Come
ci spiega Lucrezio nel “De rerum Natura”, è stata la paura a
creare gli dèi. Sono stati i terrificanti fenomeni planetari:
terremoti, eruzioni vulcaniche, inondazioni, incendi spontanei,
violente perturbazioni atmosferiche e così via, ad inculcare nel
nostro antenato cavernicolo la convinzione che degli esseri
invisibili e potenti, gli dèi, fossero le cause dei quei
terrificanti fenomeni. Occorreva cercare di placare queste entità
oscure e invisibili con riti magici e sacrifici di animali e perfino
di esseri umani.
Ecco allora gli
aztechi squarciare ogni giorno il petto di un uomo, per garantirsi
il sorgere del sole, e altre tribù, nei momenti di pericolo,
ricorrere all’omicidio propiziatorio, sacrificando
una vergine, un bambino o un prigioniero,
per placare gli dèi. Chiedete a un selvaggio che cosa fa muovere
il vostro orologio:
vi risponderà: “Uno spirito”. Così l'uomo primitivo fortemente
terrorizzato - e quando si ha paura si cessa di ragionare e il
cervello turbato crede a tutto e non esamina più niente - si è
persuaso che gli dei, nonostante fossero incomprensibili e
invisibili, erano per lui la cosa più essenziale.
Ignoranza e
paura, ecco quindi i due fondamenti di tutte le religioni che per
spiegare l'inconoscibile inventano una causa irrazionale e
indimostrata. I selvaggi che abitano il Paraguay si considerano
discendenti dalla Luna, e li consideriamo degli imbecilli. I teologi
cattolici si considerano discendenti da un puro spirito e li
riteniamo intelligenti. Nel tentativo di formulare
delle spiegazioni infantili e irrazionali di ogni aspetto della
natura avversa che potesse dare delle risposte al loro ineludibile
bisogno di conoscenza e di sicurezza si
sono creati nella
mente dei nostri antenati primitivi dei memi (specie di marchi
psichici analoghi ai geni replicanti del nostro Dna) che
ottenebrarono la loro mente con le più assurde credenze religiose.
Questi poi si sono trasmessi di padre in figlio, come una tara
malefica, perché i capi religiosi, sempre più gratificati nel loro
ufficio di potere e ricchezza, hanno operato con molta avvedutezza
insegnando agli uomini i falsi princìpi religiosi prima che essi
fossero in grado di distinguere il vero dal falso, o la mano sinistra
dalla mano destra. Sarebbe difficile ammaestrare un uomo di
quarant’anni fornendogli le nozioni incoerenti che ci vengono dette
sulla divinità, ma è altrettanto difficile scacciare quelle
nozioni irrazionali dalla testa d’un uomo che ne sia stato imbevuto
dalla più tenera infanzia. Nella loro sublime stoltezza i
credenti, incapaci di accusare Dio di malvagità, considerano i più
duri colpi della sorte come prove indubbie della bontà celeste. Se
sono immersi nel dolore, credono ciecamente che Dio li ama, che Dio
li protegge, che Dio vuol metterli alla prova. Così la religione è
arrivata a mutare il male in bene!
La religione, in ogni epoca,
non ha fatto che riempire lo spirito umano di tenebre e infelicità,
e mantenerlo nell’ignoranza dei suoi veri rapporti, dei suoi veri
doveri, dei suoi veri interessi. Solo mettendo in fuga le sue nebbie
e i suoi fantasmi scopriremo le fonti della verità, della ragione,
della morale, e i motivi reali che devono condurci alla virtù.
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