La
Chiesa di Gerusalemme, dopo un lungo periodo di tranquillità,
durante la quale aveva goduto dell'appoggio di molti farisei e
soprattutto del popolo che la stimava per la sua alta pietà e per il
suo continuo prodigarsi a favore dei poveri, ricevette nel 63 un
durissimo colpo con la lapidazione di Giacomo, fratello del Signore,
suo capo incontrastato fin dalla morte di Gesù, nonché nemico
implacabile di Paolo. La sua morte sembrò a tutti un autentico
omicidio su commissione.
Mentre,
come faceva più volte al giorno, si recava al Tempio per pregare,
Giacomo fu aggredito per la via, gettato dalle mura e lapidato. Il
sommo sacerdote Anania ne aveva ordinato l'uccisione, tra
l'indignazione popolare, poiché Giacomo aveva pubblicamente osannato
al fratello crocifisso come al figlio di David. Quindi la sua fine fu
ignominiosa e crudele come quella del congiunto. S. Brandon,
analizzando le cause che determinarono la lapidazione di Giacomo
fratello di Gesù, giunge alla conclusione che queste andavano
ricercate nell'affiliazione del basso clero coi cristiano-giudei, e
quindi col contagio da esso subito dallo zelotismo che alimentava le
attese messianiche riguardo a Gesù (la parusia). Difatti fu proprio
il basso clero a far scoppiare nel 66 d.C. la ribellione contro Roma,
rifiutando di offrire nel Tempio sacrifici all'Imperatore. La
lapidazione di Giacomo fu quindi voluta dall'aristocrazia sacerdotale
per mantenere lo status quo, minacciato dai cristiano-giudei.
Secondo
Giuseppe Flavio in quel periodo la situazione degli ebrei della
Palestina peggiorava di giorno in giorno. Il paese era pieno di bande
di zeloti, di ribelli e di sicari che creavano subbugli e
infiammavano le moltitudini alla rivolta. Re Agrippa II e i romani
non riuscivano più a controllare la situazione e c'era nell'aria
sentore di catastrofe. Nel 66, infatti, in seguito ad un'ennesima
ribellione e al massacro della guarnigione romana, scoppiò la
Guerra Giudaica, che si concluse nel 70 con la distruzione di
Gerusalemme e lo sterminio di gran parte del popolo ebraico.
Dopo
l'assassinio di Giacomo a capo della Chiesa di Gerusalemme fu eletto
un cugino di Gesù, Simone figlio di Cleofa. Secondo Eusebio di
Cesarea questo Simone, per intervento divino, nel 70 riuscì ad
abbandonare Gerusalemme poco prima della caduta della città, e a
rifugiarsi a Pella in Perea. In seguito, rientrò coi pochi
cristiano-giudei superstiti. Si riformò una piccola comunità
cristiana che sopravvisse, in mezzo a infiniti stenti, fino al 135,
quando, nella seconda e definitiva distruzione di Gerusalemme da
parte dell'imperatore Adriano, anch’essa dovette fuggire dalla
città.
Sotto
il nome di nazirei e di ebioniti, i pochi cristiano-giudei salvatisi
con la fuga continuarono a sopravvivere in piccoli gruppi sparsi in
Palestina, Siria e Asia, considerati eretici dalla chiesa trionfante
di Paolo, come ci attestano i Padri della Chiesa. Essi continuarono
ad usare solo il Vangelo originale degli Ebrei, in lingua ebraica, e
rimasero osservanti scrupolosi della Legge, rifiutando tutte le
invenzioni teologiche di Paolo. Tra di loro c'erano i discendenti di
Gesù. Credevano ancora che Gesù sarebbe ritornato come Messia e Re
per instaurare sulla Terra un regno millenario di pace, giustizia e
prosperità. L'ultima importante incarnazione del Messia nazionale
d'Israele fu quella di Bar Kochba che nel 135 d.C. determinò, con la
sua insurrezione, la seconda e definitiva distruzione di Gerusalemme
e della Palestina. L'imperatore Adriano, di fronte a quell'ennesima
rivolta, pensò bene di risolvere il problema alla radice. Ordinò di
cancellare a Gerusalemme e nella Palestina ogni traccia che si
riferisse all'ebraismo e al cristianesimo. Quindi fece spianare il
Golgota, sconvolse radicalmente ogni aspetto della vecchia città
santa e sulle rovine del Tempio fece erigere, come suprema
profanazione, un tempio pagano con le statue di Giove Capitolino e di
altre divinità.
Ciò
determinò la cancellazione di tutti i monumenti religiosi ebraici e
cristiani rimasti dopo la guerra del 70.
Quindi
tutti i riferimenti attuali ai luoghi santi (ad esempio il santo
sepolcro individuato da Elena, madre di Costantino, nel IV secolo)
sono inattendibili sotto ogni punto di vista (alla luce anche delle
successive stratificazioni apportate dai musulmani nel lungo periodo
della loro dominazione). Furono i pellegrini e i crociati a
inventarli nel Medioevo, assieme all'ubicazione della città di
Nazareth.
Non
pago degli stravolgimenti radicali operati a Gerusalemme e in
Palestina, Adriano proibì agli ebrei, che si erano salvati nella
fuga, di rientrare, pena la morte, nei loro territori e nella nuova
Gerusalemme, ribattezzata Aelia Capitolina, e da allora iniziò la
vera diaspora ebraica che durò fino alla nascita dello Stato
d'Israele nel 1948.
I
resti della nazione ebraica, scampati alla strage, furono costretti,
di fronte ad un avvenimento così catastrofico, a riesaminare la loro
storia. Allora divenne a tutti chiaro che il messianismo era stato
una stolta, assurda e delirante chimera, dalla quale bisognava subito
e definitivamente prendere le distanze, perché la sconfitta suonava
come un giudizio inappellabile di Dio.
Le
Apocalissi passarono subito di moda e Roma cessò di essere la grande
Meretrice, la grande Babilonia assetata del sangue dei martiri e
l'Impero non fu più considerato il regno del maligno e delle
potenze sataniche ma l'espressione della volontà divina, cui tutti,
anche i cristiani, dovevano sottostare.
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del cristianesimo " ebook € 1,99 (store:
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