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martedì 29 novembre 2016

89– Il falso Jahvè. La riforma di Giosia (639-586 a.C.) e la nascita della Bibbia 3

Dopo aver sradicata l'idolatria in Giuda, Giosia, approfittando di una improvvisa e rapida decadenza dell'impero assiro, costretto, a causa della crescente potenza babilonese, a ritirare le sua truppe d'occupazione nel Regno del Nord, spinse la sua campagna iconoclasta fino a Bethel, dove l'odiato Geroboamo aveva fondato il tempio rivale a quello di Gerusalemme, dedicato a Baal. Questa spedizione punitiva era stata profetizzata, come ci racconta il Libro Primo dei Re, 13,1-2, tre secoli prima, fin nei minimi dettagli e col nome esatto di re Giosia, da un profeta anonimo. Si tratta ovviamente di una profezia post eventum, cioè aggiunta dopo che i fatti erano accaduti per attribuire a questo re un alone messianico. Ma per gli ortodossi fondamentalisti si tratta invece di un chiaro esempio di profezia realizzata. Il resoconto che ricaviamo dal secondo libro dei Re è di una crudeltà agghiacciante. Dopo aver massacrato il clero, i devoti israeliti e perfino alcuni ebrei di Giuda che si erano uniti a loro in un insediamento vicino, fece togliere le ossa dalle tombe intorno a Bethel e le ridusse in polvere per profanarle.
"Giosia demolì anche l'altare del santuario sulla collina a Bethel, fatto costruire da Geroboamo figlio di Nebat, quello che fece peccare gli israeliti. Distrusse altare e santuario, poi bruciò e ridusse tutto in cenere, anche il palo sacro della dea Asera. In quell'occasione, Giosia si guardò intorno e vide alcune tombe sul monte. Mandò a prelevare le ossa di quelle tombe, le bruciò sull'altare e, in questo modo, le sconsacrò. Si avvera così il messaggio del Signore, riferito da un antico profeta [...] Sugli altari di ogni santuario fece uccidere i sacerdoti e bruciò ossa umane. Infine rientrò a Gerusalemme" (2 Re 23,15-20).
Con la riforma di Giosia venne per sempre eliminata ogni traccia di idolatria nel Regno di Giuda e nel territorio del nord e si affermò definitivamente il culto unico di Jahvè nel solo Tempio di Gerusalemme. Comincia per Israele il monoteismo rigoroso.

venerdì 25 novembre 2016

88– Il falso Jahvè. La riforma di Giosia (639-586 a.C.) e la nascita della Bibbia 2

Giosia si presenta dunque agli ebrei come il re riformatore per eccellenza. Tutta la legge mosaica venne riveduta e confermata, punto per punto, nonché ampliata e resa assolutamente obbligatoria. Il Tempio e l'intera Gerusalemme vennero considerati la dimora di Dio, quindi dichiarati santi. Il culto sacrificale fu interamente concentrato a Gerusalemme e nel suo Tempio, e tutti i sacerdoti di Jahvè furono richiamati dal resto del paese e destinati a celebrare, a turno, i sacrifici. "Il re ordinò al sommo sacerdote Chilkjàhu [Hilqiyya], ai sacerdoti aiutanti, ai custodi della soglia di tirare fuori dal santuario del Signore tutti gli oggetti che erano stati fatti per il Baal, per l'ascerà [Ashera] e per tutta la schiera celeste, e li bruciò fuori di Gerusalemme nei campi del Kidron e ne portò le ceneri a Bethel. Rimosse i sacerdoti idolatri che avevano istituito i re di Giuda per offrire incenso sulle bamoth nelle città di Giuda e nei dintorni di Gerusalemme e quelli pure che offrivano incenso a Baal, al sole, alla luna, allo zodiaco e a tutte le schiere celesti. Trasse dalla casa del Signore la figura di Astarte trasportandola alla valle del Kidron, li la bruciò, la ridusse in cenere gettando la cenere sui sepolcri del popolo. Demoli le case di prostituzione che erano nel tempio del Signore dove le donne tessevano le tende per la dea Astarte" (2 Re 23,4-7). Contemporaneamente all'epurazione di tutti i culti pagani e sincretici, dei loro altari, arredi, immagini e insegne, in base alla riaffermazione drastica e rigorosa del secondo comandamento, anche l'intera liturgia israelitica, e soprattutto quella della festa della pasqua, furono restaurate secondo i canoni dell’antica purezza cultuale. In conclusione, la riforma di Giosia, di carattere politico-religioso, s'incentrò nel segno dell'elezione e dell'Alleanza. L'elezione venne intesa in senso religioso ma anche marcatamente nazionalista nei confronti degli altri popoli: Israele non soltanto era il popolo eletto di Dio, ma l'unico tra tutti i popoli della Terra a godere di tale privilegio divino. L'Alleanza s'identificò con un codice legislativo assolutamente coercitivo e quasi irrealizzabile, però rivestito, per la prima volta, anche di caratteristiche umane. Quando gli scribi e i sacerdoti di Giuda misero mano alla stesura della Bibbia, ricostruirono l'intera storia d'Israele proiettando retrospettivamente fatti e avvenimenti, in parte accaduti e in parte inventati, in funzione della nuova teologia nata dal Deutoronomio di Giosia.


giovedì 24 novembre 2016

Per i cristiani l'apoteosi del simulacro dell'imperatore rappresentava l'apostasia. 285

Le ordinanze degli imperatori di sacrificare agli dèi non erano dirette contro il cristianesimo in quanto tale, né venivano emanati a esclusiva difesa dei culti pagani, si prefiggevano semplicemente l’unità interna dell’Impero e lasciavano intatta la libera manifestazione della propria religiosità. Anche durante le persecuzioni più dure, quella di Diocleziano ad esempio, la coazione statale si concentrò esclusivamente sull’adempimento del sacrificio prescritto dalle leggi, e ci limitò a punire il rifiuto di tale adempimento, mai l’esercizio libero della religione cristiana. Tant’è vero che anche in quella circostanza le chiese, già molto diffuse a Roma, continuarono ad essere frequentate dai fedeli e conservarono intatti propri diritti patrimoniali.

Per i cristiani l’apoteosi di una persona umana era impensabile, benché ne avessero già compiuta una divinizzando Cristo e accogliendo nel suo culto parecchie forme proprie del culto imperiale. Quindi, se un cristiano consumava il sacrificio davanti al simulacro dell’imperatore, anche solo bruciando un po' d'incenso, la Chiesa considerava tale atto un’apostasia. Ma se un cristiano rifiutava il sacrificio, le autorità e il popolo sentivano il fatto come sacrilego e lesivo della maestà imperiale. E quando nuclei sempre più numerosi si opposero culto imperiale, lo Stato vi scorse la dissoluzione dell’energia vitale della nazione, cioè la distruzione dell’intero ordinamento della vita romana e scattarono le persecuzioni.

Le dieci persecuzioni, millantate dalla Chiesa, ebbero tutte breve durata e causarono un numero relativamente basso di martiri autentici. Ce lo confessa Origene quando dichiara che il numero dei martiri cristiani «è piccolo e facile da contare» (Origene, Contra Celsum). Durante le persecuzioni la maggior parte dei cristiani si salvò spesso con la fuga, molti però abiurarono, soprattutto sotto la persecuzione di Decio. Questa fu la prima persecuzione generalizzata e pianificata.


Decretata nel 250 allo scopo di procedere al sequestro dei numerosi beni ecclesiastici, considerati illegali in quanto la Chiesa non aveva personalità giuridica, suscitò molto panico ma le sentenze capitali furono piuttosto poche. Molti cristiani abiurarono (lapsi) sacrificando davanti ai simulacri degli dei e dell'imperatore, altri si limitarono a gettare l’incenso sulle braci e infine, i più furbi, conosciuti col nome di libellattici, ottennero con la corruzione un falso attestato di sacrificio o fecero sacrificare dai propri schiavi al loro posto. Solo pochi affrontarono il martirio o si mimetizzarono in luoghi solitari. I cristiani infedeli si pentirono e tornarono a schiere nel seno della Chiesa, che si affettò a cancellare il peccato di apostasia.

Decio imperatore


martedì 22 novembre 2016

87– Il falso Jahvè. La riforma di Giosia (639-586 a.C.) e la nascita della Bibbia 1

Il ritrovamento del Deuteronomio e il monoteismo rigoroso
La figura di Giosia rappresentò l'ideale ispiratore di tutta la storia d'Israele. "Prima di lui non vi fu un re simile che facesse ritorno al Signore con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le sue forze, osservando completamente la legge di Mosè, né dopo di lui ne sorse uno uguale" ( 2 Re 23, 25). È sulla sua figura quindi che vengono modellati Mosè, Giosuè e David nella Bibbia che nascerà sotto la sua regia, e la sua riforma religiosa assumerà un'importanza pari a quella del Patto di Dio con Abramo, dell'Esodo dall'Egitto o della promessa divina a re David. A lui dobbiamo le basi del giudaismo e della cristianità.
Durante i suoi trentun anni di regno su Giuda, egli si considerò un vero e proprio messia destinato a restaurare le glorie passate della casa d'Israele e a riportarla alla santità e attuò, con drastica determinazione, ma anche con inaudita ferocia, il totale sradicamento di ogni traccia di culto sincretico o diverso nel Regno di Giuda, inclusi gli alti luoghi (bamoth) che anticamente erano stati eretti nel paese e sempre tollerati anche dai sovrani considerati pii e devoti.

A far sbocciare in Giosia la determinazione di attuare la sua riforma religiosa fu, a detta dello storico deuteronomistico, il ritrovamento nel 622 a.C., durante un inventario nel tempio di Salomone, di un libro di origine oscura, che fu chiamato Deuteronomio (“libro della seconda legge”) (2 Re 22,8-23,24). Non sappiamo se il misterioso libro sia stato veramente trovato per caso nel vecchio Tempio o, piuttosto, se non sia stato scritto dai sacerdoti per ordine proprio di re Giosia, come molti ipotizzano; sappiamo però che ebbe un impatto enorme sul futuro del popolo ebraico. Il codice ritrovato fu subito considerato da tutti come il gran discorso di commiato di Mosè prima della conquista della Terra Promessa, e ritenuto quindi di rivelazione divina. Come autentica parola di Jahvè fu letto dal re durante un'assemblea nel Tempio, tra la commozione generale; l’assemblea si concluse col Patto di una nuova Alleanza tra Jahvè e il suo popolo.(2 Re 23,2-3). 

venerdì 18 novembre 2016

86– Il falso Jahvè. Il Regno di Giuda 4

Nel 705 a.C. moriva il re assiro Sargon II lasciando il trono al figlio Sennacherib giovane e inesperto. Sotto il nuovo re l'impero assiro passò un periodo di incertezza e re Ezechia credette che Jahvè avesse miracolosamente offerto a Giuda l'opportunità di riconquistare i territori del nord e ricostituire il regno unito di David.
Avendo nel frattempo portato a termine la purificazione del culto di Jahvè si convinse, come affermava la teologia che stava allora nascendo, che non valesse tanto la mera forza delle armi, quanto l'invincibile potenza di Jahvè, il Dio degli eserciti che combatte per Israele, e impavido sfidò, col suo piccolo esercito, le armate assire. Sperava molto di ricevere aiuto dall'Egitto, insofferente della potenza assira. Nonostante che tutti i racconti della Bibbia siano concordi nell'esaltare la pietà di Ezechia, l'intervento salvifico di Jahvè non arrivò e Giuda fu occupato. Ma lo storica deuteronomistico, falsando gli avvenimenti e mentendo spudoratamente per non sconfessare la sua teologia, scrisse che Gerusalemme fu miracolosamente liberata e l'esercito di Sennacherib distrutto. Invece, come ricaviamo da importanti iscrizioni assire portate alla luce dagli scavi archeologici, l'esercito di Giuda fu annientato, Ezechia costretto a pagare un pesante tributo e accettare la deportazione in Assiria di molti giudei, infine a collocare davanti al tempio di Gerusalemme due idoli assiri.
Quando sali al trono Manasse, figlio dodicenne di Ezechia, ci fu un colpo di Stato. La fazione per l'unicità di Javhè fu sconfitta e quella che propugnava il sincretismo religioso e una pragmatica collaborazione con l'Assiria prese il potere. Per volere del nuovo re Manasse, Giuda s'integrò nell'economia regionale assira e tornò ben presto alla prosperità e al benessere, annullando la riforma religiosa di Ezechia. Manasse segnò l'apogeo di Giuda, ma quando i deuteronimisti, cioè i fautori dell'unicità di Jahvè, riconquistarono il potere poco dopo la sua morte e presero, come vedremo tra poco, a scrivere la Bibbia, Manasse fu giudicato il peggiore di tutti i re e il padre di tutti gli apostati. Alla morte di Manasse, ci fu un altro colpo di Stato. Il partito per l'unicità di Jahvè, approfittando dell'assassinio di Amon suo successore, prese il potere e pose sul trono Giosia, il figlio di Amon di soli otto anni, che avrebbe regnato a Gerusalemme per trentuno anni e sarebbe stato osannato come il re più virtuoso della storia di Giuda. Con Giosia Israele conobbe la più profonda e radicale riforma religiosa della sua storia che determinò la nascita del moderno monoteismo e della Bibbia.

giovedì 17 novembre 2016

Il rifiuto del sacrificio alle divinità imperiali. 284

Il crimine più grave, però, di cui erano accusati i cristiani, riguardava il rifiuto del sacrificio alle divinità imperiali. I romani attribuivano al favore di queste divinità i propri successi militari e politici e ritenevano il sacrificio loro attribuito una manifestazione di patriottismo. Chi si sottraeva diventava nemico della comunità e metteva in pericolo la stabilità dello Stato. L'ordine di sacrificare alle divinità imperiali era quindi un atto di lealtà politica che doveva garantire l’unità interna dell’Impero e non intaccava minimamente l’esercizio libero della religione personale. Ma per i cristiani l’apoteosi di una persona umana era impensabile e considerato un atto di apostasia.

Quando nuclei sempre più numerosi di cristiani si opposero al culto imperiale, scattarono inevitabilmente le persecuzioni che non rivestirono mai un carattere religioso ma esclusivamente politico. In realtà fino al governo di Caracalla (211-217) l’odio verso i cristiani derivò più dal popoio, che li respingeva istintivamente, che dall’iniziativa di imperatori o governatori. Eppure le autorità, in assenza di dati di fatto probanti, non prestavano fede ai racconti popolari che attribuivano ai cristiani tutto il male possibile, solitamente incesto, omicidi rituali, cannibalismo, tant’è che non costituirono mai oggetto di procedimenti giudiziari. Ma il rifiuto del sacrificio agli dèi era considerato un atto fondamentale per ogni suddito dell'Imparo. Allora stato e religione, per i cristiani due mondi diversi, per i Romani erano strettamente connessi in quanto attribuivano al favore degli dèi i propri successi; favore strettamente legato al compimento di precisi atti sacrali.

L’intera vita pubblica era per questa ragione accompagnata da cerimoniali religiosi: il sacrificio, il punto centrale della religione romana, era una pietra di paragone della disciplina civile e della lealtà politica e la partecipazione ad esso era obbligatoria. Per altro era ovvio che ciascuno potesse invocare gli dèi che più gli fossero stati a grado e andare alla ricerca della propria salvazione personale dove gli paresse e piacesse. Ciò valeva in linea di massima anche per i cristiani.


Caracalla


martedì 15 novembre 2016

85– Il falso Jahvè. Il Regno di Giuda 3

Abbiamo visto che la teologia che ispirò la Storia Deuterenomistica può essere riassunta in cinque parole: Patto, promessa, apostasia, pentimento e redenzione, usate nel libro dei Giudici per dimostrare che tutte le sciagure che avevano colpito Israele erano punizioni di Jahvè per la ricaduta del suo popolo nell'idolatria. Ebbene, anche l'interpretazione biblica dell'invasione del Regno del Nord da parte degli assiri fu squisitamente teologica. Nei libri dei Re l'autore biblico passa in rassegna i re d'Israele uno per uno e li giudica negativamente, ripetendo, come in un ritornello, il re tal dei tali: "fece quello che era male agli occhi del Signore; non abbandonò i peccati di Geroboamo figlio di Nebat", per concludere che l'occupazione assira e la fine del Regno d'Israele furono decretate da Jahvè per punire gli scellerati re d'Israele dediti all'idolatria, mentre il Regno di Giuda era stato preservato dall'invasione perché la maggior parte dei suoi re erano stati virtuosi. L'autore biblico si guarda bene dallo spiegare che Israele fu invaso e Giuda risparmiato perché l'impero assiro considerava Israele, con le sue ricche risorse e la popolazione produttiva, una preda straordinariamente più allettante del povero e arretrato Regno di Giuda. A lui non serviva produrre una storia oggettiva ma fornire la spiegazione teologica dell'avvenimento e soprattutto ammonire il popolo di Giuda a non subire la stessa sorte del regno fratello del nord disobbedendo a Jahvè.
Il movimento per l'unicità di Jahvè trovò nel re Ezechia, che regnò a Gerusalemme per ventinove anni, il suo primo e fervido sostenitore. Gli autori dei libri dei Re ricordano la sua ascesa al trono di Giuda, verso la fine dell'ottavo secolo a.C., come un evento epocale. Infatti, lo dichiarano un secondo Salomone e gli riconoscono di aver unito tutto Israele attorno al Tempio di Gerusalemme, di aver eliminato le bamoth e gli altri oggetti di culto idolatri. "Egli fece ciò che è retto agli occhi del Signore come aveva fatto David suo padre: soppresse le bamoth, spezzò le stele, abbatté le asceroth, e frantumò il serpente di rame che aveva fatto Mosè poiché fino a quel tempo i figli d'Israele gli offrivano profumi (incenso), e si chiamava Nechushtan" (2 Re 18,3-5).
Ezechia, con la sua riforma religiosa che restaurava la purezza e la fedeltà del culto a Jahvè, ritenne di aver restituito a Giuda la sua santità e di essersi riappropriato l'aiuto divino, come ai tempo della conquista della terra di Canaan.


venerdì 11 novembre 2016

84– Il falso Jahvè. Il Regno di Giuda 2

La forte trasformazione economica e demografica determinò dei nuovi e radicali cambiamenti culturali e religiosi che portarono alle grandi riforme di Ezechia e del pronipote Giosia, che segneranno la definitiva rinascita religiosa di Israele. Prima che il Regno di Giuda si trasformasse in uno Stato pienamente evoluto, vi regnava, come nel Regno del Nord, un diffuso caos religioso. C'era il culto centrale nel Tempio di Gerusalemme, ma c'erano innumerevoli culti della fertilità, degli antenati e di altri dèi che affiancavano il culto di Jahvè. Contro questo sincretismo religioso alcuni profeti (Elia, Eliseo, Amos e Osea) e un certo numero di sacerdoti di Giuda combatterono a lungo e ferocemente e la loro lotta non fu vana perché determinò la nascita di un nuovo movimento religioso che lo storico Morton Smith soprannominò "movimento per l'unicità di Jahvè". Esso affermava che si doveva adorare solo Jahvè e nel solo Tempio di Gerusalemme e dichiarava sacrileghi tutti gli altri culti del paese, e si opponeva ai sostenitori dei costumi e dei rituali religiosi giudei più antichi e tradizionali. Probabilmente all'inizio i sostenitori del "movimento per l'unicità di Jahvè" erano una minoranza, ma crebbero rapidamente e, in seguito alla rapida diffusione dell'alfabetismo, sentirono la necessità di scrivere un testo che definisse e motivasse le loro istanze religiose e questo fu il primo nucleo storico della Bibbia. Sacerdoti e scribi avevano allora raggiunto una preparazione necessaria per intraprendere un simile compito. I libri dei Re che denunciano l'empietà della gran parte dei re del nord, ma anche di alcuni re di Giuda, riflettono in pieno l'ideologia del movimento per l'unicità di Jahvè. Secondo lo studioso biblico Baruch Halpern è proprio in questo momento storico, tra la fine dell'ottavo secolo a.C. e l'inizio del settimo, che è possibile collocare la nascita della tradizione monoteistica della civiltà giudeo-cristiana. Ciò a dimostrare che la moderna coscienza religiosa non è nata, come offre l'interpretazione retrospettiva della Bibbia, all'epoca dei patriarchi nomadi e dell'esodo dall'Egitto, ma nel tardo ottavo secolo a.C. Se questo movimento non fosse sorto e fossero continuate le pratiche tradizionali del culto sincretico non avremmo avuto né le leggi del Deuteronomio né la Storia Deuteronomistica e forse nemmeno il cristianesimo. Le idee del movimento per l'unicità di Jahvè contemplavano anche la restaurazione della dinastia davidica su tutto Israele, inclusi i territori dello stato settentrionale in cui vivevano molti israeliti che non erano stati deportati dagli assiri. La ricostituzione cioè del regno unito governato a Gerusalemme da un discendente di David.  

giovedì 10 novembre 2016

La disobbedienza civile e l'ideologia apocalittica rendevano i cristiani nemici dell'Impero. 283

Il cristianesimo della Chiesa di Gerusalemme, prima che Paolo lo demessianizzasse e lo degiudeizzasse, non era affatto simile al nostro ma fortemente legato alle istanze esseno-zelote e i romani lo sapevano. Perciò essi non perseguitavano la nuova ideologia religiosa bensì l'ostilità contro Roma, unita alla disobbedienza civile, che essa implicava.

I cristiani, infatti, rifiutavano il servizio militare, atto considerato dai romani intollerabile e antipatriottico, non frequentavano né il circo né il teatro, e nemmeno le feste e le processioni pagane, cioè si autoescludevano dalla vita civile.
Inoltre, predicavano che solo il loro Dio era vero degradando le altre divinità al rango di figure diaboliche e si dedicavano ad un proselitismo accanito, inconcepibile per il politeismo del tempo. Infine, invocavano fanaticamente la fine del mondo e consideravano quella raccapricciante catastrofe, che avrebbe arrecato interminabili tormenti, la giusta punizione per la malvagità dei pagani e invece per loro l'inizio di una eterna felicità.

Si definivano, come gli ebrei,«parte aurea», «Israele di Dio», «popolo eletto», «popolo santo» e tertium genus hominum e, in contrapposizione, consideravano tutti i pagani degli iniqui peccatori. Tutta la letteratura precristiana pullulava di una radicale condanna della vita antica. I pagani appaiono come atei, rigonfi d’invidia, di menzogna, pieni di odio, apertamente interessati soltanto alla sfrenatezza sessuale, a gozzovigliare. Il loro mondo è «nero» proclamavano, maturo per la distruzione «nel sangue e nel fuoco». Nessun altro culto dell’antichità conobbe un simile atteggiamento esclusivistico. Ecco perché erano considerati nemici degli dèi e li si accusava di ateismo e di empietà mostruose, come incesto, omicidi rituali e cannibalismo.


Paolo


martedì 8 novembre 2016

83– Il falso Jahvè. Il Regno di Giuda 1

A differenza del Regno d'Israele ricco e prospero, quello di Giuda, fino all'ottavo secolo a.C., rimase scarsamente popolato e molto arretrato economicamente e culturalmente con pochi centri sporadici e di piccole dimensioni, Gerusalemme inclusa. La sua economia era incentrata su un'agricoltura di pura sussistenza e sulla pastorizia.
Ma a partire dalla fine dell'ottavo secolo a. C le cose cambiarono rapidamente nel campo economico, politico, culturale e religioso. Nell'arco di pochi decenni, come confermano recenti scoperte archeologiche, la cittadella reale di Gerusalemme, sede di una dinastia locale piuttosto insignificante, si trasformò in un centro operativo religioso e politico, a livello di potenza regionale, in conseguenza dell'arrivo al sud di migliaia di rifugiati provenienti dallo sconfitto Regno d'Israele. Questi rifugiati, sfuggiti alla deportazione assira, rappresentavano la classe più evoluta del nord ed erano costituti da intellettuali, amministratori, comandanti militari, esperti artigiani e imprenditori dediti alla produzione a al commercio dell'olio, del vino e del grano. A seguito del rapido sviluppo economico la popolazione, che era stata per tanto tempo nell'ordine delle poche decine di migliaia, arrivò rapidamente intorno ai duecentomila individui. Oltre che per l'apporto considerevole dei rifugiati del nord, lo sviluppo di Giuda fu dovuto anche all'integrazione e alla cooperazione cui fu costretto con l'economia dell'impero assiro, egemone della regione.
Le prove archeologiche ci mostrano che alla fine dell'ottavo secolo il regno meridionale si era trasformato in uno stato pienamente evoluto. Sono stati ritrovati, infatti, iscrizioni monumentali, sigilli, impronte di sigilli e òstraka dell'amministrazione reale, resti di edifici pubblici costruiti in pietra bugnata e adornati di capitelli, ceramiche ed altri manufatti prodotti in manifatture centrali da dove venivano poi distribuiti in tutto il paese.

venerdì 4 novembre 2016

82– Il falso Jahvè. La fine del Regno d'Israele 2

Purtroppo l'opulenza, la forza militare e la prosperità attirarono su Israele l'attenzione del grande impero assiro, allora all'apogeo della sua potenza, e per il Regno del Nord fu la fine. Israele fu invaso, distrutto, cancellato come Stato. Gran parte della sua popolazione fu deportata e dispersa nelle varie contrade dell'impero assiro e non fece più ritorno in patria. Al suo posto fu insediata coattivamente una nuova popolazione. Giuda che continuava ad essere un regno povero e isolato fu invece risparmiato dall'invasione ma sottoposto ad un pesante tributo e poté conservare la sua indipendenza per altri ottant'anni.
Dopo l'invasione la Samaria e le altre regioni del nord furono abitate da una popolazione mista, composta per la maggior parte dalla nuova élite coloniale degli invasori e in piccola parte da gente del luogo rimasta priva di guida. Questa nuova popolazione promiscua venerò Jahvè col nome di Baal assieme alle nuove divinità straniere, e a causa di ciò il suo sincretismo religioso sarà disprezzato dagli ebrei del sud. Ma una buona parte dell'élite israelita, sfuggendo agli assiri, riuscì a trovar rifugio nel Regno di Giuda e divenne l'artefice del suo rapido sviluppo economico, politico e culturale. Ma dovette rinunciare al culto di Baal e giurare fedeltà al Tempio di Gerusalemme. Una piccola parte degli abitanti del Regno d'Israele, invece, non volendo emigrare nel regno di Giuda per sfuggire alla deportazione, cercò rifugio nelle montagne e nel deserto dove continuò il culto di Baal.

Ciò arrecò gran fastidio al re di Giuda, Giosia, il quale, appena gli assiri, minacciati dai babilonesi, si ritirarono dalla Palestina, organizzò e portò a compimento la distruzione di tutti i luoghi di culto di Baal nel territorio del nord e sterminò i pochi seguaci ancora rimasti. In tal modo ogni traccia della cultura e della religione del Regno d'Israele venne definitivamente cancellata e fu reso indelebile il giudizio degli scribi di Giuda che giudicavano Israele un regno malvagio e blasfemo e il suo popolo legato a idoli che erano l'antitesi del vero Dio. 

giovedì 3 novembre 2016

Il fanatismo patriottico-giudaico vera causa delle persecuzioni contro i cristiani. 282

Chi conosce, anche approssimativamente, la storia antica sa che i romani, senz'altro duri e spietati sotto il profilo politico, erano del tutto tolleranti in campo religioso e ammettevano che i diversi popoli sottomessi seguissero liberamente i loro culti e le loro tendenze religiose.

Roma stessa era un coacervo di centinaia di divinità, spesso importate dai soldati da ogni parte dell'Impero, e tutte avevano il loro tempio e i loro seguaci. Solo se un culto si profilava ostile al potere costituito o palesemente immorale, poteva subire delle censure. Infatti nel 186 a. C. col processo pei Baccanali il Senato romano aveva decretato l’eliminazione totale dei culti dionisiaci ritenuti immortali e dannosi alla società. Nel 139 furono scacciati per la prima volta da Roma gli astrologi, ritenuti falsi e imbroglioni; nel 58 a.C. furono abbattuti i principali templi di Iside, forse a causa dell’attività politica delle comunità dei seguaci ostili a Roma. Inoltre fu proibito il culto nazionale gallico dei Druidi, durante il quale si compivano anche sacrifici umani.

Ma in generale i Romani furono assai tolleranti in fatto di religione. I Giudei ebbero piena libertà di culto e non fu pretesa da loro la venerazione delle divinità statali nemmeno dopo la guerra giudaica; furono dispensati persino dai sacrifici per l’imperatore, i cui simulacri furono allontanati dal tempio di Gerusalemme. È vero però che gli Ebrei, che a Roma costituivano una grossa comunità concentrata soprattutto nei quartieri più disagiati di Trastevere, ove svolgeva i commerci minuti e l'artigianato minore, non godevano di molta stima presso il popolo romano. A dar credito ad Orazio e a Giovenale, importanti poeti latini, questa comunità era piuttosto detestata dalla maggioranza della popolazione, e la repulsione nei loro confronti fu poi trasferita ai cristiani, che ne erano per altro discendenti e coi quali in un primo tempo venivano confusi.
Com'è possibile allora, vista la tolleranza religiosa dei romani, che il cristianesimo che predicava la non-violenza, l'amore del prossimo (e perfino dei nemici) e la fratellanza universale (imperativi etici fortemente condivisi anche da molti pagani), e per di più dichiarava che bisognava dare a Cesare quello che era di Cesare (cioè riconosceva implicitamente il potere imperiale e ammetteva il dovere di pagare le tasse), subisse delle dure repressioni da parte degli Imperatori?

Forse che questi erano disturbati dal fatto che il suo fondatore si proclamava figlio di Dio e vantava la sua resurrezione? Ma neanche per sogno! Erano così anche le altre divinità che andavano allora per la maggiore come Osiride, Attis, Mitra, Eracle e così via. E allora? La verità è che la religione non c'entra niente con queste persecuzioni; c'entra, invece, e come, la politica. Per i romani la parola "cristianesimo", che traduceva letteralmente il termine ebraico "messianismo”, era sinonimo di fondamentalismo nazional-religioso, cioè di una forma di fanatismo patriottico-giudaico inteso a scalzare il potere di Roma.

Osiride


martedì 1 novembre 2016

81– Il falso Jahvè. La fine del Regno d'Israele 1

Il Regno d'Israele durò per circa due secoli, e, nonostante travagliato da tragici conflitti dinastici, conobbe lunghi periodi di splendore, specie sotto gli Omridi e Geroboamo II.
Le testimonianze archeologiche rivelano che gli Omridi e non Salomone, avevano costruito gli edifici in pietra di Meghiddo, oltre ai complessi di Izreel e di Samaria. Importantissime testimonianze assire ci fanno sapere inoltre che Omri e i suoi successori furono in realtà potenti re che ampliarono il loro regno fino al cuore del territorio cananeo a Meghiddo, Hazor e Ghezer, e nei territori della Siria meridionale e della Transgiordania, e che mantennero uno dei più grandi eserciti permanenti della regione. Il loro regno era multietnico e l'eterogeneità della popolazione, esecrata da Giuda perché violava il Patto con Jahvè, divenne forse la loro più importante risorsa sia per l'economia, sia per l'attività edificatoria e la guerra. Naturalmente il compilatore dei libri dei Re ha delegittimato tutti gli Omridi descrivendoli come monarchi scellerati e peccaminosi e ha ignorato il loro splendore e la loro potenza militare.
Il culmine della prosperità del regno settentrionale fu raggiunto sotto il governo di Geroboamo II, come ci viene documentato dagli oracoli dei profeti Amos e Osea che con loro corrosiva denuncia della corruzione e della mancanza di religiosità dell'aristocrazia confermano indirettamente l'opulenza raggiunta nel regno in quell'epoca. Così apostrofa Amos, gli aristocratici del suo tempo: " Voi, che giacete su letti di avorio e vi sdraiate sui loro cuscini, che divorate agnelli del gregge e vitelli della stalla. Che suonate col liuto come foste David. Che bevete in anfore il vino e che vi ungete con l'olio più fino [,..] "(Amos 6,4-6).

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Se volete in qualche modo parlare con me, lasciate la richiesta nei commenti, vi contatterò per e-mail. Dato che il blog mi occupa parecchio tempo, sarò laconico nelle risposte.

Se gli argomenti trattati sono di vostro interesse, passate parola; e, se site studenti, proponeteli al vostro insegnante di religione. In tal caso fatemi sapere le risposte che avete ottenuto. Grazie.

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Informazioni personali

Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)