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venerdì 30 settembre 2016

72– Il falso Jahvè. Lo scisma e la nascita dei regni di Giuda e di Israele 3

I Libri dei Re e delle Cronache sono concordi nell'affermare che Giuda rimase fedele a Jahvè, l'unico Dio degli ebrei, mentre Israele cominciò a venerare un altro Dio dal momento in cui si separò da Giuda.
A prima vista sembra che la Bibbia dica il vero. Infatti, il primo proclama del nuovo re d'Israele, Geroboamo, andò nella direzione di impedire al suo popolo di frequentare il Tempio di Gerusalemme, costruito da Salomone. Quindi ordinò la costruzione di due statue raffiguranti vitelli d'oro, che collocò nei templi a cielo aperto di Dan e Bethel, da lui prescelti come principali centri religiosi del paese. Ripristinò anche altri santuari sulle colline, le bomath, e istituì un nuovo corpo sacerdotale, diverso dai Leviti. Bethel, l'antico santuario eretto sul luogo dove Giacobbe aveva avuto la visione della scala celeste, diventò per Israele il centro cultuale più importante e si trasformò nel contro-Tempio di Gerusalemme.
Occorre tener presente, d’altra parte, che prima della costruzione del Tempio di Gerusalemme, quello di Bethel era stato ritenuto per generazioni il massimo santuario degli ebrei. Fu allora la contrapposizione tra Bethel e il Tempio di Gerusalemme a spaccare irreparabilmente i due regni, e il santuario di Bethel finì per essere odiato dal Regno di Giuda quanto il Tempio di Gerusalemme era detestato dal Regno d'Israele.
Salomone aveva chiamato il Tempio da lui costruito una nuova Bethel, intendendo che da allora sarebbe stato l'unico luogo dove Jahvè avrebbe abitato per sempre. Questo trasloco forzato e voluto da Salomone, soprattutto per motivi politici, cioè per accentrare nelle sue mani e nella sua capitale tutto il potere politico e religioso, suonò come un'assoluta bestemmia e un atto sommamente prevaricatorio per tutti gli israeliti legati alle antiche tradizioni.
Col passare del tempo la rivalità tra i due santuari si accentuò e si arricchì di reciproche accuse d'idolatria. Amos, un gran profeta di Giuda, così attaccò Bethel:
"Il Signore dice agli israeliti: «Cercate me, se volete vivere. Ma non cercatemi al santuario di Bethel… perché Bethel sarà distrutta. Cercate il Signore, se volete vivere». Se non lo cercate, egli si avventerà sui discendenti di Giuseppe. Come un fuoco divorerà gli abitanti di Bethel e nessuno potrà spegnerlo. (Amos 5,46).


giovedì 29 settembre 2016

Fine del Montanismo. 277

Nonostante la morte di Montano avvenuta intorno al 175, il montanismo si diffuse in in molte contrade dell'Asia Minore, con frange anche in Gallia, Africa e perfino a Roma. Lo straordinario appoggio di Tertulliano, molto conosciuto nel mondo cristiano dell'epoca, favorì la sua diffusione. La Chiesa poté sconfiggere il Montanismo solo al prezzo di lunghe battaglie e con l'appoggio degli imperatori dopo Costantino.

Nel VI secolo su ordine dell’imperatore cristiano Giustiniano, istigato dai vescovi bizantini e occidentali, i montanisti furono annientati, bruciandoli nelle loro abitazioni insieme alle donne e ai bambini. Il fallimento del movimento fu dovuto al rigore della sua etica e alla proclamazione della prossima fine del mondo, risalenti entrambi a Gesù. Anche il suo rigore morale disturbava la massa cattolica già ampiamente mondanizzata. Ma la ragione principale era dovuta soprattutto all'opposizione dei vescovi monarchi.

Il montanismo, infatti, considerava se stesso la vera Chiesa spirituale, poneva l’autorità dei profeti al di sopra di quella dei vescovi burocrati, lo spirito al di sopra della lettera, l’entusiasmo al di sopra dell’organizzazione. Combattendo il montanisti, i vescovi difendevano le proprie personali posizioni di potere assoluto.

Poiché la predicazione dei montanisti non contraddiceva affatto la dottrina della Chiesa, i loro avversari per combatterli ricorsero alla diffamazione più volgare e brutale, come era avvenuto coi marcionisti. Sparsero voci diffamatorie sulla loro condotta, inventarono la storia del suicidio di Montano e di Massimilla e della morte violenta del loro protettore Teodoto. Il cattolico d’Asia Minore Apollonio diffamò i martiri montanisti, il cui martirio è ben attestato. Si arrivò alle menzogne più inverosimili accusando Montano di avere «macellato dei piccoli bambini, tagliandoli in minuscoli pezzi per un infame banchetto, col pretesto ch’essi dovevano servire per quelli che chiamano i loro misteri» (Cyrill., caL 16, 8).

Questa storiella orripilante, in origine messa in giro dai pagani contro i cristiani, fu fatta propria poi da molti Padri della Chiesa, che se ne servirono contro gli «eretici» insieme ad altre invenzioni pagane.
Alcuni moderni storiografi cattolici hanno continuato a calunniare i montanisti definendo «demenziale» nel complesso il loro movimento (Daniel-Rops, Die Kirche, 378); altri lo hanno passato più decentemente sotto silenzio, come non fosse mai esistito, o quasi. In una storia della Chiesa di ben 850 pagine composta da uno storico cattolico (Schuchert, 189 sg.) il montanismo viene liquidato in queste poche righe: «Il fondatore della setta fu Montano, un neofita d’Asia Minore. Il movimento che da lui prese le mosse fu il primo movimento fanatico nella Chiesa». Tutto qui.


Tertulliano


martedì 27 settembre 2016

71– Il falso Jahvè. Lo scisma e la nascita dei regni di Giuda e di Israele 2

Stando alla Bibbia, da quando la monarchia si divise fino al periodo dell'invasione assira, i due regni di Giuda e d'Israele, adorarono divinità differenti e nel Regno del Nord furono fondati nuovi centri di culto in competizione col Tempio di Gerusalemme e improntati all'idolatria per cui gli abitanti delle regioni settentrionali dovettero scontare i loro peccati con la punizione estrema: la distruzione del loro Stato e l'esilio delle loro dieci tribù. Ma questa visione biblica, frutto della ricostruzione teologica fatta della Storia Deuteronomistica per giustificare le aspirazioni alla riunificazione finale di Giuda e Israele sotto la guida di Giosia, al lume dei documenti storici e delle indagini archeologiche che abbiamo visto in precedenza, risulta molto discosta dalla realtà storica effettiva. Non risulta, infatti, alcuna testimonianze archeologica convincente dell'esistenza storica di una monarchia unita avente il proprio centro in Gerusalemme e comprendente l'intera terra d'Israele. Al contrario le ricerche dimostrano che in Israele sono sempre esistite due entità distinte, di cui una, quella meridionale, isolata, povera e arretrata, legata ad una agricoltura di sussistenza e alla pastorizia fino al momento in cui, dopo il declino del regno settentrionale d'Israele e la fine della dominazione assira, si è avviata ad un rapido e spettacolare sviluppo, e l'altra, quella del nord, molti più sviluppata, più popolosa e più evoluta sotto tutti gli aspetti: economici, politici, culturali e delle relazioni internazionali. Perché allora i due libri dei Re declassano fino quasi all'abominio il più evoluto, ricco e prospero Regno del Nord e mettono alla gogna tutti i suoi monarchi che, al contrario, l'archeologia e i documenti storici, ci descrivono come saggi, munifici e accorti politici? Perché, per il Regno di Giuda, le tribù settentrionali erano accusate di una forte tendenza al peccato e all'idolatria. 

venerdì 23 settembre 2016

70– Il falso Jahvè. Lo scisma e la nascita dei regni di Giuda e di Israele 1

Nel 928 circa a.C. Salomone morì e il suo regno, che già aveva dato segni premonitori di crisi, si spaccò definitivamente e non si ricostituì mai più. Mentre il figlio di Salomone, Roboamo, fu acclamato re dalle tribù del sud di Giuda e Beniamino, quelle del nord si ribellarono alla casa di David e scelsero come re un comandante militare, Geroboamo. Nacquero così due regni: il Regno del Nord, detto anche Regno d'Israele; e il Regno del Sud, detto Regno di Giuda.
Il Regno d'Israele ebbe come capitale Samaria, dopo la breve parentesi di Sichem, mentre quello di Giuda mantenne come capitale Gerusalemme. Che cosa spinse gli ebrei a spaccarsi in due Stati contrapposti? A prima vista sembrerebbe che la questione sia stata puramente politica e dinastica. Salomone aveva creato un potere autoritario e dispotico, aveva concesso molti privilegi alla sua tribù di Giuda mentre aveva duramente sfruttato, sotto l'aspetto tributario e umano, le altre tribù. Di conseguenza, l'idea di una dinastia puramente giudaica, rappresentata dalla casa di David, non era bene accolta da Israele nella sua totalità. Le tribù del nord dissero a Roboamo che avrebbero riconosciuto la sua autorità solo a determinate condizioni, ma il nuovo re si rifiutò di discuterle:
"Gli israeliti capirono che il re non dava loro retta. Allora gli risposero: Non abbiamo niente da spartire con la famiglia di David” (1 Re 12,16).
Certamente esistevano divergenze politiche e dinastiche, ma c’era dell’altro: le profonde divergenze economiche e soprattutto religiose. Allo scisma seguirono duecento anni di divisione e odio tra fratelli, col regno indipendente d'Israele a nord e quello di Giuda a sud sempre in perenne conflitto tra di loro.  

giovedì 22 settembre 2016

Evoluzione della confessione. 276

Con un editto del 217 o del 218 Callisto, divenuto papa dopo una vita contrassegnata da truffe e carceri, non solo consentì la remissione dei peccati di lussuria, apostasia e omicidio ma, secondo papa Ippolito, consentì «che le donne di ceto superiore avessero un concubino di propria scelta, sia schiavo che libero, e che costui venisse considerato suo marito, pur senza un regolare matrimonio» (Hippol., ref 9,12,24 sg.).

Ma oltre a permettere tali nozze libertine «a donne di ceto elevato», decretò anche che un vescovo, per quanto peccatore, non potesse essere deposto, nemmeno in caso di colpa contro lo Spirito Santo. Quindi questo papa che istituì la confessione, ci fa capire lo stato di degrado del clero romano del suo tempo.

Lo stato di penitente era all’inizio molto gravoso. Doveva confessare il suo peccato pubblicamente e sottoporsi a dure penitenze che implicavano: severi digiuni, rigorose astinenze e lunghe pratiche di pietà. Nell’ VIII secolo, fu introdotta la “Penitenza tariffata” in basa alla quale per ogni peccato da espiare occorreva pagare un “prezzo” o “tariffa” penitenziale. Gli abusi che ne seguirono furono enormi, per cui dovette essere abolita.

Nel XII secolo la situazione peggiorò perché fu introdotto l’uso della “Compositio”, cioè il riscatto della penitenza con il versamento di una somma in denaro. Questa istituzione si trasformò ben presto per la Chiesa in un affare colossale perché consentì ai ricchi, elargendo terre e somme di denaro, di cancellare in tal modo i loro peccati, e alla Chiesa di arricchirsi e aumentare il suo potere. La penitenza diventò un autentico mercato.

Nel IV Concilio Laterano del 1215, la confessione divenne obbligatoria per i cattolici, almeno una volta all’anno e nel 1477 le indulgenze a pagamento furono estese persino ai defunti. Così la Chiesa poté lucrare anche sui morti. Capitalisti laici ne fecero un affare: il famigerato predicatore di indulgenze Tetzel nei suoi viaggi era sempre accompagnato da un rappresentante della Banca Fugger.


Papa Callisto I


martedì 20 settembre 2016

69– Il falso Jahvè. Il regno unito 8

Per quanto riguarda l'attività edificatoria di Salomone a Hazor, Meghiddo e Ghezer, città dove sono stati rinvenuti i resti di grandiosi e magnifici edifici attribuiti a questo re, indagini molto accurate eseguite con la tecnica di datazione al carbonio 14, considerata oggi esatta e precisa, hanno confermato che tutti quei monumenti risalgono al decimo-nono secolo a.C., cioè un secolo e mezzo dopo David e Salomone, quando Israele aveva conosciuto un considerevole sviluppo. Di David e Salomone l'archeologia ci può dire, quindi, soltanto che sono esistiti e che su di loro è stata creata una leggenda che si è perpetuata nei secoli, ampliandosi a dismisura.
Quando nel settimo secolo a.C. nel Regno di Giuda, sotto la regia di re Giosia, fu composta la prima stesura della Bibbia, poi rielaborata durante l'esilio e codificata nel post esilio durante la restaurazione di Ezra, Gerusalemme era diventata una città grande e prosperosa, con un esercito professionale, un'amministrazione centralizzata molto evoluta, un'alfabetizzazione diffusa a più livelli e possedeva tutti gli altri attributi di uno stato pienamente sviluppato. Lo scenario prospero e ricco del Regno di Giuda del settimo secolo venne così retrospettivamente proiettato al tempo di David e Salomone come a una mitica età dell'oro. Il commercio di spezie, beni di lusso rari e costosi con mercati lontani, col paesi di Ofir (1 Re 9,28; 10,11), seguendo le rotte arabe, divenne l'ispiratore della sfarzosa visita della regina di Saba, a Gerusalemme (1 Re 10,1-10). Il mito del grande impero davidico fu quindi creato in questo preciso momento storico per collegare, secondo la nuova teologia allora nascente, il mitico re David al destino dell'intero popolo d'Israele, in quanto questo re era stato il primo a interrompere il ciclo ricorrente tra idolatria e castigo divino, e per designare Giosia, sedicesimo legittimo erede della dinastia davidica, a rifondare la monarchia unita riconquistando l'antico regno settentrionale, perduto a causa dei peccati di Salomone.

venerdì 16 settembre 2016

68– Il falso Jahvè. Il regno unito 7

Alcuni critici biblici radicali, soprannominati dai loro detrattori "minimalisti biblici", come Thomas Thompson e Neil Peter Lemche dell'Università di Copenaghen e Philip Davis dell'Università di Sheffìeld, partendo da un punto di vista letterario e archeologico, hanno definito la monarchia unita di Israele la raffigurazione di un passato idealizzato oltremisura, per nulla corrispondente alla realtà storica, messo a punto dai circoli sacerdotali di Gerusalemme al tempo di re Giosia e revisionato in età postesilica o addirittura ellenistica. La descrizione entusiastica che la Bibbia dà delle grandi vittorie militari di David e dei grandi progetti architettonici di Salomone non trovano riscontro nelle testimonianze archeologiche.
David Ussishkin, archeologo della Tel Aviv University, non riuscì a trovare alcuna traccia di architettura monumentale e nemmeno di semplici frammenti di vasellame nella Gerusalemme del decimo secolo, al tempo di David e Salomone. Ciò a significare che si trattava di un centro molto modesto, non più grande di un villaggio dell'altopiano. Anche il restante territorio di Giuda, abitato da una ventina di piccoli villaggi e da alcune migliaia di abitanti, in gran parte pastori nomadi, non può assolutamente essere considerato il centro di un grande impero che si estendeva dal Mar Rosso alla Siria. Come avrebbe potuto un re, sia pure carismatico e valoroso, in una regione così sperduta, arretrata, povera e spopolata, trovare uomini ed armi necessari per conquiste territoriali cosi vaste come quelle attribuite a re David? Giuda aveva allora un'agricoltura irrilevante, finalizzata all'autosufficienza. L'economia si basava sulle singole comunità rurali o su gruppi pastorali e ignorava le rotte commerciali. Che ricchezza poteva offrire al suo sovrano in queste condizioni? Inoltre non è stata trovata neanche una piccola testimonianza della presunta attività letteraria nel Regno di Giuda del decimo secolo a.C. da giustificare la vasta produzione letteraria di David e Salomone..

giovedì 15 settembre 2016

L'istituzione della confessione. 275

Il Cristianesimo primitivo conosceva soltanto una penitenza, unica e irripetibile: il battesimo, una specie di bagno dal quale si usciva purificati da ogni colpa, anche la più grave e ignominiosa. Ogni successiva macchia era considerata indelebile in quanto, dopo il battesimo, era esclusa una seconda forma di penitenza.

Nel NuovoTestamento, in aperto contrasto con Gesù che ammetteva sempre il perdono, la remissione delle colpe posteriori al battesimo viene definita «impossibile» . Anche Paolo escluse i cristiani macchiatisi di gravi colpe. In nessuna delle sue Lettere si trova cenno alla possibilità di un rientro, di una riconciliazione; perciò molti cristiani rimandavano il battesimo per molto tempo, spesso fino agli ultimi istanti della vita.

Sul modello delle religioni misteriche, in seguito, si operò la distinzione fra colpe remissibili, peccati «veniali» e quelle non remissibil,i peccati «mortali»: apostasia, lussuria (adulterio o sfrenatezza sessuale) e assassinio. Tale distinzione viene fatta, già agli inizi del II secolo, dalla I Epistola di Giovanni. Tuttavia, anche questa Lettera neotestamentaria si attiene fermamente all’esistenza di peccati non remissibili e neppure consente di pregare per chi si trova in peccato «mortale». Una norma tanto rigida non poteva essere tenuta in vita col crescere delle comunità perché la maggior parte dei cristiani sarebbe morta in peccato mortale.

Così, nel II secolo, il romano Erma, facendo credere di essere stato istruito da un angelo del Signore, proclamò la possibilità di una seconda penitenza, ma per una volta soltanto, dando così il primo impulso all’istituto penitenziale cattolico. Ben preso, come vedremo, una volta divenne due volte, poi tre volte e infine sempre. Secondo Porfirio, antico filosofo anticristiano, con questo rito chiunque viene incitato a commettere ogni sorta di nefandezze, sapendo che avrebbe ottenuto attraverso la confessione il perdono dei suoi crimini. Per lui, quindi, il cristianesimo si configurava, come una religione che spinge all'empietà.

Così la pensava anche Tertulliano e d'accordo coi montanisti. La confessione, del resto, esisteva già presso molti popoli primitivi, ad esempio presso le tribù africane e anche nella religione misterica. Al sacerdote, quale rappresentante della divinità veniva confessata la colpa, per liberarsi delle sue conseguenze. Nel culto di Iside, dove esisteva una remissione anche per l’apostasia, funzionava già una completa prassi penitenziale che trapassò nel Cristianesimo con la medesima denominazione.

Così, nel II secolo il papa Callisto concesse la possibilità di una seconda penitenza, ma per una volta soltanto, soprattutto per i peccati di lussuria, omicidio e apostasia, allora i più frequenti. L’apostasia era considerata il peccato più grave perché riportava il penitente alla stregua di un pagano e lo escludeva dalla Chiesa Durante le persecuzioni erano numerose le abiure, non solo dei semplici fedeli ma anche dei vescovi, tanto che sotto Diocleziano abiurò anche papa Marcellino.

Per ricondurre nella Chiesa tutti questi peccatori i papi successivi estesero la penitenza per tre volte, ma siccome anche queste erano insufficienti, concessero ai sacerdoti di rimettere i peccati ogni qual volta venivano confessati, come al giorno d'oggi. Non senza aspre polemiche, però, perché fu vista da molti come un incoraggiamento al peccato. Ma la Chiesa era salva e per di più con la confessione prendeva due piccioni con una fava: controllava capillarmente i suoi fedeli e li ricattava con la minaccia dell’inferno, se negava loro l’assoluzione.


Porfirio


martedì 13 settembre 2016

67– Il falso Jahvè. Il regno unito 6

 In conclusione, Salomone fu un sovrano per niente eccezionale sotto il profilo storico-politico. L'unica cosa veramente importante che lo ha consegnato alla storia è stata la costruzione del Tempio di Gerusalemme, il primo tempio coperto di questo popolo, che sostituì, non senza gravi contrasti come poi vedremo, i molti luoghi di culto all'aperto disseminati nella Palestina, chiamati Bamoth o Alti Luoghi (santuari rurali all'aria aperta), nei quali si venerava Jahvè. La costruzione del Tempio determinò grandi rivolgimenti in campo religioso e provocò l'accentramento a Gerusalemme di tutti i sacerdoti e di tutti i sacrifici a Jahvè e la conseguente nascita di un clero di Stato sottomesso al potere politico.
Non possiamo però sottacere il fatto che Salomone fallì in quello che era stato il capolavoro politico del padre David: l'unificazione di tutte le dodici tribù d'Israele. A causa dell'enorme sfruttamento umano e tributario cui sottopose gran parte del suo popolo, e anche di certi privilegi concessi alla sua tribù di Giuda che rinfocolarono antiche rivalità tribali, nonché dell'accentramento forzato del culto a Gerusalemme, vennero a determinarsi i presupposti che portarono, al momento della sua morte, alla disgregazione definitiva del regno unito e al crollo del paradigma regale davidico, che era ritenuto eterno per promessa divina.
Fino a qualche decennio fa la maggior parte degli studiosi concordava sul fatto che la monarchia unita, a differenza delle visioni sanguinarie della conquista di Canaan descritte nei libri di Giosuè e dei Giudici, rappresentasse il primo periodo biblico a poter essere effettivamente considerato storico. Anche se alcune imprese di David e di Salomone erano considerate sicuramente leggendarie (come l'uccisione di Golia), essi ritennero che la storia del regno unito fosse compatibile con la realtà archeologica. Di recente, però, dopo che è stato possibile stabilire che Gerusalemme, al tempo di David e Salomone, era una modesta cittadina, povera, incolta e arretrata e che i grandiosi monumenti ascritti a Salomone sono sicuramente attribuibili ad altri re, posteriori di più di un secolo, le cose sono molto cambiate.

venerdì 9 settembre 2016

66– Il falso Jahvè. Il regno unito 5

La Bibbia, come vedremo tra poco, ha esagerato la grandezza e l'importanza di Salomone. Tutto ciò che racconta su di lui suona spropositato: la saggezza, la ricchezza, il numero di mogli e concubine. Agli occhi degli ebrei della cattività babilonese il periodo di Salomone dovette sembrare l'età d'oro d'Israele, e quindi la sua figura e le sue opere edilizie vennero accostate al fasto regale della città mesopotamica e mitizzate.
Il che non regge all'esame di una rigorosa analisi archeologica e storica (M. Magnusson, BC, op. cit., pagg. 138-136). Le ricerche effettuate nella Palestina del periodo non avallano la ricchezza attribuita alla corte di Salomone. Il materiale rinvenuto ci mostra una cultura materiale appena modesta. Lo stesso vale per il Tempio. Si trattava di un edificio relativamente piccolo e, anche ammessa la sua sontuosità, ci riesce difficile credere che abbia richiesto il lavoro di trentamila uomini per sbozzare le travi, ottantamila per estrarre le pietre dalle cave e settantamila per trasportarle.
Inoltre, nei tanti paesi vicini ad Israele, che nel X secolo a.C. stillavano cronache scritte, nessuno sembra essersi accorto dell'esistenza di questo sovrano che, a detta della Bibbia, viveva in una corte satrapesca, intratteneva intensi rapporti commerciali con gli Stati confinanti e stringeva con loro alleanze politiche.
Sebbene il faraone d'Egitto fosse suo suocero, nessun documento di questo paese fa riferimento a lui, e nessuna testimonianza storica conferma, per esempio, l'esistenza del regno di Saba, la cui regina sarebbe rimasta talmente colpita da Salomone da ritenerlo l'uomo più saggio della Terra. Quanto poi alla sua immensa produzione letteraria e poetica, nessuno degli studiosi è del parere che sia attribuibile a Salomone. I suoi tremila proverbi e i suoi numerosi canti furono importati dall'Egitto e lentamente integrati nella religione di Jahvè. Il famoso Giudizio di Salomone (1 Re 3,16-28) è da ascrivere ad una leggenda di nomadi, e le opere letterarie, quali Proverbi, Cantico dei cantici, Ecclesiate o Qohelet e la Sapienza sono tutte opere pseudoepigrafate posteriori.

giovedì 8 settembre 2016

Il Montanismo. 274

li esordi del movimento montanista risalgono alla seconda metà del II secolo ad opera del predicatore Montano, coadiuvato da importanti seguaci, quali: Alcibiade, Teodoro, le profetesse Priscilla, Massimilla e Quintilla, che avevano abbandonato le loro famiglie per dedicarsi alla missione cristiana. In principio il Montanismo non fu considerato né un’eresia né uno scisma.

I suoi seguaci furono bene accolti dalle comunità ortodosse e il vescovo romano Eleuterio giudicò il movimento benevolmente e perfino il dottore della Chiesa Ireneo si recò da Lione a Roma per portargli il suo appoggio. Ai montanisti non interessavano né le questioni speculative né i problemi dogmatici ma rivitalizzare il messianismo evangelico purgandolo dalla filosofia greca, combattere la burocratizzazione crescente e la mondanizzazione della Chiesa. La devozione non doveva essere regolata normativamente, ma doveva vivere di entusiasmo carismatico come nel cristianesimo primitivo.

Il Montanismo si differenziava radicalmente dal Marcionismo per il suo stretto legame con le tradizioni giudaico-messianiche, rinnegate da Marcione, ma aveva tuttavia in comune con esso la concezione di un ethos più rigoroso e una adesione più ligia ai precetti evangelici. . Inoltre, come Marcione, riconosceva che la morale cristiana, generalmente insegnata e praticata allora, era molto scaduta per adattarla al gusto delle masse, per cui entrambi questi grandi movimenti si prefiggevano di rinnovarono la Cristianità con l’ethos originario.

È sintomatico il fatto che Tertulliano, il cervello più fine della Chiesa del suo tempo, dopo la condanna definitiva del Montanismo, abbracciò

il movimento montanista per protesta contro la progressiva secolarizzazione della Chiesa ufficiale. Il feroce antieretico divenne a sua volta un eretico. L’uomo che aveva lottato aspramente per lo sviluppo della Chiesa bollò con parole di fuoco non solo la condanna della prassi profetica e il soffocamento dei carismi, ma la tendenza a scuotere le fondamenta stesse della probità cristiana in seguito all’editto del vescovo romano Callisto (217/18) che, senza menzionare né Dio né Cristo, prometteva la remissione dei peccati di adulterio e di lussuria a chi avesse fatto penitenza. Questo editto, che introdusse nella Chiesa l'istituto della confessione, secondo Tertulliano avrebbe dovuto essere pubblicato nei bordelli piuttosto che nelle chiese.

Ireneo


martedì 6 settembre 2016

65– Il falso Jahvè. Il regno unito. 4

La descrizione del Tempio la troviamo nel I Libro dei Re e nel II Libro delle Cronache. Si trattava di un edificio, tutto sommato, modesto se paragonato ai grandiosi templi di Babilonia e dell'Egitto. Alto circa quindici metri, lungo una trentina e largo dieci, aveva le mura fiancheggiate da colonne e il tetto circondato da puntali dorati. Due colossali colonne isolate si ergevano ai lati della porta, a loro volta affiancate da due statue giganti di cherubini.
Il santuario era diviso in due parti. Nella prima, più ampia e aperta a tutti, si trovavano i bracieri per i sacrifici animali e l'altare maggiore con la Menorah, il candeliere d'oro a sette bracci, simbolo della presenza di Dio. Nella seconda parte, più interna, riservata soltanto ai grandi sacerdoti, chiamata la sancta sanctorum o santuario dei santi, veniva conservata l'Arca dell'Alleanza. Quest'ultima, dopo la sua collocazione nel Tempio, perse il suo carattere itinerante e diminuì rapidamente d'importanza.
Le imponenti costruzioni del Tempio e dei due palazzi reali, congiuntamente alla creazione di un enorme harem con diverse concubine straniere e allo sfarzo sibaritico di cui si era circondato, richiesero, a detta della Bibbia, un prezzo molto elevato in termini fiscali e umani. Gran parte del popolo era costretto a lavorare in corvè e a versare pesanti tributi .
Molti israeliti, a causa delle imposte esose, furono costretti a vendere la loro terra, dono inalienabile di Dio, e diventare schiavi a motivo dei debiti. Ciò suscitò enorme malumore tra il popolo e intaccò profondamente la coesione interna tra le varie tribù, sempre precaria a causa della loro diversità e dei loro antagonismi.

venerdì 2 settembre 2016

64– Il falso Jahvè. Il regno unito 3

Dalla figura regale idealizzata di David sorse, al tempo dei Maccabei, l'ideologia messianica che preconizzava l'avvento di un Messia il quale, divenuto il re ideale del tempo finale, avrebbe ristabilito il regno davidico e portato a compimento la promessa di un ininterrotto regno di Dio sulla Terra.
Il mitico alone che si sviluppò ben presto attorno alla figura di questo re fece passare in secondo piano quella che fu la sua vera personalità. Non si trattava di uno stinco di santo. Col re Saul, che lo aveva benignamente accolto a corte e che gli aveva dato in sposa la figlia Mikal, si comportò come un cospiratore. Fu un adultero incallito e non esitò a fare uccidere l'amico Uria per impossessarsi di sua moglie Betsabea della quale si era invaghito. Governò in modo tirannico la famiglia e lo Stato e mandò a morte il figlio Assalonne che si era ribellato al suo dispotismo. Ma sul piano della storia David è stato un vincente ed è stato quindi tramandato come il re più carismatico d'Israele e il progenitore del futuro Messia.
Alla morte di re David gli successe il figlio Salomone. Questo monarca, tramandatoci dalla Bibbia come mitico e leggendario, aveva ereditato dal padre le doti politiche e organizzative e dalla madre Betsabea il gusto per il satrapismo. Egli, sempre secondo la Bibbia, seppe dare ad Israele una forte organizzazione statale, un'amministrazione efficiente, una capitale degna di questo nome e un Tempio che divenne il centro cultuale del regno, per il cui servizio creò un clero integrato nello Stato. Ma nonostante la costruzione del Tempio in onore di Jahvè, Salomone consentì a molte delle sue settecento mogli e trecento concubine (1Re 11,1), quasi tutte d'origine straniera, l'adorazione dei loro dèi e quindi favorì lo sviluppo del sincretismo religioso statale che incontrò forti resistenze presso i seguaci del monoteismo rigoroso.
La leggenda vuole che, divenuto immensamente ricco (ma non si sa come), nel quarto anno del suo regno, realizzando il sogno del padre, abbia dato inizio alla costruzione del primo e unico tempio coperto di Gerusalemme, nonché di due sontuosi palazzi reali, uno per sé e l'altro per la consorte principale, una principessa egiziana che era una delle sue settecento mogli, e il suo harem (I Re 7,1-12).


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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)