Tutte
le religioni, nate dalla parte più irrazionale dell'uomo, sono
impregnate di perversioni e di superstizioni che generano orripilanti
obbrobri. Ma di esse è il il cristianesimo che ha saputo elaborare,
più di ogni altra religione, queste forme ignominiose che rasentano
in molti casi la demenzialità. Eppure, milioni di cristiani,
specialmente cattolici, accettano queste mostruosità senza avvertire
né il ridicolo, né l'assurdo, tanto profondo è il plagio cui sono
stati sottoposti, fin dalla prima infanzia.
Cominceremo
ad analizzare questi obbrobri dall'ascetismo, vera e propria follia
auto-punitrice che nel passato, specie nel Medioevo, ha tormentato
milioni di cristiani; poi tratteremo degli pseudo-miracoli,
falsamente attribuiti alla onnipotenza divina, e, infine, del culto
delle reliquie che segna il culmine del feticismo, della
superstizione e della necrofilia.
La
parola ascetismo (dal greco áskesis: esercizio, allenamento), era in
origine riferita all’ambito atletico, inteso come irrobustimento
del corpo. Ma con Platone questo termine mutò completamente
significato, e con un totale capovolgimento semantico prese ad
indicare il ferreo dominio delle passioni, la mortificazione del
corpo, la rinuncia ad ogni forma di mondanità e di gioia di vivere.
Nella
Chiesa primitiva, e per tutto il Medioevo, la fuga dal mondo,
l’astinenza, la rinuncia ai sensi e alla corporeità, la
mortificazione più ossessiva, una vita ininterrotta di penitenza e
di pensieri fissati sul mea culpa, erano l’imperativo categorico
non solo di molti ecclesiastici ma anche del popolo minuto. San
Basilio, dottore della Chiesa, proibiva ai cristiani qualsiasi
divertimento, anzi persino il riso e le gioie più innocenti della
vita. San Gregorio di Nissa paragonava l’intera esistenza umana ad
un “letamaio” e considerava peccaminoso anche odorare il
profumo di un fiore o contemplare la bellezza di un tramonto.
Per
tutto il Medioevo cristiano l’ideale più elevato, inteso come
precetto divino, era un’esistenza ostile al corpo e agli istinti
naturali, anche più comuni e sani, come il nutrirsi e le pratiche di
erotismo. Anzi, tutto quanto apparteneva al sesso, era considerato
peccaminoso in sommo grado. Mentre era considerato santo ciò che
patologicamente rinnegava ogni forma di piacere: l’astinenza, i
lunghi digiuni, i torrenti di lacrime, la sporcizia, la veglia
forzata, e tutti gli eccessi masochistici della fustigazione. In
altre parole: la rinuncia totale ad ogni gioia di vivere e la
demonizzazione del corpo. Per molti storici l’Europa medievale
assomigliava quasi a un enorme manicomio. Il disprezzo del corpo,
«considerato un immondezzaio, qualcosa che ti fa schifo al solo
pensarci» secondo Giovanni d’Avila, dottore e santo della Chiesa,
era tale che innumerevoli monaci lo trascuravano completamente,
lasciandolo denutrito, sporco e irsuto. San Francesco addirittura
considerava come
fratelli i pidocchi, compiacendosi di averne in grande abbondanza per
il corpo.
Dalle
cronache del tempo sappiamo che, nel Medioevo. tutti si lavavano
poco, ma che gli asceti erano inavvicinabili per il fetore che
emanavano. Non solo loro, ma anche i grandi ecclesiastici, non si
lavavano mai per non dover toccare le loro parti intime, da loro
dette le “pudenda”, durante il bagno, e cadere in tentazione.
Santa
Caterina da Siena insegnava, infatti, che i lavamenti del corpo non
erano propri della sposa di Cristo (il quale, durante gli amplessi
mistici, doveva turarsi il naso). Naturalmente
usavano anche poco forbici e rasoi per cui avevano l'aspetto dei
nostri barboni. Tanto
erano puliti e curati i pagani antichi, tanto erano sporchi e irsuti
i cristiani di tendenza ascetica.
In
un contesto simile la donna era vista come una tentazione, il
mondo come una valle di lacrime e la vita come una perenne
mortificazione. Gli storici ci raccontano che, nei primi secoli del
cristianesimo, molti monaci ed eremiti che vivevano in Siria e in
Mesopotamia, erano nudi o vestiti di stacci e si nutrivano
esclusivamente brucando l’erba, come ci racconta lo storico
Sozomeno (Storia della
Chiesa 7,15).
In
Etiopia, gli eremiti del territorio di Chimezana erano diventati
così concorrenti con le capre del luogo che i pastori si videro
costretti a ricacciarli nelle loro spelonche, dove morirono di fame.
Sappiamo che nel VI secolo un anacoreta, che viveva presso il
Giordano, era da tutti conosciuto come Pietro il Pascolatore e che
Apa Sofroniade, un altro anacoreta dello stesso periodo, brucò per
settant’anni, nudo, sulle rive del Mar Morto.
Ma
ci sono testimonianze di un ascetismo inimmaginabile che ci riempiono
di orrore e di ribrezzo. Ecco alcuni esempi.
Santa
Margherita Alacoque, vissuta nel XVII secolo, nella sua autobiografia
ci narra che, per penitenza, beveva, con somma sua delizia, soltanto
l’acqua usata nel lavaggio dei panni sporchi, mangiava pane
ammuffito e non disdegnava le feci degli ammalati di diarrea. Fu
fatta santa da papa Pio IX, forse come protettrice dei coprofagi.
Un’altra santa, Sant’Angela di Foligno (XIII secolo) beveva
l’acqua con la quale aveva lavato i lebbrosi. Santa Caterina da
Genova (XVI secolo) leccava con la sua lingua la sporcizia dagli
abiti dei poveri, inghiottendo sterco e pidocchi. Più che di asceti,
qui siamo di fronte a degli psicotici demenziali."L'invenzione
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