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venerdì 30 dicembre 2016

98– Il falso Jahvè. Incongruenze storico-linguistiche dei testi biblici1

Denominata in ebraico Tanak e da parte cristiana Antico Testamento, la Bibbia ebraica consta di tre parti. La prima va sotto il nome di Torah o Pentateuco e comprende cinque libri: Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio, considerati assolutamente rivelati, cioè dettati da Dio stesso a Mosè. Narra la storia del popolo d'Israele dalla creazione del mondo fino alla morte di Mosè, e comprende la creazione di Adamo ed Eva, l'epoca del diluvio e dei patriarchi, l'Esodo dall'Egitto, la peregrinazione nel deserto e la consegna della Legge sul Sinai. Si conclude con l'addio di Mosè al popolo d'Israele.
La seconda, denominata i Profeti, si articola in due parti. La prima: i Profeti anteriori, contiene il libro di Giosuè, il libro dei Giudici, i due libri di Samuele e i due libri dei Re, e racconta la storia del popolo d'Israele dall'attraversamento del fiume Giordano alla conquista di Canaan, proseguendo con l'ascesa e la decadenza dei regni israeliti fino alla dominazione assira e babilonese e la prima distruzione del Tempio di Gerusalemme (586 a.C.) La seconda denominata i Profeti posteriori, include gli oracoli, gli insegnamenti sociali e le aspre condanne dei profeti.
La terza parte, di importanza minore, comprende i libri Agiografi (Salmi, Proverbi, Giobbe, Cantico dei Cantici, Rut, Lamentazioni, Qohelet, Ester, Daniele, Ezra, Nehemia e i libri delle Cronache) che sono una collezione di sermoni, poemi, preghiere, proverbi e salmi difficilmente collegabili a un evento storico o a un autore preciso, essendo il prodotto di un processo di composizione continuo che si è protratto per centinaia di anni concludendosi fra il quinto e il secondo secolo a.C., in epoca persiana e in età ellenistica.

In tutto trentanove libri canonici. Vedremo in seguito che i libri canonici erano quaranta, ma uno di essi, detto il Libro di Jashar o Libro del Giusto, fu tolto per contrasti religiosi tra giudei ed edomiti.

giovedì 29 dicembre 2016

La prima persecuzione contro i cristiani fatta da Nerone fu un fatto storico o una colossale bufala inventata dalla Chiesa? Quinta parte. 290

E allora, come concludiamo questa indagine sull'eccidio di cristiani fatto da Nerone e strombazzato da storici fasulli, da romanzieri di infimo livello (vedasi il "Quo vadis" di Henryk Sienkiewicz) e da plateali e colossali opere cinematografiche? Riconoscendo che, di sicuro, il brano XV.44 degli Annali è stato interpolato ed è quindi falso.

Già a partire dall'Illuminismo, e in particolare da Voltaire (1775), era iniziata a circolare la voce che alcune parti degli Annali di Tacito fossero un clamoroso falso, facendo riferimento ad argomentazioni storiche (incongruenze con Svetonio e Plinio il Vecchio) e filologiche (incoerenze stilistiche col Tacito delle Historiae).

Ma a sostenere con vigore questa ipotesi fu John Wilson Ross che nel 1878 pubblicò a Londra il libro «Tacitus and Bracciolini, the Annals Forged in the XVth Century» nel quale dimostrò che fu l'umanista italiano Poggio Bracciolini, segretario di papa Martino V e amanuense prolifico e disinvolto (1380-1459), a falsificare gli Annali nel 1429. Come? Inserendo, quasi alla lettera, un passo di un certo Sulpicio Severo (IV secolo) che nella sua “Historia Sacra” (II-29), considerata al suo apparire una raccolta di assurde invenzioni, aveva inventato per primo la persecuzione di Nerone.

E perché Bracciolini fece questa manomissione del testo di Tacito? Per confutare le contestazioni di quanti, durante lo Scisma d'Occidente che si era appena concluso, avevano sollevato dubbi sulla legalità di Roma come sede del trono di Pietro. Il martirio dell'apostolo cadeva a puntino e toglieva ogni pretesto.4

Dopo il Ross anche P. Hochart, storico francese, in uno studio rigoroso e approfondito del titolo: «La persécution des chrétiens sous Néron» (www.mediterraneeantique.info/ Rome/Hochart/Ner_0.htm), ed altri storici (J. Rougé, A. Drews e C. Saumang), adducendo argomentazioni storiche, filologiche e stilistiche, nonché evidenziando come Tacito descriva in modo contraddittorio il comportamento di Nerone durante l'incendio, confermarono l'interpolazione degli Annali.
Ma tuttora per il mondo cattolico non esiste alcun dubbio sulla veridicità della persecuzione neroniana e i testi scolasti e il popolo bue continua a crederla dogmaticamente.



martedì 27 dicembre 2016

97– Il falso Jahvè. L'ideologia a fondamento della Bibbia 2

Nessuna però di queste istanze ideologiche espresse dalla Bibbia ha corrisposto a verità. Infatti, il popolo ebreo non ha avuto origine dal solo patriarca Abramo ed è sempre stato costituito da un miscuglio di tribù nomadi semite così diverse tra loro, nonostante una forte comunanza religiosa, che mai sono riuscite a formare uno stato unitario. Il monoteismo jahvista rigoroso si è definitivamente affermato in Israele solo durante il regno di Giosia e si è consolidato dopo l'esilio babilonese, cioè nel VI - V secolo a.C. Prima tutte le dodici tribù avevano continuato a praticare forme, più o meno diverse, d'idolatria. Il Patto dell'Alleanza e la promessa del possesso perenne della terra di Canaan, inventati da Mosè e proiettati retrospettivamente dalla casta sacerdotale su Abramo, si sono rivelati delle mere illusioni, perché Israele ha sempre subito contestazioni durissime per il possesso della sua terra sin dal tempo dei cananei e dal 135 d.C. ne è stato cacciato per quasi due millenni dai romani fino mezzo secolo fa, a seguito delle Guerre Giudaiche, e ancor oggi deve subire scontri durissimi coi palestinesi che rivendicano un analogo diritto di possesso. Infine, il costante interesse e coinvolgimento di Dio nelle vicende del suo popolo eletto, si è rivelato per Israele, stando alla Bibbia, una lama a doppio taglio. Infatti da una parte Jahvè ha provveduto a soccorrerlo compiendo grandi prodigi: mandando le piaghe in Egitto, aprendo le acque del Mar Rosso, fermando il sole in pieno giorno durante la battaglia a Gabaon, guidando la mano del pastorello David a colpire il gigante Golia, e via seguitando; dall'altra lo stesso Jahvè ha inflitto al suo popolo, da lui ritenuto un incorreggibile peccatore, numerosi e tremendi castighi per fargli espiare le sue continue ricadute nell'idolatria. Quindi questa ideologia di base, che tuttora viene ritenuta valida dai più ortodossi degli attuali israeliti, si è rivelata una mera utopia.


venerdì 23 dicembre 2016

96– Il falso Jahvè. L'ideologia a fondamento della Bibbia 1

Abbiamo visto che la Bibbia è un conglomerato di scritture in cui sono confluite antiche tradizioni, saghe, leggende, avvenimenti storici o pseudo storici, nonché l'intero complesso del materiale legislativo e letterario accumulato nel corso dei secoli dal popolo ebraico. Ma qual è il comune denominatore che accomuna queste scritture?
Troviamo in esse una ideologia di base, che permea l'intero sacro testo e che possiamo sintetizzare in alcuni punti fondamentali: Israele discende da un unico capostipite di nome Abramo; Jahvè è stato sempre il suo unico e solo Dio; Jahvè ha stipulato con il suo popolo un Patto di Alleanza e di fedeltà in base al quale lo ha innalzato al rango di popolo eletto fra tutti i popoli della Terra e in premio gli ha concesso il possesso perenne della terra di Canaan, la Terra Promessa. Infine, Dio ha manifestato un costante interesse nelle vicende del suo popolo per cui quando Israele è stato fedele gli ha concesso prosperità e benessere, quando invece è ricaduto nell'idolatria lo ha colpito con desolazione e morte. Sono questi i leit-motiv che ispirano tutti gli avvenimenti descritti nel sacro testo.


giovedì 22 dicembre 2016

La prima persecuzione contro i cristiani fatta da Nerone fu un fatto storico o una colossale bufala inventata dalla Chiesa? Quarta parte 289

Ad iniziare dall’apostolo Giovanni, vissuto oltre il 100 d.C. e dall'evangelista Luca, morto nel 93 d.C. e autore anche degli "Atti degli Apostoli", chi avrebbe impedito loro, stante le loro lunga età, di redigere un bel resoconto sulla malvagità neroniana, ad uso e consumo perenne dell'ecumene cristiana, doverosamente utile per essere affisso sulla bacheca de "Gli Atti dei Martiri"? Invece, Giovanni nelle sue Lettere non ha mai accennato personalmente all'eccidio neroniano e neppure lo fecero i suoi discepoli successori, nonché Vescovi, come Ignazio di Antiochia e Policarpo di Smirne, sempre intenti a scrivere "lettere" tutte recapitate, due secoli dopo ad Eusebio di Cesarea. Padri tutti ignari dei loro "colleghi" martiri.


Ma, contraddizione ancora più grave per la verifica critica, l'eccidio neroniano è ignorato anche dagli stessi Padri della Chiesa, scrittori prolissi pervasi da tanta fantasia nell’inventarsi martiri, i quali, se il fatto fosse veramente esistito, avrebbero avuto, oltre che l’interesse ideologico fideista, anche il dovere storico di riferire un genocidio così crudele che colpì direttamente fedeli adepti al loro stesso Credo. Mi riferisco ai Padri e Dottori della Chiesa: Clemente, Ireneo, Eusebio, Origene,Tertulliano, Girolamo e Ambrogio, che non accennano mai nei loro scritti alla persecuzione ordinata da Nerone. Se veramente fosse avvenuta, sicuramente l'avrebbero ben volentieri strombazzata per controbattere coloro che negavano l’esistenza dei cristiani a Roma nel I secolo e per dimostrare il martirio di Pietro e Paolo.


Lo stesso Agostino, che nel suo libro "De Civitate Dei" elenca gli avvenimenti accaduti a Roma precedentemente al "sacco" eseguito da Alarico nel 410, non accenna all'incendio e alla persecuzione. Quindi nessun padre della Chiesa ha mai citato questo passo di Tacito in una sua opera, fino al XV secolo. Perfino Eusebio di Cesarea, il ciambellano di Costantino, che potendo ficcare il naso negli archivi imperiali, è ritenuto l'artefice della sparizione di molti documenti compromettenti che riguardavano le origini del cristianesimo, gli editti imperiali sulle persecuzioni, la falsificazione di importanti documenti storici (come l'inserimento del «Testimonium Favianum» nel libro di Giuseppe Flavio), nonostante si sia prodigato ad inventare una caterva di martiri e Vescovi uccisi con le più atroci e raffinate torture, non ha riferito nulla sul più spettacolare massacro di cristiani che la storia abbia mai registrato, ordinato dal "carnefice Nerone".


Eusebio di Cesarea


martedì 20 dicembre 2016

95– Il falso Jahvè. La Bibbia ebraica 2

Le più recenti e indiscusse scoperte archeologiche, infatti, attuate in tutto il territorio dell'antico Israele, in Siria e sul Sinai, hanno dimostrato in modo ineccepibile che molti eventi della storia biblica non si sono verificati nei tempi e nei modi descritti nel sacro testo, come le peregrinazioni dei patriarchi, l'Esodo dall'Egitto, la conquista della terra di Canaan e il glorioso regno unito di David e Salomone, e che alcuni degli episodi più famosi sono stati inventati di sana pianta. La maggior parte degli studiosi biblici, però, è concorde nel ritenere che i testi fondamentali del giudaismo: il Pentateuco (Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio) e la cosiddetta Storia Deuteronomistica (Giosuè, Giuduci, Samuele 1-2 e Re 1-2) si formarono nella Gerusalemme del settimo secolo a.C.
Un libro, la Bibbia, né rivelato né storico, quindi, anzi pieno di contraddizioni, di incongruenze, di esagerazioni mitologiche, di efferate crudeltà e di episodi grotteschi, esilaranti e talvolta osceni, come vedremo tra poco. Il popolo d'Israele è il principale protagonista di questa rappresentazione la cui importanza per la storia dell'umanità rimane unica sia dal punto di vista letterario che di quello religioso.


venerdì 16 dicembre 2016

94– Il falso Jahvè. La Bibbia ebraica 1

Quando, come e perché fu composta la Bibbia.

La Bibbia è senz'altro il libro più famoso del mondo occidentale. Ogni suo versetto, ogni sua parola sono stati, e sono tuttora, oggetto di studio e di esegesi. Per secoli è stata considerata da ebrei e cristiani un libro rivelato, scritto cioè sotto dettatura divina e quindi “vero” in ogni suo particolare. Oggi le cose sono cambiate. Soltanto gli ortodossi ebrei e cristiani e alcune sette protestanti rimangono fermi al concetto di rivelazione. Per tutti gli altri la Bibbia è la fonte primaria di identità e di riferimento spirituale del popolo ebraico, il libro creato per raccontare la sua storia e la nascita delle sue istituzioni ed anche il grande codice base della cultura religiosa occidentale.
Ma qual è la genesi di questo sacro testo che è a fondamento dell'ebraismo e del cristianesimo e ha influenzato anche l'islamismo?
Più di duecento anni di studi e di ricerche storiche, e fondamentali scoperte archeologiche avvenute di recente, ci hanno portato finalmente a capire quando, perché e come ha avuto origine la Bibbia.
Ebbene, questa grande saga in parte mitica, in parte epica e in parte vagamente storica, fatta di leggende, memorie, tradizioni popolari, mistificazioni profetiche e propaganda teologica, fu composta durante il Regno di Giuda, in un lasso di tempo di appena due o tre generazioni, alla fine del settimo secolo a.C. e avrebbe subito ulteriori revisioni durante l'esilio di Babilonia e la restaurazione del post-esilio per diventare definitiva in epoca ellenistica. Ma come si è formata?
A Gerusalemme, durante i cruciali decenni che conclusero il settimo secolo a.C., sotto la guida del re Giosia, sedicesimo discendente di re David, un nutrito esercito di sacerdoti, scribi e profeti, volendo aprire la strada ad una radicale riforma religiosa che cancellasse ogni traccia di culto straniero nel paese e riaffermasse l'unicità di Jahvè come unico Dio d'Israele, e volendo nel contempo preparare il terreno per la restaurazione del grande Stato panisraelita, il mitico regno unito di David e Salomone, che nell'immaginario collettivo era ritenuto l'età dell'oro, si diedero a raccogliere per iscritto le leggende, i racconti eroici e i miti locali che erano stati tramandati nel corso dei secolo nelle varie tribù, a rielaborarli, alla luce della nuova teologia rigidamente monoteistica che si andava affermando, e in taluni casi ad inventarli ex novo.


giovedì 15 dicembre 2016

La prima persecuzione contro i cristiani fatta da Nerone fu un fatto storico o una colossale bufala inventata dalla Chiesa? Terza parte 288

Ad ignorare del tutto la persecuzione di Nerone contro i cristiani, che troviamo soltanto negli Annali di Tacito, non furono soltanto i cronisti imperiali del suo tempo ma anche il più importante storico ebreo Giuseppe Flavio (37-105 d.C.), autore di opere fondamentali sulle Antichità Giudaiche e sulla Guerra Giudaica del 70.


Questo storico, come da lui riferito nella sua "Autobiografia", redatta alla fine del I secolo, afferma con precisione che tra la fine del 63 e la prima metà del 65 fu a Roma, per un anno e mezzo, ospite di Poppea, moglie di Nerone, in quanto doveva difendere alcuni rabbini, accusati di connivenza con gli zeloti che allora insanguinavano la Palestina con continui attacchi terroristici. Pur accennando al grande incendio del 64 che distrusse gran parte dell'Urbe, Giuseppe Flavio ignora totalmente l'eccidio di "Cristiani", il cui nome, per lui che parlava aramaico e conosceva il greco, avrebbe dovuto essere famigliare in quanto significava "messianisti".


Ad uno scriba Fariseo membro del Sinedrio che conosceva perfettamente la Bibbia, il significato di "Messia" era ben chiaro per la sua importanza vetero testamentaria ebraica; quindi il silenzio dello storico giudeo sull'ecatombe di "messianisti", se realmente esistita, risulta inconcepibile. Conoscendo l'importanza del personaggio, la rigorosa scrupolosità dei dettagli, anche i più insignificanti, che osserviamo nei suoi scritti, un fatto così abnorme e di efferata crudeltà che riguardava anche suoi connazionali non poteva essere del tutto ignorato. Quindi, oltre il mutismo di tutti gli storici del tempo anche quello di Giuseppe Flavio, il più importante degli storici ebrei conferma che i versetti del cap. 44 del XV libro degli Annali sono un falso conclamato.


Ma non è tutto. Anche la mancata testimonianza di tutti gli scribi cristiani e di tutti i Padri” “apostolici” e “apologisti” della Chiesa cristiana, dalle origini al IV secolo, quelli cioè coevi o più vicini al grande martirio neroniano della Chiesa è una eclatante ulteriore dimostrazione che Nerone non crocefisse i seguaci di Gesù e che nel corso dei primi due secoli non esistevano né Padri, né Vescovi, né martiri, perché le “prove” della loro esistenza verranno costruite successivamente.


Giuseppe Flavio


martedì 13 dicembre 2016

93– Il falso Jahvè. Fine del regno dii Giuda 2

Nel 609 a.C. il faraone Necho, figlio di Psammetico I. si recò in Palestina a ricevere dai suoi vassalli il giuramento di lealtà che gli spettava come nuovo faraone. Anche Giosia fu convocato alla fortezza egiziana di Meghiddo per prestare il giuramento. Durante quel convegno, per oscuri motivi che lo storico deuteronomistico, molto reticente sulla fine ignominiosa del re, lasciò nel vago, Giosia venne ucciso. Così Israele si trovò nuovamente schiavo dell'Egitto, nonostante la sua ritrovata fedeltà al suo unico Dio e, come al tempo di re Ezechia, ancora una volta la teologia deuteronomistica a causa della latitanza, o meglio, del tradimento di Jahvè, si rivelò vana.
Nel 605 a.C. Nabucodonosor, nuovo re di Babilonia, sconfisse in Siria l'esercito egiziano e conquistò le ricche città filistee, abbandonate dagli egiziani e rivolse le sue mire anche al Regno di Giuda. Nel 598 a.C. circa, mentre regnava il giovane Geconia, Israele, abbandonato dagli egiziani e privo di ogni protezione, fu travolto: la città santa saccheggiata, la famiglia reale, i ministri, i sacerdoti, le persone ricche, gli artigiani e i soldati deportati a Babilonia. Non tutto il popolo dunque, ma la sua élite; i ceti inferiori della società ebraica restarono invece in Palestina.

Pochi anni dopo ci fu una seconda e più crudele occupazione a causa di un'insurrezione tentata dal re Sedecia, messo sul trono dai babilonesi. E questa volta Gerusalemme fu rasa al suolo col suo Tempio e il resto dell'élite deportata. L'ultimo re di una dinastia che aveva regnato per secoli fu torturato e imprigionato a Babilonia, i suoi figli furono tutti uccisi. La stirpe di David cancellata per sempre. Ma la religione e l'esistenza come nazione del popolo d'Israele, nonostante la catastrofe e la latitanza di Jahvè, sopravvissero miracolosamente. Ciò fu dovuto al fatto che ormai il gruppo "per l'unità di Jahvè" si era affermato definitivamente e si era diffuso in tutti gli strati della popolazione di Giuda, ma soprattutto perché, sotto la regia di Giosia, era nata la Bibbia, il manifesto ideologico fondamentale, il punto di riferimento che compendiava tutte le istanze teologiche, storiche e sociali degli israeliti.

venerdì 9 dicembre 2016

92– Il falso Jahvè. Fine del regno dii Giuda 1

Nel settimo secolo a.C., durante il regno di Giosia, l'Oriente Antico fu scosso da due grandi avvenimenti. Dopo l'improvviso e rapido declino dell'impero assiro, il regno di Babilonia prese il sopravvento in tutta la regione e l'Egitto, in forte ripresa politica e militare, approfittando del crollo degli assiri, riprese prontamente il predominio su Canaan e sulle ricche pianure della costa della Palestina, ma sembrò ignorare il Regno di Giuda, isolato sull'altopiano.
Il ritiro degli assiri dal territorio del nord d'Israele determinò una situazione nuova e inattesa. Giuda poteva finalmente espandersi a nord, annettersi gli altopiani dello sconfitto Stato settentrionale, bonificarlo dall'idolatria e ricreare il regno unito di David e Salomone. Finalmente la promessa di Jahvè a David pareva essere a portata di mano.
Bisognava, però, preparare la nazione al grande evento non solo militarmente ma anche spiritualmente. Allo scopo sarebbe stato determinante creare una grande epopea nazionale che raccontasse la conquista di Canaan con scene di aspre battaglie nella valle del Giordano, nell'area di Bethel, sulle alture della Sefela e nei luoghi che Giuda era in procinto di riconquistare. Ecco allora i sacerdoti e gli scribi di Giosia a scrivere il Deuteronomio che decretasse l'unità del popolo d'Israele e la centralità del Tempio di Gerusalemme, e la Storia Deuteronomistica che, arricchendo e rielaborando le antiche leggende dei patriarchi, evidenziasse la preminenza di Giuda su tutto Israele e creasse una grande epopea che coinvolgesse tutte le sue tribù. Questa grandiosa opera non sarebbe stata riservata soltanto all'èlite templare e intellettuale di Gerusalemme ma ad un pubblico piuttosto diffuso in tutto il regno, dato che lo Stato si era altamente centralizzato e l'alfabetismo era alla portata di molti. Si trattava dunque non tanto di produrre un'opera storica oggettiva e documentata, quanto di creare un'epopea teologica e ideologica che dimostrasse come, a seguito della purificazione di Israele e del riscatto dei suoi antichi peccati per opera di Giosia, Jahvè fosse ternato a proteggerlo e fosse quindi imminente la ricostituzione del leggendario regno di David col suo aiuto. Purtroppo questo ipotizzato rinascimento di Israele, cui Giosia aveva dedicato l'intera sua vita, non basato sull'analisi della realtà politica del tempo ma sui postulati della teologia deuteronomistica, si rivelò una speranza visionaria e morì sul nascere.


giovedì 8 dicembre 2016

La prima persecuzione contro i cristiani fatta da Nerone fu un fatto storico o una colossale bufala inventata dalla Chiesa? Seconda parte 287

Abbiamo visto nel post precedente che Ponzio Pilato fu un Prefetto, non un Procuratore, perciò abbiamo affermato che Tacito non scrisse mai :Cristiani, il cui nome derivava da Cristo, il quale, sotto l’Imperatore Tiberio, fu condannato a supplizio tramite il Procuratore Ponzio Pilato…” Un errore così pacchiano, cioè scambiare un Prefetto per un Procuratore, che aveva poteri molto più ampi e decisionali del primo, Tacito, molto scrupoloso in ogni sua affermazione, non l'avrebbe mai potuto commettere. Ma gli scribi falsari, che inserirono la persecuzione contro i cristiani fatta da Nerone, affermando che Ponzio Pilato era “Procuratore” mostrarono di ignorare la storia e di riferirsi al Vangelo latino di Luca che lo definiva tale.


A conferma della tesi che il brano tacitiano è un falso ci sovviene inoltre il fatto che nessun cronista imperiale ed successivi storici cristiani, fra i numerosi che si sono avvicendati nei secoli, accennarono mai, nemmeno di sfuggita, all'eccidio di cristiani attuato da Nerone.
Ad esempio, lo storico senatore romano, Cassio Dione Cocceiano, nella sua imponente “Storia Romana” redatta nel III secolo, pur descrivendo, nella sua particolareggiata epitome, le gesta di Nerone Claudio Enobarbo, e pur confermando le informazioni riguardo l’incendio di Roma, mai accenna alla persecuzione dei cristiani e addirittura ignora del tutto la loro presenza nell'Urbe. Con ciò dimostrando che il cap. 44 fu una interpolazione creata da scribi falsari cristiani anche per far risultare che a Roma, nel primo secolo,c'era una “ingente moltitudine di seguaci della setta di Gesù Cristo”, la qual cosa è un falso conclamato.


Secondo quanto riferito in “Atti” di Luca, i seguaci della dottrina cristiana, in soli tre decenni, si erano moltiplicati e diffusi, prima nelle province mediterranee dell’Impero poi ancora nelle zone più interne, grazie alle dimostrazioni di miracoli straordinari fatti dagli “Apostoli” (dei quali, però, non esiste traccia in alcun documento degli storici d’epoca né dei loro nomi né delle meravigliose e sovrumane gesta ad essi accreditate).
Se questa spropositata divulgazione, così come viene attestata in "Atti" fosse veramente avvenuta proprio in virtù delle mirabolanti imprese ostentate pubblicamente dagli Apostoli , tutti gli scribi dell'epoca ne avrebbero riportato le cronache. Invece non ce n'è traccia in nessuno di loro.

In realtà la “documentazione” sull’esistenza degli “Apostoli, dei loro miracoli e della rapida diffusione del cristianesimo proviene solo da scrittori cristiani, i cui manoscritti sono privi di ogni veridicità storica e sono giunti a noi in copie edite secoli dopo di loro, pertanto, anch'esse manipolate ideologicamente. Da quanto detto sopra si evince che sino all’XI secolo, nessuno storico accennò all’eccidio neroniano di seguaci di Cristo perché ancora non era stato inventato dagli amanuensi ecclesiastici.


Dione Cassio


martedì 6 dicembre 2016

91– Il falso Jahvè. La nuova "Legge" 2

Senza l'obbedienza cieca e incondizionata al suo Dio, Israele è destinato a perire.
"Vedi, io pongo oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male; poiché io oggi ti comando di amare il Signore tuo Dio, di camminare per le sue vie, di osservare i suoi comandi, le sue leggi e le sue norme, perché tu viva e ti moltiplichi e il Signore tuo Dio ti benedica nel paese che tu stai per entrare a prendere in possesso. Ma se il tuo cuore si volge indietro e se tu non ascolti e ti lasci trascinare a prostrarti davanti ad altri dèi e a servirli, io vi dichiaro oggi che certo perirete" (Deuteronomio 30,15/18).
La legge deuteronomica, come viene dichiarata nel testo, regola tutti gli aspetti della vita quotidiana, anche quelli sociali e familiari, e impone la difesa dei deboli e degli oppressi. Le sue preoccupazioni umanitarie comprendono, ad esempio, la remissione dei debiti ogni sette anni, le leggi antiusura, il rispetto per gli stranieri e la clemenza in guerra verso i nemici sconfitti, il porre un limite alla schiavitù e, a questo proposito, viene ricordato al popolo ebraico come sia stato esso stesso un tempo schiavo e straniero (Deuteronomio, 15, 20 e 23).
Anche i salariati, gli orfani, le vedove e gli indigenti sono trattati con grande umanità e posti sotto la protezione di Jahvè, concepito, finalmente, come un Dio-Signore protettore del debole e dell’umile. Perfino gli animali domestici vengono tutelati da maltrattamenti e da sfruttamenti iniqui: al bue non può essere messa la museruola quando trebbia (Deuteronomio 25,4). Il Deuteronomio, tutelando i diritti umani e la dignità della persona, dava un esempio senza precedenti di attenzione per i deboli e gli indifesi e contemplava leggi morali finalizzate al benessere sociale. Quindi ci presenta un Jahvè molto diverso dal nume sinaitico, crudele e sanguinario della conquista di Canaan che troviamo nella Storia Deuteronomistica.


venerdì 2 dicembre 2016

90– Il falso Jahvè. La nuova "Legge" 1

Col Deuteronomio, il libro che re Giosia aveva dichiarato di aver rinvenuto nel Tempio di Gerusalemme durante un inventario ma che, secondo l'eminente storico israeliano Mordechai Snyder della Hebrew University di Gerusalemme, fu invece composto per ordine del re stesso, forse a partire da una varietà di fonti preesistenti oppure ex novo, la storia ebraica e le leggi attribuite a Mosè furono riscritte secondo il punto di vista della teologia sostenuta dal gruppo dell'unicità di Jahvè.
Questo testo, pur facendo parte del Pentateuco, si differenzia nettamente dai libri di Genesi, Esodo, Levitico e Numeri che lo compongono, e si accosta invece ai libri storici di Giosuè, Giudici, Samuele e Re coi quali forma la cosiddetta Storia Deuteronomistica.. Nonostante finisca col resoconto della morte di Mosè, la paternità mosaica di questo testo rimane un articolo di fede per gli ebrei ortodossi quasi che Mosè avesse collaborato alla sua stesura anche post mortem.
Il libro segue le direttive imposte da Giosia nel 622 a.C. e afferma alcuni principi che sono talvolta in disaccordo con gli altri libri del Pentateuco. Ad esempio, il Deuteronomio è il solo libro del Pentateuco che affermi di contenere le "parole del Patto» che tutto Israele deve seguire" (29,8); che proibisca i sacrifici al di fuori del "luogo che il Signore vostro Dio sceglierà" (12,5), cioè il Tempio di Gerusalemme, mentre gli altri libri del Pentateuco li consentivano presso gli altari che si trovavano negli alti luoghi; è l'unico libro che imponga il sacrificio pasquale nazionale in un santuario nazionale (16,1-8) (sempre il Tempio di Gerusalemme); infine, è l'unico a definirsi il codice definitivo della Legge che Dio ha dato a Mosè sul Sinai, la cui osservanza era obbligatoria per garantire la sopravvivenza del popolo d'Israele.
Il libro richiama i trattati coevi ittiti e assiri fra re e vassalli, laddove tratta dell'Alleanza tra Jahvè e il popolo ebreo. Infatti, segue pedissequamente questi trattati nel decretare i principi generali da rispettare e tutti gli obblighi ad essi inerenti, con annessa una lista di premi e punizioni. L’obbedienza incondizionata ai comandamenti di Dio e alle seicentotredici leggi della Torah sono considerati il motivo fondamentale che giustifica la sopravvivenza del popolo ebraico.


giovedì 1 dicembre 2016

La prima persecuzione contro i cristiani fatta da Nerone fu un fatto storico o una colossale bufala inventata dalla Chiesa? Parte prima. 286

Esaminiamo i documenti del tempo. Gli storici latini che parlano di Nerone sono tre: Tacito, Svetonio e Dione Cassio. Di questi tre, solo Tacito nel XV libro degli "Annali" mette in relazione la persecuzione dei cristiani con l'incendio della città. Gli altri due ignorano questo legame.
Negli “Annales” di Tacito è scritto che Nerone, a seguito del devastante incendio di Roma del 64, per discolparsi dell'accusa di essere stato lui a provocarlo, aveva scaricato la colpa su: “... coloro che, odiati per le loro nefande azioni, il popolo chiamava Cristiani. Il nome derivava da Cristo, il quale, sotto l’imperatore Tiberio, tramite il procuratore Ponzio Pilato era stato sottoposto a supplizio. ” (Libro XV- 44).

Questo brano del grande storico latino è l'unico dewi cronisti antichi a descrivere la persecuzione neroniana ma è ritenuto da molti studiosi un autentico falso, inserito nel quindicesimo secolo forse dall'umanista italiano Poggio Bracciolini, segretario di papa Martino V e amanuense prolifico e disinvolto (1380-1459), per dimostrare, attraverso il martirio di Pietro, che il primato sulla cristianità spettava come sede, per diritto storico, a Roma (e non a Gerusalemme, dove il cristianesimo era nato), e al suo vescovo, quale successore di Pietro. Vediamo come è nato questo falso.


Anzitutto va precisato che nelle sue “Historiae” Tacito non fa il minimo accenno a Gesù Cristo, al cristianesimo dilagante in Giudea e al “Procuratore” Ponzio Pilato”. Eppure, Cornelio Tacito (155 - 220 d.C.), in questa sua opera fondamentale in latino, destina 12 capitoli del Libro V (dal 2° al 13°) per spiegare i fondamenti della religione ebraica in Giudea, senza riferire niente sul “Cristianesimo” e senza nemmeno accennare ai criteri essenziali della nuova dottrina (pur avendo Tacito ricevuto l’incarico ufficiale di sorvegliare i culti stranieri). Quindi risulta strano che nel brano citato degli “Annales”, si trovi un riferimento a “Cristo” e a “Pilato” e venga ravvisata nella Giudea la terra d’origine del Cristianesimo. Per il suo incarico sopracennato Tacito avrebbe dovuto avere forti motivazioni per indagare sui precetti e le finalità del movimento cristiano, se veramente questo fosse esistito nel I secolo. Ma nelle sue “Historiae” Tacito non fa il minimo accenno a Gesù Cristo, al cristianesimo dilagante in Giudea, a Ponzio Pilato e agli “Apostoli”.



In secondo luogo nel brano di Tacito c'è un errore che potrebbe apparire insignificante in documenti devozionali come i Vangeli, che lo riportano unanimi, ma che sarebbe imperdonabile se si trovasse in un documentatissimo e rigoroso testo storico latino. Nel brano a lui falsamente attribuito Ponzio Pilato viene chiamato da Tacito Procuratore mentre è storicamente e archeologicamente dimostrato che era Prefetto. Come avrebbe potuto Tacito, alto funzionario in carriera, che aveva ricoperto importanti incarichi, compreso il consolato, sino a quello di Governatore d’Asia in qualità di Proconsole, e aver conosciuto, per esperienza diretta, i rapporti gerarchici connessi a tale responsabilità, scambiare nel libro XV degli Annali al cap. 44, un “Prefetto” per un “Procuratore”? Il fatto è impossibile. La sua spiegazione, però, è semplice: iI falsario che ha aggiunto il brano della persecuzione di Nerone si è riferito ai Vangeli che unanimi chiamano Pilato un Procuratore. Essi, essendo stati scritti dopo che l'imperatore Claudio nel 44 d.C .aveva nominato Cuspio Fado come primo Procuratore dellla Giudea, ignoravano che i precedenti governatori romani della regione erano stati dei semplici Prefetti. Nei prossimi post verranno esaminati molti altri fatti che documenteranno in modo schiacciante la falsità dei versetti del cap. 44 degli Annali.

Publio Cornelio Tacito


martedì 29 novembre 2016

89– Il falso Jahvè. La riforma di Giosia (639-586 a.C.) e la nascita della Bibbia 3

Dopo aver sradicata l'idolatria in Giuda, Giosia, approfittando di una improvvisa e rapida decadenza dell'impero assiro, costretto, a causa della crescente potenza babilonese, a ritirare le sua truppe d'occupazione nel Regno del Nord, spinse la sua campagna iconoclasta fino a Bethel, dove l'odiato Geroboamo aveva fondato il tempio rivale a quello di Gerusalemme, dedicato a Baal. Questa spedizione punitiva era stata profetizzata, come ci racconta il Libro Primo dei Re, 13,1-2, tre secoli prima, fin nei minimi dettagli e col nome esatto di re Giosia, da un profeta anonimo. Si tratta ovviamente di una profezia post eventum, cioè aggiunta dopo che i fatti erano accaduti per attribuire a questo re un alone messianico. Ma per gli ortodossi fondamentalisti si tratta invece di un chiaro esempio di profezia realizzata. Il resoconto che ricaviamo dal secondo libro dei Re è di una crudeltà agghiacciante. Dopo aver massacrato il clero, i devoti israeliti e perfino alcuni ebrei di Giuda che si erano uniti a loro in un insediamento vicino, fece togliere le ossa dalle tombe intorno a Bethel e le ridusse in polvere per profanarle.
"Giosia demolì anche l'altare del santuario sulla collina a Bethel, fatto costruire da Geroboamo figlio di Nebat, quello che fece peccare gli israeliti. Distrusse altare e santuario, poi bruciò e ridusse tutto in cenere, anche il palo sacro della dea Asera. In quell'occasione, Giosia si guardò intorno e vide alcune tombe sul monte. Mandò a prelevare le ossa di quelle tombe, le bruciò sull'altare e, in questo modo, le sconsacrò. Si avvera così il messaggio del Signore, riferito da un antico profeta [...] Sugli altari di ogni santuario fece uccidere i sacerdoti e bruciò ossa umane. Infine rientrò a Gerusalemme" (2 Re 23,15-20).
Con la riforma di Giosia venne per sempre eliminata ogni traccia di idolatria nel Regno di Giuda e nel territorio del nord e si affermò definitivamente il culto unico di Jahvè nel solo Tempio di Gerusalemme. Comincia per Israele il monoteismo rigoroso.

venerdì 25 novembre 2016

88– Il falso Jahvè. La riforma di Giosia (639-586 a.C.) e la nascita della Bibbia 2

Giosia si presenta dunque agli ebrei come il re riformatore per eccellenza. Tutta la legge mosaica venne riveduta e confermata, punto per punto, nonché ampliata e resa assolutamente obbligatoria. Il Tempio e l'intera Gerusalemme vennero considerati la dimora di Dio, quindi dichiarati santi. Il culto sacrificale fu interamente concentrato a Gerusalemme e nel suo Tempio, e tutti i sacerdoti di Jahvè furono richiamati dal resto del paese e destinati a celebrare, a turno, i sacrifici. "Il re ordinò al sommo sacerdote Chilkjàhu [Hilqiyya], ai sacerdoti aiutanti, ai custodi della soglia di tirare fuori dal santuario del Signore tutti gli oggetti che erano stati fatti per il Baal, per l'ascerà [Ashera] e per tutta la schiera celeste, e li bruciò fuori di Gerusalemme nei campi del Kidron e ne portò le ceneri a Bethel. Rimosse i sacerdoti idolatri che avevano istituito i re di Giuda per offrire incenso sulle bamoth nelle città di Giuda e nei dintorni di Gerusalemme e quelli pure che offrivano incenso a Baal, al sole, alla luna, allo zodiaco e a tutte le schiere celesti. Trasse dalla casa del Signore la figura di Astarte trasportandola alla valle del Kidron, li la bruciò, la ridusse in cenere gettando la cenere sui sepolcri del popolo. Demoli le case di prostituzione che erano nel tempio del Signore dove le donne tessevano le tende per la dea Astarte" (2 Re 23,4-7). Contemporaneamente all'epurazione di tutti i culti pagani e sincretici, dei loro altari, arredi, immagini e insegne, in base alla riaffermazione drastica e rigorosa del secondo comandamento, anche l'intera liturgia israelitica, e soprattutto quella della festa della pasqua, furono restaurate secondo i canoni dell’antica purezza cultuale. In conclusione, la riforma di Giosia, di carattere politico-religioso, s'incentrò nel segno dell'elezione e dell'Alleanza. L'elezione venne intesa in senso religioso ma anche marcatamente nazionalista nei confronti degli altri popoli: Israele non soltanto era il popolo eletto di Dio, ma l'unico tra tutti i popoli della Terra a godere di tale privilegio divino. L'Alleanza s'identificò con un codice legislativo assolutamente coercitivo e quasi irrealizzabile, però rivestito, per la prima volta, anche di caratteristiche umane. Quando gli scribi e i sacerdoti di Giuda misero mano alla stesura della Bibbia, ricostruirono l'intera storia d'Israele proiettando retrospettivamente fatti e avvenimenti, in parte accaduti e in parte inventati, in funzione della nuova teologia nata dal Deutoronomio di Giosia.


giovedì 24 novembre 2016

Per i cristiani l'apoteosi del simulacro dell'imperatore rappresentava l'apostasia. 285

Le ordinanze degli imperatori di sacrificare agli dèi non erano dirette contro il cristianesimo in quanto tale, né venivano emanati a esclusiva difesa dei culti pagani, si prefiggevano semplicemente l’unità interna dell’Impero e lasciavano intatta la libera manifestazione della propria religiosità. Anche durante le persecuzioni più dure, quella di Diocleziano ad esempio, la coazione statale si concentrò esclusivamente sull’adempimento del sacrificio prescritto dalle leggi, e ci limitò a punire il rifiuto di tale adempimento, mai l’esercizio libero della religione cristiana. Tant’è vero che anche in quella circostanza le chiese, già molto diffuse a Roma, continuarono ad essere frequentate dai fedeli e conservarono intatti propri diritti patrimoniali.

Per i cristiani l’apoteosi di una persona umana era impensabile, benché ne avessero già compiuta una divinizzando Cristo e accogliendo nel suo culto parecchie forme proprie del culto imperiale. Quindi, se un cristiano consumava il sacrificio davanti al simulacro dell’imperatore, anche solo bruciando un po' d'incenso, la Chiesa considerava tale atto un’apostasia. Ma se un cristiano rifiutava il sacrificio, le autorità e il popolo sentivano il fatto come sacrilego e lesivo della maestà imperiale. E quando nuclei sempre più numerosi si opposero culto imperiale, lo Stato vi scorse la dissoluzione dell’energia vitale della nazione, cioè la distruzione dell’intero ordinamento della vita romana e scattarono le persecuzioni.

Le dieci persecuzioni, millantate dalla Chiesa, ebbero tutte breve durata e causarono un numero relativamente basso di martiri autentici. Ce lo confessa Origene quando dichiara che il numero dei martiri cristiani «è piccolo e facile da contare» (Origene, Contra Celsum). Durante le persecuzioni la maggior parte dei cristiani si salvò spesso con la fuga, molti però abiurarono, soprattutto sotto la persecuzione di Decio. Questa fu la prima persecuzione generalizzata e pianificata.


Decretata nel 250 allo scopo di procedere al sequestro dei numerosi beni ecclesiastici, considerati illegali in quanto la Chiesa non aveva personalità giuridica, suscitò molto panico ma le sentenze capitali furono piuttosto poche. Molti cristiani abiurarono (lapsi) sacrificando davanti ai simulacri degli dei e dell'imperatore, altri si limitarono a gettare l’incenso sulle braci e infine, i più furbi, conosciuti col nome di libellattici, ottennero con la corruzione un falso attestato di sacrificio o fecero sacrificare dai propri schiavi al loro posto. Solo pochi affrontarono il martirio o si mimetizzarono in luoghi solitari. I cristiani infedeli si pentirono e tornarono a schiere nel seno della Chiesa, che si affettò a cancellare il peccato di apostasia.

Decio imperatore


martedì 22 novembre 2016

87– Il falso Jahvè. La riforma di Giosia (639-586 a.C.) e la nascita della Bibbia 1

Il ritrovamento del Deuteronomio e il monoteismo rigoroso
La figura di Giosia rappresentò l'ideale ispiratore di tutta la storia d'Israele. "Prima di lui non vi fu un re simile che facesse ritorno al Signore con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le sue forze, osservando completamente la legge di Mosè, né dopo di lui ne sorse uno uguale" ( 2 Re 23, 25). È sulla sua figura quindi che vengono modellati Mosè, Giosuè e David nella Bibbia che nascerà sotto la sua regia, e la sua riforma religiosa assumerà un'importanza pari a quella del Patto di Dio con Abramo, dell'Esodo dall'Egitto o della promessa divina a re David. A lui dobbiamo le basi del giudaismo e della cristianità.
Durante i suoi trentun anni di regno su Giuda, egli si considerò un vero e proprio messia destinato a restaurare le glorie passate della casa d'Israele e a riportarla alla santità e attuò, con drastica determinazione, ma anche con inaudita ferocia, il totale sradicamento di ogni traccia di culto sincretico o diverso nel Regno di Giuda, inclusi gli alti luoghi (bamoth) che anticamente erano stati eretti nel paese e sempre tollerati anche dai sovrani considerati pii e devoti.

A far sbocciare in Giosia la determinazione di attuare la sua riforma religiosa fu, a detta dello storico deuteronomistico, il ritrovamento nel 622 a.C., durante un inventario nel tempio di Salomone, di un libro di origine oscura, che fu chiamato Deuteronomio (“libro della seconda legge”) (2 Re 22,8-23,24). Non sappiamo se il misterioso libro sia stato veramente trovato per caso nel vecchio Tempio o, piuttosto, se non sia stato scritto dai sacerdoti per ordine proprio di re Giosia, come molti ipotizzano; sappiamo però che ebbe un impatto enorme sul futuro del popolo ebraico. Il codice ritrovato fu subito considerato da tutti come il gran discorso di commiato di Mosè prima della conquista della Terra Promessa, e ritenuto quindi di rivelazione divina. Come autentica parola di Jahvè fu letto dal re durante un'assemblea nel Tempio, tra la commozione generale; l’assemblea si concluse col Patto di una nuova Alleanza tra Jahvè e il suo popolo.(2 Re 23,2-3). 

venerdì 18 novembre 2016

86– Il falso Jahvè. Il Regno di Giuda 4

Nel 705 a.C. moriva il re assiro Sargon II lasciando il trono al figlio Sennacherib giovane e inesperto. Sotto il nuovo re l'impero assiro passò un periodo di incertezza e re Ezechia credette che Jahvè avesse miracolosamente offerto a Giuda l'opportunità di riconquistare i territori del nord e ricostituire il regno unito di David.
Avendo nel frattempo portato a termine la purificazione del culto di Jahvè si convinse, come affermava la teologia che stava allora nascendo, che non valesse tanto la mera forza delle armi, quanto l'invincibile potenza di Jahvè, il Dio degli eserciti che combatte per Israele, e impavido sfidò, col suo piccolo esercito, le armate assire. Sperava molto di ricevere aiuto dall'Egitto, insofferente della potenza assira. Nonostante che tutti i racconti della Bibbia siano concordi nell'esaltare la pietà di Ezechia, l'intervento salvifico di Jahvè non arrivò e Giuda fu occupato. Ma lo storica deuteronomistico, falsando gli avvenimenti e mentendo spudoratamente per non sconfessare la sua teologia, scrisse che Gerusalemme fu miracolosamente liberata e l'esercito di Sennacherib distrutto. Invece, come ricaviamo da importanti iscrizioni assire portate alla luce dagli scavi archeologici, l'esercito di Giuda fu annientato, Ezechia costretto a pagare un pesante tributo e accettare la deportazione in Assiria di molti giudei, infine a collocare davanti al tempio di Gerusalemme due idoli assiri.
Quando sali al trono Manasse, figlio dodicenne di Ezechia, ci fu un colpo di Stato. La fazione per l'unicità di Javhè fu sconfitta e quella che propugnava il sincretismo religioso e una pragmatica collaborazione con l'Assiria prese il potere. Per volere del nuovo re Manasse, Giuda s'integrò nell'economia regionale assira e tornò ben presto alla prosperità e al benessere, annullando la riforma religiosa di Ezechia. Manasse segnò l'apogeo di Giuda, ma quando i deuteronimisti, cioè i fautori dell'unicità di Jahvè, riconquistarono il potere poco dopo la sua morte e presero, come vedremo tra poco, a scrivere la Bibbia, Manasse fu giudicato il peggiore di tutti i re e il padre di tutti gli apostati. Alla morte di Manasse, ci fu un altro colpo di Stato. Il partito per l'unicità di Jahvè, approfittando dell'assassinio di Amon suo successore, prese il potere e pose sul trono Giosia, il figlio di Amon di soli otto anni, che avrebbe regnato a Gerusalemme per trentuno anni e sarebbe stato osannato come il re più virtuoso della storia di Giuda. Con Giosia Israele conobbe la più profonda e radicale riforma religiosa della sua storia che determinò la nascita del moderno monoteismo e della Bibbia.

giovedì 17 novembre 2016

Il rifiuto del sacrificio alle divinità imperiali. 284

Il crimine più grave, però, di cui erano accusati i cristiani, riguardava il rifiuto del sacrificio alle divinità imperiali. I romani attribuivano al favore di queste divinità i propri successi militari e politici e ritenevano il sacrificio loro attribuito una manifestazione di patriottismo. Chi si sottraeva diventava nemico della comunità e metteva in pericolo la stabilità dello Stato. L'ordine di sacrificare alle divinità imperiali era quindi un atto di lealtà politica che doveva garantire l’unità interna dell’Impero e non intaccava minimamente l’esercizio libero della religione personale. Ma per i cristiani l’apoteosi di una persona umana era impensabile e considerato un atto di apostasia.

Quando nuclei sempre più numerosi di cristiani si opposero al culto imperiale, scattarono inevitabilmente le persecuzioni che non rivestirono mai un carattere religioso ma esclusivamente politico. In realtà fino al governo di Caracalla (211-217) l’odio verso i cristiani derivò più dal popoio, che li respingeva istintivamente, che dall’iniziativa di imperatori o governatori. Eppure le autorità, in assenza di dati di fatto probanti, non prestavano fede ai racconti popolari che attribuivano ai cristiani tutto il male possibile, solitamente incesto, omicidi rituali, cannibalismo, tant’è che non costituirono mai oggetto di procedimenti giudiziari. Ma il rifiuto del sacrificio agli dèi era considerato un atto fondamentale per ogni suddito dell'Imparo. Allora stato e religione, per i cristiani due mondi diversi, per i Romani erano strettamente connessi in quanto attribuivano al favore degli dèi i propri successi; favore strettamente legato al compimento di precisi atti sacrali.

L’intera vita pubblica era per questa ragione accompagnata da cerimoniali religiosi: il sacrificio, il punto centrale della religione romana, era una pietra di paragone della disciplina civile e della lealtà politica e la partecipazione ad esso era obbligatoria. Per altro era ovvio che ciascuno potesse invocare gli dèi che più gli fossero stati a grado e andare alla ricerca della propria salvazione personale dove gli paresse e piacesse. Ciò valeva in linea di massima anche per i cristiani.


Caracalla


martedì 15 novembre 2016

85– Il falso Jahvè. Il Regno di Giuda 3

Abbiamo visto che la teologia che ispirò la Storia Deuterenomistica può essere riassunta in cinque parole: Patto, promessa, apostasia, pentimento e redenzione, usate nel libro dei Giudici per dimostrare che tutte le sciagure che avevano colpito Israele erano punizioni di Jahvè per la ricaduta del suo popolo nell'idolatria. Ebbene, anche l'interpretazione biblica dell'invasione del Regno del Nord da parte degli assiri fu squisitamente teologica. Nei libri dei Re l'autore biblico passa in rassegna i re d'Israele uno per uno e li giudica negativamente, ripetendo, come in un ritornello, il re tal dei tali: "fece quello che era male agli occhi del Signore; non abbandonò i peccati di Geroboamo figlio di Nebat", per concludere che l'occupazione assira e la fine del Regno d'Israele furono decretate da Jahvè per punire gli scellerati re d'Israele dediti all'idolatria, mentre il Regno di Giuda era stato preservato dall'invasione perché la maggior parte dei suoi re erano stati virtuosi. L'autore biblico si guarda bene dallo spiegare che Israele fu invaso e Giuda risparmiato perché l'impero assiro considerava Israele, con le sue ricche risorse e la popolazione produttiva, una preda straordinariamente più allettante del povero e arretrato Regno di Giuda. A lui non serviva produrre una storia oggettiva ma fornire la spiegazione teologica dell'avvenimento e soprattutto ammonire il popolo di Giuda a non subire la stessa sorte del regno fratello del nord disobbedendo a Jahvè.
Il movimento per l'unicità di Jahvè trovò nel re Ezechia, che regnò a Gerusalemme per ventinove anni, il suo primo e fervido sostenitore. Gli autori dei libri dei Re ricordano la sua ascesa al trono di Giuda, verso la fine dell'ottavo secolo a.C., come un evento epocale. Infatti, lo dichiarano un secondo Salomone e gli riconoscono di aver unito tutto Israele attorno al Tempio di Gerusalemme, di aver eliminato le bamoth e gli altri oggetti di culto idolatri. "Egli fece ciò che è retto agli occhi del Signore come aveva fatto David suo padre: soppresse le bamoth, spezzò le stele, abbatté le asceroth, e frantumò il serpente di rame che aveva fatto Mosè poiché fino a quel tempo i figli d'Israele gli offrivano profumi (incenso), e si chiamava Nechushtan" (2 Re 18,3-5).
Ezechia, con la sua riforma religiosa che restaurava la purezza e la fedeltà del culto a Jahvè, ritenne di aver restituito a Giuda la sua santità e di essersi riappropriato l'aiuto divino, come ai tempo della conquista della terra di Canaan.


venerdì 11 novembre 2016

84– Il falso Jahvè. Il Regno di Giuda 2

La forte trasformazione economica e demografica determinò dei nuovi e radicali cambiamenti culturali e religiosi che portarono alle grandi riforme di Ezechia e del pronipote Giosia, che segneranno la definitiva rinascita religiosa di Israele. Prima che il Regno di Giuda si trasformasse in uno Stato pienamente evoluto, vi regnava, come nel Regno del Nord, un diffuso caos religioso. C'era il culto centrale nel Tempio di Gerusalemme, ma c'erano innumerevoli culti della fertilità, degli antenati e di altri dèi che affiancavano il culto di Jahvè. Contro questo sincretismo religioso alcuni profeti (Elia, Eliseo, Amos e Osea) e un certo numero di sacerdoti di Giuda combatterono a lungo e ferocemente e la loro lotta non fu vana perché determinò la nascita di un nuovo movimento religioso che lo storico Morton Smith soprannominò "movimento per l'unicità di Jahvè". Esso affermava che si doveva adorare solo Jahvè e nel solo Tempio di Gerusalemme e dichiarava sacrileghi tutti gli altri culti del paese, e si opponeva ai sostenitori dei costumi e dei rituali religiosi giudei più antichi e tradizionali. Probabilmente all'inizio i sostenitori del "movimento per l'unicità di Jahvè" erano una minoranza, ma crebbero rapidamente e, in seguito alla rapida diffusione dell'alfabetismo, sentirono la necessità di scrivere un testo che definisse e motivasse le loro istanze religiose e questo fu il primo nucleo storico della Bibbia. Sacerdoti e scribi avevano allora raggiunto una preparazione necessaria per intraprendere un simile compito. I libri dei Re che denunciano l'empietà della gran parte dei re del nord, ma anche di alcuni re di Giuda, riflettono in pieno l'ideologia del movimento per l'unicità di Jahvè. Secondo lo studioso biblico Baruch Halpern è proprio in questo momento storico, tra la fine dell'ottavo secolo a.C. e l'inizio del settimo, che è possibile collocare la nascita della tradizione monoteistica della civiltà giudeo-cristiana. Ciò a dimostrare che la moderna coscienza religiosa non è nata, come offre l'interpretazione retrospettiva della Bibbia, all'epoca dei patriarchi nomadi e dell'esodo dall'Egitto, ma nel tardo ottavo secolo a.C. Se questo movimento non fosse sorto e fossero continuate le pratiche tradizionali del culto sincretico non avremmo avuto né le leggi del Deuteronomio né la Storia Deuteronomistica e forse nemmeno il cristianesimo. Le idee del movimento per l'unicità di Jahvè contemplavano anche la restaurazione della dinastia davidica su tutto Israele, inclusi i territori dello stato settentrionale in cui vivevano molti israeliti che non erano stati deportati dagli assiri. La ricostituzione cioè del regno unito governato a Gerusalemme da un discendente di David.  

giovedì 10 novembre 2016

La disobbedienza civile e l'ideologia apocalittica rendevano i cristiani nemici dell'Impero. 283

Il cristianesimo della Chiesa di Gerusalemme, prima che Paolo lo demessianizzasse e lo degiudeizzasse, non era affatto simile al nostro ma fortemente legato alle istanze esseno-zelote e i romani lo sapevano. Perciò essi non perseguitavano la nuova ideologia religiosa bensì l'ostilità contro Roma, unita alla disobbedienza civile, che essa implicava.

I cristiani, infatti, rifiutavano il servizio militare, atto considerato dai romani intollerabile e antipatriottico, non frequentavano né il circo né il teatro, e nemmeno le feste e le processioni pagane, cioè si autoescludevano dalla vita civile.
Inoltre, predicavano che solo il loro Dio era vero degradando le altre divinità al rango di figure diaboliche e si dedicavano ad un proselitismo accanito, inconcepibile per il politeismo del tempo. Infine, invocavano fanaticamente la fine del mondo e consideravano quella raccapricciante catastrofe, che avrebbe arrecato interminabili tormenti, la giusta punizione per la malvagità dei pagani e invece per loro l'inizio di una eterna felicità.

Si definivano, come gli ebrei,«parte aurea», «Israele di Dio», «popolo eletto», «popolo santo» e tertium genus hominum e, in contrapposizione, consideravano tutti i pagani degli iniqui peccatori. Tutta la letteratura precristiana pullulava di una radicale condanna della vita antica. I pagani appaiono come atei, rigonfi d’invidia, di menzogna, pieni di odio, apertamente interessati soltanto alla sfrenatezza sessuale, a gozzovigliare. Il loro mondo è «nero» proclamavano, maturo per la distruzione «nel sangue e nel fuoco». Nessun altro culto dell’antichità conobbe un simile atteggiamento esclusivistico. Ecco perché erano considerati nemici degli dèi e li si accusava di ateismo e di empietà mostruose, come incesto, omicidi rituali e cannibalismo.


Paolo


martedì 8 novembre 2016

83– Il falso Jahvè. Il Regno di Giuda 1

A differenza del Regno d'Israele ricco e prospero, quello di Giuda, fino all'ottavo secolo a.C., rimase scarsamente popolato e molto arretrato economicamente e culturalmente con pochi centri sporadici e di piccole dimensioni, Gerusalemme inclusa. La sua economia era incentrata su un'agricoltura di pura sussistenza e sulla pastorizia.
Ma a partire dalla fine dell'ottavo secolo a. C le cose cambiarono rapidamente nel campo economico, politico, culturale e religioso. Nell'arco di pochi decenni, come confermano recenti scoperte archeologiche, la cittadella reale di Gerusalemme, sede di una dinastia locale piuttosto insignificante, si trasformò in un centro operativo religioso e politico, a livello di potenza regionale, in conseguenza dell'arrivo al sud di migliaia di rifugiati provenienti dallo sconfitto Regno d'Israele. Questi rifugiati, sfuggiti alla deportazione assira, rappresentavano la classe più evoluta del nord ed erano costituti da intellettuali, amministratori, comandanti militari, esperti artigiani e imprenditori dediti alla produzione a al commercio dell'olio, del vino e del grano. A seguito del rapido sviluppo economico la popolazione, che era stata per tanto tempo nell'ordine delle poche decine di migliaia, arrivò rapidamente intorno ai duecentomila individui. Oltre che per l'apporto considerevole dei rifugiati del nord, lo sviluppo di Giuda fu dovuto anche all'integrazione e alla cooperazione cui fu costretto con l'economia dell'impero assiro, egemone della regione.
Le prove archeologiche ci mostrano che alla fine dell'ottavo secolo il regno meridionale si era trasformato in uno stato pienamente evoluto. Sono stati ritrovati, infatti, iscrizioni monumentali, sigilli, impronte di sigilli e òstraka dell'amministrazione reale, resti di edifici pubblici costruiti in pietra bugnata e adornati di capitelli, ceramiche ed altri manufatti prodotti in manifatture centrali da dove venivano poi distribuiti in tutto il paese.

venerdì 4 novembre 2016

82– Il falso Jahvè. La fine del Regno d'Israele 2

Purtroppo l'opulenza, la forza militare e la prosperità attirarono su Israele l'attenzione del grande impero assiro, allora all'apogeo della sua potenza, e per il Regno del Nord fu la fine. Israele fu invaso, distrutto, cancellato come Stato. Gran parte della sua popolazione fu deportata e dispersa nelle varie contrade dell'impero assiro e non fece più ritorno in patria. Al suo posto fu insediata coattivamente una nuova popolazione. Giuda che continuava ad essere un regno povero e isolato fu invece risparmiato dall'invasione ma sottoposto ad un pesante tributo e poté conservare la sua indipendenza per altri ottant'anni.
Dopo l'invasione la Samaria e le altre regioni del nord furono abitate da una popolazione mista, composta per la maggior parte dalla nuova élite coloniale degli invasori e in piccola parte da gente del luogo rimasta priva di guida. Questa nuova popolazione promiscua venerò Jahvè col nome di Baal assieme alle nuove divinità straniere, e a causa di ciò il suo sincretismo religioso sarà disprezzato dagli ebrei del sud. Ma una buona parte dell'élite israelita, sfuggendo agli assiri, riuscì a trovar rifugio nel Regno di Giuda e divenne l'artefice del suo rapido sviluppo economico, politico e culturale. Ma dovette rinunciare al culto di Baal e giurare fedeltà al Tempio di Gerusalemme. Una piccola parte degli abitanti del Regno d'Israele, invece, non volendo emigrare nel regno di Giuda per sfuggire alla deportazione, cercò rifugio nelle montagne e nel deserto dove continuò il culto di Baal.

Ciò arrecò gran fastidio al re di Giuda, Giosia, il quale, appena gli assiri, minacciati dai babilonesi, si ritirarono dalla Palestina, organizzò e portò a compimento la distruzione di tutti i luoghi di culto di Baal nel territorio del nord e sterminò i pochi seguaci ancora rimasti. In tal modo ogni traccia della cultura e della religione del Regno d'Israele venne definitivamente cancellata e fu reso indelebile il giudizio degli scribi di Giuda che giudicavano Israele un regno malvagio e blasfemo e il suo popolo legato a idoli che erano l'antitesi del vero Dio. 

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)