Gli
storici romani parlano chiaro: essi che conoscevano molto bene il
messianismo ebraico ed il suo odio implacabile e fanatico contro
l'autorità imperiale, accusano apertamente i cristiani (messianisti)
di azioni sovversive contro le istituzioni e li definiscono
propagatori di un'ideologia funesta e malefica e rei di odiare il
mondo intero.
Che
Roma dovesse perire in un'apocalittica conflagrazione era quello che
i cristiano-giudei andavano predicando quando proclamavano
l'imminente parusia. Per essi l'Impero era considerato il regno
delle potenze sataniche e Roma la grande Babilonia, la Grande
Meretrice. "Il cumulo dei suoi peccati sale fini al cielo e Dio
si è ricordato della sua iniquità. Trattatela come ha trattato gli
altri e rendetele il doppio di quello che ha fatto […] quanto ha
fatto di sfoggio del suo splendore e del suo lusso, altrettanto
datele di tormenti e di lutto" (Apocalisse 18).
Parole
terribili che trasudano un possente odio contro i romani e
proclamano la spietata speranza che il più gran numero di esseri
umani incirconcisi perisca in un lago di fuoco.
Questa
apocalittica catastrofe contro Roma sembrò verificarsi, secondo lo
storico Tacito, quando nel luglio del 64 un incendio di enormi
proporzioni divampò per alcuni giorni, distruggendo gran parte della
città. Subito la vox populi, a detta dello storico, accusò i
cristiani del misfatto e l'imperatore Nerone diede inizio alla prima
persecuzione contro di essi. Questi avvenimenti, considerati
dai più assolutamente certi, hanno trovato ampi riscontri nei
testi storici e alimentato famose opere letterarie e
cinematografiche. Ma alcuni studiosi non li danno affatto per
scontati e li considerano piuttosto una delle tante leggende
inventate dalla Chiesa per dimostrare, attraverso il martirio di
Pietro, che il primato sulla cristianità spettava come sede, per
diritto storico, a Roma (e non a Gerusalemme, dove il cristianesimo
era nato), e al suo vescovo, quale successore di Pietro.
Esaminiamo
i documenti del tempo. Gli storici latini che parlano di Nerone sono
tre: Tacito, Svetonio e Dione Cassio. Di questi tre, solo Tacito nel
XV libro degli "Annali" mette in relazione la persecuzione
dei cristiani con l'incendio della città. Gli altri due ignorano
questo legame. Ma, cosa ancor più significativa, i padri della
Chiesa: Clemente, Ireneo, Eusebio, Origene e Ambrogio, ignorano nei
loro scritti la persecuzione ordinata da Nerone che, sicuramente,
avrebbero ben volentieri strombazzata, se avvenuta, per
controbattere coloro che negavano l’esistenza dei cristani a Roma
nel I secolo e per dimostrare il martirio di Pietro e Paolo.
Perfino
Agostino, che nel suo libro "De Civitate Dei" elenca gli
avvenimenti accaduti a Roma precedentemente al "sacco"
eseguito da Alarico nel 410, non accenna all'incendio e alla
persecuzione. Quindi nessun padre della Chiesa ha mai citato questo
passo di Tacito in una sua opera, fino al XV secolo. E allora come la
mettiamo con lo storico latino, ritenuto al di sopra di ogni
sospetto? Riconoscendo, affermano questi studiosi, che il brano
XV.44 degli Annali è stato interpolato ed è quindi falso.
Già
a partire dall'Illuminismo, e in particolare da Voltaire (1775), era
iniziata a circolare la voce che gli Annali di Tacito fossero un
clamoroso falso, facendo riferimento ad argomentazioni storiche
(incongruenze con Svetonio e Plinio il Vecchio) e filologiche
(incoerenze stilistiche col Tacito delle Historiae).
Ma
a sostenere con vigore questa ipotesi fu nel XVIII secolo John
Wilson Ross che nel 1878 pubblicò a Londra il libro Tacitus
and Bracciolini, the Annals Forged in the XVth Century nel
quale dimostrò che fu l'umanista italiano Poggio Bracciolini,
segretario di papa Martino V e amanuense disinvolto (1380-1459), a
falsificare gli Annali nel 1429. Come? Inserendo, quasi alla
lettera, un passo di un certo Sulpicio
Severo (IV secolo) che nella sua “Historia Sacra” (II-29),
considerata al suo apparire una raccolta di assurde invenzioni,
aveva raccontato per primo la persecuzione di Nerone.
E
perché Bracciolini fece questa manomissione del testo di Tacito? Per
confutare le contestazioni di quanti, papi e antipapi, durante lo
Scisma d'Occidente che si era appena concluso, avevano
sollevato dubbi sulla legalità di Roma come sede del trono di
Pietro. Il martirio dell'apostolo cadeva a puntino e toglieva ogni
pretesto.
Dopo
il Ross anche P.Hochart nel suo studio La
persécution des chrétiens
sous Néron,
(www.mediterraneeantique.info/Rome/Hochart/Ner_0.htm),
ed altri storici (J. Rougé, A. Drews e C. Saumang), adducendo
rigorose argomentazioni storiche, filologiche e stilistiche, nonché
evidenziando come Tacito descriva in modo contraddittorio il
comportamento di Nerone durante l'incendio, confermarono
l'interpolazione degli Annali.
L'incendio
di Roma nel 64, e di conseguenza la persecuzione contro i cristiani
(del resto mai nominati da Tacito nelle sue Historiae), non
sarebbero quindi attendibili secondo questi studiosi e ciò sarebbe
confermato, sia pure in modo indiretto, anche da Giuseppe Flavio, il
più famoso degli storici ebrei dell'antichità.
Infatti,
nel 64 egli si trovava a Roma in qualità di avvocato difensore di
due rabbini, accusati dalle autorità romane di Gerusalemme di
connivenza coi ribelli che già cominciavano a devastare la Giudea.
Ora, in nessuna delle sue opere vi è il pur minimo accenno alla
persecuzione di Nerone e all'incendio che in quell'anno distrusse 10
dei 14 quartieri in cui si articolava la città. Poteva, uno storico
pignolo come lui, ignorare completamente un fatto del genere?
Comunque,
fu in seguito alla prima guerra giudaica (ordinata da Nerone) che
si sviluppò a Roma il clima di tensione contro il cristianesimo
(confuso col giudaismo), che andò via via crescendo nel tempo, con
alterne vicende. Un episodio, riferito da Eusebio di Cesarea,
riguardante l'imperatore Massimino Trace (235-238), serve ad
illuminarci a questo proposito
Questo
imperatore, preoccupato per il diffondersi della nuova religione che
riteneva nociva all'Impero, fece stampare e diffondere le memorie di
Pilato (Acta Pilati), integralmente tratte dagli archivi imperiali,
al fine di rendere evidente a tutti la pericolosità politica e
sociale dei cristiani. Pur essendone state create molte copie,
distribuite anche alle scuole affinché gli studenti le
conoscessero, di queste memorie di Pilato oggi non esiste traccia.
Qualcuno,
e non è difficile capire chi, ha provveduto a farle sparire perché
forse davano una versione totalmente diversa della condanna di Gesù,
rispetto a quella tramandataci dai nostri Vangeli. Nessuno dei ben
noti polemisti cristiani dell'epoca osò contestarle nel merito. Ma
se il rapporto di Pilato fosse stato favorevole a Gesù, quanto lo
avrebbe strombazzato la Chiesa, una volta raggiunto il potere!
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del cristianesimo " ebook € 1,99 (store:
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