Col
passare del tempo i cristiano-giudei si divisero in due
schieramenti: i nazirei giudei e quelli ellenisti. Il primo gruppo
era costituito da ebrei nati e residenti in Palestina; il secondo
dagli ebrei della diaspora, fortemente ellenizzati, rientrati a
Gerusalemme.
Pur
nella comunanza della stessa religione, erano diversi per la lingua
usata (aramaico per i primi, greco per i secondi). Uno dei capi
degli ellenisti era Stefano, giovane dotato di un'oratoria
straordinariamente efficace. Costui, sfoggiando una gran dottrina
ricca di citazioni e reminiscenze bibliche, attaccò ripetutamente i
sadducei e i farisei con l'accusa di aver tradito Gesù,
consegnandolo ai romani. Ritenuto blasfemo per le sue accuse, e per
aver dichiarato di aver visto, in una visione celeste, il Messia
Martirizzato assiso alla destra di Dio Padre in attesa di ritornare
sulla Terra per dare inizio al nuovo Regno d’Israele, fu lapidato
dalla folla inferocita (senza che i romani intervenissero minimamente
ad impedirlo, a dimostrazione che gli ebrei erano liberi di eseguire
sentenze di morte per motivi religiosi e non dovevano ricorrere al
prefetto romano).
I
cristiano-ellenisti subirono allora una dura persecuzione,
soprattutto per opera di un giovane fariseo della diaspora, chiamato
Shaul, poi conosciuto come Paolo di Tarso (il San Paolo della
Chiesa). Molti furono arrestati e condannati a morte, altri si
salvarono rifugiandosi in Asia ove crearono nuove comunità ad
Antiochia, a Damasco e a Cipro. Così il cristianesimo cominciò a
diffondersi anche tra gli ebrei della diaspora che erano circa tre
milioni sparsi nelle varie contrade dell'impero romano ed erano
rimasti, più o meno, fedeli all'osservanza della legge ebraica. Il
cristianesimo era considerato da costoro un completamento della legge
mosaica e nessuno di essi ventilava l'ipotesi che fosse una nuova
religione. Saranno questi cristiani ellenisti, fuoriusciti dalla
Palestina, che, come vedremo nel proseguo del libro, daranno origine
al nostro cristianesimo quando Paolo ne diverrà il capo indiscusso.
Da
Antiochia alcuni ebrei cristiani si trasferirono a Roma, che allora
annoverava una grossa comunità ebraica, concentrata soprattutto nei
quartieri più disagiati di Trastevere, ove svolgeva i commerci
minuti e l'artigianato minore.
A
dar credito ad Orazio e a Giovenale, importanti poeti latini, questa
comunità era piuttosto detestata dalla maggioranza dei romani. I
nuovi arrivati non furono bene accetti dai loro connazionali che mal
sopportavano il nuovo movimento messianico da loro propagandato.
Gli
ebrei della diaspora, infatti, più o meno integrati coi gentili,
non condividevano le deliranti aspettative messianiche dei
correligionari rimasti in Palestina, anzi le rigettavano con
fastidio, consapevoli della loro pericolosità politica. Essi avevano
accettato l'impero romano come un dato di fatto e il messianismo era
chiaramente incompatibile con questa loro accettazione e con
l'esenzione, loro concessa dai romani, di quanto potesse essere
contrario alla loro fede.
Vedremo
in seguito che questo gruppo, pur esiguo di cristiani, darà luogo a
grossi disordini nella capitale e costringerà l'imperatore Claudio
a cacciarli da Roma nel 41. Infatti, il partito nazireo di
Gerusalemme veniva considerato sovversivo dai romani, come dalla
gerarchia sadducea ufficiale di Gerusalemme.
I
pagani non furono toccati da quella prima fase evangelizzatrice che
si svolgeva esclusivamente nell'interno delle sinagoghe, finché
avvenne che alcuni ebrei ellenisti di Antiochia, accanto ai
correligionari, inserirono nel loro gruppo anche
alcuni pagani,
chiamati "timorati di Dio", che frequentavano le sinagoghe
come uditori, essendo attratti dal monoteismo e dalla profonda
eticità dell’ebraismo, e questi nuovi fedeli furono chiamati per
la prima volta cristiani.
Questa parola greca
significava messianisti.
Cristo (Christòs), infatti, era la traduzione in greco di Unto,
Liberatore d'Israele, in altre parole, Messia.
La
Chiesa di Gerusalemme, temendo che il coinvolgimento dei pagani
potesse creare delle deviazioni nell'osservanza della Legge, inviò
il levita Barnaba a studiare la situazione. Questi non riscontrò
alcuna irregolarità e tranquillizzò Gerusalemme. Avvenne così la
prima cauta apertura verso il mondo dei gentili, vista però con un
certo fastidio dalla maggior parte dei cristiano-giudei di
Gerusalemme, convinti che l'aspettativa messianica riguardasse
esclusivamente il popolo eletto. I cristiano-giudei, dopo
l'allontanamento dei cristiano-ellenisti più radicali guidati da
Stefano, vissero indisturbati a Gerusalemme, protetti dai farisei e
dal loro capo Gamaliele, che li stimava per la loro ligia osservanza
della Legge, e durante questo periodo di tranquillità poterono
incrementare i loro i proseliti fino a raggiungere alcune migliaia.
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