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venerdì 27 novembre 2015

104 - “L'invenzione del cristianesimo” - Le fonti del Nuovo Testamento. Il vero Vangelo distrutto dalla Chiesa

Prima di esaminare i Vangeli, sia pur brevemente, dobbiamo fare un'amara constatazione. Tra essi manca il Vangelo più importante, quello che, oltre ad essere stato il primo ad apparire, è stato anche la matrice degli altri. È conosciuto come il "Vangelo degli Ebrei" e fu definito da San Paolo il "Vangelo maledetto", perché sconfessava il Gesù teologico da lui inventato e sosteneva soltanto quello messianico, crocifisso da Pilato.
Questo Vangelo fu fatto sparire dai Padri della Chiesa perché considerato contrario alla loro ortodossia. Scritto in ebraico e utilizzato dai primi giudeo-cristiani di Gerusalemme, il Vangelo degli Ebrei risaliva, nel suo nucleo originario, a pochi decenni dopo la morte di Cristo, ed era molto diverso dai nostri Vangeli canonici in quanto ignorava tutte quelle aggiunte inverificabili, di natura teologica e catechistica, che vanno dalla nascita verginale all'istituzione dell'eucaristia.
Pur contenendo forti richiami all'ascetismo esseno, escludeva tutti quei molteplici inviti all'amore per i nemici (che allora erano soltanto i romani oppressori) e alla non violenza che avrebbero suscitato scandalo e indignazione in tutto Israele, se fossero stati predicati nella Palestina del tempo, e scatenata la vendetta inesorabile degli zeloti. In esso Gesù era considerato il Messia davidico di natura umana e non divina, venuto a liberare Israele dal giogo romano; un ebreo ligio all'osservanza della Legge e non il fondatore di una nuova religione. In altre parole, Gesù non era stato demessianizzato e degiudeizzato come nei Vangeli posteriori. Veniva attribuito all'apostolo Matteo ed era chiamato sia il Vangelo secondo gli Ebrei, sia il Vangelo secondo Matteo.
Secondo molti studiosi, questo Vangelo è stato il prototipo da cui sono derivati tutti gli altri ed è chiamato anche la Fonte Q.
Di esso, ci sono pervenuti soltanto brevi accenni che i Padri della Chiesa nei secoli II, III, e IV hanno riportato nelle loro opere al solo scopo di confutare i nazirei e gli ebioniti (nomi coi quali si designavano i cristiano-giudei della Chiesa di Gerusalemme) che lo considerarono come l'unico vero Vangelo.
Esaminiamo con attenzione quanto ci tramandano questi Padri della Chiesa:
"...(gli Ebioniti) seguono unicamente il Vangelo che è secondo Matteo e rifiutano l'apostolo Paolo, chiamandolo apostata della legge..." (Ireneo, Contro gli eretici, I, 26, Jaca Book, Milano, 1981) ;
"...(I Nazirei) accettano unicamente il Vangelo secondo gli Ebrei e chiamano apostata l'apostolo (Paolo)..." Teodoreto, Storia Ecclesiastica, II, 1, Città Nuova, Milano, 2000);
"...costoro (gli Ebioniti) pensavano che fossero da rifiutare tutte le lettere dell'apostolo (Paolo), chiamandolo apostata della legge, e servendosi del solo Vangelo detto secondo gli Ebrei, tenevano in poco conto tutti gli altri..." (Eusebio di Cesarea, Storia Ecclesiastica, III, 27, op. cit.);
"...Gli Ebioniti, pertanto, seguendo unicamente il Vangelo che è secondo Matteo, si affidano solo ad esso e non hanno una conoscenza esatta del Signore..." (Ireneo, Contro gli eretici , III, 11, op.cit.) ;
"...nel Vangelo che essi (gli Ebioniti) usano, detto "secondo Matteo", ma non interamente completo, bensì alterato e mutilato, e che chiamano "ebraico"... hanno tolto la genealogia di Matteo..." Epifanio, Panarion, adversus omnes haereses, XXX, 13, 6, E. J. Brill, Leiden, 1987-1994);
"...(I Nazirei) posseggono il Vangelo secondo Matteo, assolutamente integrale, in ebraico, poiché esso è ancora evidentemente conservato da loro come fu originariamente composto, in scrittura ebraica.." (Epifanio, Panarion, adversus omnes haereses, XXIX, op. cit.);
Da questi frammenti trasmessici dai Padri della Chiesa noi possiamo trarre alcune considerazioni importanti.
Anzitutto, accusando il Vangelo degli Ebrei di essere "non interamente completo, bensì alterato e mutilato", ci fanno capire che le mutilazioni riguardavano le mancate aggiunte teologiche inserite nei Sinottici, quali ad esempio: il processo ebraico, la nascita verginale, l'istituzione della eucaristia, la degiudeizzazione e spoliticizzazione di Gesù e così via.
A conferma di ciò l'asserzione di Epifanio, riportata sopra, che il Vangelo usato dai Nazirei era "assolutamente integrale, in ebraico[…] conservato da loro come fu originariamente composto", cioè senza le manomissioni e le aggiunte fatte dai seguaci di Paolo nei Vangeli canonici.
C'è poi un altro punto importante citato da Ireneo, che recita: " (i nazirei) non hanno una conoscenza esatta del Signore". Perché? Perché i cristiano-giudei non credevano che Gesù fosse Figlio di Dio, avesse cioè una natura divina come voleva la teologia paolina, ma lo consideravano soltanto un Messia di natura umana, cioè l'Unto di Jahvé destinato a ricostituire l'antico regno di David. Con l'eliminazione della versione originale del Vangelo degli Ebrei da parte della Chiesa abbiamo perduto il documento chiave che poteva far luce sulla reale personalità di Gesù e sugli avvenimenti storici che lo riguardavano.
I Vangeli canonici sono opere mitologiche e devozionali, quindi. Non ci raccontano la verità storica di Gesù (anche se ne lasciano intravedere qua e là dei frammenti, dai quali noi possiamo ricavare molti indizi, come ad esempio, che gli apostoli erano sicuramente zeloti), ma teologia dedotta dagli scritti di Paolo.
A.N. Wilson nel suo libro "Paolo" (Rizzoli, Milano, 1997) li definisce "romanzi teologici". Definizione che ritengo perfetta. Essi furono redatti fuori e lontano da Israele, in centri di cultura “ellenistica"; si svilupparono, quindi, dal cristianesimo non ebreo derivato da Paolo e dai suoi seguaci gentili. Sono stati scritti dopo le Lettere di Paolo e paiono una loro derivazione.
Le Lettere di Paolo, infatti, che per prime nominano la parola "Vangelo", vedono Cristo come il mitico Redentore immolatosi sulla Croce per la salvezza dell'umanità.
I Vangeli trasmettono questo messaggio fondamentale e potrebbero essere visti come storie finalizzate al racconto della resurrezione di Gesù, intesa come il punto culminante della Redenzione. L'essenza dei Vangeli che ce li rende così spiritualmente pregnanti, come la loro insistenza sulla pace, l'amore per il prossimo, il perdono dei nemici e la fratellanza universale, sono una creazione completamente paolina. Se Paolo non fosse esistito non solo non avremmo avuto i Vangeli ma nemmeno il cristianesimo.
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giovedì 26 novembre 2015

Giacomo il Giusto (Parte seconda) 238

Dalla descrizione di Egesippo e da quanto deduciamo dagli Atti, Giacomo fu un strenuo assertore della Legge ebraica e per tutta la vita rimase votato al nazireato. A Gerusalemme godeva di un prestigio altissimo presso il popolo e presso molti dei farisei, come Gamaliele, sia per la sua pietà, sia per la sua altissima ortodossia alla Legge ebraica, ma era inviso all'alto clero e al sommo sacerdote Anano che nel 62 ne ordinò la lapidazione. Perché la Chiesa ha sempre offuscato, per non dire del tutto ignorato, un personaggio così fondamentale per essa in quanto potrebbe essere considerato una prova molto attendibile dell'esistenza di Gesù, suo stretto consanguineo ?


Perché la sua esistenza mette in seria crisi molti fondamenti del cristianesimo. Cominciamo dalla sua fratellanza con Gesù, riconosciuta, oltre che dai Vangeli, anche dalle Lettere di Paolo e dagli Atti, e ormai ammessa perfino da molti studiosi cattolici. Essa, per la Chiesa, ha il torto di rinnegare, in modo esplicito, la verginità di Maria e il concepimento teogamico di Gesù, dogmi fondamentali del cristianesimo. Consideriamo poi che Giacomo fu per circa trentanni il capo indiscusso della Chiesa di Gerusalemme. Questo fatto porta a rinnegare senza mezzi termini sia il primato di Pietro come primo papa, sia il primato di Roma come sede della cristianità. Cose abnormi per la Chiesa Cattolica!


Teniamo poi presente che Giacomo rimase sempre scrupolosamente fedele alla religione ebraica per cui, assieme agli apostoli, mai riconobbe la divinità di Gesù, mai accettò lo scisma dall'ebraismo voluta da Paolo per far nascere la sua nuova religione, e neppure l'abolizione della circoncisione per far posto al battesimo. Tutto ciò non equivale a rinnegare in blocco l'intero cristianesimo? Infine, sembra accertato che la Chiesa di Gerusalemme, sotto Giacomo, mantenne sempre un forte legame con le correnti esseno-zelote più oltranziste e fu probabilmente concausa delle vicende che portarono allo scoppio della prima Guerra Giudaica. La qualcosa conferma in modo irrefutabile sia che Gesù fu crocifisso per ribellione armata contro Roma, sia che il cristianesimo fu a lungo perseguitato non per motivi religiosi ma per la sua connivenza con gli zeloti oltranzisti.


È lapalissiano, quindi, che un personaggio del calibro di Giacomo il Giusto sia per la Chiesa una spina nel fianco, uno scheletro nell'armadio da mantenere celato il più possibile per non dover aprire dibattiti estremamente imbarazzanti che metterebbero in seria crisi la sua intera dottrina e la sua stessa esistenza.



Giacomo il Giusto


martedì 24 novembre 2015

103 - “L'invenzione del cristianesimo” - Le fonti del Nuovo Testamento. Premessa

A conclusione della trattazione della triplice metamorfosi della figura di Gesù nei primi secoli della nostra èra e della nascita e mondanizzazione della Chiesa, vengono qui esaminati i documenti canonici e storici che sono a fondamento del cristianesimo e ai quali si è fatto di continuo riferimento nel corso del libro.
Le fonti sulle quali si basa il cristianesimo comprendono: i documenti canonici, i libri apocrifi, i documenti di storici ebrei e latini, gli scritti apologetici e teologici degli antichi Padri della Chiesa e i Manoscritti del Mar Morto.
I 27 testi neotestamentari riconosciuti dalla Chiesa come canonici, come abbiamo già accennato all'inizio del testo, sono trascrizioni di trascrizioni di trascrizioni. Sono tutti scritti in greco e i più antichi codici a noi pervenuti, il Sinaiticus e il Vaticanus, risalgono al IV secolo.
Il secondo, custodito nella Biblioteca Vaticana, è incompleto e ha subito tre rappezzamenti. Il primo, quello Sinaiticus, così chiamato perché scoperto nel Monastero Caterino del Sinai, si trova dal 1933 nel British Museum di Londra e contiene per intero il Nuovo Testamento e persino due Apocrifi.
Nel 383 papa Damaso incaricò il dottore della Chiesa, Girolamo, di tradurre in latino l'intera Bibbia (l'Antico e il Nuovo Testamento), perché il greco era poco conosciuto in Occidente. Nei Concili di Firenze (1442), di Trento (1546) e del Vaticano I (1870) la Chiesa Cattolica proclamò come dogma di fede la dottrina dell’ispirazione divina della Bibbia, escludendo in essa qualsiasi errore. Quindi, ogni rilievo storico-critico sui ventisette testi neotestamentari e sulla Bibbia ebraica, è per la Chiesa improponibile, malgrado le innumerevoli contraddizioni, incongruenze e assurdità che essi contengono. I ventisette documenti canonici che la Chiesa riconosce come ispirati da Dio e a fondamento di tutta la sua dottrina, sono: i quattro Vangeli, attribuiti rispettivamente a Marco, Matteo, Luca e Giovanni; gli Atti degli Apostoli, attribuiti a Luca; l'Apocalisse, attribuita a Giovanni; le tredici Lettere di Paolo di Tarso; la Lettera di Giacomo, il Minore; le due Lettere di Pietro; la Lettera di Giuda; le tre Lettere di Giovanni e la Lettera agli Ebrei di incerta attribuzione.
Tutti questi documenti sono scritti in greco e furono elencati per la prima volta da Atanasio di Alessandria nel 367, ma formalizzati come canonici solo col “Decretum Gelasianum de libris recipiendis et non recipiendis” di Papa Nicola I nell'865.
La cernita avvenne dopo ripetuti ripensamenti, se consideriamo che l'Apocalisse rimase a lungo in discussione con alterne vicende. Per quanto riguarda i Vangeli, la Chiesa, dopo aver scelto come canonici i quattro che più le convenivano, dichiarò tutti gli altri “apocrifi”. Al di fuori dei testi canonici ci sono, quindi, altri racconti evangelici non riconosciuti dalla Chiesa, riferiti ad apostoli o a teologie diverse, come il Vangelo degli Egiziani, il Vangelo di Pietro, il Vangelo di Tommaso, il Vangelo di Filippo e il Vangelo di Maria di Magdala, il Vangelo di Giuda Iscariota, per citare i più importanti. Di essi possediamo dei frammenti più o meno lunghi.
Un discorso a parte meritano i Manoscritti del Mar Morto, scoperti nel 1947 e solo nel dicembre 2001 pubblicati integralmente. Sono di un'importanza fondamentale e gettano una nuova luce sui rapporti di Gesù con la setta degli esseni e sullo sviluppo dei cristiano-giudei, che costituirono la primitiva Chiesa di Gerusalemme. I pochi documenti storici di scrittori ebraici e latini, che accennano al cristianesimo (ma che mai nominano Gesù), comprendono: Le Antichità Giudaiche (o Storia dei Giudei) e La Guerra Giudaica di Giuseppe Flavio, ebreo, scritti in greco; gli Annali di Tacito, la Lettera di Plinio il Giovane e Le Vite dei Cesari di Svetonio, scritti in latino.
I Vangeli canonici
Sono ritenuti unanimemente il fondamento portante di tutto l'edificio cristiano. Sono quattro e almeno due di essi sono attribuiti agli apostoli che ne danno il nome: Matteo e Giovanni. Gli altri due, quello di Marco e di Luca, sono attribuiti a discepoli di Paolo. Vennero codificati solo nel IV secolo scartando gli altri ottanta e rotti Vangeli (gnostici ed apocrifi) che sino ad allora erano stati considerati validi, ma presentavano contenuti così diversi da non ammettere, in taluni casi, perfino l'esistenza fisica di Gesù, e di ignorare spesso anche la sua morte e resurrezione.
Si cominciò a scriverli alcuni decenni dopo la Crocifissione (dal 70 in poi) e la ragione della loro tarda stesura va spiegata nel fatto che agli apostoli e alla comunità primitiva dei cristiano-giudei, non passò minimamente per il capo di tramandare per iscritto le vicende di Gesù, in vista delle generazioni future, essendo loro costantemente in attesa del suo imminente ritorno.
Solo quando questo, col passare del tempo, mostrò di non verificarsi, si dovette rimandare nell’aldilà ciò che invano si era o atteso nell'aldiquà e nacque la fede in una storia salvifica prevista da Dio, mediante un'istituzione storica come la Chiesa, che aveva bisogno di fondare la sua dottrina su testi sacri.
Partendo dalla testimonianza di alcuni seguaci di Gesù, trasmessa in forma orale, sono nati, in ambienti ellenistici, i testi scritti in greco dai seguaci di Paolo di Tarso. Questi testi sono stati sottoposti nei primi secoli a continue e nuove formulazioni teologiche da parte dei Padri della Chiesa e del Concilio di Nicea e, posteriormente, a grossolane manipolazioni nella traduzione dal greco antico al latino e alle lingue moderne, che continuano tuttora, come abbiamo documentato in precedenza. Tutto ciò ha comportato la presenza nei Vangeli di molte contraddizioni e incongruenze, nonché di errori di carattere storico, geografico, politico ed etnografico che non li rendono attendibili. Infatti sulla loro scarsa attendibilità, Agostino, principe della patristica, non aveva dubbi al punto che dichiarava che la loro validità poggiava solo sull'autorità della Chiesa. Dimenticava però che la Chiesa, a sua volta, si fonda sulla tradizione evangelica. Insomma: il classico cane che si morde la coda!
Le manipolazioni dei Vangeli iniziarono fin dal tempo del vescovo Ireneo di Lione. Ce lo conferma Origene che parla di colleghi che egli chiama "correttori". La pratica fu poi seguita da Eusebio, Crisostomo, Agostino, Girolamo e tanti altri "padri", e fu recentemente confermata da papa Wojtyla con l'ammissione che certi passi dei Vangeli rivelano "una mano estremamente tarda"!
La Chiesa, avendo decretato che le Scritture debbono considerarsi ispirate da Dio, ha escluso ogni possibilità che possano essere soggette a verifiche critiche. Pietrificate nel passato, nel presente e nel futuro. Imbalsamate per l'eternità. Così ha sempre ostacolato un'indagine storico-critica sul cristianesimo. D'altra parte, essendo consapevole della quantità enorme di contraddizioni e di incongruenze presenti nei suoi testi sacri, è stata costretta a esigere una fede acritica in essi e a impedire ai suoi fedeli di avvicinarli in proprio.
Infatti, fin dai primi secoli della sua istituzione, ha severamente vietato ai fedeli lo studio, e perfino la sola lettura, dei libri canonici, e questo divieto lo ha codificato nel Sinodo di Tolosa del 1229 che dispose: «I laici non possono possedere i libri del Vecchio e del Nuovo Testamento; possono avere solo il Salterio e il breviario o anche i calendari mariani, e nemmeno questi libri, per altro, devono essere tradotti nella lingua nazionale» (Can, 1-14). Solo di recente la moderna teologia storico-critica protestante, non più vincolata ai dogmi, ai giuramenti e agli imprimatur, è giunta a comprendere e a dimostrare che il cristianesimo, nel suo cammino attraverso i primi secoli della nostra èra, ha subito una radicale involuzione e che i Vangeli non sono storicamente attendibili ma sono, al contrario, dei romanzi mitologici.

venerdì 20 novembre 2015

102 - “L'invenzione del cristianesimo” - Parte ottava Considerazioni finali.

Dopo aver esaminato, sia pure a grandi linee, la genesi e l'involuzione del cristianesimo, e aver dimostrato, con dovizia di riferimenti storici che esso, fin dal IV secolo, si è trasformato nell'istituzione più criminale e oppressiva della storia dell'umanità, è indispensabile trarre le giuste conclusioni riconoscendo, con lucida consapevolezza, che questa iniqua religione continua ancor oggi ad imporci il più medioevale oscurantismo in ogni campo della vita civile e sociale; cioè: nella morale, nella cultura, nella politica e nella scienza.
Infatti, millantando i suoi valori non negoziabili, dedotti non dalla più genuina essenza umana ma dal sanguinario e dispotico dio biblico Jahvè, la Chiesa, che si considera l'erede più legittima del cristianesimo, continua ad imporci, con l'appoggio dei politici più arretrati e reazionari di molti Stati, come l'Italia, mille assurdi divieti che altro non sono che violazioni di ogni diritto umano e civile e di ogni libertà personale.
Fossilizzata sul demenziale ascetismo di Paolo di Tarso, essa persiste a considerare l'uomo il più infimo, degradato e spregevole essere del pianeta, tutto peccato e malvagità, condannato a battersi il petto in un perenne mea culpa, incapace quindi di esercitare una qualsiasi forma di libertà. Per cui la libertà, il diritto più assoluto e sacrosanto dell'uomo che gli consente di decidere autonomamente dei suoi pensieri, del suo comportamento, del suo corpo, del suo destino, è per la Chiesa il più satanico dei peccati.
Quindi tutto quanto fa l'uomo dal momento della nascita fino alla morte va costantemente sottoposto alla sua etica coercitiva sennò si traduce in peccato e spesso, con l'aiuto di politici conniventi, in reato. Ma l'etica cristiana, non derivando dall'uomo ma dai precetti del crudele totem tribale Jahvè, è un'etica disumana e oppressiva. nella quale è prevalente il dovere verso il suo dio geloso e crudele che non verso l'uomo e la natura, e ciò conduce spesso a conseguenze estreme.
La storia ci insegna che per la Chiesa Cattolica è stato considerato per molti secoli etico praticare la schiavitù e l'antisemitismo, distruggere i templi pagani e le sinagoghe, mandare al rogo gli eretici, bandire crociate contro gli infedeli, costringere intere popolazioni alla conversione coatta, imprigionare e condannare a morte i liberi pensatori, contrastare con feroce oscurantismo i progressi della scienza e compiere infinite altre atrocità, sempre nel nome del suo dio buono e misericordioso.
L'etica cattolica ha sempre consentito le infamie più atroci ed è stata sempre dominata da un dettame mercantile e materialistico, riassunto nel motto: devi perseguire il bene (quello dedotto dal suo falso dio) per ricevere un premio, devi rifuggire il male (le offese a questo falso dio) per evitare un castigo. Ci può essere una morale più meschina e squallida di questa? Pensate che per la Chiesa il bene fatto per se stesso, se non produce qualche merito per il paradiso, è del tutto inutile.
E invece, no. L'essere umano non ha bisogno, per regolarsi nella sua vita morale, di alcun dio; la legge morale è una produzione umana e non dipende da alcuna legge divina. La vera etica è quindi quella senza dio. L’etica nasce con l’uomo, cresce e muore con l’uomo, è la sua inseparabile compagna: non vi è etica senza umanità. Essa deriva dalla forza incredibile della razionalità e della libertà dell’uomo in quanto essere unico ed irripetibile, e ha come caratteri principali: la solidarietà e l’empatia, che spingono gli esseri umani a sentirsi partecipi della gioia e della sofferenza dei loro simili; il profondo senso di giustizia, che fa sentire un’offesa fatta ad un altro uomo come un’offesa fatta all’intera umanità; l'esaltazione della libertà, a cui si può imporre un limite solo per salvaguardare i diritti di altri individui o gli interessi comunitari della società; l’assoluta uguaglianza degli uomini di fronte alle leggi; la ragione come faro che illumina il percorso dell’umanità.
Tutto questo descrive un’etica universale, un’etica non dogmatica, un’etica che può far sentire ogni uomo cittadino del mondo e non suddito di un dio o di suoi millantati vicari.
Immanuel Kant, il massimo filosofo tedesco, ci ha insegnato di basare la morale sul dovere per il dovere, anziché sul dovere per precetto divino. Il suo famoso imperativo categorico: «Agisci in modo che tu possa volere che la massima della tua azione divenga legge universale» ci impone di perseguire il bene per se stesso e non come mezzo per raggiungere un fine, e di considerarlo come una legge interiore all'uomo, frutto del suo retaggio evolutivo. Questo è il fondamento della vera morale.
L’uomo laico rifiuta quindi il materialismo etico. Lui dissocia morale e trascendenza e proclama che il bene non ha bisogno di dio, del cielo, di un premio, ma basta a se stesso e obbedisce alla necessità immanente all’uomo di porsi una regola del gioco, un codice di condotta che garantisca la felice convivenza tra gli uomini e ne promuova la fratellanza.
Questa è l'autentica morale che egli persegue, non quella mercantile e utilitarista delle religioni. Per lui, quindi, non vale la puerile minaccia dell'inferno o l'altrettanto puerile lusinga del paradiso. L’azione deve essere buona, retta e giusta, senza obbligazioni o sanzioni trascendenti. Se l’uomo accoglie un’etica religiosa distrugge la libertà di cui è depositario, annienta la razionalità, delega ad altri quella scelta che dovrebbe essere personale ed unica. Non solo non è vero che senza dio non può darsi l’etica, ma anzi è solo mettendo da parte dio che si può veramente avere una vita morale.
E per finire, il cristianesimo ha tolto all'uomo la gioia di vivere e di ricercare la felicità terrena . Anche se l'ascetismo, imposto da Paolo e dai Padri della Chiesa con l'attuale società sempre più secolarizzata, ha perso gran parte della sua iniziale virulenza, esso persiste ancora subdolamente, costringendo molti Stati, come l'Italia, a negare o ridurre i più elementari diritti civili (vedi, ad esempio, l'imposizione della nutrizione e idratazione forzate nel testamento biologico, il divieto assoluto al riconoscimento giuridico delle unioni di fatto sia etero che omo, l'ostruzionismo alla libertà contraccettiva e all'uso delle staminali per la sperimentazione medica, le assurde leggi sulla procreazione assistita), rendendo così grama e infelice la vita di molte persone.
Tutto ciò è un crimine mostruoso contro l'umanità che aspira ad una vita libera serena e felice su questa Terra. Infatti la vita umana ha valore non malgrado la propria finitezza, ma proprio perché essa è finita e casuale e va quindi considerata unica e irripetibile.
Perché la vita terrena è la nostra sola certezza. Qui siamo sicuri di esistere, ne abbiamo in ogni istante la consapevolezza. L'aldilà è soltanto una chimera, imposta agli uomini a caro prezzo come illusione. Solo quando avremo smesso di illuderci di essere immortali, come ci fa credere la religione, senza produrre nessuna prova al riguardo, e avremo accettato la nostra condizione di esseri provvisori su questa Terra, recupereremo la volontà di vivere nel migliore dei modi possibili, in armonia con la nostra umanità più genuina, libera e sovrana, e nella massima disponibilità alla pacifica, serena, ed empatica fratellanza universale.
Solo allora il mondo cesserà di essere una valle di lacrime, come lo vogliono le religioni oscurantiste, finiranno le continue guerre e intolleranze religiose che oggi insanguinano il pianeta, e il genere umano conoscerà finalmente un'era di maggior benessere generale e vedrà la nascita di elevate forme di autentica spiritualità. Questa nuova epoca avrà un unico principio inderogabile e non negoziabile: garantire la massima felicità possibile a tutti gli esseri umani, anche a quelli che vivono nel più sperduto angolo del nostro pianeta, o che la natura, alle volte matrigna, ha impietosamente discriminato. E la religione verrà soppiantata dalla “pietas” riportata al significato che le era proprio nella cultura classica, cioè come virtù civile e come espressione della più profonda umanità.



giovedì 19 novembre 2015

Giacomo il Giusto (Pare prima) 237

È il personaggio più enigmatico del Nuovo Testamento. Dalla Chiesa è sempre stato considerato scomodo e imbarazzante al punto da definirlo, con una certa ipocrisia, Giacomo il Minore e da relegarlo nella più completa oscurità. Fratello di Gesù, dopo la crocifissione divenne il capo indiscusso della Chiesa giudeo-cristiana di Gerusalemme dal 36 e il 62 d.C. e, quindi, di fatto il primo papa.


Nel Vangelo di Tommaso, apocrifo, vi è un loghion dal quale risulta che Gesù, prima di morire, affidò la sua Chiesa non a Cefa/Pietro ma a Giacomo, il Giusto. I discepoli dissero a Gesù: "Sappiamo che ti allontanerai da noi. Dopo di te chi ci farà da guida?" Gesù rispose loro: «Giunti a quel punto andrete da Giacomo, il Giusto, a cui spettano le cose che riguardano il cielo e la terra». E così è accaduto.


Ma, stranamente, questo primo vero capo della Chiesa cristiana, nonché primo papa, ci è stato trasmesso in forma molto ambigua ed enigmatica. Nei Vangeli, infatti, è menzionato solo come “fratello” di Gesù; nella seconda parte degli Atti degli Apostoli lo troviamo capo indiscusso della comunità cristiana di Gerusalemme e fiero avversario di Paolo; nei 27 documenti del Nuovo Testamento c'è una Lettera che porta il suo nome, dalla quale, però, non desumiamo nulla della sua vita.


La Patristica, invece, ci informa un po' meglio. Il Padre della Chiesa Egesippo, parafrasando Eusebio di Cesarea, scrive di lui nel IV secolo: "[Giacomo il Giusto]...fu santo fin dal grembo materno; non toccò vino né altre bevande alcoliche e neppure carni di animali; il rasoio non passò sulla sua testa e non si spalmò mai olio, ne fece mai uso di bagni. A lui solo era permesso entrare nel Santuario [il Sancta Sanctorum]: infatti non portava vestiti di lana ma di tessuto di lino [l'abito sacerdotale]. Entrava solo nel Tempio e lo si trovava ogni volta in ginocchio a implorare perdono per il popolo, al punto che le ginocchia gli si erano fatte dure come quelle di un cammello [...]. Per la sua straordinaria equità fu chiamato il Giusto ".


Giacomo il Giusto


martedì 17 novembre 2015

101 - “L'invenzione del cristianesimo” - Parte ottava . La pedofilia (Parte terza)

Le sbandierate "linee guida" del 2003, messe online sul sito ufficiale della Santa Sede, secondo cui "si deve sempre seguire la legge civile per quanto riguarda la denuncia dei crimini alle appropriate autorità", attribuibili all’allora cardinal Ratzinger, si definiscono come ipocrite menzogne dal momento che non hanno dato adito ad una sola denuncia.
Se quel documento fosse stato davvero operativo, significherebbe che per sette anni tutti i vescovi del mondo hanno disobbedito al Papa e al suo Prefetto della Congregazione per la difesa della Fede. In realtà hanno soltanto obbedito al “segreto pontificio” che li obbligava ad insabbiare tutte le prove. Ecco il fatto che lo dimostra.
Un prete pedofilo, tale René Bissey che tra il 1989 e il 1996 aveva compiuto ripetuti abusi sessuali su minori, venne condannato dal tribunale francese di Bayeux a18 anni di carcere, in concomitanza del suo vescovo, mons. Pierre Pican, condannato a tre mesi, con la condizionale, per aver rifiutato di denunciare alla magistratura il sacerdote della sua diocesi, nonostante fosse a conoscenza da molti anni della sua condotta immorale e non fosse mai intervenuto a fermarla.
In seguito a questa sentenza, il cardinale Castrillon Hoyos prese carta e penna e al vescovo reticente Pican scrisse: "Lei ha agito bene, mi rallegro di avere un confratello nell’episcopato che, agli occhi della storia e di tutti gli altri vescovi del mondo, ha preferito la prigione piuttosto che denunciare un prete della sua diocesi".
Quindi mostrò la lettera a papa Giovanni Paolo II che, in persona, non solo la approvò, elogiando il vescovo Pican per essere stato un modello di padre che non consegna i suoi figli alla giustizia, ma invitò il cardinale ad inviarla a tutti i vescovi del mondo e a metterla su Internet.
Ecco spiegato come la Chiesa non ha mai denunciato al "braccio secolare", cioè alla giustizia, i suoi pastori colpevoli, ma li ha sempre perdonati, nascosti, protetti, in taluni casi perfino imboscati in Vaticano, frapponendo tutti gli ostacoli possibili per impedire che venissero arrestati e condannati.
Perché si è comportata in modo così ignominioso? Sono molteplici le motivazioni al riguardo. Anzitutto, con l'istituzione dell'”ordine sacro” (il sesto sacramento) si è creata, secondo la Chiesa, una differenza tra ministri consacrati e fedeli non solo funzionale ma ontologica.
Traducendo: il clero sacerdotale con l'unzione diventa, per investitura divina, quasi un’altra specie, una casta super umana e perciò senza obblighi verso i comuni mortali, soprattutto se teneri adolescenti. Partendo da questo presupposto, la Chiesa, pur facendo parte della società civile, non si considera sottoposta alla legge dello Stato, alla magistratura, e al Codice civile e penale ma soltanto alla legge di Dio, alla gerarchia, e al Codice di Diritto Canonico. Quindi considera come giudice supremo («iudex supremus), in tutto l’orbe cattolico, soltanto il papa, e i suoi ministri non possono essere giudicati da nessuno altro («a nemini iudicatur ) se non da lui (nn. 1404, 1442 del Codice Canonico). Quando il diritto canonico configge col diritto civile, prevale il diritto canonico.
Per i delicta graviora esso prevede che l'ecclesiastico colpevole di pedofilia, subisca l’ammonizione, il trasferimento, l’isolamento, la penitenza e, al massimo, la sospensione a divinis.
Mai, però, la denuncia alla magistratura civile. Il prete pedofilo è soltanto un peccatore che ha offeso dio, non un criminale che ha commesso un reato contro una persona indifesa. Con un atto di dolore e biascicando qualche giaculatoria ottiene il perdono divino e mette la sua coscienza in pace, senza nessun obbligo nei riguardi delle sue vittime.
E qui entriamo in un altro punto critico. La Chiesa non ha mai sottoscritto le dichiarazioni dei diritti umani, politici, sociali e civili (ONU 1948 e UE 2000), né le Convenzioni internazionali sulla parità uomo-donna, sulla protezione dell’infanzia ecc. (chi vuole approfondire il punto, può leggere il libro del teologo spagnolo José Maria Castillo, La Chiesa e i diritti umani, 2009). Nel Codice di Diritto canonico (1983) e nel Catechismo (2003) manca persino l’espressione «diritti umani o civili».
Ecco dunque perché la Chiesa teocratica non riconosce alcun potere civile al di sopra di essa e ignora da sempre tutti i diritti civili e umani proclamati dalla democrazia.


venerdì 13 novembre 2015

100 - “L'invenzione del cristianesimo” - Parte ottava . La pedofilia (Parte seconda)

Il celebre teologo svizzero Hans Küng, professore emerito di teologia ecumenica all'Università di Tubinga, ha elevato un'aspra condanna al Vaticano e al suo modo di gestire lo scandalo della pedofilia, e ha lanciato all'ex papa Ratzinger, suo collega un tempo di università, critiche durissime.
"Nessun'altra persona nella Chiesa ha visto passare sulla sua scrivania tanti casi di abusi", ha spiegato il teologo, citando i 24 anni in cui il futuro papa Benedetto XVI ha guidato la Congregazione per la dottrina della fede (l'ex Sant'Uffizio), durante i quali ha trattato tutti i casi di abusi sessuali in seno alla Chiesa del mondo intero "nel più assoluto segreto" e senza prendere provvedimenti drastici e risolutivi, unicamente preoccupato di soffocarli.
E continua implacabile: “Cinque anni di pontificato senza mai modificare queste pratiche funeste. La decenza esigerebbe che il principale responsabile della dissimulazione da decenni (di queste vicende), vale a dire Joseph Ratzinger, facesse un "mea culpa", ammettesse di aver fallito come servitore di una religione che mette al primo posto la difesa dei più deboli, e rassegnasse le dimissioni”.
E rivolgendosi all'episcopato tedesco prosegue con durezza: "I Vescovi, invece di chiedere perdono alle vittime, non dovrebbero riconoscere di essere dei complici? (...) La protezione dei loro sacerdoti sembra aver contato di più, per i Vescovi, che la protezione dei bambini".
Paolo Flores d'Arcais nel suo libro “La sfida oscurantista di Joseph Ratzinger” si pone la domanda: “Negli ultimi tre decenni, la Chiesa gerarchica di papa Wojtyla e di papa Ratzinger ha denunciato a polizia e magistratura i casi di pedofilia ecclesiastica di cui veniva a conoscenza?” La risposta purtroppo è un categorico “Mai”. Ciò dimostra in modo lapalissiano la totale omertà della Chiesa e fa capire di "chi" sono le responsabilità per la tragedia di decine di migliaia di bambini violentati da sacerdoti cattolici.
Non solo la Chiesa di Wojtyla e di Ratzinger non ha mai voluto denunciare al "braccio secolare" i suoi pastori colpevoli ma li ha sempre perdonati, nascosti, protetti, in taluni casi perfino imboscati, frapponendo tutti gli ostacoli possibili per impedire che venissero perseguiti dalla giustizia, perché la Chiesa si è sempre considerata santa anche quando commetteva le più infami nequizie.
Le terribili parole di condanna di Gesù: “Ma chi avrà scandalizzato uno di questi piccoli che credono in me, meglio per lui sarebbe che gli fosse appesa al collo una macina da mulino e fosse gettato in fondo al mare” (Matteo 18:6) sono state sempre proterviamente ignorate da ogni ecclesiastico allo scopo di salvaguardare il buon nome della Chiesa e i suoi immensi patrimoni, minacciati da possibili richieste di risarcimento.
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giovedì 12 novembre 2015

Maria Maddalena e il suo legame affettivo con Gesù. 236

Tra le discepole che seguivano costantemente Gesù durante il suo missionariato e che forse si prendevano cura della sua persona fisica e del suo sostentamento, Maria Maddalena è senza alcun dubbio la più importante sotto molti punti di vista. Ma nei Sinottici viene trattata con evidente, profondo imbarazzo, e la sua personalità viene contraffatta sia nel nome sia nei ruoli da essa svolti. Solo l'evangelista Giovanni, evidenzia senza remore il suo vero nome e adombra, con molta verosomiglianza, il fatto di considerarla la compagna o consorte di Gesù e la costante testimone della sua crocifissione e resurrezione .


Malgrado, però, le reticenze dei sinottici, le prove che evidenziano il rapporto affettivo tra Maria Maddalena e Gesù sono evidenti: l'assidua ospitalità notturna di Gesù nella sua casa di Betania (Luca 10,38; Marco 11, 11-20; Matteo 21,17); la risposta di Gesù a Marta che lamentava il fatto che Maria Maddalena non l'aiutava nei lavori domestici per stare ad ascoltarlo: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c'è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta» (Luca 10,42); l'esplicita affermazione di Giovanni che Gesù amava Marta, sua sorella (Maddalena) e Lazzaro (Giovanni 11,5) e, soprattutto l'unzione regale di Gesù in casa di Lazzaro da parte della Maddalena (Gv 12,1-3).


Altrettanto significativi sono gli episodi che dimostrano l'appassionata e struggente partecipazione della Maddalena al dramma della crocifissione. Infatti, essa è l'unica discepola di Gesù davanti alla croce, come evidenziano concordi gli evangelisti; è una delle due Marie che partecipano alla deposizione e che con Giuseppe d'Arimatea si prende cura del cadavere di Gesù. Infine, è il testimone fondamentale nel convalidare la resurrezione e l'ascensione di Gesù in cielo scoprendo la tomba vuota, vedendo il Risorto in due dei tre Vangeli in cui appare, avvertendo gli apostoli e il discepolo che Gesù amava (il fratello Lazzaro) della sparizione del cadavere di Gesù e, secondo Giovanni, comunicando agli apostoli l'ascensione . Ecco perchè non sono pochi quelli che ritengono che la resurrezione e l'ascensione siano soprattutto merito suo.


Un personaggio così importante e fondamentale, soprattutto a proposito della resurrezione, avrebbe dovuto avere nel Nuovo Testamento un rilievo di spicco. Invece, no, viene rappresentata con disagio e imbarazzo, considerata quasi uno scheletro nell'armadio. Perché? Perché facendo parte del cerchio magico di Gesù ed esercitando su di lui una certa influenza, probabilmente suscitò negli apostoli una forte ostilità, come viene attestato nei testi apogrifi, come Il Vangelo a lei attribuito, il Vangelo di Tommaso e il Vangelo di Filippo, tutti andati perduti (o meglio, fatti sparire dalla Chiesa) al pari degli altri Vangeli gnostici. In uno di questi: il Vangelo di Filippo, viene espressamente dichiarata la consorte di Gesù. Ecco, quindi, che la causa fondamentale che ha fatto oscurare questo importante personaggio fu il suo legame affettivo col Maestro, che lo avrebbe reso incompatibile con la sua natura divina e sotertica.


La Chiesa poi, nell'intento di confondere al massimo le acque nei suoi confronti, nel Concilio Vaticano II del 1969, contraddicendo papa Gregorio Magno che in un’omelia del del 591 aveva riconosciuto l’identità delle tre Marie collegabili a al nome di Maddalena ha scisso questo personaggio in tre diverse figure: quella a cui Cristo appare dopo la resurrezione, la sorella di Marta e di Lazzaro e la peccatrice dai sette diavoli. Con ciò mostrando la sua chilometrica coda di paglia.


Cristo risorto e Maria Maddalena


martedì 10 novembre 2015

99 - “L'invenzione del cristianesimo” - Parte ottava . La pedofilia. (Parte prima)

Il nuovo crimine, che attualmente sta infangando la Chiesa Cattolica, riguarda le
molestie e le violenze sessuali perpetrate da preti, suore e laici cattolici, su scolari e studenti, minori e non, in orfanotrofi, scuole, seminari e parrocchie da loro gestiti in Europa e in America. Si tratta di stupri e abusi sessuali su bambini, coperti sistematicamente dalla criminosa omertà della gerarchia ecclesiastica la quale, anziché punire i colpevoli, li ha sempre protetti, imboscati, spostati più volte da una parrocchia all'altra, consentendo loro così di iterare le violenze.
Nonostante le molte denunce (solo negli Stati Uniti fino al 2003 ne sono state presentate 11.000), che riguardano quasi tutti i Paesi cattolici, queste, a detta dei conoscitori del fenomeno, rappresentano solo la punta dell'iceberg, tenendo conto di quante vittime, per pudore, vergogna, ricatti e minacce (spesso appoggiate dall'opinione pubblica teocon), hanno subito i soprusi in silenzio e senza reagire.
Ma l'aspetto più grave di questo fenomeno non riguarda solo la violenza sessuale che ha coinvolto, altre che preti e suore, anche decine di vescovi e qualche cardinale, quanto la copertura degli scandali da parte delle gerarchie ecclesiastiche, spesso appoggiate dai partiti politici clericali. La Chiesa, come una piovra ferita, si è battuta con ferocia inaudita per impedire che i suoi colpevoli ministri venissero incriminati e, per di più, con sommo cinismo, ha tentato in tutti i modi di non risarcire le vittime dei soprusi patiti.
A voler imporre il silenzio, anzi il “segreto pontificio” sui reati gravi commessi dai religiosi, è stato proprio il papa emerito Ratzinger quando, da cardinale era a capo della Congregazione per la dottrina della fede (la vecchia Inquisizione).
Con una ben precisa circolare “De Delictis Gravioribus”, inviata ai vescovi di tutto il mondo il 18 maggio 2001, egli non solo ha imposto il segreto su questi orribili abusi, ma ha rivelato che a volere una tale sciagurata direttiva era il papa in persona, quel Wojtyla che il popolino, alla sua morte, voleva fosse fatto santo “subito”.
Nel 2005, a causa di questa circolare, Ratzinger è stato incriminato negli Stati Uniti per cospirazione contro la giustizia in un processo contro preti pedofili presso la Corte distrettuale di Harris County. Ma nel settembre dello stesso anno, il ministero della Giustizia degli Usa, per intervento di Bush e di Condolezza Rice, ha bloccato il processo contro di lui, in quanto, essendo diventato nel frattempo papa, cioè sovrano dello Stato pontificio, aveva diritto all’immunità riconosciuta a tutti i capi di Stato.
Ciononostante, la giustizia statunitense, con somma lealtà, è riuscita a superare i mille ostacoli frapposti dai vescovi locali e dal Vaticano e far risarcire le vittime con circa un miliardo di dollari, portando alla letterale bancarotta cinque diocesi (Tucson in Arizona, Portland in Oregon, Spokane in Washington, Davenport in Iowa e San Diego in California).
I recenti scandali esplosi quasi simultaneamente in molti Paesi cattolici come Germania, Austria, Irlanda, Malta, Italia. Belgio, Olanda e Svezia e perfino Australia ci impongono la domanda: essi sono dovuti ad una recrudescenza della piaga, o piuttosto, sono scandali di lunga durata che soltanto ora, vincendo paure, imbarazzi e vergogna, vengono finalmente allo scoperto? Purtroppo è questa seconda ipotesi a spiegare il fenomeno.
Le stesse gerarchie sono state costrette a riconoscere che, effettivamente, la pedofilia del clero fu ignominiosamente insabbiata per molti decenni come afferma il vescovo di Treviri, Stephan Ackermann, incaricato di far luce nello scandalo dei preti pedofili tedeschi.
L'alto prelato ha rivelato che "la Chiesa cattolica" non solo ha "insabbiato", a lungo, i casi di abusi sessuali su minori, ma anziché punire o cacciare i preti colpevoli si è limitata a trasferirli da una diocesi all'altra consentendo loro di iterare gli stessi crimini.
Tanta onestà del clero tedesco nel perseguire “l'operazione trasparenza" non ha trovato l'equivalente nel clero italiano.
Infatti, per il segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone, la richiesta di far piena luce sulla pedofilia dei sacerdoti è stata considerata come il tentativo di "qualcuno" di "minare la fiducia" nel papa, e per la Cei, “un ricatto per chiudere la bocca alla Chiesa".
Questo negare la gravità del problema dimostra che la sola preoccupazione della Chiesa è sempre stata soffocare lo scandalo e impedire danni ai suoi immensi patrimoni, in conseguenza di eventuali condanne, e non mai la punizione dei colpevoli e tanto meno gli aiuti e i risarcimenti alle vittime innocenti. Queste ultime infatti sono sempre state intimidite, o punite per aver parlato o rivelato ciò che era loro accaduto, spesso con la tacita connivenza di un'opinione pubblica omertosa e plagiata. Una delle cose più atroci rivelate dall'ex primate d'Irlanda, cardinale Sean Brady, è l'aver ammesso di aver partecipato, da giovane sacerdote, ad un tribunale canonico che pretese “il voto del silenzio” da una bambina di 14 anni e un bambino di 10 sulle violenze sessuali subite.
“Voto del silenzio” per non riferire mai alla magistratura o alla polizia i reati commessi su di loro da un sacerdote, nel caso tal padre Smyth, che continuò per venti anni a stuprare minorenni. L'omertà del primate Brandy risale al 1975, vale a dire a tempi immemorabili.
Il vizio della Chiesa è molto antico, anzi antichissimo se già il concilio di Elvira – svoltosi in Spagna nell’anno 305 – condannava duramente i sacerdoti pedofili come "stupratores puerorum".
D'altra parte monsignor Girotti, reggente della Penitenzieria Vaticana, riguardo al reato di pedofilia ha parlato chiaro: le persone consacrate soggette a disordini morali costanti e gravi, potranno venir consigliate di abbandonare la vita ecclesiastica.
Avete capito bene: solo consigliate. Ecco perché nessun prete pedofilo è stato tolto dalla circolazione per essere rinchiuso definitivamente in carcere o per lo meno in un qualche solitario convento.
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venerdì 6 novembre 2015

98 - “L'invenzione del cristianesimo” - Parte ottava . Il proselitismo coatto.

Molti crimini commessi dalla Chiesa attraverso tutta la sua storia, riguardano la sua vocazione al proselitismo, cioè all’obbligo categorico di imporre la sua fede a tutto il genere umano con ogni mezzo, ivi compresa la "guerra santa", che storicamente appartiene anche agli altri due monoteismi: ebraismo ed islam.
Per il cristianesimo questa vocazione missionaria viene giustificata dall'ordine impartito da Gesù stesso agli apostoli, come leggiamo negli ultimi versetti del Vangelo di Matteo (28,18-20) che recitano:"Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato".
Chiaro? Chiarissimo! Solo che Gesù queste parole non le ha mai dette e Matteo non le ha mai scritte. Sono stati appiccicate al suo Vangelo dopo il IV secolo. La prova? Duplice. Anzitutto, ai tempi di Gesù nessuno conosceva la Santissima Trinità, perché fu formulata dalla Chiesa appena nel IV secolo e quindi nessuno, al tempo di Matteo, era a conoscenza di essa e poteva invocarla.
In secondo luogo, perché Matteo, in piena contraddizione con questi versetti, aveva scritto in precedenza, proprio nel suo stesso Vangelo, che Gesù aveva esplicitamente vietato il missionariato presso i non ebrei. “Non andate tra i pagani e non entrate in nessuna città dei samaritani, ma andate piuttosto verso le pecore perdute della casa d’Israele.” (Matteo 10, 5-6). Quindi nessun ordine fu impartito da Gesù a convertire i pagani, ma solo il divieto di occuparsi di loro, paragonati in modo sprezzante, in altri passi del Vangelo, ai porci e ai cani.
La Chiesa di Gerusalemme, guidata da Giacomo fratello di Gesù, non si preoccupò mai quindi di diffondere la parusia tra i pagani ma solo tra i giudei della Palestina e della diaspora, che erano sparsi nelle contrade dell'impero romano. Chi allora decise di rivolgersi ai gentili? Fu Paolo, il millantato tredicesimo apostolo, che, durante i suoi viaggi missionari nel Mediterraneo Orientale, non riuscendo a convertire i suoi correligionari ebrei alla parusia si rivolse ai pagani, timorati di Dio, che frequentavano le sinagoghe come uditori e, trovandoli più ricettivi degli ebrei, abbandonò la causa ebraica e si dedicò interamente alla loro conversione, inventando per loro il cristianesimo oggi professato dalla Chiesa. Da lui, chiamato l'apostolo dei gentili, nacque l'esigenza di diffondere la buona novella (la parusia) in tutto il mondo allora conosciuto, per prepararlo al ritorno di Cristo dal cielo, ritenuto allora imminente.
La Chiesa, derivata da Paolo, si prefisse, quindi, la conversione del mondo pagano usando tutti mezzi per attuarla. Dopo Costantino, con l'aiuto degli Imperatori ormai passati al cristianesimo, attuò la conversione coatta dell'intera Europa, ricorrendo talvolta a dei veri e propri eccidi per piegare le popolazioni più restie. Molti dei santi proclamati tali dalla Chiesa durante il Medioevo furono in realtà dei feroci aguzzini che, nel nome del nostro Dio “buono e misericordioso”, attuarono atroci massacri contro i pagani recidivi.
Il proselitismo violento della Chiesa continuò con le Crociate. Papa Urbano II nel 1095 a Clermont, nel discorso di indizione della prima crociata, ordinò ai cristiani di partire in massa contro i musulmani della Terra Santa, al grido: “Cristo lo vuole”, e promise testualmente: “Per tutti quelli che partiranno, se incontreranno la morte in viaggio o durante la traversata o in battaglia contro gli infedeli, vi sarà l’immediata remissione dei peccati”.
Cioè il paradiso garantito. E i crociati partirono come invasati, e strada facendo fecero strage anche degli ebrei che incontrarono nei territori europei, tento erano anch’essi degli infedeli!
Fu dopo la scoperta dell'America e la sua conseguente colonizzazione da parte degli europei che il missionariato esplose in tutta la sua virulenza, in simbiosi con l'apparato militare spagnolo e coi mercanti avidi di impadronirsi dei tesori del Nuovo Mondo. Milioni di indigeni vennero depredati, schiavizzati e costretti, pena la morte, a convertirsi al cattolicesimo.
Una evangelizzazione coatta, quindi, perpetrata con torture, stragi e genocidi di ogni genere. Quanti fiumi di sangue, quanti fiumi di lacrime in nome del Dio, chiamato eufemisticamente dagli aguzzini che infierivano nel suo nome “Padre amoroso e misericordioso”! Alcuni storici hanno calcolato a più di trenta milioni le vittime uccise durante quella forzata conversione. Anche tutte le culture di queste inermi popolazioni furono azzerate e distrutte in pochi decenni. Infatti gli olmechi e i maya avevano sviluppato elaborati sistemi di scrittura, astronomia, agricoltura e avevano scoperto un calendario di 365 giorni ed elaborato il concetto di zero, senza il quale il calcolo matematico è molto difficile.
Oggi stiamo ricuperando, mediante ricerche archeologiche, una parte dell'immenso capitale culturale irrimediabilmente distrutto da questi sanguinari evangelizzatori. Furono alcuni ordini religiosi a prestarsi a questo tsunami cattolico, in special modo i gesuiti e i francescani.
Il proselitismo, attuato con feroce determinazione in America latina, è continuato purtroppo, con l'avvento del colonialismo, anche in Asia e in Africa. I nostri missionari, ma anche quelli protestanti, sulla scia degli eserciti coloniali hanno preso a dilagare in quei Paesi arretrati, rispetto all'Europa, per costringere le loro popolazioni ad aderire al cristianesimo, suscitando spesso violente reazione da parte delle altre religioni e perfino delle autorità locali. Alcuni missionari vennero anche uccisi (e prontamente proclamati santi dalla Chiesa). Questa nuova ondata di proselitismo non attuò i metodi violenti e liberticidi usati dagli spagnoli nell'America latina, ma si camuffò del pretesto di portare anzitutto aiuti umanitari a quelle popolazioni disagiate e secondariamente di divulgare il Vangelo. In realtà, l’evangelizzazione è sempre stata – ed è tuttora – un’arma potente usata dagli Stati occidentali per promuovere il loro dominio sui Paesi arretrati e per sfruttarli meglio economicamente. Quindi, dietro l'intenzione di diffondere il cristianesimo c'è la maschera degli interessi economici e politici dell'Occidente.
Ai nostri giorni il proselitismo cristiano, sia cattolico che protestante, sta ancora operando massicciamente presso popolazioni indigene dell'Africa e del Sud America, continuando a cancellare la diversità culturale di molte etnie. In tal modo distrugge i riti primitivi delle tribù e le deruba di ciò che le Nazioni Unite hanno definito patrimonio culturale mondiale, oltre che a corrompere, instillando il virus del peccato e della redenzione, il loro sereno e gioioso modo di vivere.

Siamo quindi in presenza di un continuo genocidio culturale e religioso, attuato in piena violazione del diritto internazionale che vieta di imporre insegnamenti non richiesti in cambio di beni materiali e assistenza medica. Gli antropologi, constatando come il cristianesimo imponga alle popolazioni evangelizzate una cultura prettamente occidentale, con la conseguente distruzione di quella loro preesistente e con la sovrapposizione ad essa di schemi mentali avulsi dalla loro tradizione, parlano apertamente di atteggiamento etnocida e invocano l'intervento dell'ONU che impedisca un tale sconvolgimento. In conclusione, dobbiamo considerare il proselitismo, da qualsiasi parte provenga, un crimine culturale e religioso non solo della Chiesa ma dell'intero Occidente, perché sempre accompagnato all'asservimento politico ed economico e dalla distruzione sistematica della cultura indigena.

giovedì 5 novembre 2015

Gli autori dei Vangeli? Evangelisti anonimi. 235

La Chiesa ammette di non sapere chi ha scritto i suoi Vangeli e confessa che molte delle 27 scritture del Nuovo Testamento sono nate anonimamente:
" ....,,sembra che gli attuali titoli dei Vangeli non siano attribuibili agli evangelisti stessi ... essi [la raccolta dei testi del Nuovo Testamento] sono provvisti di titoli i quali, benché antichi, non risalgono ai rispettivi autori di quegli scritti." (Catholic Encyclopedia, Farley ed., vol. VI, pp. 655-6).
Quindi, secondo la Chiesa: "i titoli dei nostri Vangeli non erano intesi per indicare la paternità", aggiungendo che "l'intestazione ... gli fu aggiunta" (Catholic Encyclopedia, Farley ed., vol. I, p. 117, vol. VI, pp. 655, 656).


Perciò essi non sono Vangeli scritti "secondo Matteo, Marco, Luca o Giovanni", e non ci sono Vangeli apostolici genuini e la Chiesa, quindi, basa i pilastri della fondazione cristiana e della sua fede su scritture illusorie e che non godono di nessuna autenticità.


Allora cos'è la religione cristiana? Una assoluta invenzione, come più volte ho cercato di dimostrare. E Gesù Cristo? Un avatar derivato dai molti miti che lo precedettero. Questo spiega perché molti brani del Nuovo Testameneto li troviamo, parola per parola, nel poema epico Indiano, il Mahabharata, (per esempio, Matteo 1:25, 2:11, 8:1-4, 9:1-8, 9:18-26); in alcuni brani del Phenomena dello statista Greco Aratus di Sicyon (271-213 a.C.); in alcuni estratti dall'Inno a Zeus, scritto dal filosofo Greco Cleanthes (c. 331-232 a.C.); in 207 parole derivate dal Thais di Menandro (c. 343-291), uno dei "sette saggi" della Grecia.


Se a ciò aggiungiamo che non ci sono documenti storici su Gesù Cristo ci rendiamo conto del perché papa Leone X (morto nel 1521) dichiarò la vicenda di Cristo una "favola". In una lettera al cardinale Bembo scrisse: "Historia docuit quantum nos iuvasse illa de Christo fabula"[La storia ci dice quanta fortuna ci abbia arrecato quella favola di Cristo] (Archivi vaticani - Corr. Leone X - Vol. 3° - Scaffale 41 - 2° piano inf. Ovviamente il Vaticano l'ha occultata e oggi ne nega l'esistenza).


Papa Leone X


martedì 3 novembre 2015

97- “L'invenzione del cristianesimo” - Parte ottava. L'inquisizione

In precedenza abbiamo evidenziato che la Chiesa, una volta istituzionalizzata, divenne la religione più persecutrice e intollerante del mondo. L’apice fu raggiunto nel Medioevo durante l’Inquisizione, quando milioni di cristiani, dissidenti o ritenuti tali, finirono sul rogo.
Fu la bolla “Ad extirpanda”, emanata nel 1252 dal Papa Innocenzo V a segnare l’inizio della carneficina. Il testo di riferimento per questa infame persecuzione, che riguardò l'intero mondo cristiano e imperversò fini al XIX secolo (l’ultimo auto-da-fé si tenne in Messico nel 1850), fu il Deuteronomio (17,12-13) che impone esplicitamente agli ebrei di uccidere chiunque, persino i membri della famiglia, si fosse convertito all'idolatria per venerare un Dio diverso da Jahvè.
Solo che il Deuteronomio, oltre all'uccisione dell'infedele, ordina anche la distruzione del suo patrimonio. Cosa che la Chiesa si guardò bene dall'attuare, decretando, invece, che tutti i beni di proprietà di un eretico condannato, venissero da essa confiscati per spartirli con le autorità locali e con gli accusatori della vittima. Con ciò, facendo crescere a dismisura l'esercito dei delatori.
Dapprima finirono sul rogo tutti coloro che venivano accusati, o solo sospettati, di eresia, anche in base ad accuse anonime e inventate. Ma quando Innocenzo VIII nel 1484 avvallò, con una Bolla papale, la delirante superstizione che il diavolo di notte si univa carnalmente con donne, esplose in tutta Europa la caccia alle streghe.
Da allora, fino al 1782, quando Anna Goeldi, l'ultima donna ad essere condannata a morte per stregoneria, fu decapitata a Glarona in Svizzera, l’Europa fu disseminata di continui roghi che bruciarono una moltitudine di donne innocenti, di tutte le età ed anche bambine.
Queste vittime venivano costrette a confessare la loro unione carnale col diavolo per mezzo di atroci torture. Le più fortunate erano quelle che riuscivano a strozzarsi in carcere per por fine al loro suplizio. Fu un delirio collettivo, una mostruosità dovuta al fatto che la Chiesa aveva avallato la grottesca psicosi demoniaca che il mondo era invaso da spiriti maligni, che si univano alle vergini per procreare mostriciattoli, cioè individui affetti da malformazioni, diffondere malattie, inquinare le acque e così via. Chi rifiutava di ammettere la stregoneria, relegandola a stupida credenza, finiva sul rogo come eretico.
A credere e a propagare simili mostruosità non era solo il popolino incolto ma i massimi dottori della Chiesa, come Giovanni Crisostomo, Agostino, Alberto Magno, Tommaso d’Aquino, Bonaventura ecc.. e tutti i papi.
Ancor oggi la Chiesa ha un corpo speciale di sacerdoti, chiamati esorcisti, che ha l’incarico di scacciare gli spiriti maligni. Con l'affermarsi delle cure psichiatriche e della psicanalisi, però, gli spiriti maligni sono oggi in netto calo e, col progredire della scienza, se ne presume una rapida estinzione.
L’esecuzione degli «eretici» e delle “streghe” avveniva nei giorni di festa e nella piazza più importante della città. Era considerata dalla Chiesa un’esibizione della sua illimitata potenza, perciò tutto il popolo era obbligato ad assistervi, e a chi offriva la legna per il rogo veniva concessa l’indulgenza plenaria.
Sulla via che conduceva al luogo dell’esecuzione il condannato, agghindato col berretto dei pazzi, veniva dileggiato e insultato. Si erigevano tribune speciali per godere, a pagamento, la vista migliore. Il popolo vi assisteva con grande gioia, beandosi delle sofferenze delle vittime. I romani antichi si divertivano accorrendo ai giochi crudeli del circo, i cristiani, più modestamente, assistendo all’arrostimento degli eretici e delle streghe. Quanti ne furono bruciati? Una strage. Se potessimo consultare gli archivi segreti del Vaticano vi troveremmo una moltitudine di scheletri. Voltaire ha calcolato che il numero dei cristiani ammazzati per motivi di fede fu di circa 10 milioni.


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Informazioni personali

Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)