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venerdì 26 luglio 2013

I concetti di”Evangelo”, “Redentore” e “Signore” (kyrios) derivano dalla religiosità pagana. 60

In un ambito sociale nel quale l’esistenza di un «Dominus ac Deus» in ogni imperatore cominciò a diventare a poco a poco stile ufficiale di vita, il Cristianesimo non poteva privare il suo eroe Gesù di questo altissimo titolo onorifico.

Il termine Evangelo (gr. Euaggelion-buona novella), che manca in molti scritti neotestamentari, e che per lungo tempo fu considerato una creazione specifica del linguaggio cristiano, deriva dal Paganesimo. Esso è già presente in Omero (Odissea 14, 152 sg.), dove indica la ricompensa per chi arreca buone novelle. Ma la parola fu in uso anche con accezione religiosa negli antichi oracoli e in seguito specialmente proprio nel culto degli imperatori, a proposito della lieta novella dell’ascesa al trono di un nuovo sovrano .

Ma già nelle dottrine di Zarathustra, non meno di sei secoli prima di Cristo, le locuzioni «lieta novella», «buona novella», «novella salvifica per tutti i popoli» sono ripetutamente attestate. Non è assolutamente certo, del resto, che Gesù abbia usato per la sua predicazione il concetto di «Evangelo». Alcuni celebri teologi (come ad esempio Wellhausen) lo hanno contestato.

Come la parola «Evangelo», anche la denominazione cristologica di «Salvatore» (Sotér) era pagana, assai diffusa in epoca precristiana con tutte le connotazioni di carattere strettamente religioso. Fin dal 2000 a.C. i faraoni di Tebe venivano celebrati come Salvatori del loro popolo, come soccorritori nei bisogni della loro esistenza. Altrettanto avveniva nell’insegnamento di Zarathustra, il quale si sentiva come Salvatore invocato, come «sapiente Salvatore della vita», «l’amico che guarisce la vita», «il Soccorritore».
In seguito, il predicato di Salvatore divenne titolo onorifico di corte dei sovrani
ellenistici e nome cultuale delle divinità misteriche. Alessandro, i Seleucidi in Siria e i Tolomei in Egitto avevano tale sacra definizione, come Zeus, Apollo, Asclepio, Ermes, Posidone e Serapide.

È facile osservare come avvenne la penetrazione della parola «Salvatore» nei più antichi scritti neotestamentari. Nelle Lettere di Paolo, la incontriamo per la prima volta nell’Epistola ai Filippesi, che venne composta a Roma, dove allora regnava Nerone, che portava il titolo di Caesar, Divus, Sotér, Imperatore, Dio, Salvatore. Fu Paolo, quindi che trasferì per la prima volta i titoli onorifici degli imperatori a Gesù, definendolo «il Cristo, il Signore Dio, il Redentore». Termini che Marco e Matteo non avevano mai usato e che da allora in poi penetrarono negli scritti neotestamentari. Intorno alla metà del Il secolo Gesù veniva chiamato da tutti i cristiani il «Redentore».

Anche l’espressione «Salvatore del mondo», con cui il Quarto Evangelista esalta il suo Cristo (Giovanni 4, 42 ), deriva dal culto imperiale. Già Cesare e Ottaviano venivano celebrati in Oriente quali «Salvatori del mondo», e in seguito anche Augusto, Claudio, Vespasiano, Tito e altri imperatori.

Insieme al termine «Redentore», dal culto cesareo trapassarono nel Nuovo Testamento altri predicati designanti dignità e altezza, fra i quali soprattutto la definizione di kyrios, «Signore», titolo tipicamente orientale, assegnato specialmente alla divinità. Questo titolo , per i sovrani romani, esprimeva non solo il potere imperiale, ma anche la sua natura divina. Già Claudio e Nerone si fregiarono del titolo di «Signore», e sotto Domiziano (81-96) l’espressione Dominus ac Deus noster possedette una valenza pressoché ufficiale. Il Quarto Evangelista, che scrisse in epoca tarda, pone sulla bocca di Tommaso la frase «Mio Signore e mio Dio» (Giovanni 20,28). La parola kyrios, si trova più frequentemente nel Vangelo di Luca, anch'esso molto tardo e diretto ai Gentili, e diventa quasi la norma nei Vangeli apocrifi.



È da notare, infine, che i simboli attribuiti a Gesù dall’arte cristiana (il trono, lo scettro, l’orbe terrestre) erano i contrassegni del culto cesareo. Concludendo: i motivi e gli attributi più sublimi degli antichi dèi, degli uomini-dèi e dei monarchi divinizzati vennero tutti assegnati alla denominazione del Cristo neotestamentario.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)