentito di conoscere il pensiero di questo grande filosofo. Di lui parleremo più diffusamente trattando del Cristo Gnostico.
Altro movimento eretico che ebbe largo seguito nei primi secoli del cristianesimo fu quello dei Montanisti che si richiamavano alla Chiesa delle origini fondata sulla grazia, sul dono profetico, sul sacerdozio universale e sulla dottrina del prossimo ritorno di Gesù. Esigevano una elevata e rigorosa moralità in contrapposizione al lassismo che accompagnava la mondanizzazione della Chiesa, già molto diffusa dal IV secolo in poi, non solo perché essa era sempre più presente tra gli ambienti nobiliari e i funzionari statali, ma anche perché acquisiva sempre maggiori proprietà immobiliari e fondiarie e si era fatta enormemente ricca. Scrive a questo proposito Ammiano Marcellino, il maggiore degli storici imperiali del IV secolo d.C. nelle sue "Res Gestae" del 378 d.C.: "Coloro che aspirano alla guida della Chiesa di Roma, quando hanno raggiunto lo scopo, sono talmente privi di scrupoli da arricchirsi, grazie alle oblazioni delle matrone, al punto di uscire in pubblico su carrozze di lusso e, vestiti con ogni cura, organizzare banchetti più fastosi di quelli dei re" (Res Gestae, XXXVII 3,14).
"L'invenzione del cristianesimo " ebook € 1,99 (store: Amazon, LaFeltrinelli, Kobo, Internet Bookshop Italia, Bookrepublic Store, etc...)


venerdì 5 giugno 2015

58 - “L'invenzione del cristianesimo” - Parte quarta - La Patristica

Dagli inizi del II secolo sorsero numerosi teologi che si batterono strenuamente per la diffusione del cristianesimo e che furono denominati Padri della Chiesa. La Patristica comincia con gli apologeti: Giustino, Clemente Alessandrino e Origene che, però, attuarono lo stravolgimento filosofico della dottrina di Gesù, fondando la loro fede nel Logos preesistente della filosofia neoplatonica anziché nel Regno di Dio, nominato nei Sinottici ben 75 volte.
Nelle loro opere il nome di Gesù è quasi inesistente e il cristianesimo viene collegato al patrimonio filosofico pagano e la religione cristiana trasformata in una filosofia religiosa. Giustificarono il saccheggio filosofico del paganesimo affermando che la filosofia greca era stata rubata dal Vecchio Testamento con l'aiuto di Satana e che quindi era giusto che il cristianesimo se ne riappropriasse.
Oltre che dalla filosofia greca, la Patristica attinse a piene mani anche dalle religioni misteriche, come aveva fatto Paolo, soprattutto da quella dei Misteri Eleusini. Tra il paganesimo e il cristianesimo si creò quindi un parallelismo quasi identico per cui era molto facile per un pagano travasare nel cristianesimo.
Fu soprattutto attraverso Origene, la cui opera principale “Dei Princìpi” (Peri Archon) originò la dogmatica ecclesiastica successiva, che la filosofia soppiantò la semplice spiritualità del Vangelo. Nel III e IV secolo paganesimo e cristianesimo possedettero i medesimi tratti caratteristici e gli stessi patrimoni salvifici: si proclamarono, cioè, religioni fondate sul mito del Redentore fattosi uomo che muore e risorge; condivisero gli stessi sacramenti, in particolare battesimo e pasto sacralizzato (eucaristia); ebbero a fondamento gli stessi libri sacri rivelati (sacre scritture, apocalissi e profezie) e ammisero gli stessi miracoli. Il passaggio da una fede all’altra, anche dal cristianesimo al paganesimo, si verificò con facilità estrema.
I Padri della Chiesa si resero conto dalle rassomiglianze dei riti e dei miti pagani con quelli del cristianesimo? Eccome! Scrive Giustino rivolgendosi ai pagani: «Quando poi sosteniamo che il Logos, prima emanazione di Dio, vale a dire Gesù Cristo, nostro Maestro, è stato generato senza l'atto sessuale, è stato crocifisso, è morto, è risorto ed è salito in cielo, allora non presentiamo nulla di strano al confronto coi vostri figli di Zeus...(Giustino, Apologia 1,20 sgg.).
Quindi riconoscevano la rassomiglianza, quasi perfetta, di Cristo con le divinità pagane. Ma come reagirono davanti a questo fatto? Mentendo spudoratamente, in quanto affermarono che erano i pagani ad aver copiato il cristianesimo, sorvolando sul fatto che i Misteri Eleusini erano di gran lunga anteriori. Oppure ammettevano che il diavolo avesse in epoca precristiana svelato ai pagani tutti i segreti cristiani, per cui se i pagani battezzavano, celebravano il sacrificio di tipo eucaristico, possedevano venerande scritture, compivano miracoli come i cristiani, tutto ciò era semplicemente opera del demonio.
"L'invenzione del cristianesimo " ebook € 1,99 (store: Amazon, LaFeltrinelli, Kobo, Internet Bookshop Italia, Bookrepublic Store, etc...)

giovedì 4 giugno 2015

Il Gesù dei Vangeli non battezzò nemmeno i suoi apostoli. 215

Il battesimo, considerato dalla Chiesa il sacramento fondamentale dei sette da essa istituiti, alcuni secoli prima del cristianesimo era in uso presso i pagani delle religioni misteriche ellenistiche assieme all'altro sacramento dell'eucarestia. Quindi fu dal cristianesimo platealmente scopiazzato in tutto e per tutto, salvo qualche modifica. Nel culto di Attis, ad esempio, veniva effettuato col sangue mentre invece nei Misteri Eleusini e Dionisiaci e nel Mitraismo con l'acqua. Anche presso la setta degli esseni si praticava il battesimo impartito con l'acqua del Giordano ma riguardava una piccola minoranza del popolo ebraico.


Stando ai Vangeli è assolutamente assodato che Gesù, dal quale dovrebbe derivare il battesimo cristiano, personalmente non compì mai questo atto, nemmeno nei riguardi dei suoi apostoli. Il Vangelo di Giovanni, che nel terzo capitolo fa a lui risalire il battesimo, nel quarto capitolo sostiene esattamente il contrario (Cfr. Giovanni 3, 22 sgg. Con 4,2). Gli altri tre evangelisti ignorano del tutto la cosa.


Ma nel Vangelo di Matteo gli apostoli ricevettero da Gesù il mandato di battezzare in nome della SS.Trinità. «E dunque, andate e insegnate a tutti i popoli e battezzateli in nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo...» (Mt. 28, 19). Questo passo fu considerato falso fin dai tempi dell’Illuminismo e oggi viene considerato tale da tutta la ricerca critica più moderna in base a due considerazioni inequivocabili. Anzitutto, al tempo di Matteo, nessuno era a conoscenza della Trinità, la cui formulazione avvenne soltanto nel IV secolo col secondo Concilio ecumenico del 381, che inserì il dogma della Trinità nel cosiddetto credo niceno-costantinopolitano.


In secondo luogo Matteo in questo passo si contraddice avendo scritto in precedenza, proprio nel suo Vangelo, che Gesù aveva esplicitamente vietato il missionariato presso i non ebrei. “Non andate tra i pagani e non entrate in nessuna città dei samaritani, ma andate piuttosto verso le pecore perdute della casa d'Israele.” (Matteo 10,5-6). E ancora: Gesù credendo «d’essere stato inviato solo alle pecorelle smarrite della casa d’Israele», aveva esplicitamente ordinato ai discepoli «Non percorrete la via che conduce alle genti pagane». La raccomandazione esplicita di non andare fra i pagani è autentica proprio perché contraddice la prassi missionaria dei cristiani. Concludendo, in nessun caso Gesù avrebbe dovuto ordinare agli apostoli il battesimo universale anche perché aveva loro profetizzato «Non sarete giunti alla fine delle città d’israele,che il Figlio dell’uomo sarà ritornato». Quindi questo mandato fu inserito surrettiziamente in ambiti ecclesiastici nel IV secolo per sancire una prassi perseguita ormai da molto tempo e per confermare a posteriori l’usanza cristiana del battesimo.


SS.Trinità


martedì 2 giugno 2015

57 - “L'invenzione del cristianesimo” - Parte quarta - Fine della parusia.

Tutto il cristianesimo primitivo sia giudaico che ellenistico, era incentrato sull'imminente ritorno del Signore dalle nuvole, come attestano molti passi delle Lettere di Paolo, dei Santi Pietro, Giacomo e Giovanni e dell'Apocalisse
«La fine di ogni cosa è vicina» preannunciava la Prima Lettera di Pietro (4,7) e la Lettera agli ebrei ammoniva: «Ancora un poco, infatti, un poco appena, e colui che deve venire verrà, e non si farà aspettare» (10,37). E Giacomo: «Siate dunque pazienti, cari fratelli, fino alla venuta del Signore... Il giudice è alle porte» (5,7: 5,9). Per tutto l'intero II secolo anche il cristianesimo paolino mantenne viva l'aspettativa di un imminente ritorno di Gesù, come provano molte fonti cristiano-antiche, e perfino nel III secolo il Padre della Chiesa Cipriano l'attese con fede. Ci furono, a questo proposito, in quell'epoca degli episodi grotteschi.
Tanto per citarne uno: in Siria, un vescovo si incamminò verso il deserto seguito da tutti i fedeli, bambini compresi, per andare incontro all'imminente arrivo del Signore, con le conseguenze che si possono facilmente immaginare. Col passare del tempo, però, fu palese a tutti che Gesù, sulla immediata fine del mondo, s'era ingannato e allora la Chiesa per superare la delusione dei cristiani per un Signore così poco puntuale (Tertulliano, De Patientia, 2), con mirabili contorsioni teologiche trasferì definitivamente, come aveva annunciato Paolo, la parusia nel giorno del Giudizio. In tal modo riuscì a salvare capra e cavoli e a giustificare la sua istituzione.
Così, dopo che gli Imperatori ebbero elevato il cristianesimo a religione di Stato, i vescovi, che allora se la passavano magnificamente bene, precisarono che non era più il caso di parlare della parusia imminente, anzi questa aspettativa andava aspramente combattuta come un'ingenuità. e identificarono il Regno di Dio con l'aspettativa ultraterrena, capovolgendo la primitiva fede cristiana. Mediante una simile falsificazione il cristianesimo venne salvato e la Chiesa fu consolidata nei secoli (Agostino, De civitate Dei 20,9). Ben pochi cristiani sono oggi consapevoli che la loro dottrina nacque nella convinzione che Cristo sarebbe tornato quando i testimoni oculari dei suoi insegnamenti erano ancora in vita, cioè poco dopo la sua crocifissione. In seguito all'abbandono della parusia il cristianesimo si avviò, lentamente e inesorabilmente, verso un processo involutivo, trapassando da una fase di slancio rivoluzionario ad un'altra di lassismo, intolleranza e confessionalismo. Le libere comunità fondate sull'amore vennero irreggimentate da un apparato sempre più dogmatico e gerarchico e il rapporto diretto con Dio, come avveniva al tempo dei Profeti e Maestri, venne sottoposto alla mediazione burocratica del nascente clero. Insomma, si trasformarono in una nuova istituzione che diede origine alla Chiesa. Questa istituzione fu falsamente legittimata dal passo di Matteo che fa dire a Gesù: «Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa, e le porte dell’inferno non prevarranno sopra di essa» (Matteo 16,18). Parole inconcepibili nella bocca di Gesù, che avendo proclamato sempre l'imminente arrivo del Regno di Dio in Terra, non poteva preconizzare l'istituzione di una Chiesa, permanente nei secoli.
Escatologia e Chiesa si escludono a vicenda. Quindi il passo di Matteo viene considerato dalla teologia critica uno dei tanti falsi del Nuovo Testamento, elaborato dalla gerarchia romana e interpolato dopo il III-IV secolo. Difatti, di esso non c'è traccia negli altri Vangeli.
"L'invenzione del cristianesimo " ebook € 1,99 (store: Amazon, LaFeltrinelli, Kobo, Internet Bookshop Italia, Bookrepublic Store, etc...)




Benvenuti nel mio blog

Questo blog non è una testata giornalistica, per cui lo aggiorno quando mi è possibile. I testi sono in regime di COPYLEFT e la loro pubblicazioni e riproduzioni è libera purché mantengano lo stesso titolo e venga citando il nome dell'autore.

I commenti possono essere critici, ma mai offensivi o denigratori verso terzi, altrimenti li cancello. Le immagini le pesco da internet. Qualche volta possono essere mie manipolazioni.

Se volete in qualche modo parlare con me, lasciate la richiesta nei commenti, vi contatterò per e-mail. Dato che il blog mi occupa parecchio tempo, sarò laconico nelle risposte.

Se gli argomenti trattati sono di vostro interesse, passate parola; e, se site studenti, proponeteli al vostro insegnante di religione. In tal caso fatemi sapere le risposte che avete ottenuto. Grazie.

Lettori fissi

Archivio blog

Informazioni personali

Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)