Quel
tardo pomeriggio, appena Cassio si precipitò al suo richiamo con
un'espressione mogia e contrita, il papa capì che le ricerche erano
ancora in alto mare.
"Forse
Vostra Santità potrebbe, domenica prossima, celebrare un pontificale
in San Pietro per sollecitare la devozione della giovane e farla
accorrere nuovamente in chiesa", propose il domestico.
"L'idea
non è male", fece il papa, dopo qualche attimo di riflessione.
Nonostante il fastidio di dover sobbarcarsi una lunga e noiosa
cerimonia che lo metteva sempre a disagio, perché ancora non la
conosceva bene e spesso s'impaperava nelle formule e si imbrogliava
nella procedura, il gioco valeva la candela.
"Darai
ordine che tutte le campane di Roma, annuncino per domenica prossima
il mio pontificale e avverti gli informatori e soprattutto Manlio, il
capo delle mie guardie personali, di star con gli occhi bene aperti e
di pedinare inosservati la giovane misteriosa se verrà ad
assistere, come bramo ardentemente, alla cerimonia. Non voglio
assolutamente scandali. Ed ora", concluse il giovane papa
allargando le braccia con un sospiro di sollievo, "finalmente,
dopo una lunga e impegnativa giornata, posso rifugiarmi nel
santuario, come lo chiamano i saraceni, tra le mie amate favorite".
"Sono
tutte ansiose di riceverla, Santità", concluse Cassio.
Il
giovane papa si diresse giulivo verso il suo piccolo harem, accolto
con gran sussiego dall'eunuco Eufrasio che lo custodiva.
L'indomani
la carrozza papale giunse puntuale alla casa di Ascanio. Ad
attenderlo all'interno c'era Teofrasto, maestro di palazzo.
Ad
Ascanio che lo accolse sorpreso, l'eunuco spiegò che il papa quella
mattina si era alzato di buonora e di ottimo umore, cosa che non
accadeva da tempo, e si era preso una giornata di svago per andare a
caccia di cinghiali nella campagna romana. Gli mandava a dire che
continuasse lui, intanto, l'esame dei rotoli col venerando Simone e
facesse anche una visita al cardinale prete Giacomo per convincerlo a
tornare in Laterano. Nel tardo pomeriggio lo avrebbe ricevuto nel suo
studio privato. Al momento del commiato, il pomposo eunuco, che aveva
appreso l'arte del sussiego e dell'affabilità nella raffinata
Bisanzio, gli rivelò con una certa commozione, di essere molto
felice che lui fosse tornato al servizio del papa e che sperava che
anche il cardinale Giacomo seguisse il suo esempio.
Così
Ascanio fu condotto nel cenobio del venerando Simone.
"E
il giovane papa?", chiese il monaco, vedendolo solo.
"Oggi
ha troppi impegni e non può venire, ma si farà vivo nei prossimi
giorni. Intanto mi ha incaricato di proseguire con te l'esame dei
rotoli. Questa sera lo vedrò e lo metterò al corrente d'ogni cosa".
Il
monaco lo ascoltò perplesso e parve voler chiedergli qualcosa perché
rimase per alcuni istanti muto e pensieroso. Ma non disse nulla e
prese a sfogliare il codice.
"Forse
hai qualcosa da chiedermi", fece Ascanio, senza dar peso alla
sua domanda.
"Sei
molto perspicace, eh vecchio diacono," rispose Simone con un
dolce sorriso. "Sei capace anche di leggere il pensiero degli
altri".
"Non
proprio", rispose Ascanio, sorridendo a sua volta.
"Beh",
fece il monaco un po’ esitante, "visto che siamo soli vorrei
che mi dicessi con franchezza che cosa pensi dei documenti che stiamo
esaminando".
"Esattamente
quello che pensi tu", rispose Ascanio senza esitare. "Ti
dirò di più", aggiunse. "Fin da quando ho letto le
confutazioni dei Padri della Chiesa contro i Nazirei, cioè i
cristiano-giudei di Gerusalemme, nelle quali questi venivano accusati
di eresia perché seguivano il Vangelo degli Ebrei, ho capito subito
che questo era il vero e unico Vangelo che storicamente raccontava la
vita di Gesù e che per questo era stato fatto distruggere dalla
Chiesa nei primi secoli della nostra èra".
"Da
che cosa l'hai capito, esattamente?", lo interruppe Simone con
vivo interesse.
"Epifanio,
uno dei Padri della Chiesa, ci dice che il Vangelo che stiamo
esaminando era considerato dai nazirei assolutamente autentico e
integrale, e conservato da loro come era stato originariamente
composto in ebraico. Poi aggiunge che questo Vangelo per la Chiesa
non era invece completo, ma alterato e mutilato, e infine che i
nazirei che lo seguivano non
avevano una conoscenza esatta del Signore.
"Com'era
possibile, mi sono chiesto leggendo Epifanio, che questo Vangelo pur
essendo integrale, cioè esattamente identico a quello composto in
ebraico dagli apostoli, risultasse per i Padri della Chiesa
incompleto e mutilato? Come spiegare queste affermazioni
contraddittorie? La risposta possibile era una sola: che la
incompletezza di questo Vangelo dipendeva esclusivamente dal fatto
che esso non conteneva
le manomissioni e le aggiunte teologiche
volute da Paolo e dai suoi seguaci, come
le divinità di Cristo, la nascita verginale, l'eucaristia e così
via.
Ed ecco allora spiegato perché i nazirei, secondo Epifanio,
non
avevano una conoscenza esatta del Signore. Essi non
credevano infatti che Gesù fosse figlio di Dio, avesse cioè una
natura divina, come voleva la teologia paolina, ma lo consideravano
soltanto un Messia di natura umana, cioè l'Unto di Jahvè, destinato
a ricostituire l'antico regno di Davide. Alla fine ho concluso che
questo era il vero Vangelo scritto
dagli unici depositari della parola di Cristo che annoveravano tra
di loro anche i discendenti della famiglia di Gesù, i cosiddetti
Desposyni!"
"Molto,
molto perspicaci queste deduzioni", sbottò il vecchio monaco
con grande trasporto. "Con l'eliminazione, da parte della
Chiesa, della versione originale del Vangelo degli Ebrei che
dimostrava la falsità dei nostri quattro Vangeli canonici",
proseguì Simone, "abbiamo perduto il documento chiave che
poteva far luce sulla reale personalità di Gesù e sugli avvenimenti
storici che lo riguardavano. Ma, per i Padri della Chiesa questo
Vangelo, oltre che ignorare la divinità di Gesù e le altre
invenzioni paoline come la verginità di Maria e l'eucarestia,
conteneva anche due messaggi troppo pericolosi: l'istanza messianica
intesa a riscattare Israele dal giogo romano, nella convinzione che
lo stesso Jahvè avrebbe approvato questo scontro e avrebbe concesso
la vittoria agli ebrei, e l'istanza rivoluzionaria e
social-religiosa che nasceva dal Discorso della Montagna di
derivazione essena e che suonava come una chiara protesta contro le
ingiustizie. Entrambe queste istanze erano in contrasto con la
teologia salvifica di Paolo".
"Confesso
la mia ignoranza sugli esseni", interloquì a questo punto
Ascanio. "So che di loro hanno scritto gli storici Giuseppe
Flavio, Filone Alessandrino e Plinio il Vecchio e i Padri della
Chiesa Egesippo ed Ippolito. Ma non conosco alcun rapporto tra Gesù
e questa setta".
"Questo
Vangelo lo spiega con chiarezza. Tu ricordi che i sinottici ci dicono
che Gesù, dopo il battesimo ricevuto dal Battista, si ritirò per
quaranta giorni nel deserto dove fu tentato da Satana e servito dagli
angeli? La realtà è molto diversa. Gesù è vissuto nel deserto di
Giuda per alcuni anni come membro della comunità degli esseni.
Questa setta viveva sulle rive del Mar Morto in uno dei luoghi più
inospitali della Terra e aveva, come punto ideologico fondamentale,
l'aspettativa quasi febbrile dell'imminente liberazione d'Israele
dagli oppressori romani e la restaurazione, con l'aiuto divino,
del Regno terreno di Jahvè. Ma oltre alla restaurazione politica,
gli esseni perseguivano anche quella religiosa che mirava al
ritorno dell'osservanza rigorosa in senso integralista della legge di
Mosè, e alla costituzione di uno stato santo. Questo stato santo
implicava una perfetta uguaglianza sociale, l'accettazione della
povertà come scelta di vita, l'esaltazione degli umili e degli
oppressi. Infatti gli esseni avevano adottato la comunità dei beni e
praticavano una vita ascetica, improntata al lavoro, alla preghiera e
allo studio della Bibbia e vissuta in lieta povertà. Ma essi non si
limitavano solo a pregare e a studiare la Bibbia, si preparavano
anche ad uno scontro militare apocalittico e risolutivo. Infatti
ospitavano tra loro una componente zelota, cioè un gruppo di ribelli
decisi a tutto per liberare la Palestina dal giogo romano".
"Mi
stai rivelando un mondo nuovo, che non avevo mai preso in
considerazione", esclamò Ascanio con grande stupore. "Ma
ancora non afferro i legami di Gesù con questa setta".
"Singolare
a questo proposito è il fatto che Gesù, così implacabile con le
classi forti, mai, dico mai, abbia sollevato la più labile critica
agli appartenenti alla setta essena e ancor meno a zeloti e sicari
che insanguinavano allora le strade d'Israele. Per un pacifista, che
predicava di offrire l'altra guancia, ciò risulta piuttosto strano!"
Nessun commento:
Posta un commento