Altre
fantasiose reliquie si aggiunsero successivamente: due asciugamani
usati da Gesù per la lavanda dei piedi degli apostoli (uno in
Laterano e un altro in Germania ad Acqs), alcuni pannolini del Bambin
Gesù (Aquisgrana), la sacra culla e la mangiatoia (Santa Maria
Maggiore a Roma), una ciocca di capelli di Maria e ampolle del suo
latte (Messina), frammenti del velo della Madonna e della veste di
San Giuseppe (Santa Maria di Licodia), frammenti del bastone di San
Giuseppe (in molte chiesa di Roma e Bologna).
A
Verona si conservano le reliquie dell'asino delle palme e a Colonia
pezzi del suo sterco. Nel Medioevo, a Gaming in Austria, nella festa
delle reliquie celebrata il 5 novembre, oltre la greppia e i
pannolini di Gesù si potevano venerare i resti del pasto dei
cinquemila narrato nei Vangeli e frammenti del pane mangiato durante
l'Ultima Cena, ampolle col sangue dei bambini uccisi da Erode
durante la strage degli innocenti e una ciocca dei capelli della
Maddalena.
Nella
cappella del castello di Wittemberg, al tempo del principe Federico
III, si potevano venerare membra del corpo di Lazzaro, pelli dei
bambini uccisi da Erode, il pollice destro di Sant'Anna, alcune ossa
di San Paolo, del pane piovuto dal cielo ai figli d'Israele nel
deserto durante l'Esodo, tozzi di pane dell'Ultima Cena, alcuni
ramoscelli del roveto ardente di Mosè e, perfino, tre ampolline del
latte della Vergine Maria. Ma non è finita.
Del
Battista conserviamo molte assurde e inverosimili reliquie: la testa
decapitata (San Silvestro in Capite a Roma), un braccio (Cattedrale
di Siena), il mento (San Lorenzo di Viterbo), un dito (Duomo di
Firenze) e le ceneri (San Lorenzo di Genova). Molto venerate fin dal
XII secolo le presunte spoglie dei tre Re Magi (dove mai saranno
andati a pescarle?) oggi conservate in parte a Colonia e in parte a
Milano.
Ma
la reliquia delle reliquie, che fino a qualche mezzo secolo fa faceva
andare in delirio orgasmico e in deliquio gran parte delle vergini
consacrate a Dio nel chiuso dei monasteri, scatenando la loro
libidinosa fantasia, nonché molte sante e non pochi papi ed
ecclesiastici, fu il santissimo prepuzio di Gesù. Il destino di
questa sacra pellicina del pene che Gesù aveva dovuto perdere con
la circoncisione nell'ottavo giorno dalla nascita, aveva preoccupato
non poco numerosi Padri della Chiesa. Poi Carlomagno risolse il
problema rivelando di averla ricevuta direttamente da un angelo e,
con somma magnanimità, la offrì in dono a papa Leone III.
A
questo punto avvenne il miracolo della moltiplicazione dei prepuzi
divini, per cui oggi ben tredici luoghi vantano il possesso di
questo prezioso pezzo d’antiquariato prepuziale tra cui Calcata
(VT) (dove fino a pochi decenni fa, veniva esposto alla pubblica
adorazione nel giorno di Capodanno, ricorrenza della circoncisione,
nella Chiesa parrocchiale) e Roma (Laterano) e altre undici città
europee.
Il
culto di questa “santissima reliquia”, che potrebbe regalarci il
Dna di Gesù (ma troveremmo sicuramente tredici Dna diversi), fu
molto diffuso nel Medioevo, tanto che nel 1427 venne persino fondata
la Confraternita del Santo Prepuzio. La sacra pellicina, cui erano
attribuiti effetti miracolosi sul parto, fu oggetto di continui
pellegrinaggi di donne incinte e di solenni uffici in suo onore.
Mentre
colti Padri della Chiesa e dotti teologi almanaccavano, con somma
dottrina, su questa reliquia (Cristo, dopo la resurrezione, era
asceso al cielo in corpo e spirito con o senza il prepuzio che gli
era stato tolto 33 anni prima?), le giovani vergini rinchiuse nei
chiostri, bramose degli abbracci del loro dolcissimo e amatissimo
Gesù, la eleggevano a loro anello di fidanzamento. Santa Caterina da
Siena, nei suoi momenti mistici mostrava rapita al suo confessore
incredulo (perché non lo vedeva) il prepuzio che portava al dito,
regalatole da Gesù in persona, affermando che per lei era
perfettamente visibile. Un autentico delirio erotico!
Oggi
questa santissima reliquia non è più oggetto di morbosa venerazione
perché la Chiesa, nel 1900, in un raro momento di resipiscenza,
resasi conto dell'aberrazione demenziale in cui era caduta, ha
vietato a chiunque di scrivere o parlare del Santo Prepuzio,
pena la scomunica (Decreto no. 37 del 3 febbraio 1900), e
successivamente ha rimosso dal calendario liturgico la festività
della Circoncisione, precedentemente celebrata in tutto il mondo il
primo gennaio di ogni anno.
Spesso
alle reliquie erano associate particolari indulgenze. Così i
pellegrini che nel Duecento si recavano a Roma in San Pietro per
venerare l'immagine di Cristo impressa sul presunto sudario di
Veronica, guadagnavano da novemila a dodicimila anni di purgatorio.
L’epoca
d’oro del culto delle reliquie fu certamente il Medioevo. Il
Boccaccio nel suo Decameron, nella novella che vede Frate Cipolla
come protagonista, ci illustra in modo memorabile la credulità
popolare del suo tempo attorno alle reliquie e l’uso strumentale
che gli ecclesiastici senza scrupoli ne facevano. Ma questo culto è
sempre perseguito, raggiungendo talora forme inimmaginabili di
feticismo necrofilo.
A
questo proposito vale la pena di ricordare quanto accadde, quattro
secoli fa, al cadavere del cardinale Roberto Bellarmino (il grande
inquisitore che condannò Galileo e Giordano Bruno), morto in odore
di santità.
Il
Vaticano per placare il popolino che, in preda a morbosa esaltazione
richiedeva una reliquia dell'ecclesiastico defunto, prima fece
distribuire la biancheria del cardinale fatta in minuscoli
pezzetti, poi, non bastando questo a placare il fanatismo popolare,
ordinò di sezionarne parte del cadavere del futuro santo per
consentire a chiunque di avere qualche minuscolo brandello della
sua carne. Una forma di delirio collettivo.
A
conclusione di questo capitolo risulterà chiaro a chiunque che gran
parte delle reliquie e dei luoghi di culto della Terra Santa nonché
tutti i miracoli, altro non sono che colossali bufale della Chiesa
che alimentano invereconde forme di feticismo, di superstizione e di
dabbenaggine ma anche colossali business a tutti i livelli.
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