Torniamo
a Pilato che quando vide Gesù condotto in catene davanti a sé,
chiese stupito ai sinedriti, come se in quel momento cadesse dalle
nuvole, di quale accusa era imputato quell'uomo. Incredibile! Aveva
mandato in piena notte seicento soldati ad arrestarlo e non sapeva
perché l'aveva fatto!
Non
è tutto! I sinedriti, che nella casa di Caifa avevano condannato a
morte Gesù per bestemmia, con un incredibile voltafaccia cambiarono
allora il capo d'accusa imputando Gesù di gravi reati contro il
potere imperiale di Roma. Insomma una farsa in piena regola! Scrive
Luca: "...lo condussero da Pilato e cominciarono ad accusarlo:
«Abbiamo trovato costui che sobillava il nostro popolo, impediva di
dare tributi a Cesare e affermava di essere il Cristo re» (Luca
13,2). In altre parole, ti denunciamo un Messia, pretendente al trono
dì Israele, un nemico mortale di Roma. E di fronte all'incredulità
del prefetto: «Non trovo nessuna colpa in quest'uomo» (Luca 23,3)
nonostante le ammissioni esplicite di Gesù allo stesso Pilato di
considerarsi il Re dei Giudei, essi rincararono la dose: «Costui
solleva il popolo, insegnando per tutta la Giudea, dopo aver
cominciato dalla Galilea fino a qui»" (Luca 23,55). Più
ribelle di così! Altro che un predicatore di pace e di non-violenza!
I
colpi di scena non sono ancora finiti. Ci pensa Luca, il più
fantasioso dei quattro evangelisti, a presentarci il prossimo.
Gli
altri tre evangelisti a questo proposito sono completamente muti. Si
tratta del trasferimento di Gesù davanti ad Erode Antipa, figlio di
Erode il Grande. Quando Pilato venne a sapere che Gesù proveniva
dalla Galilea, sottoposta alla giurisdizione di Erode, cercò di
scaricare su di lui, presente in quel momento a Gerusalemme, la
responsabilità di giudicare Gesù.
Altra
assurdità in quanto l'imputato deve sempre essere giudicato nel
luogo in cui ha commesso il reato non in quello della sua
provenienza. Comunque Erode, deluso per il comportamento di Gesù
(aveva rifiutato di compiere prodigi in sua presenza), lo rispedì a
Pilato senza emettere alcun verdetto contro di lui e limitandosi solo
a schernirlo.
Il
processo continuò con Gesù chiuso nel più stretto silenzio (forse
nell'aspettativa che il popolo si sollevasse e lo liberasse dai
sacerdoti e dai romani) e, nonostante il procuratore romano avesse
dichiarato di non trovare in lui nessuna colpa ed Erode lo avesse
rispedito senza riconoscergli alcun reato, si concluse con
un'assurda condanna a morte di Gesù "per innocenza" al
solo scopo (vorrebbero farci credere i Vangeli) di accontentare i
giudei che lo accusavano di blasfemia.
Una
autentica assurdità. Il Diritto Romano, cui ogni "Legatus
Augusti pro praetore" doveva rigorosamente adeguarsi, imponeva
l'eliminazione di chiunque avesse apertamente contestato il
dominio romano. Stando dunque ai Vangeli, la personalità di Pilato
ci appare pavida, cedevole e totalmente stupida, in contrasto con
quanto ci tramandò di lui la storia.
Il
re Agrippa I, che non era certo uno stinco di santo e che fece
decapitare l'apostolo Giacomo, figlio di Zebedeo, e forse anche il
fratello Giovanni, considerava Pilato, in una sua lettera a Filone,
un "uomo rigido, crudele e spietato". Filone stesso,
contemporaneo di Gesù, rincara la dose accusando nei suoi scritti
il prefetto romano di "reiterati e sistematici massacri di
persone senza processi né condanne".
A
dimostrazione di ciò vale la pena di ricordare un solo episodio.
Quando Pilato mise mano al tesoro del Tempio per costruire un
acquedotto, prevedendo la rivolta popolare mescolò alla folla i suoi
soldati travestiti perché potessero massacrare, a bastonate, i capi
dei ribelli, come
ci racconta Giuseppe Flavio:
“con l’ordine di
non usare le spade, ma di picchiare i dimostranti con bastoni [..]. I
Giudei furono percossi e molti morirono per i colpi ricevuti, molti
calpestati da loro stessi nel fuggi fuggi" (Giuseppe
Flavio, Guerra Giudaica, II, op. cit.).
Ciò
accadde nell'anno 30 d.C., quindi in prossimità della crocifissione
di Gesù. Nel 36 d.C. a
causa della sua ferocia vendicativa, Pilato fu destituito per ordine
del legato di Siria Aulio Vitellio (poi imperatore) e processato.
Quindi, era un uomo crudelissimo e determinato, per nulla
corrispondente a come ce lo rappresentano i Vangeli. Una cosa è
certa: nessun governatore romano si sarebbe lasciata imporre una
decisione, come quella di condannare a morte Gesù, dagli schiamazzi
della folla, ed è altrettanto certo che non avrebbe mai potuto
emettere una sentenza di morte se non fosse stata giuridicamente
motivata da accuse, riconosciute fondate, di rivolta politica
antiromana e di sedizione armata. Quindi, Pilato non avrebbe mai
potuto far giustiziare barbaramente sulla croce Gesù se fosse stato
un innocuo pacifista disarmato, che predicava un messaggio puramente
spirituale, e i soldati romani non lo avrebbero trattato con
dileggio, come ribelle pericoloso, come sedicente “re dei giudei”,
se fosse stato un vero messaggero di amore universale.
Singolare
è stato il trattamento subito da Pilato da parte della Chiesa
pre-costantiniana, la quale, per ingraziarsi Roma, giunse quasi a
santificarlo insieme alla moglie Procla o Procula (ed è tuttora
canonizzato sia dalla Chiesa Copta, sia da quella Etiopica).
Ma,
dopo il trionfo del cristianesimo, secondo Eusebio di Cesarea, venne
fatto morire nei modi più atroci: decapitato, annegato nel Tevere,
perseguitato da frotte di demoni, e così via.
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