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sabato 8 maggio 2010
Perché la Chiesa non ha mai denunciato i suoi ministri pedofili
Perché si è comportata in modo così ignominioso, ignorando il precetto evangelico: “..chi avrà scandalizzato uno di questi piccoli che credono in me, meglio per lui sarebbe che gli fosse appesa al collo una macina da mulino e fosse gettato in fondo al mare?” (Matteo 18:6).
Nel post del 21 aprile ho dato una prina risposta a questo interrogativo spiegando che la Chiesa ha affossato gli scandali non solo per salvaguardare il suo buon nome e i suoi immensi patrimoni, minacciati da possibili richieste di risarcimento ma soprattutto perché fin dalle sue origini si è sempre ritenuta santa e intoccabile, anche se i suoi ministri commettevano ogni nefandezza.
Leggendo, però, un articolo di Michele Martelli su Micromega ho trovato delle altre motivazioni veramente illuminanti al riguardo che qui voglio esporre. Con l'istituzione dell'”ordine sacro” (il sesto sacramento) si è creata, secondo la Chiesa, una differenza tra ministri consacrati e fedeli non solo funzionale ma ontologica.
Traducendo: Il clero sacerdotale con l'unzione diventerebbe, per investitura divina, quasi un’altra specie. E perciò senza obblighi verso i comuni mortali, soprattutto se teneri adolescenti. Sempre e comunque una sacra, mistica corporazione, da separare e difendere dall’esterno con ogni mezzo, anche fraudolento.
Partendo da questo presupposto, la Chiesa, pur facendo parte della società civile, non si considera sottoposta alla legge dello Stato, alla magistratura, e al Codice civile e penale ma soltanto alla legge di Dio, alla gerarchia, e al Codice di Diritto Canonico.
Quindi considera come giudice supremo («iudex supremus), in tutto l’orbe cattolico, soltanto il papa e i suoi ministri non possono essere giudicati da nessuno altro («a nemini iudicatur )se non da lui (nn. 1404, 1442 del Codice Canonico). Quando il diritto canonico confligge col diritto civile, prevale il diritto canonico.
Che, per i delicta graviora, come la pedofilia, prevede, per l'ecclesiastico colpevole, l’ammonizione, il trasferimento, l’isolamento, la penitenza e la preghiera, la sospensione a divinis, fino alla riduzione allo stato laicale. Mai, dunque, la denuncia alla magistratura civile. Il prete pedofilo è soltanto un peccatore che ha offeso Dio, non un criminale che ha commesso un reato contro una persona indifesa.
E qui entriamo nel terzo punto. La Chiesa non ha mai sottoscritto le dichiarazioni dei diritti umani, politici, sociali e civili (ONU 1948 e UE 2000), né le Convenzioni internazionali sulla parità uomo-donna, sulla protezione dell’infanzia ecc. (chi vuole approfondire il punto, può leggere il libro del teologo spagnolo José Maria Castillo, La Chiesa e i diritti umani, 2009).
Nel Codice di Diritto canonico (1983) e nel Catechismo (2003) manca persino l’espressione «diritti umani o civili».
Martelli nel suo articolo su chiede: “Si può preservare la dignità della persona umana senza rispetto e garanzie concrete, politico-giuridiche, per l’esercizio o la protezione dei diritti di libertà, uguaglianza, sicurezza, integrità personale, autodeterminazione e così via? Un uomo senza diritti non è un uomo. La retorica moralistica della Chiesa gerarchica si palesa e infrange nella pratica del segreto pontificio che garantisce immunità e impunità ai preti pedofili, omo- o etero-sessuali che siano”.
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Informazioni personali
- leo zen
- Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)
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