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martedì 5 dicembre 2017

Peccato e redenzione n.41

L'etica cattolica ha sempre consentito le infamie più atroci in nome del suo Dio ed è stata sempre dominata da un dettame mercantile e materialistico, riassunto nel motto: devi perseguire il bene per ricevere un premio, devi rifuggire il male per evitare un castigo. Ci può essere una morale più meschina e squallida di questa? Pensate che per la Chiesa il bene fatto per se stesso, se non produce qualche merito per il paradiso, è del tutto inutile.
E invece, no. La vera etica è quella senza Dio. L’etica nasce con l’uomo, cresce e muore con l’uomo, è la sua inseparabile compagna: non vi è etica senza umanità. Essa deriva dalla forza incredibile della razionalità e della libertà dell’uomo in quanto essere unico ed irripetibile, e ha come caratteri principali: la solidarietà e l’empatia, che spingono gli esseri umani a sentirsi partecipi della gioia e della sofferenza dei loro simili; il profondo senso di giustizia, che fa sentire un’offesa fatta ad un altro uomo come un’offesa fatta all’intera umanità; l’esaltazione della libertà, a cui si può imporre un limite solo per salvaguardare i diritti di altri individui o gli interessi comunitari della società; l’assoluta uguaglianza degli uomini di fronte alle leggi; la ragione come faro che illumina il percorso dell’umanità.
Tutto questo descrive un’etica universale, un’etica non dogmatica, un’etica che può far sentire ogni uomo cittadino del mondo e non suddito di un Dio o dei suoi millantati interpreti. Immanuel Kant, il massimo filosofo tedesco, ci ha insegnato di basare la morale sul dovere per il dovere, anziché sul dovere per precetto divino o per ricavarne un profitto. Il suo famoso imperativo categorico: «Agisci in modo che tu possa volere che la massima della tua azione divenga legge universale» ci impone di perseguire il bene per se stesso e non come mezzo per raggiungere un fine e di considerarlo come una legge interiore all'uomo, frutto del suo retaggio evolutivo. Questo è il fondamento della vera morale.
L’uomo laico rifiuta quindi il materialismo etico. Lui dissocia morale e trascendenza e proclama che il bene non ha bisogno di Dio, del cielo, di un premio, ma basta a se stesso e obbedisce alla necessità immanente all’uomo di porsi una regola del gioco, un codice di condotta che garantisca la felice convivenza tra gli uomini e ne promuova la fratellanza. Questa è l'autentica morale che egli persegue, non quella mercantile delle religioni. Per lui, quindi, niente inferno o paradiso, niente un’ontologia della ricompensa post mortem. L’azione deve essere buona, retta e giusta, senza obbligazioni o sanzioni trascendenti.
Se l’uomo accoglie un’etica religiosa distrugge la libertà di cui è depositario, annienta la razionalità, delega ad altri quella scelta che dovrebbe essere personale ed unica. Non solo non è vero che senza Dio non può darsi l’etica, ma anzi è solo mettendo da parte Dio che si può veramente avere una vita morale.
E per finire, il cristianesimo ha tolto all'uomo la gioia di vivere. Anche se l'ascetismo, imposto da Paolo e dai Padri della Chiesa, con l'attuale società sempre più secolarizzata, ha perso gran parte della sua iniziale virulenza, persiste ancora subdolamente in molti assurdi divieti e anatemi che rendono grama e infelice la vita di molte persone, ostacolando tutte le fondamentali libertà dell'uomo e producendo danni psicologici con la minaccia di punizioni terribili ed eterne per chi non segue i suoi precetti. Perché la Chiesa persegue nella sua malsana visione di ritenere ancora oggi l'uomo un essere degradato e peccaminoso che deve, dal momento del concepimento a quello dell'inumazione, sottostare totalmente alla sua autorità in quanto incapace di godere della sua libertà e della sua autodeterminazione.Tutto ciò è un crimine mostruoso contro l'umanità che aspira ad una vita che sia la più serena e felice possibile su questa Terra.
Perché la vita terrena è la nostra unica certezza. Qui siamo sicuri di esistere, ne abbiamo in ogni istante la consapevolezza. L'aldilà è solo una chimera, imposta agli uomini a caro prezzo come illusione. Solo quando avremo smesso di illuderci di essere immortali, come ci fa credere la religione, senza produrre nessuna prova al riguardo, e avremo accettato la nostra condizione di esseri provvisori su questa Terra, recupereremo la volontà di vivere nel migliore dei modi possibili, in armonia con la nostra umanità più genuina, libera e sovrana, e nella massima disponibilità alla pacifica, serena, ed empatica fratellanza universale. Solo allora il mondo cesserà di essere una valle di lacrime, come lo vogliono le religioni oscurantiste, e il genere umano conoscerà finalmente un'era di maggior benessere generale e la nascita di elevate forme di autentica spiritualità. Questa nuova epoca avrà un unico principio inderogabile e non negoziabile: garantire la massima libertà e felicità possibile a tutti gli esseri umani, anche a quelli che vivono nel più sperduto angolo del nostro pianeta e spingere l'uomo ad amare e rispettare ogni aspetto dell'intera natura di cui deve sentirsi parte integrante.

FINE

venerdì 1 dicembre 2017

Peccato e redenzione n.40

Epilogo
Dopo aver esaminato a fondo come sono nati i due miti che sono alla base del Cristianesimo e aver identificato, sotto il profilo storico, la vera identità del Gesù dei Vangeli che ne è ritenuto il fondatore, e averlo scrostato da tutti i veli e le imposture escogitate dalla Chiesa per mascherarlo, dobbiamo trarre le conclusioni.
Il punto fondamentale, da ritenere inconfutabile, è che il Cristianesimo, che condiziona gran parte del mondo in cui viviamo, proponendosi come religione rivelata da Dio, è una pura invenzione umana che non presenta alcun legame con una presunta rivelazione divina in quanto nato ai primordi della civiltà da miti inventati per spiegare l'origine del male e della morte. Si tratta quindi di una utopia vera e propria che solo la dabbenaggine umana accetta come evento divino.
Esattamente come è un'utopia anche l'altro mito infantile, sconfessato senza mezzi termini dalla scienza, che l'uomo abbia avuto origine da una statuetta di creta impastata dal vasaio celeste, a sua somiglianza. Oggi la scienza spiega in modo incontrovertibile che il mammifero pensante, denominato uomo, è il prodotto di milioni di anni di evoluzione. Nessun scienziato può mettere in dubbio che tutte le specie che hanno popolato e popolano la Terra siano il frutto di una continua e inarrestabile evoluzione retta da leggi immanenti al nostro pianeta e determinate dal caso e dalla selezione naturale, quindi al di fuori di ogni intervento divino.
Data l'infondatezza del peccato originale, anche la redenzione che avrebbe dovuto redimere l'umanità, condannata dal peccato di Adamo, risulta del tutto vana. Essa, infatti, è nata trasformando un fallito Messia ebreo, crocifisso dai romani, nel figlio di Dio, immolatosi per redimere l'intera umanità, a similitudine degli dèi soterici del suo tempo. La prova? Il fatto che il Messia cristiano Gesù è stato condannato alla crocifissione, pena riservata dai romani esclusivamente ai ribelli politici e mai ad un qualsiasi altro reato. A questo si aggiunga la nuova e dissacrante ricerca storica, ampiamente documentata in precedenza, che ci consente di identificare il vero Gesù dei Vangeli in Giovanni di Gamala, che la Chiesa ha da sempre e in tutti i modi camuffato e nascosto perché ritenuto improponibile come Salvatore del mondo.
Altra considerazione importante da rilevare è che se il Cristianesimo, pur essendo una religione totalmente inventata, come del resto lo sono tutte quelle tuttora esistenti, avesse avuto come ideale supremo promuovere in ogni campo la felicità terrena favorendo la fratellanza, la libertà individuale, la giustizia sociale, lo sviluppo, la cultura, la scienza, la tolleranza reciproca e ogni altra istituzione atta a rendere armoniosa e pacifica la convivenza umana tra i popoli, avrebbe contribuito a trasformare il mondo in un piccolo paradiso terrestre, teatro gioioso delle mille imprese dell'uomo, felice artefice del suo destino.
Invece, oltre ad ingannare l'uomo con la falsa prospettiva dell'immortalità, ha considerato il nostro meraviglioso pianeta una valle di lacrime, abitata da incalliti peccatori meritevoli di ogni castigo divino, diventando così una religione oppressiva e disumana che ostacola in tutti i modi la felicità terrena. Così, gran parte dei precetti, o meglio, dei valori non negoziabili, che questa religione ci impone come derivati da Dio, altro non sono che violazioni di ogni diritto umano e civile e di ogni libertà personale. Per cui ogni libertà che consente all'uomo di decidere autonomamente del suo corpo, del suo destino, del suo comportamento sessuale, è ritenuta il più satanico dei peccati, e tutto quanto fa l'uomo dal momento della nascita fino alla morte va rigidamente sottoposto a controllo divino.
Quindi l'etica cristiana, non derivando dall'uomo ma da precetti divini campati in aria, è un'etica disumana e oppressiva. Quante volte abbiamo sentito ripetere dai pulpiti che senza Dio l'uomo sarebbe un bruto. È la più colossale delle panzane, bevuta senza fiatare dal popolo bue. Tutte le religioni, e la cattolica in particolare, predicano un'etica nella quale è predominante il dovere verso un ipotetico Dio anziché verso l'uomo e la natura, e ciò conduce spesso a conseguenze estreme.
Ricordo a questo proposito che per la maggior parte delle religioni arcaiche (compresa quella biblica) ammazzare animali e perfino esseri umani per offrirli alla divinità era stato considerato “etico”. Solo cinque secoli fa gli aztechi sacrificavano bambini al loro Dio-sole ed estraevano il cuore ai vinti per placare la sua sete di sangue. Per essi “etico” era compiere tali riti per evitare il rischio del buio cosmico.
A molti estremi di crudeltà ha portato l'etica religiosa. Sappiamo tutti che per la Chiesa Cattolica è stato considerato, per molti secoli, etico praticare la schiavitù; segregare, discriminare e perseguitare gli ebrei; distruggere i templi pagani e le sinagoghe; mandare al rogo gli eretici; costringere intere popolazioni alla conversione coatta con mezzi estremi; bandire crociate contro gli infedeli; ostacolare in ogni modo la scienza e la cultura, imprigionando e condannando a morte i liberi pensatori; e compiere infinite altre atrocità, sempre nel nome del suo Dio, eufemisticamente osannato come buono e misericordioso.


mercoledì 29 novembre 2017

Peccato e redenzione n,39

Questi nuovi inserimenti determinarono l'introduzione nei Vangeli fino allora esistenti, ufficializzati precedentemente sotto Costantino il Grande, della "Natività verginale" di Cristo "figlio unigenito", aggiunta appositamente dopo quella data. Tuttavia gli scribi di Dio, dopo aver inserito due "Natività verginali" di Gesù, totalmente discordanti nei Vangeli di Matteo e di Luca, dimenticarono di "aggiornare" gli altri passi dei Vangeli, fino allora in uso, dai quali tutt'oggi risulta che Maria, oltre a Gesù, aveva altri quattro figli maschi e due o più femmine. In conseguenza di ciò gli scribi cristiani, non potendo ammettere che siano esistiti altri figli della “Madre di Gesù Cristo unigenito”, sempre immacolata anche dopo il parto, furono costretti a clonare più "Marie" nei Vangeli e in "Atti", come abbiamo visto in precedenza. Il dogma mariano ha di conseguenza immerso la Chiesa in un ginepraio di menzogne e l'ha costretta ad arrampicarsi sugli specchi per far passare i fratelli di Gesù come cugini. I cattolici continuano tuttora a credere nella verginità di Maria ma i cristiani protestanti di ogni tendenza, più ligi ai testi evangelici, hanno rigettato questo assurdo dogma per cui ritengono che Gesù abbia avuto fratelli e sorelle.
La "Natività" di Gesù, nei Vangeli di Luca e Matteo, è servita a fornire la documentazione teologica utile ai Vescovi per decretare, nel successivo Concilio di Efeso del 431 d.C., l'ulteriore dogma mariano che conclamò la SS. Vergine Maria "Madre di Dio". Ciò in conformità al mondo pagano che proclamava tutti gli dei soterici partoriti da vergini mortali a cominciare dalle due dee allora super venerate nel mondo pagano: Iside e Artemide.
Col Concilio di Efeso e con il progressivo affermarsi del primato episcopale di Roma dopo il IV secolo, possiamo considerare completata la travagliata nascita del Cristianesimo anche se esso si è successivamente arricchito con l'invenzione dei sacramenti e di ulteriori dogmi.
A conclusione della lunga, tormentata e contrastata nascita del Cristianesimo va ribadito con chiarezza che la Chiesa ha sempre saputo che la nuova religione da essa creata, si è evoluta da una dottrina primitiva filo giudaica zelota, che postulava una figura di Messia che propugnava l'uso della forza per liberare la terra d'Israele dall'occupazione romana e pertanto non ha alcun riferimento con una Rivelazione divina. Ecco perché la Chiesa, volutamente, ha sempre evitato di far conoscere ai propri fedeli questo aspetto basilare della dottrina, tanto grave quanto imbarazzante.

Ecco perché la Chiesa si è sempre preoccupata, attraverso i secoli, di manipolare, alterare, distruggere i codici antichi, caduti nelle sue mani dopo la caduta dell'Impero romano, che potevano mettere a nudo le sue origini legate alla lotta armata messianica ed evidenziare la contrastata e contorta gestazione della sua dottrina; si è sempre preoccupata di manipolare nomi, date e descrizioni per rendere inconoscibili molti avvenimenti in contrasto coi suoi principi; si è sempre preoccupata di inventare personaggi mai storicamente dimostrati, come Paolo di Tarso; infine, si è sempre preoccupata di infierire con estrema ferocia contro chiunque contrastava le sue inventate verità. Una vera religione rivelata direttamente da Dio non avrebbe mai avuto bisogno di ricorrere a questi mezzi estremi e, soprattutto, non avrebbe mai conosciuto un'involuzione che le rendesse oppressiva e oscurantista come è divenuto nei secoli il Cristianesimo.   

venerdì 24 novembre 2017

Peccato e redenzione n.38

Gli scribi che manipolarono i Vangeli primitivi per adattarli alle innovazioni paoline, non essendo ebrei e non conoscendo la Palestina, commisero nelle loro trascrizioni molti pacchiani errori di tipo storico e geografico, oggi evidenziati da archeologia, toponomastica, orografia e numismatica, al punto dal rendere i Vangeli attuali inattendibili. La più colossale mistificazione riguardò la descrizione di Nazaret dal tutto improponibile come presentata nei Vangeli attuali perché scopiazzata da Gamala con una conformazione orografica del tutto diversa. Non solo, ma lasciarono inavvertitamente molte tracce evidenti che si allacciavano alla lotta zelota, come alcuni proclami bellicosi di Gesù, la cacciata dei mercanti dal Tempio e i soprannomi partigiani degli Apostoli.
Il trapasso dall’originario messianismo escatologico, sostenuto dai giudei, ad un nuovo messianismo sacramentale e trascendente, che al posto dell'imminente avvento del messianico Regno di Dio sulla Terra, ansiosamente atteso dall'intero Israele, accogliesse il concetto greco di immortalità nell'aldilà e trasformasse il Messia escatologico nel Figlio di Dio, Redentore dell'umanità, avvenne quindi creando una nuova dottrina, di presunta derivazione divina, proclive all'Impero, favorevole alla schiavitù e nemica della originale religione ebraica fondamentalmente antiromana, e, per di più, agganciata alle religioni misteriche diffuse allora in tutto il mondo antico.
La nuova dottrina originata da Paolo, scontrandosi con le tendenze gnostiche sempre molto diffuse nel mondo cristiano primitivo ebbe una gestazione molto tormentata fino a quando Costantino, il Grande, una volta riunificato l’Impero, nella veste di Pontefice Massimo, decise di sincretizzare, in un unico “Salvatore”, i “Soteres” delle più importanti religioni esistenti nelle Province imperiali e, forse consigliato e diretto dal vescovo Eusebio di Cesarea suo probabile parente, indisse il Concilio di Nicea del 325 che segnò la nascita ufficiale del Cristianesimo.
Le differenze teologiche allora esistenti fra le molte dottrine in embrione diedero origine, durante il concilio, a scontri anche violenti poiché ognuna di esse si considerava unica depositaria della vera “Rivelazione sulla Verità della Salvezza”, o della vera “Sostanza del Salvatore”, o della “gnosi del Figlio a forma del Padre” o di quante “Potenze o Sostanze” dovesse essere composto “Il Verbo” o il “Logos”, e così via. Finché non venne trovata la soluzione definitiva sulla “transustanziazione”, cioè “il rituale attraverso il quale si attua la presenza reale del Corpo e del Sangue di Gesù nell’Eucaristia, con la conversione del vino nel Sangue e del pane nel Corpo di Gesù Cristo rimanendo immutate solo le apparenze del pane e del vino”.
Gli scontri dottrinari, però, si susseguirono fino al IV secolo per cui si rese necessario indire Concili su Concili per tentare di “conciliare” dottrine scismatiche che si accusarono reciprocamente, come “eretiche”, “apostate” o “folli”. Dottrina contro dottrina, vescovi contro vescovi, cristiani contro cristiani. Le eresie anatemizzate furono alcune decine: Ariani Pneumatomachi, Basilidiani, Docetisti, Marcioniani, Donatisti, Pelagiani, Monofisiti, Nestoriani, Abelliani, Valentiniani, Montaniani e via discorrendo.
Solo nel IV secolo, col massiccio appoggio imperiale e la promulgazione dell'Editto di Tessalonica con il quale il cattolicesimo venne imposto come religione dell'Impero, tutte le dottrine cristiane dichiarate “eretiche”, soprattutto quella fondata sulla “gnosi” più adatta ad asceti portati all’esaltazione mistica che ai semplici fedeli attratti soprattutto dal mito della resurrezione dei corpi, furono eliminate, con i rispettivi Vangeli, lasciando vincente il Cristianesimo che perdura fino ai nostri giorni, e tutte le opere dei polemisti anticristiani che avevano messo in luce le incongruenze e le contraddizioni dell'evoluzione della nuova dottrina, come gli scritti di Celso e Porfirio, furono messe al rogo. L'odio che imperversava tra i cristiani in quell'epoca di lotte fratricide viene così descritto da Ammiano Marcellino, il maggiore degli storici imperiali del IV secolo nelle sue "Res Gestae" del 378 d.C.:"Nessuna bestia feroce è ostile a se stessa come la maggior parte dei cristiani fra loro" (Res Gestae, XXII 5,3-4). E il frenetico andirivieni dei padri apostolici nei frequenti concili così viene documentato dallo stesso autore: "A caterve i Clerici viaggiavano con la scusa dei Concili, a spese dello Stato, da una parte all'altra dell'Impero" (op. cit. XXI 16,18).

Col Concilio di Costantinopoli del 381, il Credo cristiano subì un'ulteriore evoluzione con l'inserimento di nuove importanti verità dogmatiche non presenti nel Concilio di Nicea del 325: la “Santissima Trinità”, la "Vergine Maria, Madre di Cristo unigenito per opera dello Spirito Santo” e la crocifissione di Gesù sotto Ponzio Pilato. Esso infatti recitava: "Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli … Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto, il terzo giorno è resuscitato…”.   

martedì 21 novembre 2017

Peccato e redenzione n. 37

Paolo viene descritto dotato di poteri divini miracolistici straordinari, addirittura superiori a Gesù. Risuscitava i morti (At 20,9-10), guariva gli storpi (At 14,8-10) e chiunque fosse affetto da un qualsiasi male solo a contatto della sua ombra "Dio operava prodigi straordinari per opera di Paolo, al punto che si mettevano sopra i malati fazzoletti o grembiuli che erano stati a contatto con lui, le malattie cessavano e gli spiriti maligni fuggivano" (At 19,11).
Solo che le sue gesta, come quelle di Gesù, assolutamente incredibili, sono state totalmente ignorate dagli storici e pure dalle Epistole, rilasciate a futura memoria, dagli apostoli Giacomo, Giovanni e Giuda. Gli evangelisti, che secondo la cronologia degli scritti del Nuovo Testamento, compilarono i loro Vangeli dopo le Lettere di Paolo, avrebbero dovuto almeno citarlo in qualche modo. Invece, silenzio assoluto, da parte loro ma anche da parte dei primi Padri della Chiesa. Allora ci chiediamo: questo Paolo è veramente esistito o è stato soltanto una ideologia “incarnata” in un mitico nuovo apostolo di Gesù”, resasi necessaria per revisionare il messianismo zelota, dopo le guerre di Tito, Traiano e Adriano, e aprirsi, con una evoluzione successiva, ai culti misterici pagani della “salvezza” oltre la morte, sino al punto di ottenere la grazia di risorgere con un corpo incorruttibile per l'eternità; di adottare la liturgia teofagica (consistente nel cibarsi della carne e del sangue di un dio immolato, simbolicamente rappresentati dal pane e dal vino) a similitudine di quella praticata nei riti pagani in onore del dio Mitra e di altre divinità legate ai culti misterici; e, infine, sotto il profilo politico, di creare una dottrina antisemita proclive al dominio di Roma che accettasse la schiavitù e tutti gli ordinamenti dell'Impero romano.
E’ bene stare sottomessi e pagare i tributi perché quelli dediti a questo compito sono funzionari di Dio” (Rm 13,1); “Schiavi, obbedite ai vostri padroni secondo la carne con timore e tremore” (Ef 6,5);“Ciascuno sia sottomesso alle autorità costituite perché non c’è autorità se non da Dio, e quelle che esistono sono stabilite da Dio. Quindi chi si oppone all’autorità, si oppone all’ordine stabilito da Dio” (Rm 13,1/7).
Paolo, il nuovo apostolo dei Gentili, se avesse predicato questi principi al tempo di Giovanni di Gamala sarebbe stato lapidato all'istante, a furor di popolo. Ma i tempi stavano velocemente cambiando e verso la fine del III secolo, con l'aggravarsi della crisi economica e dell’incapacità militare dell'Impero romano di difendere i propri confini, si era determinata la perdita di credibilità popolare nei confronti delle Divinità capitoline tutelari di Roma e ciò aveva favorito la diffusione di molteplici religioni orientali, fra le quali, in un primo momento, primeggiò il culto di Mitra, dio del Sole, ma favorì anche la diffusione del Cristianesimo paolino, promotore del Credo della "salvezza per la vita eterna" che faceva presa su masse crescenti di nuovi proseliti.
Questa dottrina offriva ai Gentili l'illusione dell'immortalità dell'anima tramite un sincretismo liturgico voluto da Dio; a tal fine istituiva l'eucaristia, il sacrificio teofagico pagano, che Paolo, nella prima Lettera ai Corinzi (1 Corinzi 11, 23-29 ), affermava di aver ricevuta, in una visione celeste, direttamente dal Signore che l'aveva istituita nell'ultima cena quando aveva trasformato il vino del suo calice nel proprio sangue da far bere ai seguaci.
Ma l'innesto del sacrificio eucaristico teofagico del "Salvatore" pagano nella religione ebraica tramite il Messia dei Giudei si dimostrò improponibile perché, essendo "Yeshùa" Salvatore un "Nazireo" e al contempo "Dottore della Legge", come veniva connotato il Messia nei primitivi Vangeli, non avrebbe mai potuto trasformare il vino nel suo sangue, in totale contrasto con la fede masaica; pertanto gli ideologi cristiani modificarono la forma originaria ebraica da "Nazireo" in "Nazareno" e questa mutazione la giustificarono nei Vangeli con l'appartenenza di Gesù alla sua nuova patria, appositamente inventata: la città di "Nazaret" di Galilea.



venerdì 17 novembre 2017

Peccato e redenzione n. 36

L'evoluzione della dottrina
L'asmoneo rabbino Giovanni di Gamala, figlio di Giuda il Galileo, che approfittando del momento propizio in cui Roma nel 35 d.C. era impegnata contro i Parti, aveva conquistato il potere a Gerusalemme e si era fatto riconoscere, per circa un anno, Re dei Giudei e sommo sacerdote, una volta sconfitto e giustiziato nella pasqua del 36 da Lucio Vitellio, fu, come abbiamo già accennato, disconosciuto come Messia e dimenticato dagli esseni della Palestina, ma non dagli esseni d'Egitto. Dopo la distruzione di Gerusalemme e del Tempio nel 70 d.C. ad opera di Tito, i terapeuti di Alessandria, cominciarono ad elaborare una nuova “gnosi” divina ripresa dal “logos” ideato dal filosofo ebreo Filone Alessandrino, ipotizzando una nuova figura di “Messia”: non più il "Figlio di Dio" “Dominatore del Mondo” come concepito nei frammenti dei rotoli di Qumran, bensì un sofferente “Figlio di Dio” “Salvatore del Mondo”. Per essi un “Messia”divino non più combattente nazionalista, quindi accettabile dal potere imperiale di Roma e meno pericoloso per la popolazione ebraica della diaspora, poteva incarnare l’uomo celeste, il Redentore, il modello perfetto dell'essere spirituale inviato da Dio sulla Terra per un puro gesto d'amore e dotato di una natura essenzialmente unica e spirituale.
Per essi Giovanni di Gamala che si era sacrificato docilmente per la salvezza della Giudea, soffrendo immani torture e mitizzato come agnus Dei, poteva raffigurare questo inviato celeste. Fu l'inizio di una dottrina intesa ad elaborare una religione che accogliesse, in un geniale sincretismo, le aspirazioni del mondo ebraico e di quello gentile, e che appagasse l'immaginario collettivo di un Salvatore universale, che trasversalmente era condiviso da tutto il mondo antico.
Questa iniziale dottrina gnostica, molto sentita e condivisa nel primitivo mondo cristiano di tendenza mistica, con il coinvolgimento di masse sempre più crescenti e più sensibili ai culti misterici si evolse ulteriormente nel II secolo con l'innesto del rito eucaristico teofagico dell'Ostia (vittima sacrificata alle divinità pagane) e successivamente con la "Natività virginale", derivata dal mondo pagano che proclamava tutti gli dei soterici partoriti da vergini mortali come le due dee allora super venerate nel mondo antico: Iside e Artemide.
All'inizio del processo di adattamento dottrinale, gli esseni terapeuti di Alessandria fondatori avevano deciso di custodire la “verità storica” della loro fede, incentrata sulla crocifissione di Giovanni di Gamala e sulla lotta armata degli zeloti, divenute leggendarie per una parte di ebrei. Quindi i primi Vangeli facevano riferimento a Giovanni di Gamala e ai suoi fratelli condottieri di un popolo che lotta per liberare la loro terra dai pagani. Ma quando, con l'evolversi della dottrina, i Padri fondatori della nuova religione compresero che i martiri irredentisti descritti nei loro Vangeli apparivano tutt'altro che docili "agnelli di Dio" perché perseguivano ideali rivoluzionari conformi all'integralismo ebraico violento, ed erano ormai in aperto contrasto con la nuova dottrina improntata al pacifismo che andava sempre più consolidandosi, furono costretti a trasformare i cruenti rivoluzionari della “quarta filosofia” zelota, in Apostoli miti come agnelli, predicatori di pace e di giustizia in terra e della vita eterna nell'aldilà.
Si trovarono inoltre nella necessità di cancellare il nome Giovanni, sostituendolo col titolo messianico Gesù (Yeshùa=Salvatore) e di replicare nei Vangeli più “Marie”, apparentate come “sorelle” e “cognate” di Maria, ingenerando nei Vangeli e negli Atti assurde contraddizioni. Infatti, cinque di queste “Marie” (tranne la “Maddalena”) sono madri di figli i cui nomi, di volta in volta, sono sempre gli stessi e di stretta osservanza giudaica: Giacomo, Simone, Giovanni, Giuda e Giuseppe ma attribuiti a padri diversi: Alfeo, Clopa, Zebedeo e Cleofa. Tutte queste “mogli” sono sorelle e portano lo stesso nome di “Maria” la madre di Gesù, mentre in realtà la vera Maria, madre di cinque figli maschi e due o più femmine, era, come abbiamo visto sopra, una nobile discendente degli Asmonei, moglie di Giuda il Galileo. A dimostrazione che nei primitivi Vangeli in uso prima del concilio di Nicea l'attuale Gesù evangelico era chiamato col suo vero nome Giovanni basta evidenziare che nel “Novum Testamentum Graece et Latine”, A. Merk – Roma – Pontificio Istituto Biblico, anno 1933, in una nota a fondo pagina, il curatore, Agostino Merk, riferisce che alcuni codici latini ed altri greci, risalenti al IX secolo nel brano di Matteo (Mt 13,55-56) citato sopra, tra i fratelli, figli di Maria, è presente “Iohannes” (Giovanni) come primogenito. Quindi il nome vero del Gesù nei protovangeli era Giovanni. È significativo il fatto che il prologo dell'attuale "Vangelo di Giovanni" inizi così:
Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni…
Egli era nel mondo e il mondo fu fatto per mezzo di Lui, eppure il mondo non lo riconobbe. Venne fra la sua gente, ma i suoi non lo hanno accolto” (Gv 1, 6-11).
L'evolversi della nuova dottrina verso le istanze dei culti misterici pagani, allora molto diffusi in tutto il mondo antico, comportò, la necessità di trasformare la dottrina precedente di origine messianico-zelota creata dagli esseni alessandrini, ma rimasta ancorata al giudaismo più ligio, aggiungendo una seconda “Rivelazione” di Gesù, artatamente presentata come coerente evoluzione di quella primitiva.
Allo scopo fu inventato un altro apostolo, superiore agli altri, denominato “Paolo”, presentandolo perennemente ispirato da Dio e fargli scrivere alcune Lettere posteriori ai Vangeli originali, (da non confondere con quelli che leggiamo oggi, totalmente diversi) per testimoniare la sua esistenza e il suo nuovo credo, inteso come una nuova Rivelazione da divulgare fra i Gentili pagani. Negli Atti degli Apostoli, testo fondamentale del Nuovo Testamento,


martedì 14 novembre 2017

Peccato e redenzione n. 35

Complessivamente, dal 6 d.C., nascita dello zelotismo messianico nazionalista, al 135 d.C., fine dello stato di Israele, a causa delle sommosse zelote e delle guerre da esse provocate, oltre alle molte città incendiate e rase al suolo, perì più di un milione di ebrei, senza considerare gli schiavi catturati, il cui numero fu talmente elevato da far crollare il mercato, e quanti, inoltre morirono per fame, per malattia e per gli incendi, cosicché al tempo di Adriano quasi tutta la Giudea era rimasta spopolata” (Dione Cassio Storia Romana LXIX 13,1-2).
Questa incredibile carneficina umana, di immani proporzioni, ci porta a fare un'inquietante considerazione. Come è possibile che mentre in Palestina si susseguivano massacri, continue rivolte sanguinosamente represse, crocefissioni, lotte fratricide tra fazioni ostili e distruzioni di villaggi e città, tutto storicamente documentato, di tutto ciò nei nostri Vangeli non vi sia la minima traccia; che mentre un Messia ebraico, proclamatosi Figlio di Dio, vagava nei villaggi, seguito da folle esultanti per i suoi miracoli e le sue "parabole", questo Messia risulti del tutto incredibilmente inconsapevole o indifferente a quanto gli accadeva intorno; che i dodici Apostoli che lo seguivano qualificati, negli stessi Vangeli, coi nomi partigiani: “zeloti”, “iscarioti”, “barionà” e “boanerghès”, cioè “fanatici nazionalisti”, “sicari”, “latitanti, ricercati” e “figli dell'ira”, vengano evangelicamente presentati come mansueti e docili predicatori di pace, sempre pronti ad offrire l'altra guancia? Tutto ciò ha dell'assurdo. Leggendo i nostri Vangeli la Galilea di allora ci viene presentata come un'oasi di pace e di esultanza dove Gesù è sempre immerso in un bagno di folla festante mentre, invece, la storia ci dice che era esattamente l'opposto, cioè scossa continuamente da violente sommosse e repressioni.
Perché tutto ciò è sparito dai Vangeli e da ogni documento del Nuovo Testamento? Perché bisognava creare nei nuovi “Sacri Testi” del nascente Cristianesimo una raffigurazione del Messia ebreo, diversa dallo zelota nazionalista modellato su Giovanni di Gamala, figlio di Giuda il Galileo. Ecco quindi che durante il Medioevo, i clerici amanuensi dei monasteri, ricopiarono, alterandoli con aggiunte e soppressioni anche vistose, i rotoli manoscritti o codici originali degli storici imperiali ereditati dalla Chiesa, in seguito alla caduta dell'Impero romano, e poi, dopo la copiatura, li distrussero del tutto. A noi restano solo copie datate dal X secolo in poi. Così i copisti di "Antichità Giudaica" di Giuseppe Flavio - l'opera più ricca di particolari e riferimenti storici risalenti al periodo evangelico - hanno tagliato nel XVIII libro tutte le azioni sanguinose del movimento nazionalista di liberazione, allo scopo di nascondere i nomi dei capi guerriglieri catturati dai romani, corrispondenti al rabbino fariseo Giovanni, e ai suoi fratelli aventi lo stesso nome dei fratelli di Gesù. I codici dell'apparato critico biblico (vedi “Novum Testamentum Graece et Latine”, A. Merk – Roma – Pontificio Istituto Biblico, anno 1933), che nel brano di Matteo (Mt 13,55-56) elenca i figli di Maria, tra i suoi figli, includevano anche “Iohannes” Giovanni, sono stati esclusi dal "canone", per nascondere che Gesù era il figlio primogenito di Giuda il Galileo e martire zelota sacrificato alla causa nazionalista giudaica. Il testo greco più antico in assoluto, contenente originariamente i libri di "Antichità Giudaiche" è il "Codex Palatinus MS 14", che si trova nella Biblioteca Vaticana. Datato al decimo secolo è mancante dei libri XVIII, XIX e XX, proprio quelli attinenti l'epoca di Gesù e dei suoi successori.

Cosa vi dice questo? Anzitutto, che la Chiesa ha commesso un crimine immane contro l'umanità intera alterando e distruggendo i codici, ad essa affidati per salvarli dalle invasioni barbariche, che testimoniavano gli avvenimenti del mondo antico; e ciò al solo scopo di mascherare la sua falsa origine e la sua contrastata evoluzione. Secondariamente, che la Chiesa ha sempre saputo che il suo Cristo, chiamato Gesù nei Vangeli, era Giovanni di Gamala, un capo zelota e i suoi Apostoli erano suoi fratelli.    

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)