L'evoluzione
della dottrina
L'asmoneo
rabbino
Giovanni di Gamala, figlio di Giuda il Galileo, che approfittando
del
momento propizio in cui Roma nel 35 d.C. era impegnata contro i
Parti,
aveva conquistato il
potere a Gerusalemme e si era fatto riconoscere, per circa un anno,
Re dei Giudei e
sommo sacerdote, una volta sconfitto e giustiziato nella pasqua del
36 da Lucio Vitellio, fu, come abbiamo già accennato, disconosciuto
come Messia e dimenticato dagli esseni della Palestina, ma non
dagli esseni d'Egitto. Dopo la distruzione di Gerusalemme e del
Tempio nel 70 d.C. ad opera di Tito, i terapeuti di Alessandria,
cominciarono ad elaborare una nuova “gnosi” divina ripresa dal
“logos” ideato dal filosofo ebreo Filone Alessandrino,
ipotizzando una nuova figura di “Messia”: non più il "Figlio
di Dio" “Dominatore del Mondo” come concepito nei frammenti
dei rotoli di Qumran, bensì un sofferente “Figlio di Dio”
“Salvatore del Mondo”. Per
essi un
“Messia”divino non più combattente nazionalista, quindi
accettabile dal potere imperiale di Roma e meno pericoloso per la
popolazione ebraica della diaspora, poteva incarnare l’uomo
celeste, il Redentore, il modello perfetto dell'essere spirituale
inviato da Dio sulla Terra per un puro gesto d'amore e dotato di una
natura essenzialmente unica e spirituale.
Per
essi Giovanni di Gamala che si era sacrificato docilmente per la
salvezza della Giudea, soffrendo immani torture e mitizzato come
agnus Dei, poteva raffigurare questo inviato celeste. Fu
l'inizio di una dottrina intesa ad elaborare una religione che
accogliesse, in un geniale sincretismo, le aspirazioni del mondo
ebraico e di quello gentile, e che appagasse l'immaginario collettivo
di un Salvatore universale, che trasversalmente era condiviso da
tutto il mondo antico.
Questa
iniziale dottrina gnostica, molto sentita e condivisa nel primitivo
mondo cristiano di tendenza mistica, con il coinvolgimento di masse
sempre più crescenti e più sensibili ai culti misterici
si evolse ulteriormente nel II secolo con l'innesto del rito
eucaristico teofagico dell'Ostia (vittima sacrificata alle divinità
pagane) e successivamente con la "Natività virginale",
derivata dal
mondo pagano che proclamava tutti gli dei soterici partoriti da
vergini mortali come le due dee allora super venerate nel mondo
antico: Iside e Artemide.
All'inizio
del processo di adattamento dottrinale, gli esseni terapeuti di
Alessandria fondatori avevano deciso di custodire la “verità
storica” della loro fede, incentrata sulla crocifissione di
Giovanni di Gamala e sulla lotta armata degli zeloti, divenute
leggendarie per una parte di ebrei.
Quindi
i primi Vangeli facevano riferimento a Giovanni di Gamala e ai suoi
fratelli condottieri di un popolo che lotta per liberare la loro
terra dai pagani. Ma quando, con l'evolversi della dottrina, i
Padri fondatori della nuova religione compresero che i martiri
irredentisti descritti nei loro Vangeli apparivano tutt'altro che
docili "agnelli di Dio" perché perseguivano ideali
rivoluzionari conformi all'integralismo ebraico violento, ed erano
ormai in aperto contrasto con la nuova dottrina improntata al
pacifismo che andava sempre più consolidandosi, furono costretti
a trasformare i cruenti rivoluzionari della “quarta filosofia”
zelota, in Apostoli miti come agnelli, predicatori di pace e di
giustizia in terra e della vita eterna nell'aldilà.
Si
trovarono inoltre nella necessità di cancellare il nome Giovanni,
sostituendolo col titolo messianico Gesù (Yeshùa=Salvatore) e
di replicare nei Vangeli più “Marie”, apparentate come “sorelle”
e “cognate” di Maria, ingenerando nei Vangeli e negli Atti
assurde contraddizioni. Infatti, cinque di queste “Marie”
(tranne la “Maddalena”) sono madri di figli i cui nomi, di volta
in volta, sono sempre gli stessi e di stretta osservanza giudaica:
Giacomo, Simone, Giovanni, Giuda e Giuseppe ma attribuiti a padri
diversi: Alfeo, Clopa, Zebedeo e Cleofa. Tutte queste “mogli”
sono sorelle e portano lo stesso nome di “Maria” la madre di
Gesù, mentre in realtà la vera Maria, madre di cinque figli maschi
e due o più femmine, era, come abbiamo visto sopra, una nobile
discendente degli Asmonei, moglie di Giuda il Galileo. A
dimostrazione che nei primitivi Vangeli in uso prima del concilio di
Nicea l'attuale Gesù evangelico era chiamato col suo vero nome
Giovanni basta evidenziare che nel “Novum Testamentum Graece et
Latine”, A. Merk – Roma – Pontificio Istituto Biblico, anno
1933, in una nota a fondo pagina, il curatore, Agostino Merk,
riferisce che alcuni codici latini ed altri greci, risalenti al IX
secolo nel brano di Matteo (Mt 13,55-56) citato sopra, tra i
fratelli, figli di Maria, è presente “Iohannes” (Giovanni)
come primogenito. Quindi il nome vero del Gesù nei protovangeli era
Giovanni. È significativo il fatto che il prologo dell'attuale
"Vangelo di Giovanni" inizi così:
“Venne
un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni…
Egli
era nel mondo e il mondo fu fatto per mezzo di Lui, eppure il mondo
non lo riconobbe.
Venne
fra la sua gente, ma i suoi non lo hanno accolto” (Gv
1, 6-11).
L'evolversi
della nuova dottrina verso le istanze dei culti misterici pagani,
allora molto diffusi in tutto il mondo antico, comportò, la
necessità di trasformare la dottrina precedente di origine
messianico-zelota creata dagli esseni alessandrini, ma rimasta
ancorata al giudaismo più ligio, aggiungendo una
seconda “Rivelazione” di Gesù, artatamente presentata come
coerente evoluzione di quella primitiva.
Allo
scopo fu inventato un
altro apostolo, superiore agli altri, denominato “Paolo”,
presentandolo perennemente ispirato da Dio e fargli scrivere alcune
Lettere posteriori
ai Vangeli originali, (da non confondere con quelli che leggiamo
oggi, totalmente diversi) per
testimoniare la sua esistenza e il suo nuovo credo, inteso come una
nuova Rivelazione da divulgare fra i Gentili pagani. Negli Atti
degli Apostoli, testo fondamentale del Nuovo Testamento,