Due
furono i grandi miti greci a fondamento del cristianesimo antico: il
mito del dio divenuto uomo, che soffre e muore immolandosi per la
salvezza dell'umanità come Dioniso, Eracle, Attis, Mitra e così
via, e il mito dell’anima prigioniera della materia e della sua
liberazione ad opera di un redentore divino: il Logos. Il primo mito
diede origine alla teologia paolina di cui abbiamo parlato
diffusamente in precedenza, il secondo fu appannaggio della Gnosi e
diede origine al Cristo Gnostico.
Finora
abbiamo delineato le tre figure assunte da Gesù nei primi secoli
della nostra èra. Abbiamo cominciato col Gesù storico, il
nazireo-esseno-zelota che si era proclamato Messia davidico ed era
finito crocifisso per ribellione armata contro Roma.
Poi
siamo passati al secondo Gesù, quello che i suoi seguaci, dopo la
sua presunta resurrezione, avevano proclamato come Messia
Martirizzato, destinato, secondo la profezia di Daniele, a tornare
in tempi brevi sulla Terra per fondare il nuovo regno di Dio.
Infine
abbiamo delineato il terzo Gesù, quello teologico, inventato da
Paolo di Tarso a seguito delle sue visioni celesti e divinizzato come
figlio di Dio. Tutte e tre queste figure implicavano un'origine
terrena e carnale di Gesù, affermavano cioè che era nato da una
donna mortale, era vissuto come uomo ed era stato crocifisso
soffrendo la morte. Ma accanto a questi tre Gesù che abbiamo
descritto, dal secondo al quinto secolo della nostra èra se ne era
diffuso un altro, il Cristo Gnostico, che a differenza degli altri
tre non era di natura terrena, non essendosi mai incarnato, ma puro
spirito, inviato come Logos da Dio, sotto parvenze umane, per
redimere l'umanità. Di esso la massa dei cristiani, e forse anche
molti ecclesiastici, sono completamente all'oscuro perché la Chiesa,
fin dal quinto secolo, ha provveduto a cancellare ogni traccia che lo
riguardasse.
Oggi,
dopo la fortunosa scoperta nel
1945 a Nag Hammadi, in Egitto di una piccola biblioteca di 52
codici, quasi tutti gnostici, risalenti a più di 1500 anni fa, tra i
quali importantissimi: il
Vangelo di Tommaso, il Vangelo di Filippo, il Vangelo di Maria
Maddalena e quello pubblicato recentemente (aprile 2006) come Vangelo
di Giuda Iscariota, che forniscono
la prova dell'esistenza di un cristianesimo ben diverso da quello
che è giunto fino a noi, il
Cristo Gnostico è diventato di grande attualità per gli studiosi.
Vale le pena perciò di darne un breve cenno. Prima però di
delineare questa nuova figura di Cristo è necessario chiarire, sia
pure sommariamente, i postulati epistemologici sui quali si fondava
lo gnosticismo sviluppatosi alla scuola d’Alessandria per influsso
di Filone, filosofo ebreo contemporaneo di Cristo, che interpretò la
Sacra Scrittura in forma platonica (vedi il Timeo di Platone) e in
chiave allegorica.
Il
mito centrale dello gnosticismo filoniano, che derivava da un antico
movimento religioso che assommava speculazioni cosmogoniche, riti
misterici e mistica devozione, partiva dal presupposto che
Dio era una sorgente di luce posta al centro del cosmo da cui si
dipartivano miriadi di entità incorporee (scintille divine)
essenzialmente spirituali, chiamate “Eoni”.
Questi
Eoni, allontanandosi dalla sorgente di luce divina, subivano una
specie di collasso ontologico, si rivestivano di materia corruttibile
e piombavano nelle tenebre. L'ultimo eone, l'anima umana,
incarnandosi nel corpo materiale, dimenticava la sua origine divina e
diventava di conseguenza schiavo del dolore, del male e della morte
(M. Craveri, Vangeli
Apocrifi, Einaudi,
Torino, 1990).
Ma
la scintilla divina, presente in ogni essere umano, sentiva un
anelito possente a ricongiungersi al Dio Padre da cui era partita.
Ecco quindi l'esigenza di una fede ragionata (gnosi) che permettesse
all'uomo di liberarsi della schiavitù della materia, di riprendere
conoscenza della sua natura divina e risalire a Dio attraverso gli
insegnamenti di un Logos Salvatore. Secondo gli gnostici ad aiutare
l'uomo al ricongiungimento con la luce divina sarebbe sceso in terra
un Redentore, primogenito di Dio, che dopo aver insegnato agli
uomini la via della liberazione, sarebbe sceso nell'Ade e poi asceso
in cielo.
Evidentissima
analogia con la cristologia della preesistenza. L’uomo celeste, il
Redentore e Rivelatore, venne da molti gnostici dei primi quattro
secoli immedesimato nella persona di Gesù, considerato il modello
perfetto dell'uomo spirituale inviato da Dio sulla Terra per un
puro gesto d'amore e dotato di una natura essenzialmente unica e
spirituale. Per il teologo e vescovo Valentino, il massimo maestro
gnostico del secondo secolo, anche la carne di Cristi era composta
di spirito
(Tertulliano, De Carne
Christi, XV, 1,
Rizzoli, Milano, 2000).
Secondo
gli gnostici gli uomini si potevano dividere in tre categorie: gli
ilici, nei quali le due nature, quella umana e quelle divina, non si
incontravano mai per cui non erano in grado di superare gli angusti
limiti della propria natura materiale e rimanevano per tutta la vita
a livello dei bruti; gli psichici, nei quali la coscienza, pur
essendo potenzialmente in grado di attingere alla fonte interiore
della verità, non raggiungeva la liberazione perché offuscata
dalla nebbia dell’errore; e, infine, gli pneumatici che erano i
pochi in grado di giungere ad una piena conoscenza di se stessi e
della propria doppia natura materiale e divina e, quindi, di
ricongiungersi al Plèroma, cioè a Dio.
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del cristianesimo " ebook € 1,99 (store:
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