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domenica 30 dicembre 2012

In nomine Domini 45


"Perché il giovane papa non è venuto con te?", chiese Simone al diacono Ascanio, quando lo vide arrivare da solo nella sua cella.
"Non senti il lugubre scampanio che sta inondando tutta Roma?", rispose Ascanio.
"Sì, ma che significa?", chiese sorpreso il monaco.
"Che il papa è morto", fece Adeodato.
"È morto? Com'è possibile? Era nel fior della giovinezza e in piena salute", fece Simone sbalordito e incredulo.
"Stanotte è stato colpito da un ictus apoplettico, è caduto a terra ed è morto sul colpo", rispose Ascanio. "Può accadere anche ai giovani".
Seguirono attimi di cupo silenzio.
"Sono venuto per eseguire le sue estreme volontà", riprese Ascanio.
"Cioè?"
"Distruggere i rotoli e i codici in cui li hai tradotti. Sono documenti troppo pericolosi per la nostra religione. Non possiamo permetterci che vadano in mano a menti deboli e sconsiderate", rispose deciso Ascanio.
"Ma dicono la pura verità," ribatté con foga Simone.
"Alle volte la verità è più nociva della menzogna", rispose sconsolato il diacono. "La verità, in certe circostanze particolari, esige menti forti e coraggiose e tempi propizi. Oggi siamo ben lontani da questo. Forse solo in un futuro più o meno lontano sarà possibile ristabilire la verità sul cristianesimo".
"Ma nel frattempo noi distruggiamo le prove della sua falsità", fece Simone scandalizzato.
"Le prove, per chi avrà l'acume e il coraggio di ricercarle, sono implicite negli stessi testi canonici. Molte delle cose che tu ci hai detto a proposito di questi preziosi rotoli io le aveva già intuite analizzando le molteplici contraddizioni dei Vangeli e degli Atti e le molte assurde diatribe dei Padri della Chiesa contro gli eretici. In questi testi, considerati dalla Chiesa rivelati, nonostante le manomissioni da essa operate attraverso i secoli per renderli compatibili con la sua ortodossia, affiorano di continuo numerosi e preziosi indizi che rivelano, a chi sa coglierli, la falsità del nostro cristianesimo. Per il momento non ci è consentito di farlo. Se divulgassimo i contenuti di questi testi l'intera cristianità entrerebbe in una crisi senza ritorno e il mondo musulmano, che ci stringe d'assedio minacciando fin la nostra stessa Roma, ci fagociterebbe senza scampo. Piomberemo da una falsità in un'altra ancora peggiore. Volenti o nolenti dobbiamo tenerci il cristianesimo così com'è. È il nostro male minore".
"Non mi hai convinto", fece Simone contrariato, "ma mi piegherò al tuo volere e a quello del papa".
"Tu non sai quanta angoscia provo nel cuore a dover fare una cosa così orribile. Ma purtroppo non c'è alternativa", concluse Ascanio smarrito e desolato.
Intanto Adeodato era andato dal maestro di casa a chiedere un braciere acceso da portare nella cella di Simone.
"A che vi serve?" aveva chiesto costui sbalordito. "Non mi sembra che oggi sia una giornata particolarmente fredda!" Ma aveva ottemperato alla richiesta senza ulteriori domande.
Il braciere ardente fu collocato al centro della cella che ne fu subito riscaldata e illuminata. Quando il maestro di casa uscì, la stanza fu sprangata a dovere. Nessun estraneo doveva assistere a quella lugubre cerimonia.
"Procediamo, senza indugio!", disse Ascanio sempre più accorato. Intanto Adeodato aveva accumulato sul tavolo i due rotoli di papiro e i codici nei quali erano stati tradotti. Simone e Ascanio li presero in mano per l'ultima volta, toccandoli con venerazione, come fossero oggetti sacri. I loro occhi umidi tradivano un'emozione profonda. Li tennero a lungo così nelle loro mani, come se non riuscissero più a staccarsene. Alla fine li rimisero lentamente sul tavolo e con un cenno della mano indicarono ad Adeodato di gettarli nel braciere. Al lieve crepitio della loro combustione tutti chiusero gli occhi per non vedere quel sacrilego rito.

"E adesso, che ne sarà di noi?" fece il monaco perplesso.
"Nessun problema", rispose amabilmente il diacono. "Fuori c'è una carrozza che ci spetta. Andremo tutti e tre nel mio orto sull'Aventino. Ci staremo a meraviglia. Una ciotola di zuppa di farro, una pagnotta, un po' di caccio e una coppa di vino non ci mancheranno mai".
"E tutti questi nostri amici?" fece Simone, accennando ai molti rotoli e codici degli scaffali.
"Sono già tutti ospiti della mia casa", rispose Ascanio con una punto d'orgoglio. "Sono più di cinquant'anni che come un segugio vado alla loro ricerca in tutti i monasteri e palazzi antichi di Roma e delle città d'Italia."
Non fu facile per il venerando Simone scendere le scale e salire in carrozza. Era così anchilosato dagli anni e dall'immobilità che Ascanio e Adeodato dovettero sorreggerlo per le braccia.



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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)