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martedì 30 maggio 2017

La vera identità del Gesù dei Vangeli 16

La crocifissione di Giovanni di Gamala, per gli ebrei del suo tempo, significava che lui non era il Messia prescelto da Jahvè perché secondo i Profeti ebrei, il loro Dio non aveva schierato le potenze celesti in suo aiuto per annientare la supremazia dei “Kittim” pagani invasori (Rotoli di Qumran: frammento 4Q 246). Perciò dopo la fuga dei suoi seguaci zeloti, venne ben presto dimenticato, anche se la rivendicazione dinastica, come vederemo in seguito, continuerà coi suoi fratelli, datesi alla macchia.
Ma due generazioni dopo la distruzione di Gerusalemme e del Tempio, nel 70 d.C., da parte del figlio di Vespasiano, Tito, alcuni sacerdoti esseni d'Egitto iniziarono a elaborare una nuova figura di “Salvatore” (Yeshùa) e “Messia” ebraico, ispirandosi all'astratto “Logos” del filosofo ebreo Filone d'Alessandria.
Per gli esseni alessandrini un “Messia”divino non più combattente nazionalista, quindi accettabile dal potere imperiale di Roma e meno pericoloso per la popolazione ebraica della diaspora, poteva incarnare l’uomo celeste, il Redentore, il modello perfetto dell'essere spirituale inviato da Dio sulla Terra per un puro gesto d'amore e dotato di una natura essenzialmente unica e spirituale. Per essi Giovanni di Gamala che si era sacrificato docilmente per la salvezza della Giudea, soffrendo immani torture, mitizzato come agnus Dei, poteva raffigurare questo inviato celeste.
I Vangeli primitivi gnostici, concepiti dagli esseni, narravano le gesta di “Giovanni”, il primo Demiurgo ebreo: il Messia “Salvatore del Mondo” non più il “Dominatore del Mondo” atteso dai Giudei della Palestina. È significativo il fatto che il prologo del "Vangelo di Giovanni" inizi così:
Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni…
Egli era nel mondo e il mondo fu fatto per mezzo di Lui,
eppure il mondo non lo riconobbe.
Venne fra la sua gente, ma i suoi non lo hanno accolto” (Gv 1, 6-11).



sabato 27 maggio 2017

La vera identità del Gesù dei Vangeli 15

Non vi fu alcuna via crucis, del resto mai accennate da Cicerone, Seneca, Maccio Plauto e Plinio il Vecchio che riferirono sulle crocifissioni. Questa tortura avrebbe creato grossi problemi di servizio d'ordine mettendo a rischio l'incolumità dei miliziani di scorta obbligati a seguire il condannato per un lungo tratto di strada. Non vi fu alcun processo per stabilire la colpevolezza perché il reato era flagrante. Quindi il processo di Gesù celebrato nei Vangeli, oltre ad essere una summa di incoerenze e di assurdità, era totalmente escluso dalla flagranza del reato. Allora perché è stato inserito nei Vangeli? Per far ricadere sui Giudei la colpa dell’uccisione del “Salvatore”. Infatti, Gesù Cristo “Nostro Signore”, per la nuova dottrina del Cristianesimo nascente, non doveva risultare giustiziato dal potere di Roma perché ciò avrebbe dimostrato che era un re ebreo zelota guerriero e questo contrastava la figura dell’“Agnus Dei”, vittima sacrificale divina per il bene dell’umanità. Inoltre i Vangeli narrano, in contrasto palese con la storia documentata e tra assurdità e incoerenze di ogni genere, che a far uccidere Gesù fu Ponzio Pilato, costretto dai Giudei, e non Lucio Vitellio. Falso storico conclamato perché la condanna di “Gesù” è avvenuta dopo la destituzione di Pilato (Ann. XV cap. 44). 

martedì 23 maggio 2017

La vera identità del Gesù dei Vangeli 14

Venne arrestato, portato nella Fortezza Antonia, incatenato, sottoposto a dileggi e ad atroci torture. Il giorno dopo, venne crocefisso pubblicamente, come monito rivolto agli Ebrei inteso a rimarcare la potenza dell'Impero romano. Il popolo distanziato da un fitto cordone di sbarramento di miliziani romani, assistette in silenzio, impietrito e impotente, alla morte di Giovanni, sopraggiunta dopo una lunga agonia “fra i più atroci tormenti d'ogni sorta fino all'ultimo istante di vita” (Bellum VII cap. 8,272).
Poco prima di morire, secondo Marco e Matteo, il Gesù evangelico ebbe un attimo di smarrimento e pronunciò il grido di terrore e solitudine: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Marco 15,34), inconcepibile se Cristo fosse stato il Figlio di Dio che s'immolava per la salvezza dell'umanità, ma chiarissimo per un Messia che, avendo fermamente creduto nell'intervento di Jahvè in suo aiuto, constatava con disperazione l'abbandono divino e il fallimento della sua missione. In base alla legge romana, al collo del crocifisso venne appeso un cartello con il nome e la motivazione della pena capitale.

I N R I : IOHANNES NAZIREVS REX IVDAEORVMU. 

venerdì 19 maggio 2017

La vera identità del Gesù dei Vangeli 13

Approfittando di questa eccezionale situazione, Giovanni di Gamala (il Gesù dei Vangeli), stante i medesimi rapporti di forza fra i due Imperi, il Romano e il Partico, adottò l'identica strategia del suo predecessore, Antigono II asmoneo, contando, come lui, sulla vittoria dei Parti e si accordò con il re parto Artabano III per sollevare la Giudea contro i romani. Durante la Festa delle Capanne del 35, che riuniva a Gerusalemme gran parte della popolazione giudaica, spinse la nazione a ribellarsi, e dopo aver annientato la guarnigione romana, si impadronì del potere facendosi osannare dal popolo come “Re dei Giudei” e “Salvatore” (Yeshùa). Giovanni restaurò la prassi degli antenati monarchi Asmonei che rivestivano entrambi i sacri uffizi di Re e Sommo Sacerdote. Per gli Ebrei Giovanni divenne così il “Yeshùa” (Salvatore) della terra santa, e tramite il rituale dell'unzione, il nuovo Messia (Cristo). A quella data, il Prefetto Ponzio Pilato era stanziato nel palazzo pretorio di Cesarea Marittima, ma, non avendo saputo disporre forze sufficienti per impedire la rivolta, venne da Roma riconosciuto colpevole e destituito.
Il regno di Giovanni non durò a lungo. Alla fine dell’anno 35 d.C., Lucio Vitellio, dopo aver costretto Artabano alla fuga e aver assoggettato nuovamente l’Armenia al dominio di Roma, rientrò ad Antiochia con le sue legioni” (Tacito, Annales VI 37). Venuto a conoscenza degli eventi accaduti in Giudea, dopo aver fatto riposare l’esercito nei quartieri invernali, alla testa delle sue legioni si avviò verso Gerusalemme per giustiziare il monarca, che, illegittimamente, si era proclamato Re dei Giudei e ristabilire l'ordine. Nel frattempo il Prefetto Marcello era giunto a Cesarea Marittima per rilevare Ponzio Pilato dal suo incarico. Giunto nel periodo pasquale del 36 d.C., Lucio Vitellio, cinse d’assedio la Città Santa, già stremata dalla lunga carestia, e le inviò un ultimatum di resa. Fu il Sinedrio, convocato dallo stesso Giovanni in qualità di Sommo Sacerdote del Tempio a decretare in quel momento la fine del Re e del suo breve regno. Nel Vangelo di Giovanni le parole di Caifa ai sinedriti che recitano: “Considerate come sia meglio che muoia un solo uomo per il popolo e non perisca la nazione intera” (Gv 11,50) suonano assurde se riferite ad un mite predicatore che offre sempre l'altra guancia qual è il Gesù evangelico, ma sommamente pertinenti se riferite ad un Messia zelota la cui sopravvivenza metteva a rischio l'incolumità di un intera nazione. Per Giovanni, il “Salvatore” Re dei Giudei, non vi fu alcuna possibilità di scampo e accettò la resa di Gerusalemme e il suo atroce destino: la crocifissione. 

martedì 16 maggio 2017

La vera identità del Gesù dei Vangeli 12

Approfittando di questa eccezionale situazione, Giovanni di Gamala (il Gesù dei Vangeli), stante i medesimi rapporti di forza fra i due Imperi, il Romano e il Partico, adottò l'identica strategia del suo predecessore, Antigono II asmoneo, contando, come lui, sulla vittoria dei Parti e si accordò con il re parto Artabano III per sollevare la Giudea contro i romani. Durante la Festa delle Capanne del 35, che riuniva a Gerusalemme gran parte della popolazione giudaica, spinse la nazione a ribellarsi, e dopo aver annientato la guarnigione romana, si impadronì del potere facendosi osannare dal popolo come “Re dei Giudei” e “Salvatore” (Yeshùa). Giovanni restaurò la prassi degli antenati monarchi Asmonei che rivestivano entrambi i sacri uffizi di Re e Sommo Sacerdote. Per gli Ebrei Giovanni divenne così il “Yeshùa” (Salvatore) della terra santa, e tramite il rituale dell'unzione, il nuovo Messia (Cristo). A quella data, il Prefetto Ponzio Pilato era stanziato nel palazzo pretorio di Cesarea Marittima, ma, non avendo saputo disporre forze sufficienti per impedire la rivolta, venne da Roma riconosciuto colpevole e destituito.

venerdì 12 maggio 2017

La vera identità del Gesù dei Vangeli 11

E , una volta sconfitti e catturati, non avendo avuto il tempo di suicidarsi prima della cattura, come affrontavano la morte gli zeloti? Giuseppe Flavio, il massimo storico ebraico che li odiò a morte, ritenendoli responsabili della distruzione di Gerusalemme e del Tempio e che forse era lontano parente dei figli di Giuda il Galileo, nel suo libro Guerra Giudaica così dice degli zeloti: “…non vi fu alcuno che non restasse ammirato per la loro fermezza e per la loro forza d’animo, o cieco fanatismo che dir si voglia…accogliendo i tormenti e il fuoco, con il corpo che pareva insensibile e l’anima quasi esultante” (Bellum VII 416-419). E ancora: “Il loro spirito fu assoggettato ad ogni genere di prova durante la guerra contro i romani, in cui stirati e contorti, bruciati e fratturati e passati attraverso tutti gli strumenti di tortura perché bestemmiassero il Legislatore, o mangiassero qualche cibo vietato, non si piegarono a nessuna delle due cose, senza una parola meno che ostile verso i carnefici e senza versare una lacrima. Ma sorridendo tra i dolori e, prendendosi gioco di quelli che li sottoponevano ai supplizi, esalavano serenamente l'anima, certi di tornare a riceverla” (Antichità II 152). Nel 34 d.C. in Giudea imperversò una grave carestia che opprimeva l'intera popolazione, costringendo molti poveri a morire di fame. La carestia era aggravata anche dai forti contributi imposti da Roma sui prodotti agricoli e determinava scontri sociali cavalcati prontamente dagli zeloti allora campeggiati da Giovanni di Gamala, figlio primogenito di Giuda il Galileo. Nello stesso anno scoppiò un conflitto fra l'Impero romano e il Regno dei Parti, obbligando le legioni romane del Medio Oriente a marciare, sotto il comando di Lucio Vitellio, verso il fiume Eufrate per bloccare l'esercito persiano. 

martedì 9 maggio 2017

La vera identità del Gesù dei Vangeli 10

Ma perché gli zeloti, nonostante la continua e feroce repressione romana che costò loro migliaia di crocifissioni e la distruzione di città e villaggi, mai desistettero dalla loro lotta armata contro i romani? Per una complessa serie di motivi, tra i quali era determinante il sostegno massiccio avuto dall'opinione popolare, specie dai giovani; ma principalmente perché credevano fermamente che, come avevano vaticinato i Profeti ebrei, Jahvè sarebbe intervenuto schierando le potenze celesti e la sua ira avrebbe annientato la supremazia dei “Kittim” pagani invasori, con una grande strage, consentendo al popolo eletto di costituire l'antico regno di Davide che sarebbe durato in eterno” (Rotoli di Qumran: frammento 4Q 246). E, come vedremo nel prosegue dello studio, il vero Gesù (Giovanni di Gamala) e suo fratello minore Giuseppe o Menahem, riuscirono, in due successivi momenti, a scacciare i romani dalla Giudea e farsi ungere re d'Israele.
Il “Rotolo della Guerra” trovato a Qumran nel 1947 ci ha dimostrato il linguaggio rassicurante, basato sulla certezza dell'intervento divino, adottato dai Profeti zeloti per istigare le masse a ribellarsi contro i “kittim” invasori: “Ascolta, Israele! Voi state per combattere contro i vostri nemici… Non spaventatevi e non allarmatevi innanzi a loro. Poiché il vostro Dio cammina con voi per combattere i vostri nemici e per salvarvi… Allorché nel vostro paese verrà una guerra contro un oppressore che vi opprime, suonerete le trombe e il vostro Dio si ricorderà di voi e sarete salvi dai vostri nemici ... ” .

venerdì 5 maggio 2017

La vera identità del Gesù dei Vangeli 9

È significativo il fatto che nei Vangeli attuali gli Apostoli, coi nomi dei fratelli di Gesù, presentano qualifiche aggiunte come: “zelota” o “cananeo”, “iscariota”, “barionà” e “boanerghès”, che significano “fanatico nazionalista”, “sicario”, “latitante, ricercato” e “figli dell'ira”. Simone Pietro e lo stesso “Gesù” vengono accusati di essere “Galilei nel Vangelo di Matteo (Mt 26,69) “Anche tu (Simone Pietro) eri con Gesù il Galileo”. Quindi, l'epiteto rivolto a Pietro dai servi di Caifa era un chiaro riferimento alla sua appartenenza agli zeloti perché ai tempi di Gesù, “Galileo” significava ribelle, sovversivo (oggi diremmo: terrorista).
Nei protovangeli dei primi due secoli, redatti dagli esseni terapeuti di Alessandria d'Egitto, Gesù e gli Apostoli erano rappresentati come i veri capi del movimento zelota di liberazione nazionale giudeo e venivano celebrate le loro imprese rivoluzionarie. Quando però, l'evoluzione della dottrina determinò la nascita del Cristianesimo, i Padri fondatori furono costretti a trasformare i cruenti rivoluzionari della “quarta filosofia” zelota, in Apostoli miti come agnelli, predicatori di pace e di giustizia in terra e della vita eterna nell'aldilà. Ma nei Vangeli frequenti tracce delle istanze zelote “trasudano” per bocca dello stesso “Gesù”: “Sono venuto a portare il fuoco sulla terra e come vorrei che fosse già acceso! Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione. D'ora innanzi in una casa di cinque persone si divideranno tre contro due e due contro tre: padre contro figlio e figlio contro padre” (Lc 12,49-52). Così in Matteo: “Non sono venuto a portare pace sulla terra, ma una spada” (Mt 10,34).

martedì 2 maggio 2017

La vera identità del Gesù dei Vangeli 8

Secondo lo storico e filosofo ebreo Filone Alessandrino l'intera Palestina dal 6 d.C., a causa degli zeloti e nonostante la presenza di guarnigioni romane, fu permanentemente in preda al saccheggio e la gente veniva uccisa senza rispetto di alcuna legge. Fino alla definitiva sconfitta del 70 d.C., sfociata nella distruzione della Città Santa e del Tempio, Israele visse un periodo di massacri, caratterizzato da molte centinaia di migliaia di morti, dei quali nei Vangeli, Atti degli Apostoli e negli scritti dei “Padri Apostolici” non vi è traccia. Non solo. Nel XVIII libro di “Antichità Giudaiche” di Giuseppe Flavio, a causa delle cancellazioni operate dalla Chiesa nel codice originale ricopiato nel decimo secolo dai suoi amanuensi e poi distrutto dopo la copiatura, non troviamo “registrato alcun misfatto nella storia” concernente un così grave avvenimento rivoluzionario durante il quale gli zeloti sfasciarono tutti gli ordinamenti civili”. Perché? Perché gli scribi che attuarono la manipolazione erano a conoscenza che gli eroi cristiani che si chiamavano Apostoli, nella realtà, ne erano i capi.
A causa delle continue sommosse provocate dagli zeloti accadde che: “Spinti dall'odio e dal furore, i soldati romani si divertivano a crocifiggere i prigionieri in varie posizioni, e tale era il loro numero che mancava lo spazio per le croci e le croci per le vittime” (Bellum V 451). Come vedremo nel proseguo della trattazione, tutti i cinque figli di Giuda il Galileo e il loro nipote Eleazar finiranno di morte violenta combattendo con spietata durezza per la causa messianica. 

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Informazioni personali

Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)