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domenica 6 marzo 2011

L'enigma svelato (Il lato oscuro della verità) 58

La notizia della miracolosa guarigione di Cleone si sparse in un baleno in tutta la villa e suscitò enorme impressione. Ibrahim, che già aveva vagamente sentito parlare del giovane ebreo che si era intrufolato furtivamente nella sua casa e nei cui confronti non aveva preso provvedimenti per amore della figlia, cui era affezionatissimo, poche ore dopo fece venire Davide al suo cospetto.

Lo ricevette in pompa magna con alla sua destra Cleone, trasformato da cima a fondo da apparire quasi irriconoscibile, e alla sinistra Kabila che, pur agghindata da faraonessa, non perdeva occasione per sorridergli sorniona. Con gran sussiego pronunciò un breve discorso per esaltare le grandi virtù terapeutiche del giovane ebreo e per fargli la proposta di rimanere per sempre nella sua casa, in qualità di capo dei medici della famiglia. Infine dichiarò che qualsiasi somma egli avesse richiesto per la guarigione del figlio, gli sarebbe stata data con riconoscenza.

Davide ascoltò con deferenza le parole d'Ibrahim. Appariva assorto, quasi ieratico, e suscitava in tutti i presenti un grande rispetto ma anche una forte carica di simpatia. Rispose con semplicità che l'ospitalità, veramente munifica, di cui aveva goduto nella casa d'Ibrahim, era la ricompensa più che generosa a quel poco che aveva fatto per Cleone. Si scusò di non poter accettare la proposta di diventare il medico della famiglia in quanto sentiva che doveva ancora viaggiare e apprendere molte altre cose, per completare la sua formazione.

Ibrahim, commosso per la sua modestia, lo volle abbracciare e lo invitò al gran banchetto che si sarebbe svolto l'indomani per festeggiare la guarigione del figlio.La domanda che tutti si ponevano era: cosa aveva detto Davide a Cleone per portarlo ad una così rapida guarigione?

Kabila era la più ansiosa di tutti di saperlo e, appena l'eccitazione del momento le consentì di trovare un attimo di tempo libero, si diede a cercare Davide per chiederglielo. Lo trovò nelle sue stanze, immerso nella meditazione. Poiché si era preparato ad una simile richiesta, egli rispose con un sorriso che era indelicato per lui rivelare le confidenze più segrete di un'anima infelice. E, nonostante le insistenze di lei, mantenne il suo netto rifiuto di parlare.

Non solo, ma la pregò di non tentare nemmeno col fratello. Col passare del tempo era possibile che lui stesso sentisse la necessità di confidarsi con qualcuno, magari con la sorella prediletta, ma bisognava lasciare tempo al tempo, come giustamente diceva sempre Ciù Quo.

Kabila, però, pur approvando in cuor suo il comportamento riservato di Davide, fremeva di conoscere le cose misteriose che i due si erano dette e che avevano provocato una così repentina guarigione in Cleone. Il "prodigio", così lei chiamava quant'era accaduto, le aveva prodotto un'impressione così enorme che, anziché attenuarsi col passare del tempo, sembrava accrescersi d'ora in ora.

Al banchetto per la guarigione di Cleone c'erano molti invitati importanti, per lo più alti dignitari di corte e ministri del faraone, tra i quali il grande maestro della biblioteca. C'erano inoltre importanti scienziati e studiosi del tempo ed un celeberrimo medico, di nome Callimaco, che invano aveva tentato di guarire Cleone. Tutti vollero fare la conoscenza di Davide. Ma era chiaro che se alcuni lo ammiravano sinceramente, altri lo consideravano uno dei tanti imbroglioni che a quei tempi pullulavano in tutte le religioni e che si vantavano di fare dei grandi prodigi che spesso si rivelavano come astute mistificazioni.

Per espresso desiderio di Cleone, Davide fu posto a sedere tra costui e la sorella Kabila. Era un po' preoccupato perché temeva domande curiose e indiscrete sulle modalità con cui era avvenuta la guarigione e perciò decise di affrontare subito l'argomento con l'interessato e la sorella. Con sollievo comprese che Cleone non aveva nessun problema a rivelare gli aspetti della sua malattia, dal momento che Davide aveva rimosso le profonde angosce che erano all'origine del suo male, e si tranquillizzò a sentirlo disponibile a parlarne pubblicamente, se ne fosse stato richiesto.

L'occasione non tardò ad arrivare. Fu proprio il gran medico Callimaco che, piuttosto incredulo del miracolo, invitò pubblicamente Davide a spiegare la sua terapia. Formulò questa richiesta con una sottile forma di sarcasmo, che infastidì la maggior parte dei presenti, ma che fu accolta con manifesta approvazione da quanti sentivano nel giovane ebreo un concorrente pericoloso e forse sleale.
Davide, rimanendo calmo e sereno, come se la provocazione di cui era oggetto non lo riguardasse minimamente, rispose che l'unico che poteva spiegare ogni cosa era il diretto interessato, cioè Cleone.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)