Benefici
materiali e terreni, quindi, quali la sopravvivenza nella
prosperità e nell'abbondanza, il costante incremento demografico e
il dominio sulle altre nazioni, questo era il premio per le virtù
concesse al popolo ebraico. Disobbedendo alle leggi del suo Dio,
invece, cioè commettendo il peccato, Israele credeva di essere
destinato a perire. Il patto stipulato tra Jahvè e il suo popolo
riguardava soltanto la vita terrena e non contemplava minimamente
quella spirituale
o celeste perché la morte segnava l'annullamento dell'individuo e
la fine di ogni rapporto col suo Dio. Tutta la vita di Israele era
condizionata dall'osservanza della Legge ritenuta garanzia della sua
sopravvivenza .
Questa
legge regolava tutti gli aspetti della vita quotidiana, anche quelli
sociali e familiari, e imponeva la difesa dei deboli e degli
oppressi. Le sue preoccupazioni umanitarie comprendevano, ad esempio,
la remissione dei debiti ogni sette anni, le leggi antiusura, il
porre un limite alla schiavitù e, a questo proposito, veniva
ricordato al popolo ebraico come fosse stato esso stesso un tempo
schiavo e straniero (Deuteronomio, 15, 20 e 23). Anche i salariati,
gli orfani, le vedove e gli indigenti erano trattati con grande
umanità.
Perfino
gli animali domestici venivano tutelati da maltrattamenti e da
sfruttamenti iniqui: al bue non si poteva mettere la museruola quando
trebbiava (Deuteronomio 25,4). La Legge,
tutelando i diritti umani e la dignità della persona, dava un
esempio senza precedenti di attenzione per i deboli e gli indifesi e
contemplava norme morali finalizzate al benessere sociale. La
festività del sabato, ad esempio, possiamo considerarla la prima
conquista sindacale della storia, mediante l'artificio del riposo
consacrato alle fatiche del Signore.
Ma
nella Bibbia, accanto ai dettami della Legge connotati da alta
umanità e socialità, troviamo anche molti comandi di Jahvè che
consentono al suo popolo di commettere
i delitti e le perversioni più efferati, come lo stupro,
l'infanticidio, il feticidio, l'incesto, la legittimità della
schiavitù, la condanna a morte, la guerra civile e religiosa, la
sottomissione della donna, la morale della maledizione, la
lapidazione e molti altri delitti. Essi inoltre
consentono la poligamia (il leggendario re Salomone aveva un harem
con centinaia di mogli e concubine), il concubinaggio con schiave e
con prigioniere di guerra, il rapporto sessuale con le prostitute e
l'assegnazione ai figli celibi di una schiava «per coito», subito
dopo il raggiungimento della pubertà e in attesa del matrimonio.
(Ma, d’altra parte, ordina di punire con la morte, mediate
lapidazione, ogni rapporto extraconiugale della donna).
Nei
riguardi degli altri popoli poi Jahvè si rivela un
Dio crudele, sanguinario, vendicativo, estremamente malvagio che
esige
lo sterminio di intere popolazioni, ree di essere incirconcise o
nemiche di Israele; la distruzione degli altari e delle statue delle
altre religioni; le più efferate crudeltà contro i nemici vinti.
Infatti durante la conquista della Terra Promessa, è proprio Jahvè
che ordina a Giosuè, successore di Mosè, di attuare i massacri più
crudeli contro i nemici e di sterminare, senza pietà: donne, vecchi
e bambini. Questo per dimostrare le enormi contraddizioni che si
trovano in questo testo antico ritenuto, ancor oggi, da milioni di
americani, autentica parola di Dio.
Il
massimo peccato che il popolo ebraico poteva commettere e che Jahvè,
secondo la Bibbia, avrebbe punito con carestie, malattie, sconfitta
politica, resa in schiavitù e perfino distruzione dell'intero
popolo, era quello di adorare altri dèi oltre Jahvè. Era un
peccato gravissimo nel quale Israele cadeva spesso e i profeti non
si stancavano di ripetere che tutte le sciagure che accadevano
continuamente al loro popolo erano la giusta punizione divina per il
peccato di idolatria. Una colossale fandonia perché gli eventi
storici ci dimostrano che Israele ha sofferto i momenti più
dolorosi e drammatici della sua storia proprio quando, in seguito
alla riforma di re Giosia, aveva raggiunto il massimo rigore
religioso. Infatti, all'apice della raggiunta religiosità perché
l'intero popolo ebraico si era perfettamente uniformato ai precetti
divini osservando con grande zelo tute le leggi della Torah e re
Giosia aveva la certezza che finalmente Israele poteva meritare la
più completa protezione di Jahvè, proprio allora gli è
sopraggiunta la più immane delle catastrofi, cioè l'annientamento
della nazione ebraica e la schiavitù a Babilonia con la conseguente
perdita di ogni libertà politica. Evidentemente il Dio biblico era
soltanto un inetto totem tribale.