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martedì 1 marzo 2011

Il dispotismo etico imposto all'Italia dal Vaticano

La discussione alla Camera, prevista per la fine di febbraio, del ddl Calabrò sul testamento biologico, è slittata a marzo. Lo scippo alla libertà di autodeterminazione della persona sancita a chiare lettere dall’articolo 32 della Costituzione («Nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario, se non per disposizioni di legge.

La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana») che il ddl Calabrò vuol imporre agli italiani, a grande maggioranza contrari, appare sempre più all'opinione pubblica un atto di dispotismo etico imposto dal Vaticano.

Alla vigilia della cerimonia per i Patti Lateranensi, svoltasi pochi giorni fa, si è tenuto un incontro riservato Berlusconi-Bertone, un faccia a faccia privato durante il quale la negazione della libertà di decidere sul nostro fine vita è diventata il primo comma di un patto che Berlusconi si è impegnato di onorare e anche alla svelta, per poter incassare una nuova “contestualizzazione” delle sue presunte orge con minorenni (e non) dall’alleato d’Oltretevere.

Non è l'unica concessione che il premier peccatore ha promesso a Bertone in quell'occasione. Ha anche accolto la richiesta su altri temi cari al Vaticano: finanziamenti alle scuole cattoliche, divieto di adozioni per i single, crocifissi nelle aule e così via. Ma è senz'altro la vanificazione del testamento biologico che interessa particolarmente a Bertone.

La Chiesa sa bene che un secondo caso Englaro è dietro l’angolo, e in assenza di una normativa al riguardo rimane valida la sentenza della Cassazione che ha consentito al padre di Eluana di mettere fine alle sofferenze della figlia interrompendo alimentazione e idratazione forzate. Da qui il pressing sul premier peccatore a far approvare la legge liberticida Calabrò.

Ma ora, alla stretta finale a Montecitorio, il fronte contrario a questa infame legge, trova alleati anche alcuni importanti esponenti della destra più conservatrice come Giuliano Ferrara, Sandro Bondi, il valdese Lucio Malan e Giuseppe Saro, friulano come il padre di Eluana Englaro e suo amico personale, tutti concordi nell'esprimere dubbi pesanti sul disegno di legge sinora difeso strenuamente dal centrodestra.

Il direttore del 'Foglio', quel Giuliano Ferrara che portò sul sagrato di piazza duomo a Milano le bottiglie d'acqua che simboleggiavano il sostegno vitale ad Eluana e, prima di allora, aveva guidato una liste elettorale 'pro life' e anti-l' aborto, scrive ora nel suo giornale che la legge Calabrò è "lastricata di buone intenzioni", ma "sbagliata irrimediabilmente". E aggiunge: E' "pasticciata e contraddittoria" perché "si dice al cittadino: fa pure testamento, ma sappi che non sarà vincolante".

Sandro Bondi, ministro del Governo Berlusconi e coordinatore del Pdl, rincara la dose affermando: "La mia opinione è che quando si verificano certe condizioni, la decisione debba essere presa, con cristiana umanità e con sana ragionevolezza, rispettando la volontà espressa precedentemente da ciascuno i noi, insieme ai medici e ai familiari, come si usava non molto tempo fa, quando si interrompevano le cure ospedaliere e si permetteva che i malati potessero trascorrere gli ultimi momenti della propria vita a casa propria circondati dall'affetto dei parenti".

E Ferrara conclude: «Suggerisco ai deputati del centrodestra di ripensarci. E ai vescovi italiani di non farsi intrappolare in un meccanismo che domani potrebbe travolgere anche le loro buone intenzioni. Chiedo a tutti di tenere conto dell'indivisibilità di una nozione liberale dell'esistenza, e del rispetto cristiano per la persona umana”.

A proposito di queste parole di Ferrara sorge spontanea la domanda: perché la Chiesa italiana non ha assunto un atteggiamento analogo a quello delle Conferenze episcopali tedesca e spagnola che hanno approvato un testamento biologico che esclude le forzature imposte in Italia dal Vaticano?

La risposta è ovvia: in Germania e in Spagna i governi hanno ignorato le richieste vaticane e hanno rispettato la loro Costituzione. In Italia, no.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)