Il
nuovo crimine, che attualmente sta infangando la Chiesa Cattolica,
riguarda le
molestie
e le violenze sessuali perpetrate da preti, suore e laici cattolici,
su scolari e studenti, minori e non, in orfanotrofi, scuole, seminari
e parrocchie da loro gestiti in Europa e in America. Si tratta di
stupri e abusi sessuali su bambini, coperti sistematicamente dalla
criminosa omertà della gerarchia ecclesiastica la quale, anziché
punire i colpevoli, li ha sempre protetti, imboscati, spostati più
volte da una parrocchia all'altra, consentendo loro così di
iterare le violenze.
Nonostante
le molte denunce (solo negli Stati Uniti fino al 2003 ne sono state
presentate 11.000), che riguardano quasi tutti i Paesi cattolici,
queste, a detta dei conoscitori del fenomeno, rappresentano solo la
punta dell'iceberg, tenendo conto di quante vittime, per pudore,
vergogna, ricatti e minacce (spesso appoggiate dall'opinione
pubblica teocon), hanno subito i soprusi in silenzio e senza reagire.
Ma
l'aspetto più grave di questo fenomeno non riguarda solo la
violenza sessuale che ha coinvolto, altre che preti e suore, anche
decine di vescovi e qualche cardinale, quanto la copertura degli
scandali da parte delle gerarchie ecclesiastiche, spesso appoggiate
dai partiti politici clericali. La Chiesa, come una piovra ferita, si
è battuta con ferocia inaudita per impedire che i suoi colpevoli
ministri venissero incriminati e, per di più, con sommo cinismo,
ha tentato in tutti i modi di non risarcire le vittime dei soprusi
patiti.
A
voler imporre il silenzio, anzi il “segreto pontificio” sui reati
gravi commessi dai religiosi, è stato proprio il papa emerito
Ratzinger quando, da cardinale era a capo della Congregazione per
la dottrina della fede (la vecchia Inquisizione).
Con
una ben precisa circolare “De Delictis Gravioribus”, inviata ai
vescovi di tutto il mondo il 18 maggio 2001, egli non solo ha imposto
il segreto su questi orribili abusi, ma ha rivelato che a volere una
tale sciagurata direttiva era il papa in persona, quel Wojtyla che
il popolino, alla sua morte, voleva fosse fatto santo “subito”.
Nel
2005, a causa di questa circolare, Ratzinger è stato incriminato
negli Stati Uniti per cospirazione contro la giustizia in un processo
contro preti pedofili presso la Corte distrettuale di Harris County.
Ma nel settembre dello stesso anno, il ministero della Giustizia
degli Usa, per intervento di Bush e di Condolezza Rice, ha bloccato
il processo contro di lui, in quanto, essendo diventato nel
frattempo papa, cioè sovrano dello Stato pontificio, aveva
diritto all’immunità riconosciuta a tutti i capi di Stato.
Ciononostante,
la giustizia statunitense, con somma lealtà, è riuscita a superare
i mille ostacoli frapposti dai vescovi locali e dal Vaticano e far
risarcire le vittime con circa un miliardo di dollari, portando
alla letterale bancarotta cinque diocesi (Tucson in Arizona, Portland
in Oregon, Spokane in Washington, Davenport in Iowa e San Diego in
California).
I
recenti scandali esplosi quasi simultaneamente in molti Paesi
cattolici come Germania, Austria, Irlanda, Malta, Italia. Belgio,
Olanda e Svezia e perfino Australia ci impongono la domanda: essi
sono
dovuti ad una recrudescenza della piaga, o piuttosto, sono scandali
di lunga durata che soltanto ora, vincendo paure, imbarazzi e
vergogna, vengono finalmente allo scoperto? Purtroppo è questa
seconda ipotesi a spiegare il fenomeno.
Le
stesse gerarchie sono state costrette a riconoscere che,
effettivamente, la pedofilia del clero fu ignominiosamente insabbiata
per molti decenni come afferma il vescovo di Treviri, Stephan
Ackermann, incaricato di far luce nello scandalo dei preti pedofili
tedeschi.
L'alto
prelato ha rivelato che "la Chiesa cattolica" non solo ha
"insabbiato", a lungo, i casi di abusi sessuali su
minori, ma anziché punire o cacciare i preti colpevoli si è
limitata a trasferirli da una diocesi all'altra consentendo loro
di iterare gli stessi crimini.
Tanta
onestà del clero tedesco nel perseguire “l'operazione trasparenza"
non ha trovato l'equivalente nel clero italiano.
Infatti,
per il segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone, la richiesta
di far piena luce sulla pedofilia dei sacerdoti è stata considerata
come il tentativo di "qualcuno" di "minare la
fiducia" nel papa, e per la Cei, “un ricatto per chiudere la
bocca alla Chiesa".
Questo
negare la gravità del problema dimostra che la sola preoccupazione
della Chiesa è sempre stata soffocare lo scandalo e impedire danni
ai suoi immensi patrimoni, in conseguenza di eventuali condanne, e
non mai la punizione dei colpevoli e tanto meno gli aiuti e i
risarcimenti alle vittime innocenti. Queste ultime infatti sono
sempre state intimidite, o punite per aver parlato o rivelato ciò
che era loro accaduto, spesso con la tacita connivenza di un'opinione
pubblica omertosa e plagiata. Una delle cose più atroci rivelate
dall'ex primate d'Irlanda, cardinale Sean Brady, è l'aver ammesso
di aver partecipato, da giovane sacerdote, ad un tribunale canonico
che pretese “il voto del silenzio” da una bambina di 14 anni e un
bambino di 10 sulle violenze sessuali subite.
“Voto
del silenzio” per non riferire mai alla magistratura o alla
polizia i reati commessi su di loro da un sacerdote, nel caso tal
padre Smyth, che continuò per venti anni a stuprare minorenni.
L'omertà del primate Brandy risale al 1975, vale a dire a tempi
immemorabili.
Il
vizio della Chiesa è molto antico, anzi antichissimo se già il
concilio di Elvira – svoltosi in Spagna nell’anno 305 –
condannava duramente i sacerdoti pedofili come "stupratores
puerorum".
D'altra
parte monsignor Girotti, reggente della Penitenzieria Vaticana,
riguardo al reato di pedofilia ha parlato chiaro: le persone
consacrate soggette a disordini morali costanti e gravi, potranno
venir consigliate di abbandonare la vita ecclesiastica.
Avete
capito bene: solo consigliate. Ecco perché nessun prete pedofilo è
stato tolto dalla circolazione per essere rinchiuso definitivamente
in carcere o per lo meno in un qualche solitario convento.
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