Come
di consueto, seguendo l'abitudine del padre Alberico che non aveva
mai amato poltrire nel letto, Giovanni XII si alzò molto presto
l'indomani e mentre il fido Cassio gli preparava la colazione fece
una capatina alle scuderie per salutare i suoi cavalli. Li amava di
tutto cuore ed essi contraccambiavano il suo affetto. Al suo
ingresso nella stalla il papa veniva accolto con nitriti e scalpitii
di gioia che lo mandavano in solluchero. Anche quella mattina si
ripeté il consueto cerimoniale e dopo averli accarezzati e baciati
ad uno ad uno, il papa salì nelle sue stanze.
"Trovo
che Vostra Santità è molto sollevata oggi", disse con
deferenza il fido Cassio, mentre serviva la colazione.
"Puoi
ben dirlo", rispose con un sorriso il giovane papa. "Le
cose, pare, si stanno mettendo bene. E ciò anche per merito tuo che
mi hai dato il saggio consiglio di richiamare il diacono Ascanio".
"Sono
grato a Vostra Santità per le lusinghiere parole nei miei
confronti", rispose umilmente il servitore e riferì che Roma
era tutta ansiosa di assistere al suo pontificale per impetrare da
Dio la conciliazione con l'imperatore.
"Se
le cose si aggiusteranno", riprese il papa con un mesto sorriso,
"dovrò cambiare radicalmente vita e non potrò più prendermi
certe licenze. Sicuramente Ottone mi farà pedinare dai suoi segugi,
per controllare ogni mia azione. Insomma dovrò rigare dritto, e
forse è meglio così. Ma per intanto mi rimangono ancora alcuni
giorni di libertà e se il pontificale avrà successo e la giovane
misteriosa verrà ad assistervi, non voglio perdere l'occasione di
conoscerla e conquistarla. Sarà la mia ultima, folle avventura e la
ricorderò senz'altro come uno dei momenti più radiosi della mia
vita".
"Sono
certo che il piano funzionerà e ho già predisposto con ogni cura
come pedinarla, con la massima discrezione, all'uscita della chiesa",
aggiunse Cassio.
"Senza
dare nell'occhio e senza scandali, per l'amor del cielo",
riprese Giovanni XII. "Durante l'omelia del cardinale
arcidiacono, mentre me ne starò seduto sul trono papale rivolto al
pubblico, fingerò di raccogliermi in me stesso e così avrò modo
di scrutare, inosservato, le prime file dei fedeli. Se la scorgerò,
fingerò di aggiustarmi la tiara e a quel segnale farete scattare la
trappola".
"Meraviglioso!",
concluse Cassio e si predispose ad aiutare il papa nella sua
vestizione mattutina.
Giovanni
XII era molto affezionato al suo fido servitore e voleva essere
servito soltanto da lui. Gli dava anche molta confidenza, specie
quando ritornava dai festini tenuti coi nobili romani, durante i
quali le libagioni non si contavano. Quegli erano i momenti più
brutti per Cassio. Il giovane papa in preda all'ebbrezza diventava
intemperante, si spogliava nudo e si abbandonava a lascive
manifestazioni d'affetto. Toccava a Cassio smorzare quegli eccessi,
con dolcezza ma anche con piglio sicuro, e a non cader mai nella
trappola di accondiscendere alla confidenza che riceveva ma di
mantenere sempre le distanze che il suo ruolo esigeva. Il papa era
consapevole di tutte queste attenzioni del suo servitore e lo stimava
e amava moltissimo.
Simone
accolse con un ampio sorriso i due illustri ospiti. Trovava il
giovane papa molto simpatico e gli piaceva la sua aria bonacciona e
amichevole.
Giovanni
XII dopo averlo abbracciato, non pese tempo in convenevoli ed entrò
subito nel merito della questione.
"Ascanio
mi ha messo al corrente in modo dettagliato di tutto quello che
avete esaminato finora", disse. "So perfino chi erano gli
esseni, che finora non avevo mai sentito nominare, e so che gli
apostoli era tutti briganti".
"Non
proprio briganti", fece Simone divertito, "ma dei ribelli
che volevano cacciare i romani oppressori. Oggi vedremo che la
crocifissione", riprese il monaco, "conferma appieno la
missione esclusivamente messianica di Gesù e che essa non ha niente
a che vedere con l'accusa di blasfemia, tirata in ballo dai nostri
Vangeli. Se infatti Gesù si fosse proclamato figlio di Dio, sarebbe
stato lapidato sic et sempliciter dalla folla inferocita perché
avrebbe contravvenuto al principio fondamentale della Legge mosaica:
il monoteismo. E non sarebbe stato necessario scomodare un esercito
di soldati e infliggergli la crocifissione, la più ignominiosa
delle condanne, riservata solo ai ribelli. E i romani della sua
lapidazione se ne sarebbero altamente infischiati".
"Ho
sempre avuto l'impressione che l'accusa di blasfemia fosse
incompatibile con l'urgenza dell'arresto, la complicità di un
traditore e lo spiegamento di forze" espresse Ascanio.
"Infatti
l'arresto avvenne di notte, alla vigilia di una ricorrenza sacra,
importantissima per gli ebrei, e quindi era palesemente illogico e
illegale" chiarì Simone. "E poi, che bisogno c'era che un
traditore con un bacio ne evidenziasse la persona, dal momento che
Gesù, a detta degli stessi evangelisti, era conosciutissimo in tutta
Gerusalemme e da tutte le personalità del Tempio, comprese le
guardie. Una settimana prima era entrato nelle città santa tra un
tripudio di gente che lo aveva acclamato festosa come figlio di
Davide e nuovo re d'Israele. E nel Tempio discuteva tutti i giorni
coi sacerdoti e i farisei di teologia e di giustizia e ne aveva
scacciato i mercanti che lo profanavano.
"E,
infine, come spiegare che per arrestare un inerme e mite propugnatore
della non-violenza e dell'amore del prossimo, occorresse una coorte
di soldati romani, come è confermato anche dal nostro evangelista
Giovanni? Cioè seicento legionari armati di tutto punto.
"Questo
Vangelo spiega chiaramente che Gesù fu arrestato non per la sua
scarsa ortodossia religiosa ma perché, convinto di essere il
Messia profetizzato dalle Scritture, nella notte del Monte degli
Ulivi voleva attuare un colpo di Stato, fallito per l'opposizione dei
sacerdoti e degli erodiani. In questo senso si spiega anche il
tradimento di Giuda, che altrimenti non avrebbe alcuna spiegazione".
"Mi
è sempre parso del tutto assurdo il comportamento di Giuda in
questa circostanza", rivelò Ascanio.
"Il
compito del traditore, infatti", spiegò subito il monaco, "non
fu quello di indicare il personaggio col bacio convenuto, che come
abbiamo visto in precedenza era noto a tutta Gerusalemme, ma di
avvertire i sacerdoti tempestivamente che la sommossa stava per avere
inizio, al fine di cogliere i rivoltosi di sorpresa e di bloccare
l'insurrezione sul nascere. Ecco allora perché i sacerdoti
aspettavano un segno dal traditore e perché era intervenuto un vero
esercito. Ciò spiega anche il comportamento dei seguaci di Gesù
all'arrivo dei soldati. Uno degli apostoli, secondo Giovanni
l'apostolo Pietro, fece un tentativo di resistenza, estrasse una
spada e tagliò netto l'orecchio di un servo del sommo sacerdote, di
nome Malco".
"Mi
sono chiesto più volte come mai in quel ritiro pacifico di uomini in
preghiera, come viene descritta dagli evangelisti la velia sul
Monte degli Ulivi, c'erano degli individui armati", si chiese
Ascanio perplesso.
"In
questo Vangelo si accenna addirittura ad un vero scontro tra i
seguaci di Gesù e la coorte romana", fece Simone. "Esaminando
attentamente il quarto Vangelo, ove si parla di indietreggiamento e
di caduta a terra dei soldati durante l'arresto, ho avuto la conferma
che, indubbiamente, ci fu uno scontro vero e proprio, qualcosa di
molto grave, insomma".
"E
dopo l'arresto di Gesù che cosa accadde, secondo questo Vangelo?,
chiese Ascanio.
"Gesù
fu rinchiuso nella Torre Antonia, sede dal presidio romano. Non fu
condotto, come testimoniano confusamente i nostri evangelisti, nella
casa privata del sommo sacerdote Caifa per un sommario processo
esclusivamente ebraico. Il processo ebraico, leggiamo nel secondo
rotolo, fu inventato e inserito dai seguaci di Paolo, allo scopo di
scagionare i romani della responsabilità di aver condannato Gesù
e per farla ricadere esclusivamente sulle spalle del popolo ebreo.
L'unico vero processo fu quello davanti a Pilato per sedizione
armata".
"E
la fine di Giuda come è raccontata in questo testo?" chiese
curioso il papa.
"Questo
apostolo che col suo tradimento aveva fatto fallire l'impresa del
gruppo, avvertendo il Tempio dell'incipiente rivolta, fu giustiziato
secondo il metodo seguito abitualmente dagli zeloti per punire i
traditori: gli fu squarciato con la spada il ventre e le sue
viscere furono sparse al suolo. Ciò è confermato anche negli Atti".
"E
il comportamento degli apostoli, dopo l'arresto di Gesù?",
chiese Ascanio.
"Convinti
che con la crocifissione del loro capo e il mancato intervento delle
schiere celesti il tentativo messianico fosse fallito, si diedero ad
una fuga ignominiosa. Si erano illusi di sedere alla destra o alla
sinistra del trono del nuovo re d'Israele e si trovavano rintanati
nei pressi della piscina di Siloe, tremanti d'orrore e di paura",
spiegò Simone.
"E
la morte crudele e ignominiosa di Gesù trova conferma in questo
testo?" chiese Ascanio.
"Con
un'importante sottolineatura riguardante lo smarrimento di Gesù al
momento della morte, espresso dalla storica frase: Dio
mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato. Smarrimento inconcepibile
se Cristo fosse stato il figlio di Dio che s'immolava per la
salvezza dell'umanità, ma chiarissimo per un aspirante Messia che,
avendo fermamente creduto nell'intervento di Jahvè per aiutarlo a
restaurare il regno di Davide, constatava con disperazione
l'abbandono divino e il fallimento della sua missione. Nel testo sono
totalmente ignorati anche gli eventi soprannaturali, quali: eclissi,
terremoti, frane, resurrezioni e lo squarciamento nel Tempio del velo
che nascondeva la Sancta Sanctorum, che secondo i sinottici accaddero
al momento della morte di Gesù".
"E
la resurrezione, l'evento più significativo della nostra santa
religione, senza la quale la nostra fede non avrebbe senso, come
viene sentita in questo Vangelo?", chiese il giovane papa.
"Come
l'atto di nascita del cristianesimo. Quando Maria di Magdala corse ad
annunciare agli apostoli che aveva trovato la tomba del Maestro
vuota, lo sconforto e lo smarrimento di fronte alla fine ignominiosa
del loro capo, si dileguarono per incanto e si fece strada nelle
loro menti la convinzione che Gesù, ritenuto da essi il Messia di
discendenza davidica, si era trasformato, in seguito alla sua
resurrezione, nel Messia Martirizzato, nel Figlio dell'Uomo
profetizzato da Daniele, che sarebbe risorto e asceso al cielo alla
destra di Dio Padre, per tornare di lì a poco sulla Terra circonfuso
di potere e di gloria per riscattare definitivamente Israele dai suoi
oppressori. Questa convinzione si diffuse rapidamente tra i seguaci
di Gesù e fu alla base della nascita del loro movimento poi
chiamato cristianesimo.
"Qui
termina il racconto del primo rotolo. La successiva evoluzione dei
primi cristiani giudei e le molteplici trasformazioni e invenzioni
operate da Paolo, viene raccontata nel secondo", concluse
Simone.
"Per
oggi ci accontentiamo di questo", fece il papa tirando un lungo
sospiro. "Ne abbiamo sentite di cotte e di crude e certamente
avremo di che riflettere a lungo. Lunedì, all'indomani del mio
pontificale in San Pietro, ritorneremo ad affrontare il secondo
rotolo, che, immagino, ci riserberà molte altre sorprese. Penso di
interpretare anche il pensiero del diacono Ascanio se dichiaro che
l'esposizione del venerando Simone è stata quanto di più chiaro e
completo ci potessimo aspettare". E con un gesto istintivo
abbracciò affettuosamente il vecchio monaco prima che questo
riuscisse a sollevarsi in piedi in segno di rispetto.
Nessun commento:
Posta un commento