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venerdì 14 agosto 2015

Avviso ai gentili lettori

Il blog ritorna in rete martedì 1 settembre 2015. A tutti buone vacanze.

78- “L'invenzione del cristianesimo” - Parte quinta. I dogmi. 2

I Vangeli riferiscono concordi e in più occasioni che Gesù aveva fratelli e sorelle, e Paolo nelle sue Lettere lo conferma. Ma se Maria avesse generato altri figli, come narrano i Vangeli, il concepimento teogamico di Gesù sarebbe stato dubbio, e inoltre il Gesù-Dio avrebbe dovuto spartire la sua divinità coi fratelli. Per negare questa ipotesi fu giocoforza dichiarare la verginità di Maria e relegare i fratelli al falso ruolo di cugini.
Così il Concilio Lateranense del 649, presieduto da papa Martino I, stabilì con un dogma che “la santa Madre di Dio sempre vergine immacolata Maria... ha concepito senza seme per opera dello Spirito Santo e ha partorito senza corruzione, permanendo indissolubile anche dopo parto la sua verginità” (D. 256 [DS. 503]). Cattolici e ortodossi ne sono tuttora convinti, i protestanti meno creduloni, no.
Ma voci di dissenso che negano la verginità di Maria si sono sempre fatte sentire nel mondo cattolico, e anche al giorno d’oggi eminenti teologi come Schnackenburg, Pesch e Lohfink sostengono – in opposizione all’enciclica Redemptoris Mater del 1987 di papa Wojtyla – che il concepimento verginale biologico da parte di Maria non è verità di fede biblica e quindi non si può scartare a priori l’ipotesi che Gesù abbia avuto fratelli e sorelle.
La vicenda di Maria, però, non finisce qui. Quando Tertulliano e Agostino rispolverarono il peccato originale che, commesso da Adamo ed Eva, si è trasmesso sessualmente all’intera umanità, per cui noi tutti nasciamo con questa tara e abbiamo bisogno del battesimo per togliercela, Maria sarebbe stata a sua volta infettata dalla colpa primigenia e l’avrebbe trasmessa anche al suo pargolo divino.
Come rimediare? Dichiarando semplicemente che Maria era stata concepita immacolata. Ma l’esenzione di Maria dal peccato d’origine trovò una forte opposizione in eminenti teologi del passato, come Bernardo di Chiaravalle, Tommaso d’Aquino, Bonaventura, Alessandro di Hales e dall’intero ordine dei frati dominicani, tanto è vero che alcuni di costoro, per questo motivo, finirono sul rogo a Berna il 31 maggio 1509. Questi oppositori, in pieno accordo con Agostino, ritenevano che la trasmissione del peccato d’origine avvenisse attraverso l’atto sessuale e quindi solo Gesù ne sarebbe stato immune, in quanto concepito teogamicamente e non sessualmente. Maria, no. Ma Pio IX nel 1854, considerandosi già allora infallibile come pontefice, non tenendo in alcun conto Agostino e gli altri teologi e dottori che la pensavano diversamente, sancì il dogma dell’Immacolata Concezione.
Sistemata definitivamente la questione del concepimento immacolato di Maria, rimaneva un altro problema in sospeso.
La Madonna: Vergine nel concepimento, Vergine incinta, Vergine nel parto, Vergine madre (quanti ossimori!), Vergine perpetua, madre di Dio e concepita immacolata, poteva, morendo, disperdere le sue carni, che avevano generato Dio, nella terra come tutti i mortali? Mai più!
Così Pio XII nel 1950, col dogma dell’Assunzione, decretò che la Madonna al momento della morte, in un tripudio di angeli, salì incorrotta al cielo (perdendo la cintola durante l'ascensione, tuttora oggetto di culto nel duomo di Prato, in Toscana), smentendo la tradizione trasmessaci dalla Chiesa delle origini secondo la quale Maria, dopo la morte, era stata sepolta nei pressi del Getsemani.
E qui, per il momento, la storia di Maria, che da quanto deduciamo dai Vangeli altro non era che la madre di una famiglia molto numerosa che le procurò non poche sofferenze, sembra concludersi.
Prendiamo in considerazione ora i dogmi più assurdi del cristianesimo che riguardano l'aldilà, cioè il paradiso e l'inferno. Secondo la morale ricattatoria e mercantile della Chiesa, vero e proprio materialismo etico, se fai il bene vai in paradiso, sennò vai all'inferno. L'aldilà è quindi il luogo della suprema felicità o dell'eterno tormento. Cominciamo ad esaminare l'eterno tormento.
Il Catechismo n. 1035 recita: “La Chiesa nel suo insegnamento afferma l’esistenza dell’inferno e la sua eternità. Le anime di coloro che muoiono in stato di peccato mortale, dopo la morte discendono immediatamente negli inferi, dove subiscono le pene dell’inferno, il fuoco eterno". Questo dogma della punizione eterna, il più terribile e devastante della Chiesa, secondo il “sensus fidelium”, cioè l'istinto di fede dei cristiani, non ha oggi molti credenti e in futuro ne avrà sempre di meno. Il suo rifiuto è in progressivo aumento anche da parte di non pochi ecclesiastici, che pur non rinnegandolo in modo palese, di fatto ne ignorano l’esistenza, non parlandone mai nelle omelie domenicali e nelle catechesi.

giovedì 13 agosto 2015

Le stupefacenti norme prescritte dalla Chiesa per il battesimo intrauterino. 225

La Chiesa cattolica non conosce limiti alle prescrizioni riferite all'osservanza dei suoi sacramenti. Infatti, a proposito del battesimo, se esiste un pericolo di morte del nascituro, ordina di battezzarlo persino all’interno dell’utero materno con uno speciale strumento medico: si tratta del cosiddetto battesimo intrauterino. Secondo la medicina pastorale cattolica tale "ablutio per aspersionem" deve aver luogo «non appena sia possibile raggiungere una parte qualsiasi del feto», e non viene preso mai in considerazione l’eventuale rischio della madre o del bambino. Il danno paventato per la madre e la possibile accelerazione della morte del bambino non godono di grande considerazione a fronte della necessaria preoccupazione per la salute eterna del bambino.

Nulla sfugge alla casistica escogitata da maniaci teologi. Le prescrizioni battesimali riferite agli aborti e alle nascite di bambini deformi superano ogni immaginazione. Nel caso della nascita di gemelli siamesi o di una testa con due busti, ad esempio, si esige incondizionatamente il battesimo della testa e di ciascun busto, perché, prescrivono le note canoniche: «E’ necessario versare l’acqua su ogni busto, dal momento che il dubbio non consente di stabilire quale busto verrebbe battezzato con la testa».

La direttiva fondamentale per tutti questi casi problematici é, in ogni caso, la seguente: «Per qualsiasi oggetto (!) nato da donna valga quindi questa regola pratica: battezzare sempre, almeno sub conditione». Infatti, come insegnava già una scrittura cristiana del Il secolo, sulla terra, in cielo e sotto terra fa parte della Chiesa soltanto colui che sia stato battezzato


Aspersorio per battesimo intrauterino


martedì 11 agosto 2015

77- “L'invenzione del cristianesimo” - Parte quinta. I dogmi. 1

Dopo Costantino, la Chiesa istituzionalizzata e vincente si trovò ad affrontare tutta una serie di problemi che derivavano dal continuo proliferare di ideologie, spesso contrastanti, riguardanti le sue origini e la sua dottrina. Dovette perciò elaborare un criterio di verità che non sarebbe dipesa, come per l'Antico Testamento, dai dati storici (gli avvenimenti biblici), ma sarebbe discesa direttamente della sua autorità, attraversi i vescovi. Una verità di fede, quindi, prodotta e sancita dalla gerarchia ecclesiastica per mezzo di continue e sempre più complesse elaborazioni teologiche, a seconda delle esigenze determinate dall'espansione dell'ortodossia. Ad elaborare questa verità di fede furono proposti esclusivamente i vescovi, mentre i fedeli ne furono del tutto esclusi.
Ben presto le verità emanate dalla gerarchia si tramutarono in dogmi, cioè in verità considerate rivelate, di diretta emanazione divina, assolute e indiscutibili, e furono imposte senza la possibilità di essere modificate. Chi le contrastava diventava, ipso facto, eretico con tutte le conseguenze che ne derivavano: esilio, confisca dei beni e talvolta anche la pena di morte.
I dogmi hanno riguardato tutti gli aspetti dell'ortodossia cristiana e hanno determinato la nascita di invenzioni teologiche che non discendono dalla Bibbia, da Gesù o dagli apostoli, ma soltanto dalla Chiesa. Vengono proclamati, infatti, da un concilio (assemblea di vescovi) o dal papa in prima persona, e impegnano tutti i cristiani a credervi per fede
I principali dogmi riguardano la trinità, la divinità di Gesù, l'esistenza dell'aldilà, l'infallibilità del papa, la Madonna e l'esistenza degli angeli. Prenderemo qui in esame, come esempio, i dogmi che sono alla base del culto mariano e dell'aldilà.
La madre di Gesù non fu mai oggetto di culto o di venerazione presso gli apostoli, né tanto meno per Paolo che nelle sue Lettere (i più antichi documenti del Nuovo Testamento), senza mai nominarla nemmeno per nome, la considerò una “donna” come tutte le altre, dichiarando che Gesù era “nato da donna” (Galati 4,4). Mai gli apostoli e Paolo, quindi, affermarono che la madre di Gesù fosse vergine e che suo figlio fosse stato concepito da seme divino. In un Vangelo siriaco assai antico, l’attuale versetto di Matteo 1,16 che recita: “Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù chiamato Cristo”, recita invece “A Giuseppe, al quale la fanciulla era fidanzata, essa generò Gesù” (Nestle, Novum Testamentum graece et germanice, Matteo 1,16).
In base a questo antichissimo documento, quindi, Giuseppe è il padre di Gesù, Maria non è vergine e neppure sposata quando lo genera. Per noi, oggi Gesù sarebbe nato da una ragazza madre o da una coppia di fatto.
Matteo e Luca nell’annunciazione ci fanno sapere che un angelo informa sia Giuseppe sia Maria della prossima venuta di un figlio divino (Matteo 1,20 sgg.; Luca 1,26 sgg.). Ma quando Gesù inizia la sua attività pubblica, Maria sembra ignorare del tutto le parole dell'angelo e, assieme agli altri suoi figli, tenta di ricondurre Gesù a casa con la forza, ritenendolo fuori di senno (Marco 3,20-21).
Tertulliano, di fronte ad un fatto così incredibile, rinfaccia Maria di non aver creduto al Cristo (Tertulliano, De carne Christi 7). Infatti quest’episodio ci fa comprendere che l’annunciazione è una favola posticcia. Fino al III secolo non solo si ignorava la perenne verginità di Maria ma tutti i Padri della Chiesa, come ad esempio Ireneo e Tertulliano, erano convinti del matrimonio effettivo di Maria e di Giuseppe. La divinizzazione di Gesù, iniziata con Paolo e imposta per volontà di Costantino nel Concilio di Nicea del 325, determinò tutta una serie di implicazioni dottrinali, riferite a Maria, che, progressivamente, diedero inizio verso il IV secolo al culto mariano.
Poiché Gesù, divinizzato come figlio di Dio, era stato partorito da una donna, bisognava assegnare a questa sua madre terrena delle caratteristiche, se non divine, almeno semi-divine. Il primo passo fu di considerare il concepimento di Cristo opera di Dio e non di uomo.
Ecco allora l’inserimento, nei Vangeli di Luca e di Matteo, verso il IV secolo, dell’annunciazione, ignorata dagli altri due evangelisti e ritenuta dubbia da Girolamo, autore della Vulgata. A compimento di questo primo passo, nel 431 d.C., con il concilio di Efeso (convocato dall’imperatore Teodosio I), alla Madonna venne attribuita ufficialmente la qualifica di Deipara, e cioè di madre di Cristo inteso come Dio e come uomo, superando le molte perplessità di quanti ritenevano improponibile, per non dire blasfemo, che un essere umano potesse essere la madre di un Dio.
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venerdì 7 agosto 2015

76- “L'invenzione del cristianesimo” - Parte quinta. I sacramenti. 4

Il sacramento della confessione, o penitenza, è invece di esclusiva invenzione della Chiesa ed è nato con lo scopo di consentire al fedele di ottenere da Dio la remissione dei peccati e quindi la salvezza nell’aldilà. Nel cristianesimo primitivo la remissione delle colpe avveniva solo con una penitenza unica e irripetibile: il battesimo. Solo questo sacramento lavava ogni macchia e dava la purificazione che consentiva l’accesso al paradiso. Tutte le colpe successive rimanevano indelebili e non c’era modo di toglierle. Ecco perché molti dei primi cristiani rimandavano il battesimo per molto tempo, spesso fino agli ultimi istanti della vita, come abbiamo visto in Costantino. Con una sola penitenza durante l’intera vita, nessun cristiano si sarebbe potuto salvare e la Chiesa avrebbe dovuto chiudere bottega. Così nel II secolo, il papa Callisto concesse la possibilità di una seconda penitenza, ma per una volta soltanto, soprattutto per i peccati di lussuria, omicidio e apostasia, allora i più frequenti.
L’apostasia era considerata il peccato più grave perché riportava il penitente alla stregua di un pagano e lo escludeva dalla Chiesa Durante le persecuzioni erano numerose le abiure, non solo dei semplici fedeli ma anche dei vescovi, tanto che sotto Diocleziano abiurò anche papa Marcellino. Per ricondurre nella Chiesa tutti questi peccatori i papi successivi estesero la penitenza per tre volte, ma siccome anche queste erano insufficienti, concessero ai sacerdoti di rimettere i peccati ogni qual volta venivano confessati. Era nata la confessione.
Non senza aspre polemiche, però, perché fu vista da molti come un incoraggiamento al peccato. Ma la Chiesa era salva e per di più con la confessione prendeva due piccioni con una fava: controllava capillarmente i suoi fedeli e li ricattava con la minaccia dell’inferno se negava loro l’assoluzione. Nel IV Concilio Laterano del 1215, la confessione divenne obbligatoria per i cattolici, almeno una volta all’anno. Lo stato di penitente era all’inizio molto gravoso. Doveva confessare il suo peccato pubblicamente e sottoporsi a dure penitenze che implicavano: severi digiuni, rigorose astinenze e lunghe pratiche di pietà. Nell’VIII secolo, fu introdotta la “Penitenza tariffata” in basa alla quale per ogni peccato da espiare occorreva pagare un “prezzo” o “tariffa” penitenziale.
Gli abusi che ne seguirono furono enormi, per cui dovette essere abolita. Nel XII secolo la situazione peggiorò perché fu introdotto l’uso della “Compositio”, cioè il riscatto della penitenza con il versamento di una somma in denaro. Questa istituzione si trasformò ben presto per la Chiesa in un affare colossale perché consentì ai ricchi, elargendo terre e somme di denaro, di cancellare in tal modo i loro peccati, e alla Chiesa di arricchirsi e aumentare il suo potere. La penitenza diventò un autentico mercato. Nel 1477 le indulgenze a pagamento furono estese persino ai defunti. Così, la Chiesa poté lucrare anche sui morti.
Che giudizio possiamo dare della confessione? Molti secoli prima di Freud la Chiesa ha scoperto una specie di psicanalisi spiccia ma efficace. Confidi al prete le tue colpe, lui le ascolta, poi le assolve invocando il perdono divino e voilà, tu ridiventi puro come un angelo. Se poi hai una ricaduta, non c'è problema. La carne, si sa, è debole ma la confessione si può iterare all'infinito. Secondo Porfirio, antico filosofo anticristiano, chiunque con questa filosofia viene incitato a commettere ogni sorta di nefandezze, sapendo che otterrà attraverso la confessione il perdono dei suoi crimini. Per lui, quindi, il cristianesimo si configurava, come una religione che spinge all'empietà.
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giovedì 6 agosto 2015

Il Concilio Vaticano II ha riconosciuto, solo a parole, la libertà di religione. 224

Nel battesimo somministrato nella prima infanzia, la volontà del neonato non può mai venir surrogata da quella dei genitori o del padrino, dato che la legge impedisce ai genitori l'iscrizione dei propri figli a un sindacato, a un partito, o ad una qualsiasi altra associazione. Iscrizione, si badi bene, che è pur sempre revocabile, mentre l'adesione al cattolicesimo si propone come irrevocabile e indelebile.

Il bello è che la Chiesa, con il Concilio Vaticano II, ha riconosciuto il diritto alla libertà di religione. Ma solo a parole. Infatti se fosse veramente rispettosa di questa libertà dovrebbe battezzare soltanto chi ha raggiunto la maggiore età e per tutti coloro che sono stati battezzati ancora in fasce, e quindi incapaci di intendere e di volere, di confermare l'accettazione di questo sacramento con la cresima o confermazione, dopo compiuti i 18 anni. In caso di rifiuto, considerare il battesimo nullo. Invece la cresima viene fatta in tenera età per impedire, ipocritamente, ai battezzati di poter disconoscere il battesimo ricevuto a loro insaputa e che la Chiesa considera un marchio indelebile che in nessun caso il cristiano può togliersi.

Il catechismo della Chiesa cattolica (n. 1267 e 1269) recita, infatti, che il battesimo «incorpora alla Chiesa» e «il battezzato non appartiene più a se stesso perciò è chiamato a essere “obbediente” e “sottomesso” ai capi della Chiesa». Qualora non lo sia, le autorità ecclesiastiche sono giuridicamente autorizzate a “richiamare” pubblicamente il battezzato.

Nel 1958 il vescovo di Prato definì “pubblici peccatori e concubini” una coppia di battezzati, sposatasi civilmente. La coppia intentò causa al vescovo per diffamazione e la perse perché, essendo essi formalmente cattolici, anche se battezzati a loro insaputa, continuavano ad essere sottoposti alla sua autorità.

Ogni prelato può, quindi, permettersi esternazioni denigratorie od ostili nei confronti dei battezzati che non si mostrano ligi alla Chiesa, come: infliggere la scomunica, rifiutare i sacramenti, il funerale religioso (vedi il caso Welby) e così via. L'accusa di concubinaggio non è più pubblicamente denunciata dalla Chiesa solo perché i matrimoni civili e le coppie di fatto sono divenute ormai un costume sempre più diffuso e incontrollabile.


Concilio Vaticano II


martedì 4 agosto 2015

75- “L'invenzione del cristianesimo” - Parte quinta. I sacramenti. 3

Prendiamo ora in considerazione l'eucaristia, indubbiamente uno dei fondamentali sacramenti della Chiesa Cattolica. La sua origine, come abbiamo già accennato in precedenza, non è biblica, non è evangelica e neppure apostolica, ma assolutamente pagana. È stata inserita da Paolo nel suo cristianesimo personale, copiandola dai riti misterici eleusini.
I culti misterici risalgono ai primordi dell'umanità, quando era diffuso il cannibalismo rituale, mediante il quale si credeva che mangiando la carne di un animale identificato con un Dio, e bevendone il sangue, si incorporava la sua immortalità che avrebbe permesso di vivere una seconda vita eterna, in seguito alla resurrezione dalla morte. Il rituale più antico e più sacro, in onore del cannibalismo, fu la sacra eucaristia di Osiride risalente a ben due millenni e mezzo prima del cristianesimo.
Questa forma di teofagia, ancora oggi praticata da alcune tribù primitive dell'Africa e della Nuova Zelanda, subì una graduale trasformazione nel corso dei secoli, in quanto il sangue, non a tutti gradito, fu sostituito dal vino rosso.
Il primo utilizzo del vino in sostituzione del sangue fu fatto in Egitto 1500 anni prima di Cristo dai sacerdoti della dea Iside, come possiamo ricavare da graffiti dell'epoca.
Successivamente il rito eucaristico si trasferì nel culto di Attis e Cibele e, infine, in quello di Dionisio, i cui sacerdoti introdussero per primi il pane in questo sacramento, come sostanza trasformabile nel corpo del Dio. Progressivamente, le consacrazioni furono eseguite da tutte le religioni su questi due elementi: il pane e il vino, più o meno con le stesse formule e con preghiere e cerimonie sempre più simili a quelle usate oggi dal cristianesimo.
Ma qualcuno potrebbe obiettare che nei Vangeli Sinottici (non però in quello di Giovanni) l’eucaristia venne istituita da Gesù durante l’ultima cena. È un’autentica falsificazione, dimostrata dal fatto che questi tre Vangeli sono molto posteriori alla prima Lettera ai Corinzi nella quale Paolo dichiara di aver ricevuto l'istituzione dell’eucaristia direttamente dal Signore, durante una sua visione celeste (una delle tante allucinazioni di tipo epilettico cui andava soggetto).
“Io, infatti, ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me». Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me» (1 Corinzi 11, 23-29).
Parole identiche a quelle che troviamo nei Sinottici, scritti molto tempo dopo, copiando Paolo. Dagli Atti noi sappiamo che gli Apostoli non conoscevano una comunione eucaristica ma si limitavano, dopo le loro preghiere nel Tempio, a consumare un misero pasto, con «gaiezza», senza sacerdoti e senza alcun apparato cultuale e nemmeno sacramentale (Atti, 2, 46; 6, 1 sg.). Negli Atti non si parla affatto di vino e di calici, ma solo di pane (Atti, 2,42-46) consumato con acqua. Infatti a dirigere la comunità della primitiva Chiesa di Gerusalemme era Giacomo, fratello di Gesù, che avendo fatto voto di nazireato non poteva bere vino, né usare forbici e rasoi. Tutta la teologia critica non trova alcun collegamento fra il pasto della comunità cristiana primitiva e il successivo atto cultuale dell’eucaristia, introdotto da Paolo, per cui il sacramento cristiano dell’eucaristia è una totale sua invenzione.
La mistica transustanziazione (il cambiamento cioè del pane e del vino nel corpo e nel sangue del Signore), divenuta dogma nel 1215, in occasione del IV Concilio Laterano, per quanto puramente simbolica, non solo era del tutto estranea alle concezione ebraiche del tempo, ma addirittura ritenuta empia e blasfema. Prova lapalissiana che derivava dai riti misterici praticati dai gentili.


I due più antichi riti cultuali cristiani, il battesimo e la comunione, non derivano, quindi, da Cristo o dagli apostoli, ma furono creati da Paolo e dalle comunità ellenistiche in strettissima relazione coi sacramenti corrispondenti delle religioni misteriche dell’Ellenismo. Anche nel caso dell'eucaristia siamo nell'orbita della stregoneria: un po' di farina impastata con acqua, la pronuncia di una formuletta magica da parte di un sacerdote-stregone, ed ecco che il tutto si trasforma nella carne e nel sangue di un Dio. Potenza della magia!

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Informazioni personali

Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)