La Chiesa è perfettamente consapevole di ciò e corre ai ripari coartando, col ricatto del voto cattolico, la nostra classe politica perché li imponga come legge dello Stato, in base alla sana laicità teocratica voluta dal Vaticano.
Così, mentre il nostro Paese è devastato da una massiccia disoccupazione giovanile e da mille problemi inerenti il lavoro e il welfare, e i nostri politici arzigogolano su come riformare la legge elettorale in modo che consenta loro di conservare il cadreghino e tutte le prebende di cui godono, il nostro caro papa, ignorando la crisi economica sempre più grave, si preoccupa soltanto di dettare, come dogma di fede, i principi cui deve rigorosamente uniformarsi la nostra casta politica per non incappare in scomuniche dall’alto in piena campagna elettorale: no all’aborto e alla contraccezione, no alla fecondazione assistita, no all’eutanasia e al testamento biologico, no alla possibilità di rifiutare l’accanimento terapeutico, come invece hanno fatto il cardinal Martini e il papa polacco (ma loro sono figli di un dio maggiore), no ai matrimoni civili e alle unioni di fatto, assolutamente no ai matrimoni gay e via teocratizzando.
A Castelgandolfo ricevendo i rappresentanti dell’Internazionale democristiana, organizzazione che riunisce oltre 100 partiti cattolici di tutto il mondo, guidata dallo zuavo pontificio Pierferdinando Casini, il papa l'altro ieri ha esternato, per l'ennesima volta, questi suoi sacri principi, rivolgendosi apparentemente urbi et orbi, ma soprattutto “urbi” cioè all'Italia, ormai ridotta a colonia vaticana.
Naturalmente i nostri politici, non solo quelli di destra e di centro, appecorati da sempre, ma anche quelli di sinistra in gran parte cattopiddini, dovranno, anche se col mal di pancia, allinearsi al diktat papale e portare l'Italia sempre più fuori dell'Europa e pronta ad apparentarsi con i Paesi più retrogradi e oscurantisti dell’Africa e del mondo musulmano.
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