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martedì 12 luglio 2016

55– Il falso Jahvè. I Giudici. 3

Seguendo le orme del libro di Giosuè, anche quello dei Giudici, che è parte integrante della Storia Deuteronomistica voluta da Giosia, ci racconta un susseguirsi di scontri di Israele coi popoli vicini e ci presenta una collezione straordinariamente ricca di figure eroiche protagoniste di imprese inverosimili e al di sopra di ogni immaginazione, che ricalcano l'antica mitologia greca. Tanto per citare alcuni esempi: il mitico Sansone adopera una mascella d'asino, ancora fresca, per uccidere mille nemici (Giudici 13); Samgar, figlio di Anat, sconfigge seicento filistei con un pungolo da buoi (Giudici 3,31) e Is-Baal, il Cacmonita, sostiene da solo uno scontro durante il quale con la sua lancia trafigge ottocento uomini (2 Samuele 23,8). Anche qui, come abbiamo osservato per la conquista di Canaan, ci troviamo di fronte a probabili conflitti per il possesso della terra e del diritto dell'acqua, nel periodo della graduale infiltrazione degli israeliti, che condussero a schermaglie locali, più o meno cruente, trasformate dagli scribi di Giosia in gesta epiche super umane.
Il libro dei Giudici, come del resto tutti i libri storici della Bibbia, ha un chiaro significato teologico che oscilla tra apostasia e castigo. I conflitti degli israeliti contro i filistei, i cananei e gli altri popoli nemici, sono il pretesto per illustrare il rapporto difficile tra Dio e il suo popolo. Jahvè è raffigurato come una divinità arrabbiata e delusa che rinfaccia continuamente agli israeliti di averli liberati dalla schiavitù d'Egitto, di aver dato loro la Terra Promessa come eredità eterna, solo per accorgersi che erano incalliti peccatori sempre pronti a tradirlo, correndo dietro alle divinità straniere. Cosi Jahvè li deve punire mettendoli nelle mani dei nemici finché, prostrati dalla sofferenza, siano costretti ad invocare il suo aiuto e a ottenere il suo perdono. Patto, promessa, apostasia, pentimento e redenzione, ecco la sequenza ciclica che re Giosia, attraverso la Storia Deuteronomistica da lui ispirata, vuole che il popolo di Giuda comprenda direttamente applicabile a se stesso. Solo nell'ultimo versetto del testo (Giudici, 21,25) si prospetta l'ottimistica possibilità che il circolo vizioso di peccato, castigo divino e salvezza possa venire interrotto mediante l'istituzione della monarchia.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)