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venerdì 29 luglio 2016

60– Il falso Jahvè. Il sincretismo religioso in Israele prima della riforma di re Giosia 5

Abbiamo visto come Mosè fosse partito dal concetto del Dio Uno e Tutto, inteso come sublime divinità dei misteri. Non potendo, però, trasmettere al suo nuovo popolo questa sublime conoscenza, aveva dovuto ridurre la sua idea di Dio alla dimensione di una divinità tutelare, di un Dio nazionale e personale. D'altra parte, che ne avrebbero fatto i suoi ebrei di un Dio filosofico o di un Dio sublime, totalmente al di fuori della loro portata? Invece, con quel Dio nazionale, presentato come un condottiero sotto la cui bandiera poter creare uno Stato e conquistare una terra, avrebbero compiuto miracoli. Del Dio dei grandi misteri dunque Mosè si accontentò di salvare soltanto l'unicità e l'onnipotenza.
Quando il gruppo dell'Esodo, giunto nella terra di Canaan, fu spinto ad amalgamarsi alle altre tribù d'Israele ma dovette convivere, come le scoperte archeologiche ci indicano, con l'idolatria che ancora professavano. Per combatterla e per diffondere il culto del Dio unico dovette far leva sul concetto della potenza e dell'invincibilità del suo Dio Jahvè, presentato come il Dio degli eserciti, e sul Patto dell'Alleanza che elevava il popolo ebraico al rango di popolo eletto e gli assegnava per diritto divino il perenne possesso del territorio. Jahvè doveva diventare pertanto il cemento politico-religioso del futuro Israele. Tale ce lo rappresenta, infatti la Storia Deuteronomistica sia durante la conquista di Canaan, sia nel periodo che precedette la monarchia unita durante il quale era diviso in tribù governate dai Giudici.

giovedì 28 luglio 2016

Marcione rinnegò il materialismo etico della Chiesa Cattolica. 271

Marcione non accettò mai il materialismo etico del cristianesimo, tuttora perseguito sia dai cattolici che dai protestanti, che impone di perseguire il bene per avere la ricompensa del paradiso e di rifuggire il male per evitare il castigo delle pene infernali.Essere buoni solo per essere buoni? Dedicare la propria vita per il bene del prossimo senza paradiso o inferno dietro le quinte? L’ethos della Chiesa ufficiale non può giungere a tanto. Per i cattolici è sempre stato inconcepibile una eticità che escludesse il concetto di premio-punizione.

Per Platone come per la Stoa, per Goethe, per Kant e per la maggior parte dei filosofi e perfino degli atei il concetto che agire nobilmente reca in sé il proprio valore, la propria ricompensa è l'imperativo categorica di una autentica eticità. Ma per l’ortodossia cristiana un egotismo taccagno diventa il motivo morale decisivo: le opere buone si compiono non disinteressatamente, ma nell’interesse della propria salvezza: do ut des è il principio basilare sempre perseguito e vantato dalla Chiesa fin dalle sue origini. Tutto deve accadere - come confessa Gregorio di Nazianzio (or. 17, 11;19, 11) – solo «con riguardo all’altra vita». Autentico materialismo religioso che rinnega l'essenza dello spirito evangelico.

I marcioniti, coerentemente coi loro principi, senza l’aspettazione di una concreta ricompensa, operarono per il bene della comunità offrendo i loro servizi i a tutti, persino ai Pagani, fatto che provocò grande indignazione da parte dei cattolici. Questi accusarono gli «eretici» (i marcioniti) di dissipare la loro dignità, di avvilire l’autorità e la disciplina ecclesiastica e di i gettare «il sacro in pasto ai cani, e le perle, benché non vere, ai porci», come ci conferma Tertulliano. I «porci», nel linguaggio evangelico della Chiesa, erano i non-cristiani e, naturalmente, anche gli eretici.




Platone


martedì 26 luglio 2016

59– Il falso Jahvè. Il sincretismo religioso in Israele prima della riforma di re Giosia 4

Il profeta Geremia giunse ad affermare che gli altari di Baal in Gerusalemme erano più numerosi delle strade della capitale e che il numero delle divinità adorate in Giuda uguagliava quello delle sue città (Ger 11,13); denunciò anche che molti oggetti di culto dedicati a Baal, Ashera e agli dei del cielo erano installati perfino nello stesso Tempio di Gerusalemme. Ezechiele, un altro grande profeta, descrive in dettaglio tutte le abominazioni praticate nel tempio di Gerusalemme incluso il culto del Dio mesopotamico Tammuz. Nel redigere la storia del Regno d'Israele e di Giuda, Geremia condannò aspramente tutti i re che avevano tollerato queste forme di idolatria e li bollò di anatema dicendo di ognuno: "fece molto male agli occhi del Signore provocandolo a sdegno" (2 Re 21,2-6). Da notare che i re accusati di apostasia e quindi considerati malvagi (come Manasse e Geroboamo II), secondo i dati storici e archeologici in nostro possesso, erano monarchi illuminati e munifici che favorirono al massimo la prosperità dei loro sudditi con imponenti iniziative edificatorie, collegamenti internazionali e un forte impulso allo sviluppo economico e culturale. Ma non avevano tolto di mezzo le bamoth, non avevano contrastato i riti pagani e i matrimoni misti. Quindi erano nemici di Jahvè e "commettevano tutte le cose abominevoli in uso presso i popoli che il Signore aveva scacciato dinanzi ai figli di Israele "(1 Re 14,22).
E il culto di Jahvè, che faticosamente andava diffondendosi tra le varie tribù, quale evoluzione aveva subito nel frattempo?

venerdì 22 luglio 2016

58– Il falso Jahvè. Il sincretismo religioso in Israele prima della riforma di re Giosia 3

Nel 1970 furono effettuati degli scavi sul monte Hermon nel nord d'Israele ad opera di un gruppo di archeologi guidato da Avraham Biran, direttore della Nelson Glueck School of Biblical Archaeology di Gerusalemme (Magnus Magnusson, The Archaeology of the Bible Lands, "BC", pagg.159-161). Furono portati alla luce le vestigia di quello che, probabilmente, era un santuario a cielo aperto, una bamoth. All'ingresso si trovarono i resti di una massiccia struttura d'accesso costituita da due torri, e più avanti un'arena scoperta costituita da una piazza pavimentata, all'interno della quale c’era una piattaforma di pietra rialzata, circondata da quattro colonne decorate, e posta davanti a una lunga panca di pietra.
Le caratteristiche di queste bamoth erano quindi: una vasta area pavimentata circondata da pilastri e una piattaforma rialzata con altare. L'altare appariva decorato con due corna laterali che erano, probabilmente, le caratteristiche comuni a tutti gli Alti Luoghi in cui veniva adorato Jahvè prima della costruzione del Tempio di Gerusalemme.
Quindi gli israeliti adoravano Jahvè in una grande varietà di modi e assieme a una varietà di dei e dee adottati dai culti dei popoli vicini, come il Dio Milkom di Ammon, Kemosh di Moab e Astarte di Sidone (1 Re 11,5; 2 Re 23,13). Tolleravano anche i cinedi (uomini che praticavano la prostituzione sacra) e la prostituzione sacra femminile nel Tempio di Gerusalemme. Si dedicavano alle divinazioni e agli incantesimi e praticavano anche riti totalmente pagani come sacrificare nel fuoco i loro figli e le loro figlie in onore del Dio Mòlech in altari chiamati Tòfeth, fatti distruggere da Giosia. Si trovavano questi forni vicino a Gerusalemme in una valle orrida chiamata Geenna, divenuta in seguito sinonimo dell'inferno.
G1i studiosi biblici hanno dimostrato che questi culti pagani non erano arbitrari e isolati ma diffusi in tutti i clan e in tutte le tribù fin dai tempi più antichi e facevano parte di un complesso di rituali spesso intesi ad invocare le forze celesti per la fertilità e il benessere del popolo e del paese. L'esistenza delle bamoth e di altre forme di culto verso i numi domestici non era, come lasciano intendere i libri dei Re, un'apostasia da una precedente fede più pura ma un rimanere fedeli alle ancestrali origini che si perdevano nel tempo.
I profeti maggiori e minori s'accanirono ferocemente contro queste pratiche pagane e il fatto che molti israeliti sposavano donne cananee e filistee di religione pagana e attribuirono a queste deviazioni tutte le sventure di Israele.


giovedì 21 luglio 2016

La Chiesa fondata da Marcione venne presa a modello dalla Chiesa cattolica. 270

Marcione fu il primo fondatore di una Chiesa. Con le sue concezioni teologiche e organizzative, e con la sua opera egli diede l’impulso decisivo alla creazione della chiesa veterocattolica, fornendone il modello. Già intorno al 150 Giustino ci informa che la dottrina di Marcione si era diffusa in tutti i paesi e che molti erano i suoi fedeli «quasi fosse l’unico possessore della verità» (Just., Apol. 1, 26 e 58).

Tertulliano, il maggiore avversario di Marcione, che scrisse cinque libri contro di lui, di gran lunga i più ampi di tutta la sua opera, è costretto a riconoscere che la tradizione eretica marcionita aveva riempito tutto il mondo (Tert., adv. Marc. 5, 19). Il Cristianesimo marcionita era, forse, più internazionale della Chiesa stessa, e si diffondeva evidentemente con tanta rapidità per la sua perfetta aderenza allo spirito evangelico. Iin molte regioni i Marcioniti erano «i Cristiani» per antonomasia, mentre i Cattolici dovevano portarsi dietro la connotazione suppletiva di «adoratori del Messia».



Il Marcionismo creò una grande Chiesa, che si estendeva dall’Eufrate al Reno, abbracciando l’intero Impero romano, strutturandola, come fu riconosciuto nell’antichità e in età moderna anche da parte cattolica – con la medesima gerarchizzazione del Cattolicesimo. Ma non fu la Chiesa marcionita a derivare da quella cattolica, bensì fu Marcione, anche con differenti concezioni teologiche, a creare ilo modello per quella cattolica, la quale cominciò a consolidarsi solo a partire dalla fine del II secolo e gli inizi del III secolo. La Chiesa marcioniana possedette un Nuovo Testamento e Vescovi monarchi che furono presi a fondamento dell'intero edificio ecclesiastico cattolico, come ben testimonia, obtorto collo, lo stesso Tertulliano, nemico implacabile del marcionismo.

S.Giustino


martedì 19 luglio 2016

57– Il falso Jahvè. Il sincretismo religioso in Israele prima della riforma di re Giosia 2

Gli altari a cielo aperto, chiamati Bamoth o Luoghi Alti, ricordavano i templi ipetrali del faraone Akhenaton in onore del Dio Aton. Apione, nella sua "Storia dell'Egitto" andata perduta ma richiamata in alcune sue parti da Giuseppe Flavio nel "Contra Apionem", ci fa sapere che Mosè, sacerdote di Eliopoli, quando condusse gli ebrei fuori d'Egitto edificò molti templi ipetrali dedicati al culto del Sole (Menachem Stern, Greek and Latin Authors, op. cit., n. 164). Oltre alle bamoth c'erano gli alberi sacri, chiamati asceroth, dedicati alla divinità Astarte, dea della fecondazione, ma anche al sole, alla luna e alle stelle. Effettivamente dagli scavi archeologici nel territorio di Giuda, vennero alla luce centinaia di statuette nude di divinità femminili della fertilità, diversi piccoli tori incisi che ci rimandano al famoso vitello d'oro dell'Esodo e al toro Mneves di Akhenaton scoperti da Amihay Mazar della Hebrew University di Gerusalemme (Archaeology of the Land of the Bible), bracieri per bruciare incenso, stoviglie per le libagioni e altari per le offerte che ci confermano che la pratica religiosa fosse molto varia e certo non ristretta al culto esclusivo di Jahvè nel Tempio di Gerusalemme. Molti altari erano dedicati al Dio Bacal o Baal, che alcuni studiosi in passato avevano scambiato per un Dio fenicio, ma che oggi è ritenuto lo stesso Jahvè con altro nome. Vedremo in seguito che dopo la morte di Salomone e la nascita dei due regni d'Israele e di Giuda, solo in quest'ultimo si continuò ad adorare Jahvè nel Tempio di Gerusalemme. Nel Regno d'Israele, invece, si ripristinò l'uso di adorarlo nelle Bamoth (Alti Luoghi), vale a dire in santuari a cielo aperto come quelli di Bethel, di Sichem e di Garizim. Il più celebre fu quello di Bethel costruito da Geroboamo, il primo re d'Israele dopo la divisione.

venerdì 15 luglio 2016

56– Il falso Jahvè. Il sincretismo religioso in Israele prima della riforma di re Giosia 1

Durante il periodo intercorso tra la conquista della terra di Canaan (1230-1220 a.C.) e la riforma religiosa di re Giosia (539-586), accanto al monoteismo professato prevalentemente dalla schiera dell'esodo, era ancora molto diffuso tra le tribù d'Israele il pluralismo religioso. Ce lo confermano numerosi dati che ricaviamo dai libri dei Re e delle Cronache, dai reperti archeologici, dai nomi di alcuni luoghi importanti per il culto e dalle violente invettive dei profeti contro l'idolatria.. Questa situazione durerà fino a dopo l'esilio babilonese, quando il monoteismo rigoroso s'imporrà come professione di fede fondamentale di tutto Israele. (Morton Smith, Palestinian Parties and Politics That Shaped the Old Testament, pagg.15-56).
Prima della costruzione del Tempio di Gerusalemme i centri cultuali degli israeliti erano numerosi e sparsi in tutto il territorio. Praticamente tutte le colline elevate e i grandi alberi frondosi erano usati per celebrare sacrifici e bruciare incenso non solo a Jahvè ma ad altre divinità più o meno collegate al suo culto, come Ashera, considerata sua consorte, le schiere celesti e le divinità nazionali dei paesi vicini. A proposito di Ashera, è stata trovata un'iscrizione tardo-monarchica della Sefela, nel Regno di Giuda, che la dichiara apertamente la compagna di Jahvè.

giovedì 14 luglio 2016

Il canone neotestamentario fu ideato da Marcione. 269

È riconosciuto da molti teologi, soprattutto protestanti, che il Nuovo Testamento che Marcione pubblicò a Roma intorno al 140, in appendice al suo libro Antitesi, sia stato il primo canone di scritture cristiane che noi conosciamo. Al fine di aprire la strada a un’autentica comprensione di Gesù, Marcione, infatti, ricostruì, basandosi soprattutto sul Vangelo di Luca e le Epistole paoline, quello che, secondo lui, era il testo originale della predicazione gesuana.

Egli riconobbe però che i testi neotestamentari erano stati in parte falsificati, cioè riadattati secondo la spiritualità giudeo-cristiana ed ebraica, mescolando l’insegnamento di Gesù con la Legge del Vecchio Testamento. Così egli volle basarsi principalmente sul Vangelo di Luca, pochissimo condizionato dall’ebraico e moltissimo, invece, dal greco, e sulle Lettere paoline ( eliminandone alcune, ritenute false). Non incluse nel suo canone il Vangelo di Giovanni, in quel tempo o non ancora composto ovvero, più verosimilmente, a molti forse ignoto. Ben presto il canone marcionista fu preso a modello anche dalla Chiesa, che però continuò a mantenere il Vecchio Testamento.



Marcione fu anche il fondatore della critica testuale neotestamentaria, dimostrando di possedere «in altissimo grado» una notevole perizia filologica , in totale antitesi con la cultura dei cristiani del tempo. Contemporaneamente, Marcione espurgò le Lettere paoline, delle quali 10 accolse nel proprio canone. Nonostante il suo importante contributo alla elaborazione del canone, Marcione umilmente declinò ogni pretesa di infallibilità dei testi da lui tanto acutamente purgati, per cui i discepoli proseguirono il suo lavoro critico, apportando modifiche più o meno decisive al suo Vangelo.

Manoscritto del Nuovo Testamento


martedì 12 luglio 2016

55– Il falso Jahvè. I Giudici. 3

Seguendo le orme del libro di Giosuè, anche quello dei Giudici, che è parte integrante della Storia Deuteronomistica voluta da Giosia, ci racconta un susseguirsi di scontri di Israele coi popoli vicini e ci presenta una collezione straordinariamente ricca di figure eroiche protagoniste di imprese inverosimili e al di sopra di ogni immaginazione, che ricalcano l'antica mitologia greca. Tanto per citare alcuni esempi: il mitico Sansone adopera una mascella d'asino, ancora fresca, per uccidere mille nemici (Giudici 13); Samgar, figlio di Anat, sconfigge seicento filistei con un pungolo da buoi (Giudici 3,31) e Is-Baal, il Cacmonita, sostiene da solo uno scontro durante il quale con la sua lancia trafigge ottocento uomini (2 Samuele 23,8). Anche qui, come abbiamo osservato per la conquista di Canaan, ci troviamo di fronte a probabili conflitti per il possesso della terra e del diritto dell'acqua, nel periodo della graduale infiltrazione degli israeliti, che condussero a schermaglie locali, più o meno cruente, trasformate dagli scribi di Giosia in gesta epiche super umane.
Il libro dei Giudici, come del resto tutti i libri storici della Bibbia, ha un chiaro significato teologico che oscilla tra apostasia e castigo. I conflitti degli israeliti contro i filistei, i cananei e gli altri popoli nemici, sono il pretesto per illustrare il rapporto difficile tra Dio e il suo popolo. Jahvè è raffigurato come una divinità arrabbiata e delusa che rinfaccia continuamente agli israeliti di averli liberati dalla schiavitù d'Egitto, di aver dato loro la Terra Promessa come eredità eterna, solo per accorgersi che erano incalliti peccatori sempre pronti a tradirlo, correndo dietro alle divinità straniere. Cosi Jahvè li deve punire mettendoli nelle mani dei nemici finché, prostrati dalla sofferenza, siano costretti ad invocare il suo aiuto e a ottenere il suo perdono. Patto, promessa, apostasia, pentimento e redenzione, ecco la sequenza ciclica che re Giosia, attraverso la Storia Deuteronomistica da lui ispirata, vuole che il popolo di Giuda comprenda direttamente applicabile a se stesso. Solo nell'ultimo versetto del testo (Giudici, 21,25) si prospetta l'ottimistica possibilità che il circolo vizioso di peccato, castigo divino e salvezza possa venire interrotto mediante l'istituzione della monarchia.

venerdì 8 luglio 2016

54– Il falso Jahvè. I Giudici. 2

Abbiamo visto nel capitolo precedente che, in basa alla Bibbia, quando gli israeliti, guidati da Giosuè, completarono lo sterminio dei cananei, «il paese ebbe requie dalle guerre» (Giosuè 11,23). Ma il successivo libro dei Giudici ci fa chiaramente capire che ciò non corrispose al vero e che attorno agli israeliti erano ancora numerosi i cananei e i filistei e che i matrimoni misti con queste popolazioni, vedi il caso di Sansone, erano piuttosto frequenti. Il libro dei Giudici elenca i nomi delle molte città costiere e settentrionali in mano ai cananei e ai filistei e ci fornisce pure i nomi dei loro re. Parla anche diffusamente di altre popolazioni ostili ad Israele, situate altre il Giordano: gli ammoniti, i moabiti, i cammellieri madianiti e gli amaleciti. Popolazioni queste che rappresentarono a lungo una costante minaccia per i figli d'Israele.
Quindi gli israeliti, dopo il loro insediamento, non ebbero requie dalle guerre ma si trovarono spesso, stando alla Bibbia, in situazioni pericolose sia dal punto di vista militare sia da quello religioso. Il pericolo di apostasia, cioè di ricadere nell'idolatria col rischio di perdere la protezione assicurata dal solenne Patto di Israele con Dio, era incombente a causa dei matrimoni misti e delle frequentazioni pagane. Basti citare la saga di Sansone, il mitico eroe di Dan, che tradito e tosato dalla bella ma perfida filistea Dalida, accecato e incatenato dai suo nemici, andò incontro alla morte facendo crollare le colonne del grande tempio filisteo di Dagon a Gaza (Giud 13,1-16,31).


giovedì 7 luglio 2016

Solo in tempi relativamente recenti è stata smascherata l'efferatezza del Vecchio Testamento. 268

La Bibbia, anche ai nostri giorni, per milioni di persone costituisce l'orizzonte insuperabile di ogni intelligenza umana. La sua presunta ispirazione divina, accettata ad occhi chiusi dagli ortodossi ebrei e cristiani, la rende il libro dei libri, quello che condensa tutta la sapienza umana e divina.

Ma per chi la legge senza i paraocchi della fede è tutt'altra cosa perché, assieme alle leggende mitologiche, agli avvenimenti storici e ad una pletora di leggi, precetti, divieti, spesso assurdi e irrazionali, contiene molti episodi decisamente atroci, crudeli e immorali che ci riempiono di orrore per la loro efferatezza, specie quando sono da attribuirsi alla diretta volontà divina.

Già nel 1800, ancor prima della riscoperta di Marcione, cominciarono ad affiorare in Occidente, severi giudizi negativi su questo testo sacro, che ne mettevano in risalto crudeltà e immoralità. Scriveva in quel periodo il libero pensatore e scrittore tedesco Albert Dulk (1819-1884): "... ...questo libro non è solo pieno di spirito vendicativo, animato da superstizione e ricolmo di ingiustizia e di lussuria! L‘intera storia degli Israeliti è piena di terribili crudezze, di molteplici infamie o, per usare un ‘espressione consentita dal materiale più diffuso nel Vecchio Testamento non solo per illustrarne la religiosità, ma anche la morale, pieno di fornicazione... Via dalle scuole un libro capace di insinuare nei cuori e nella fantasia della nostra gioventù siffatte immagini di assassinio e di infamia!"

E, più recentemente, il saggista americano Miner Searle Bates (1897 – 1978) scrisse: "I due Testamenti insieme hanno dato al prepotente, al devoto, al fazioso, al pedante, al burocrate, al predicatore e al sadico la possibilità di fornire l’apparenza di una giustificazione, e ciò vale fino ai nostri giorni".

Ciò spiega perché la Chiesa Cattolica, pur considerando i libri del Vecchio Testamento ispirati da Dio (affermazione ribadita anche dal Concilio Vaticano II del 1965), riconoscendo che in essi il contenuto è poco edificante per i suoi fedeli, ne ha, fin dal Concilio di Tolosa del 1229, scoraggiata la lettura diretta. Anzi, per molti secoli ne ha impedito addirittura sia la traduzione in lingua volgare, sia il possesso nella lingua originale, con punizioni severissime per i i trasgressori.


Albert Dulk


martedì 5 luglio 2016

53– Il falso Jahvè. I Giudici. 1

A guidare le tribù dopo la conquista della terra di Canaan furono i Giudici, figure carismatiche che il popolo metteva alla sua guida quando si trovava minacciato dai nemici oppure decideva di attuare una qualche conquista. Alcuni di questi giudici sono celebrati nella Bibbia come eroi leggendari. Debora combatté contro i cananei, Ehud contro i moabiti, Gedeone contro i madianiti, Iette contro gli ammoniti e Sansone contro i filistei. Debora era una donna condottiero che riuscì a unire tre tribù israelite di fronte a un nemico comune e celebrò in un bellissimo cantico - Il Cantico di Debora – la vittoria conseguita (Giudici 5,1-31).
Dal libro dei Giudici ricaviamo quindi che le tribù erano indipendenti l'una dall'altra e che l'unico legame tra di loro era il culto di Jahvè, che si andava lentamente radicando, in concomitanza col mantenimento degli ancestrali culti pagani. L'arca di Jahvè - vero e proprio centro cultuale itinerante- era il santuario centrale delle tribù. Veniva trasportata in varie località (sono citate Sichem, Mizpa, Gilgal, Bethel e Silo), dove gli israeliti si radunavano regolarmente per rievocare la loro storia e i loro doveri nei confronti dell’Alleanza. A poco a poco si determinò tra le dodici tribù una sorta di federazione simile a un'anfizionia sacra, cioè a una unione di genti vicine attorno ad un santuario centrale comune, analoga a quelle che si svilupperanno nell’area greco-italica (Martin Noth, Storia d'Israele).

Nei secoli XII-XI Israele era dunque ancora costituito da società tribali separate, solo saltuariamente collegate tra loro in tutto o in parte; tribù che non avevano ancora elaborato il concetto di un'unità statale. Le rappresentazioni di un'unione compatta e funzionante come unità organizzata è una proiezione retrospettiva risalente alla stesura della Bibbia durante il regno di Giosia, avente lo scopo di dimostrare che il popolo d'Israele discendeva da un unico patriarca ed era dunque una nazione fin dalle sue origini.

venerdì 1 luglio 2016

52– Il falso Jahvè. La conquista della Terra di Canaan. La guerra lampo. 4

Ma perché allora Giosia fece inventare una conquista così violenta, sanguinaria e inverosimile? Perché voleva dare al popolo di Giuda una lezione che riguardava direttamente le questioni del suo tempo. Questo re si era prefissato, con feroce determinazione, l'obiettivo della santità e dell'unità della terra d'Israele, allora divisa e contaminata dall'idolatria. Per Giosia tutte le calamità accadute ad Israele, specie la dominazione assira, dipendevano dal fatto che il popolo eletto non aveva mai rispettato le leggi del Patto, non aveva sradicato ogni traccia di culto pagano, non aveva smesso di onorare divinità di altri popoli, non aveva seguito fedelmente le leggi della purezza nella vita personale, non aveva evitato i matrimoni misti con donne pagane. Solo con l'aderenza scrupolosa alle norme contenute nel Deuteronomio "il libro della Legge", scoperto, o forse inventato, da questo re, Israele avrebbe potuto riconquistare la piena protezione di Javhè, farlo ridiventare per lui il Dio degli eserciti, pronto a combattere al suo fianco come durante la conquista della Terra Promessa. Ecco perché era importante far produrre dai suoi scribi il libro di Giosuè che, attraverso un'indimenticabile epopea, trasmettesse l'evidente morale che quando il popolo di Israele seguiva veramente le Leggi della Testimonianza, con Dio al suo fianco tutte le vittorie gli erano possibili. Morale rafforzata con incalzanti e mirabolanti racconti epici, come la caduta delle mura di Gerico al suono delle trombe, l'arresto del sole a Gabaon, la disfatta dei cananei lungo la stretta salita per Bet Horon, massacrati dalle pioggia di pietre inviate da Jahvè. Quindi dietro il personaggio di Giosuè c'è la regia di re Giosia e il racconto della conquista di Canaan si riduce ad un manifesto ideologico finalizzato a preparare il popolo di Giuda allo scontro col faraone Necho per ricostituire il regno unito d'Israele.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)