Le
tre religioni monoteiste, pretendendo di trasmettere una verità
derivata direttamente da Dio e quindi non soggetta a revisioni e
critiche, sono nemiche di ogni libertà di pensiero che potrebbe
originare idee e visioni del mondo in contrasto con esse. La Chiesa
seguendo questo principio è sempre stata la propugnatrice del
massimo oscurantismo culturale, politico e scientifico, in tutto il
mondo cattolico, ma soprattutto in Italia.
Sappiamo
che fin dalle sue origini essa fu totalmente ostile alla cultura,
laicamente intesa, e perfino anche a quella religiosa, vista come
libero accesso ai testi sacri (vedi il Concilio di Tolosa del 1229
che proibì ai laici il possesso della Bibbia, e quello di Terragona
del 1234 che ordinò il rogo per le Bibbie tradotte in volgare).
L'unica
cultura che la Chiesa riservava al credente riguardava la
conoscenza, possibilmente mnemonica, del Catechismo Romano, vero
manuale semplice e popolare delle cose fondamentali in cui credere,
dei dieci comandamenti, del Credo, dell’Ave Maria e del Pater
noster (in latino per capirli poco).
Le
Sacre Scritture, e ogni analisi critica che le riguardasse, erano
riservate agli ecclesiastici e a qualche laico, su dispensa papale.
Quindi l'intera produzione letteraria, che non riguardasse questi
elementi fondamentali della fede, era ritenuta inutile, anzi dannosa,
per la Chiesa.
Perciò
papa Paolo IV Carafa pensò bene di emanare l'elenco di tutti i libri
allora conosciuti, che fossero anche marginalmente in dissenso con la
religione cattolica, per vietarne, nel modo più assoluto, il
possesso e la lettura.
Si
tratta dell'Indice dei libri proibiti (Index librorum prohibitorum)
emanato nel 1559, e rimasto in vigore fino al 1996, che determinò
per secoli
l'oscurantismo culturale, politico e sociale che si è abbattuto
sull'Italia e che è alla base della nostra arretratezza in molti
campi, rispetto ai più importanti Paesi europei.
Per
il popolino, totalmente analfabeta, questa proibizione ebbe
conseguenze molto scarse, per non dire nulle.
Ma
per le persone colte, eredi dell'Umanesimo, e per la borghesia che si
andava affrancando, ebbe conseguenze catastrofiche. Siccome a
giudicare l'ortodossia religiosa dei libri furono preposti
ecclesiastici illetterati e ignoranti, ne conseguì che fu
progressivamente vietata la quasi totale pubblicazione
dell'editoria italiana, allora la più progredita d'Europa.
La
Controriforma, associata all'Indice, ottenebrò, quindi, nel
volgere di alcuni decenni, tutte le conquiste del Rinascimento e
soffocò ogni anelito di libertà intellettuale e morale, ogni
curiosità scientifica, ogni ricerca appassionata delle idee, e
perfino la gioia di vivere. Tutto si rinsecchì e diventò sterile
(G.B.Guerri, Gli
Italiani sotto la Chiesa,
Mondadori, Milano, 1992)
L'effetto
più immediato fu l'annichilimento dell'editoria italiana, allora
floridissima. Le città più colpite furono: Venezia, all'epoca il
centro più elegante e allegro d’Europa, in cui si stampavano due
terzi dei libri italiani; poi Firenze e Roma.
I
gesuiti, gli intellettuali della Chiesa guidati dal cardinale
Bellarmino (fatto santo dal papa fascista Pio XI), scatenarono una
vera e propria caccia ad ogni libero pensiero e ad ogni ricerca
scientifica, a tutto quanto sapeva di nuovo. Si arrivò al punto di
vietare perfino i libri dei massimo scrittori italiani come Dante e
Machiavelli.
Così,
mentre in Italia, in conseguenza di questa crociata oscurantista, si
bruciava Giordano Bruno, si incarcerava per trent'anni Campanella, si
costringeva Galileo a negare la verità delle proprie scoperte, fuori
d'Italia, e specialmente nel Nord Europa, dove la riforma protestante
incitava il popolo alla libera interpretazione della Bibbia e
favoriva la nascita dello spirito critico, ferveva un forte anelito
culturale e nasceva la moderna filosofia.
I
letterati italiani come si comportarono di fronte a questo
provvedimento? Si adeguarono totalmente ai dettami della Chiesa, con
perfetto conformismo ipocrita, con fatalismo e rassegnazione, secondo
lo spirito dell'astuzia nazionale, e si rinchiusero in accademie
classicheggianti, totalmente avulse dalla realtà e dai problemi
sociali del tempo, come l'Arcadia che quisquillava su temi
sofisticati in una lingua arcaica e incomprensibile ai più.
Il
decadimento culturale fu massiccio e si protrasse anche nei secoli
successivi, e così, mentre all'estero, nel Settecento, grandi
scrittori come Voltaire e Swift, usando un linguaggio semplice e
tagliente, analizzavano i problemi socio-culturali del loro tempo e
risvegliavano l’intelligenza civile del popolo, in Italia
l'analfabetismo popolare, favorito ad oltranza dalla Chiesa, e
l'acquattamento dei letterati, impedendo la nascita di vive scuole di
pensiero, fecero piombare la nostra penisola nell'oscurantismo più
profondo.
Nell'Ottocento
poi, quando in tutta Europa la letteratura, la filosofia e le scienze
conobbero un enorme sviluppo, e dovunque pullularono grandi scrittori
le cui opere sono tuttora valide, nel nostro Paese ci siamo dovuti
appagare di qualche narratore provinciale, totalmente sconosciuto
fuori dai nostri confini. Così, ad esempio, I Promessi Sposi,
tuttora imposti alla scuola italiana su pressione cattolica, come
un'insigne opera narrativa, non reggono il confronto coi romanzi dei
grandi narratori francesi, inglesi e russi, di tutt'altra spazialità
narrativa, e sono totalmente sconosciuti al di fuori d'Italia.
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