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martedì 30 agosto 2016

Nel II secolo lassismo e mondanizzazione erano già molto diffusi nella Chiesa. 273

 Le prime comunità cristiano-ellenistiche che si svilupparono in Oriente (Siria e Turchia attuali), giudicando la fine del mondo ormai prossima, vivevano appartate dalla società, applicando una rigorosa condotta morale. Chi le guidava non veniva imposto dall'alto o eletto dai fedeli ma derivava la sua autorità per il carisma spirituale che sapeva emanare. Era chiamato Profeta ed era considerato in grado di avere visioni e di comunicarle alla comunità.

Assieme al Profeta c'era anche un altro personaggio importante nella comunità, chiamato Maestro, il cui compito consisteva nell'istruire i fedeli su Dio. Il cristianesimo più antico fu dunque carismatico e profetico. Accanto a queste due guide spirituali c'erano altre persone, incaricate di funzioni prevalentemente economico-amministrative e sociali: raccolta delle offerte, assistenza dei bisognosi, allora molto numerosi, servizio alle mense e così via. Godevano di un prestigio notevolmente inferiore rispetto ai Profeti e ai Maestri ma erano indispensabili. Ricorrendo alla terminologia pagana, erano chiamati diaconi (gli inservienti più comuni), presbiteri (quelli di rango più importante) e vescovi (i controllori).

Quando, in seguito al procrastinarsi della parusia, nel II secolo, l'influenza degli spirituali (Profeti e Maestri), andò scemando, crebbe per contro, l'influenza dei vescovi e dei presbiteri, i quali, essendo i dispensatori di denaro e di altri beni, acquisirono sempre più importanza e prestigio. In un tempo relativamente breve, i vescovi subordinarono i presbiteri e poterono disporre, ad libitum, di tutte le entrate e le donazioni della comunità, senza dover render conto a nessuno del loro operato.

Il Sinodo di Antiochia (nel 341), tentò, inutilmente, di mettere sotto controllo il comportamento amministrativo dei vescovi. Essi continuarono a servirsi dei capitali ecclesiastici autonomamente, soprattutto per consolidare la loro posizione personale. Per accrescere le loro entrate si dedicarono in particolar modo alla conversione dei ricchi, con la conseguente rivalutazione della ricchezza e dei ceti superiori.

L'affluire di sempre maggiori ricchezze nelle mani dei vescovi determinò, come ci fa sapere Origene, gravi fenomeni di decadenza morale e religiosa, tanto che Vescovi, presbiteri e diaconi furono spesso accusati di avarizia, avidità di potere, ambizione arrogante e simonia. La Chiesa si era trasformata in una spelonca di lucratori senza scrupoli e si era rapidamente mondanizzata.

La situazione peggiorò quando i vescovi aggiunsero alle funzioni economiche anche quelle pastorali ed eucaristiche. Alla fine del II secolo essi avevano tutto il potere nelle loro mani: economico, giuridico e pastorale (celebrare l'eucaristia, ammettere nuovi fedeli, somministrare il battesimo e così via); inoltre erano inamovibili fino alla morte e governavano la loro comunità come monarchi assoluti.
Erano eletti dal popolo, ma avendo la carica vescovile un enorme potere economico suscitava sempre enormi e smodati appetiti per cui alla morte di un vescovo, l'elezione del successore spesso avveniva tra risse furibonde e perfino sanguinose, come ci racconta Gregorio di Nazianzio, Padre della Chiesa.

A reagire al lassismo e alla sempre più diffusa mondanizzazione della Chiesa sorsero allora i Montanisti, fondati da Montano, i quali proclamando la continuità dei doni della grazia, specie della profezia, il sacerdozio universale e la dottrina del prossimo ritorno di Gesù, rigettavano la gerarchizzazione ed esigevano un’elevata moralità insieme alla riforma dell’intera vita cristiana.

Origene


63– Il falso Jahvè. Il regno unito 2

Il suo successore, David, viene presentato dalla Bibbia come il mitico uccisore del gigante filisteo Golia che terrorizzava Israele. Il racconto biblico in questo caso, come in quello riferito a Sansone, è pura mitologia. Comunque, per l'enorme carisma che lo accompagnò durante la sua lunga vita, David è passato alla storia come il re ideale d'Israele. Alla morte di Saul, infatti, grazie alle sue notevoli doti militari e politiche, egli riuscì a raccogliere intorno a sé tutte le dodici tribù d'Israele e a creare un regno forte e unitario che in breve unificò, secondo la Bibbia, tutta la Palestina e si estese a sud, fino a incorporare il territorio di Edom, e a nord ad annettere parte della Siria. Venne quindi considerato dagli ebrei il vero costruttore del regno politico d'Israele (M. Magnusson, BC, op. cit., pagg.119-137). Egli scelse Gerusalemme come capitale del nuovo Stato e qui egli portò l'Arca dell'Alleanza in attesa di costruire un tempio che l'accogliesse definitivamente.
Con David, Israele maturò la convinzione di avere trovato la propria identità e la propria forza, di essere diventato il depositario della missione divina di diffondere dovunque la fede del Dio unico Jahvè, di splendere davanti a tutti i popoli della Terra come luce di verità, come popolo santo. La convinzione cioè che il Regno d'Israele non poteva essere altro che il prototipo del "regno di Dio in Terra."
Assieme ad Abramo, il fondatore della stirpe, e a Mosè, il legislatore e il liberatore, David, come unificatore del popolo ebraico e fondatore del primo regno unito, entrò presto nella triade più carismatica d'Israele. La sua figura, già idealizzata nei libri delle Cronache, nella più tardiva rielaborazione del Deuteronomio fu mitizzata e ai suoi discendenti venne addirittura promessa da Jahvè un'ininterrotta sovranità su una Terra Promessa, ampliata a dismisura:
Voi v'impadronirete di nazioni più grandi e più potenti di voi. Ogni luogo che la pianta del vostro piede calcherà, sarà vostro; i vostri confini si estenderanno dal deserto fino al Libano, e dal fiume, il fiume Eufrate, fino al mare occidentale“(Deuteronomio 11,23/24).


venerdì 5 agosto 2016

AVVISO

AI GENTILI LETTORI SI COMUNICA CHE IL BLOG  RIPRENDERA' LA SUA CONSUETA PUBBLICAZIONE MARTEDI' 30 AGOSTO. 
BUONE FERIE  A TUTTI.

62– Il falso Jahvè. Il regno unito 1

Nel periodo dei Giudici era diffuso un forte sentimento d'ostilità verso il sistema di governo monarchico. Le tribù erano ancora fiere della loro indipendenza e del loro governo patriarcale, guidato dal consiglio degli anziani o da un capo carismatico, e ciò sebbene stesse diventando sempre più stretto tra loro il rapporto religioso imperniato sull'unico Dio e sul Patto dell'Alleanza. Si sentivano sempre più il popolo di Jahvè ma nel contempo vedevano Dio come il Signore delle famiglie, dei clan e delle tribù, non ancora come il sovrano dell'intero popolo d'Israele. Il giudice Gedeone affermava rivolto alla sua tribù: “Io non regnerò su di voi né mio figlio regnerà; il Signore regnerà su di voi” (Giudici 8,23).
Tuttavia, quando i cananei divennero una vera minaccia per il popolo ebraico, le tribù dovettero unirsi in maniera più stabile e formare un esercito unito sotto la guida di un re. È il primo libro di Samuele che ci racconta la nascita della monarchia: un giovane di nome Saul riuscì a radunare tre tribù contro gli ammoniti e fu in seguito unto re.
La figura di Saul, il primo re d'Israele, ci è stata tramandata dalla Bibbia in modo distorto a causa dei suoi alterni successi militari e del suo forte antagonismo con David, che ereditò il trono alla sua morte. Certamente fu una figura tragica, che dopo una pesante sconfitta coi filistei, finì suicida sul monte Gelboe.

giovedì 4 agosto 2016

Marcione fu diffamato dalla Chiesa coi più volgari epiteti e con accuse inverosimili. 272

La Chiesa, fin dalle sue origini, fu costantemente travagliata da dure e spesso crudeli lotte interne per motivi di ortodossia religiosa. Cominciò Paolo quando, opponendosi ai cristiano-giudei di Gerusalemme che lo accusavano di menzogna, li coprì di anatemi e di calunnie ignominiose definendoli a più riprese: «cani», «storpi» e «apostoli di menzogne».

Sulla scia di Paolo, gli ortodossi cristiani affibbiarono ai dissidenti eretici gli appellativi più ignobili come «sozzura e vituperio», «figli della maledizione», «bestie prive di intelletto” «figli primogeniti di Satana», «bestie in forma umana», «maiali» e «bestie da macello per l’inferno» Per cui il filosofo pagano Celso poté scrivere che i cristiani: «si assalgono reciprocamente con invettive tanto aspre, che non si possono nemmeno ripetere» (Origene op. cit. 5,63).

Anche Marcione, per secoli avversato con odio implacabile, dovette subire dalla Chiesa le più volgari e inverosimili accuse. Egli e i suoi numerosi seguaci mai reagirono a queste ignobili aggressioni, anzi usarono sempre il massimo rispetto per tutti: cristiani e pagani. Siccome, data la sua condotta irreprensibile non prestava il fianco a facili attacchi, uno dei principali avversari cattolici, prendendo gioco della sua patria sul Mar Nero, scrisse: «In quei luoghi abitano tribù estremamente crudeli, ammesso che si possa usare il verbo abitare per uomini che vivono sui carri. Conducono una forma di esistenza primitiva; l’amore è indecente; i corpi dei genitori vengono fatti a pezzi e divorati insieme con brandelli di carni animali in orge disumane... Ma nel Ponto nulla vi è di più barbarico e infame del fatto che vi sia nato Marcione..., infatti, Marcione è davvero più implacabile e più tristo delle bestie feroci di quella terra barbarica» (Cit. da Buonaiuti, 1,97).

San Giustino, dopo aver accusato Marcione di essersi alleato col demonio (Just., Apol. 1, 26 e 58) e di aver pronunciato insulti contro Cristo e «parole e atti ostili a Dio e biasfemi», insinuò che i marcioniti - vegetariani osservanti, fatta eccezione per la carne di pesce - fossero persino antropofagi (Just., Tiyph. 35, 4 sg.; 80, 3. Apol. 1, 26). San Policarpo, vescovo di Smirne, chiama Marcione «primogenito di Satana» (Iren., adv. Haer. 3, 3, 4). Efrem, dottore della Chiesa del IV secolo, affibbia ai marcioniti e ad altri «eretici» l’appellativo di «lupi razziatori», «sporchi maiali» e «spaventevoli sacrileghi». Oltre ai più eminenti Padri della Chiesa: Giustino, Teofilo, Ireneo, Tertulliano si accanirono contro di lui molti altri, i cui nomi sono oggi appena conosciuti, come Filippo di Gortina, Modesto e Rodone.

La Chiesa lo bollò, quindi, come la quintessenza del male e lo denigrò con infami accuse, usando sistematicamente una tattica, poi adoperata con successo lungo il corso della sua storia, contro chiunque dissentisse dalla sua dottrina, giungendo alle estreme conseguenza condannando al rogo gli eretici e le presunte streghe, sempre in nome del suo Dio buono e misericordioso.

L’odio nei confronti di Marcione da parte di molti Padri della Chiesa può essere giustificato dal fatto che egli era uno spirito eccezionalmente dotato, una personalità intellettualmente e religiosamente superiore, tanto che poteva essere chiaramente sconfitto solo dalla volgarità e dalle accuse più inverosimili. Ancor oggi egli è sottoposto all’attenzione di studiosi, privi dei paraocchi ecclesiastici, in quanto superava di gran lunga i Padri della Chiesa del suo tempo e rispetto ad essi nutriva una comprensione ben più profonda della sostanza dell’insegnamento di Gesù.



martedì 2 agosto 2016

61– Il falso Jahvè. Il sincretismo religioso in Israele prima della riforma di re Giosia 6

Si trattava di un Dio spietato e sanguinario, di origine sinaitica, divenuto la completa negazione del Dio sublime del monoteismo di Akhenaton e per il quale solo il popolo eletto andava tutelato (ma solo finché rimaneva a lui fedele), mentre il resto dell'umanità veniva sempre considerato con crudele disprezzo. Che Jahvè avesse una particolare predilezione per il sangue ci viene confermato dal Levitico, il libro sacerdotale. Gran parte delle norme e dei precetti che lo compongono riguardano i sacrifici da immolare a Jahvè. È una serie ininterrotta di ordini su come "scannare" (la parola è della Bibbia) tori, vitelli, arieti, capri, agnelli, e perfino tortore, davanti all'altare di Jahvè; su come aspergere all'intorno il loro sangue; su come bruciare il loro grasso e le loro carni in modo che Jahvè possa bearsi del "riposante odore" (parole ripetute molto spesso nel testo) da esse emanate bruciando.
I sacerdoti non avevano il compito di predicare al popolo, di illustrare il significato della Legge o dei comandamenti divini, ma soltanto quello di macellare ininterrottamente gli animali da immolare e di aspergere dovunque il loro sangue. Si potrebbe dire che fossero i macellai di Jahvè. Il "riposante odore" di cui Jahvè si compiaceva, stando al Levitico, in realtà era un ripugnate lezzo di sangue, grasso bruciato e incenso, simile a quello che impregnerà il Tempio di Gerusalemme nei secoli successivi nel periodo delle feste pasquali, durante le quali venivano macellate più di ventimila animali.
Com'era visto Jahvè dagli Israeliti? Non come un Dio unico e universale, inteso come Signore dell'intera umanità, ma un Dio scelto da Abramo fra i tanti dèi del mondo per eleggerlo protettore unico del suo popolo. Un Dio nazionale, quindi, per non dire tribale, che tutelava solo il suo popolo eletto e considerava il restante genere umano con ostilità o indifferenza. Non ci troviamo di fronte al vero monoteismo che afferma l'unicità e l'universalità di Dio ma ad una forma di monolatria. Jahvè inteso come uno dei tanti dèi del mondo pagano.

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Informazioni personali

Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)