l
Vangelo di Giovanni attesta un cristianesimo nuovo e molto diverso da
quello dei Sinottici, perché si fonda su uno dei concetti essenziali
della filosofia ellenistica, quello del Logos. In esso Gesù viene
interpretato come la manifestazione fenomenica del Logos «incarnato»,
disceso dalle sfere celesti per ricondurre gli uomini a Dio in
qualità di Redentore. Ci troviamo qui di fronte ad una vera
deformazione della dottrina di Gesù per adeguarla agli intellettuali
ellenizzati al fine di guadagnarli al cristianesimo.
L'autore,
scrivendo per le persone colte e fortemente ellenizzate, non esalta
più i poveri, né pone in guardia contro la ricchezza. Ignora lo
schietto linguaggio delle parabole proprio dei Sinottici e predilige
discorsi ampiamente elaborati che descrivono Dio in maniera astratta.
Insomma, il messaggio gesuano viene da lui totalmente
intellettualizzato.
Come
spiegare una tale trasformazione del messaggio di Gesù? Con
l'esigenza di avvicinare al cristianesimo gli ambienti più colti del
mondo ellenistico. I Sinottici, scritti com’erano nella koiné
greca del linguaggio popolare, erano rivolti soprattutto alle classi
più umili, composte in prevalenza di mendicanti, di schiavi e
perfino, come attesta Paolo, di ex ladri e delinquenti. La
predicazione cristiana che Tacito definiva «esecrabile» e Svetomo
«una superstizione empia», andava quindi intellettualizzata per
poter fare impressione sui dotti. Quello che si prefigge il quarto
Vangelo. Viene dalla
Chiesa attribuito all'apostolo Giovanni ma da
più di un secolo la bibliologia critica riconosce concorde che non
può essere attribuito a questo apostolo, in quanto la sua stesura
risale indubbiamente a dopo l'anno 100, cioè a molto dopo che
Giovanni e il fratello Giacomo avevano subito il martirio nel 44 per
opera di Erode Agrippa I (Atti, 12,2).
Tenendo
conto, però, che lo ignorano Marcione, Giustino, Papia e lo stesso
Policarpo che, secondo la Chiesa, era discepolo di Giovanni, mentre
è menzionato per la prima volta da Ireneo nel 190, possiamo
attribuirlo a una data anche più tarda.
Gesù,
molto umano in Marco secondo Origene (Commentari, 94), in parte
semidivinizzato negli altri due Sinottici, in Giovanni viene
completamente divinizzato e in più viene proclamato preesistente ad
Abramo e mediatore per ottenere la salvazione.
Mentre
il Gesù sinottico nel Getsemani, ad esempio, è in presa a profonde
angosce fisiche e spirituali, in Giovanni, che vuole negare in lui
ogni tratto di debolezza umana, di queste angosce non c'è traccia
e al momento del trapasso Gesù non spira col grido di disperazione
raccontato da Marco e Matteo “Dio mio, Dio mio, perché mi hai
abbandonato?” (Marco 15,34; Matteo 27,46), ma col detto eroico e
sovrumano:
« È
compiuto» (Giovanni 15,34), così come spirò anche il semidio
Eracle, che molti storici ravvisano come uno dei
modelli più sorprendenti della figura biblica di Cristo.
Quindi
questo Vangelo sembra finalizzato a provare la divinità del
Cristo, anche nei miracoli descritti «affinché crediate»
(Giovanni 20,30). Però non sempre nel testo le definizioni
collimano fra loro ad indicare che anch'esso venne alterato con
manipolazioni varie che determinarono palesi incongruenze.
Come
conciliare, ad esempio, che Gesù venga definito contemporaneamente
«Re dei giudei» e «Redentore del mondo?» L'una affermazione
esclude l'altra. Le
divergenze di questo Vangelo coi Sinottici sono molteplici e
riguardano sia l'assenza in esso di molti ed importanti episodi
narrati dagli altri evangelisti sia, viceversa, la presenza di alcuni
significativi avvenimenti, completamente ignorati negli altri
Vangeli. Fra i vari episodi citati dagli altri evangelisti e
totalmente assenti in Giovanni alcuni rivestono un'importanza
fondamentale. Elenchiamoli: 1.le tentazioni cui venne sottoposto Gesù
da parte di Satana dopo i quaranta giorni di permanenza nel deserto,
2.le resurrezioni della figlia di Giairo e del figlio della vedova di
Nain, 3.altre guarigioni miracolose specialmente di tipo esorcistico,
4.alcune parabole, 5.la trasfigurazione di Gesù sul Monte Tabor,
6.la questione del tributo a Cesare, 7.la piccola apocalisse riferita
alla distruzione di Gerusalemme, 8.la condanna a morte di Gesù da
parte degli ebrei, 9.la sua ascensione al cielo, 10.il primato di
Pietro e 11.l'istituzione dell'eucaristia.
Altrettanto
rilevanti sono gli avvenimenti presenti in Giovanni e assenti nei
Sinottici. Vediamoli: 1.le nozze di Cana; 2.il dialogo con la
samaritana; 3.l'adultera perdonata; 4.la discussione con Nicodemo;
5.la resurrezione di Lazzaro; 6.il lavaggio dei piedi agli apostoli
nell'ultima cena; 7. la presenza di un personaggio misterioso,
chiamato "l'apostolo che Gesù amava", falsamente ritenuto
lo stesso Giovanni.
Esaminarli
tutti richiederebbe troppo tempo ma su almeno un paio vale la pena di
soffermarci. Cominciamo dall'assenza più incredibile, quella
dell'istituzione dell'eucaristia.
Confrontando
nei Vangeli sinottici
i brani relativi
all'ultima cena noteremo che tutti e tre descrivono l'istituzione
dell'eucaristia con le stesse parole scritte da Paolo nella sua prima
Lettera ai Corinzi
(1 Corinzi 11,
23-29). Giovanni, invece, ignora completamente questa istituzione
ma rivela particolari importanti, ignoti agli altri evangelisti,
come la lavanda dei piedi.
L'eucaristia,
quindi, fu un'assoluta invenzione paolina, messa in evidenza anche
dal fatto che gli
Apostoli non conoscevano una comunione sacramentale. Dopo la
preghiera nel Tempio, spezzavano il pane in casa di uno di loro
senza sacerdoti e senza alcun apparato cultuale e nemmeno
sacramentale (Atti, 2,46; 6, 1 sg.). Infatti la teologia critica non
trova alcun rapporto fra il pasto della comunità cristiana
primitiva e l’atto cultuale della comunione propagato da Paolo.
Anche
il primato di Pietro viene ignorato da Giovanni. Non c'è alcun
cenno alle parole di Matteo: “Tu sei Pietro e su questa pietra
edificherò la mia Chiesa…”
(Matteo 13,20-22). Al
contrario, chi in Giovanni sembra prevalere sugli altri apostoli è
un personaggio misterioso chiamato: "quel discepolo che Gesù
amava" (Giovanni 12,23) di cui abbiamo parlato a proposito di
Lazzaro di Betania.
L'episodio
del XXI capitolo, che tenta di recuperare il ruolo primario di Pietro
mediante la triplice affermazione di Gesù risorto "pasci le
mie pecorelle" (Giovanni 21,15-17), è chiaramente un falso
accettato da tutta la teologia critica e anche da teologi cattolici.
Concludiamo l'analisi del Vangelo di Giovanni facendo rilevare che,
pur essendo il più antiebraico dei quattro (i brani
apertamente antisemiti, secondo D. J. Goldhagen, sono centotrenta),
troviamo espressa
in esso la netta
convinzione che Gesù fu giustiziato per motivi politici voluti dal
clero collaborazionista dei romani e non per motivi religiosi come la
blasfemia.
Nessun commento:
Posta un commento