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domenica 5 giugno 2011

L'enigma svelato (Il lato oscuro della verità) 70

L'indomani, all'alba, Davide si accomiatò discretamente da Giovanni per proseguire alla volta di Gerusalemme, ove sperava di incontrare Giuda. Giovanni era visibilmente commosso al momento dell'addio e, contravvenendo a quella che era stata una norma inderogabile del suo periodo esseno, volle abbracciare il suo giovane amico.

Arrivato a Betania nel tardo pomeriggio, scorse la fattoria di Lazzaro immersa negli ulivi, e sentì un forte impulso a visitarla per chiedere notizie di Giuda. Marta lo riconobbe subito e lo accolse con grande cordialità.

"È passato più di un decennio dal nostro primo incontro”, disse meravigliata, “ma non sei cambiato per niente. Dove sei stato tutto questo tempo? Giuda ha accennato a un vostro viaggio in Egitto, ma poi dove ti sei cacciato se ti sta cercando ansiosamente?”

“Sono vissuto a lungo in un'oasi della Caldea” rispose Davide un po' imbarazzato. “E Maddalena?” riprese subito, cercando di sviare il discorso su di sé.
“Maddalena non è più qui. Da quasi due anni si è felicemente sposata con un personaggio importante del Golan di nome Gesù” rispose Marta.
In quel momento rientrò Lazzaro dal frantoio.

“Chi è questo bel giovane?" chiese osservando Davide con vivo interesse.
“E' l'amico di Giuda, quello che ci procura gli unguenti e i profumi” spiegò Marta.
“Quel giovane di cui Maddalena mi ha parlato più volte?” fece Lazzaro.
“Esattamente. È venuto a cercar Giuda”.
“È nei paraggi perché l'ho incontrato a Gerusalemme due giorni fa” chiarì Lazzaro.
“Allora vi lascio e vado subito a cercarlo” disse Davide, felice della notizia ricevuta.

“Perché tutta questa fretta?" fece Lazzaro meravigliato. "Maddalena e Marta mi hanno parlato così bene di te che voglio conoscerti meglio. Mi sembri un tipo molto interessante. Stasera ceneremo insieme e domattina andrai a cercare il tuo amico”. E, senza attendere una risposta da Davide, chiamò una fantesca e gli ordinò di preparare un bagno caldo per l'ospite.

Dopo il bagno ristoratore e il cambio delle vesti, ogni stanchezza del viaggio era scomparsa e Davide si sentiva rinato e in gran forma.

La cena fu splendida. Si creò ben presto un'atmosfera d'intensa empatia tra i convitati che diede a ciascuno la sensazione di entrare in perfetta intimità con gli altri.

I lunghi anni trascorsi nel deserto, all'insegna di una vita più che spartana, dedita allo studio e alla meditazione, avevano disabituato Davide dal cibo raffinato e abbondante per cui, davanti al gran numero delle portate che arricchivano la mensa, egli dovette limitarsi soltanto a qualche piccolo assaggio. Ma in compenso fu sollecitato a parlare molto di sé e della sua permanenza nell'oasi della Caldea.

Ciò mise in grave imbarazzo Davide che era ben consapevole che quanto aveva imparato dai saggi maestri era un sapere esoterico che non si poteva trasmettere agli altri. Cercò di cavarsela spiegando che aveva studiato gli astri e aveva seguito un corso di terapeuta.

Lazzaro manifestò subito un vivissimo interesse per quanto affermato da Davide e gli chiese, a bruciapelo, se aveva imparato anche a scacciare i demoni. Davide fu costretto, suo malgrado, ad ammetterlo e Lazzaro, al colmo della gioia, lo invitò all'indomani a recarsi da Simone il fariseo, suo intimo amico e socio in affari, per guarirne il figlio Giona che da due anni era posseduto dal diavolo. A cercar Giuda nel frattempo avrebbe inviato il suo servo Tobia, un segugio così abile da riuscire a trovare un ago nel pagliaio.

Davide ebbe la sensazione di essersi cacciato in un mare di guai e tentò, inutilmente, di far marcia indietro spiegando che l'impresa era tutt'altro che sicura e poteva risultare un fiasco completo. Ma ormai la frittata era fatta e Lazzaro non volle sentir scuse.

Chiamò subito Tobia e lo inviò ad avvertire il fariseo che all'indomani mattina sarebbe venuto con un terapeuta a tentare di guarire suo figlio. Quello che spaventava Davide non era tanto il rischio del fallimento, sapeva bene infatti come guarire quelli che si credevano posseduti, quanto il rumore che avrebbe accompagnato la guarigione.

Si affrettò quindi a scongiurare Lazzaro di fare in modo che tutto avvenisse nel più assoluto riserbo. Gli fu assegnata per la notte una comoda e confortevole camera ed egli si addormentò quasi subito.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)