Visualizzazioni totali

domenica 2 settembre 2012

In nomine Domini 28


La dimora del cardinale prete Giacomo, che si vagheggiava fosse appartenuta anticamente ad un illustre senatore romano, era un maestoso e imponente palazzo sull'Esquilino che si affacciava sulla via principale ed era circondato da uno dei più bei parchi di Roma, adornato da pini e cipressi secolari.
All'avvicinarsi della carrozza papale il capo delle guardie del palazzo, non nascondendo la sua sorpresa, si avvicinò con deferenza, e riconosciuto il diacono Ascanio gli aprì la porta della carrozza e lo aiutò amabilmente a scendere porgendogli il braccio. Intanto un famiglio era accorso ad avvertire il padrone dell'arrivo dell'ospite. Il portone d'ingresso fu aperto con grande frastuono di catenacci e chiavistelli e Ascanio, sempre aiutato dall'armigero, salì la ripida scalinata e fu introdotto nel salone d'onore. Mentre attendeva l'arrivo del cardinale ebbe modo di ammirare lo splendore della sala rivestita di antichi arazzi e arredata da tappeti e mobili sontuosi. Ma non provò alcuna invidia per tanta magnificenza. A lui bastava il suo orto e la sua casetta, che a confronto del palazzo appariva come una misera capanna.
Il cardinale entrò poco dopo camminando con gran fatica e con palese sofferenza. Abbracciò con grande affetto il diacono Ascanio e lo fece accomodare vicino a lui. Aveva fama di uomo integerrimo ma di carattere aspro e spigoloso. Infatti senza preamboli sbottò arcigno: "Sei tornato al servizio del mostro?"
Ascanio non poté trattenere una sonora risata.
"Al servizio di Roma e della Chiesa e non del mostro", rispose amabilmente. E lo mise al corrente degli ultimi avvenimenti, delineando a fosche tinte la catastrofe che incombeva sulla città se la riconciliazione del papa con l'imperatore fosse fallita.
"La strage avvenuta a gennaio sul Ponte Sant'Angelo sarà niente a confronto di quello che potrebbe accadere se gl'imperiali, che stanno marciando su Roma, troveranno resistenza", ammise amaramente. Si riferiva ad un tentativo di sollevazione della plebe romana, istigata dai sostenitori del papa fuggito a Viterbo, ferocemente sedata dalla piccola guarnigione tedesca che era in procinto di lasciare la città. Erano state molte centinaia le vittime di quell'orrendo massacro.
"Il papa vuole che tu ritorni a governare le finanze dello Stato", continuò Ascanio. "Vuole riaffidare il governo a noi due. Siamo gli unici di cui si fida. Le casse di San Pietro suono vuote perché sono state dilapidate dal nobile Macuto e dai suoi indegni accoliti e perché coi terribili tempi che corrono i pellegrini non si fanno più vedere a Roma. Ormai solo prebende e postriboli finanziano lo Stato".
Il cardinale, nonostante le fitte che gli mordevano la schiena, rise con sarcasmo alle parole di Ascanio.
"Si fida di noi due" intervenne con asprezza," perché io, che sono nato ricco, sono sempre vissuto del mio e non ho mai rubato a San Pietro o lucrato prebende; e tu, che sei nato povero, malgrado tutti i servigi che hai reso allo Stato, hai scelto la povertà come libera elezione, come dispregio della ricchezza, e hai ritenuto la frugalità un sovrabbondante benessere. Siamo stati gli unici a non rubare e a prodigarci per il benessere pubblico", concluse. "Comunque", riprese con decisione, "non intendo più prestarmi ai giochi di quello scellerato".
"Ma sta cambiando", insinuò Ascanio.
"Solo in peggio", mormorò il cardinale scrollando il capo. "Ho troppe amare esperienze sulle mie spalle per credere in un possibile ravvedimento. Quanti papi malvagi abbiamo avuto modo di conoscere! Ogni volta credevamo che l'ultimo fosse stato il più nefando e invece trovavamo che il successivo era ancora peggiore. Quando ho conosciuto papa Stefano VI, quello del sinodo cadaverico, mi illudevo che la Chiesa avesse toccato il fondo. Mi son dovuto ricredere quando ho incontrato Sergio III la cui depravazione non aveva limiti e che per di più era completamente ateo".
"Che non è stato uno dei peggiori", intervenne Ascanio. "Pur essendo ateo e sommamente depravato, per la gloria e la potenza della Chiesa qualcosa ha saputo fare".
"Ora abbiamo questo papa nel cui sangue scorre la sfrenata lussuria e la spietata ferocia di sua nonna Marozia e la perfida malvagità dello spergiuro re Ugo, suo nonno", riprese il cardinale. "Cosa puoi pretendere da un rampollo che discende da simili lignaggi?", concluse sarcastico. "Sai che ti dico, se la Chiesa sopravvive a simili papi, significa che la sua origine è senz'altro divina anche se tu, che ti ostini a non credere in niente, non riuscirai mai ad ammetterlo", concluse il cardinale.
"Che la nostra santa Chiesa sia di origine divina", ribatté con una punto d'ironia il diacono Ascanio, "non lo credo da molto tempo, e proprio in questi giorni, su invito del papa, sto esaminando, con un venerando monaco di nome Simone, degli antichi rotoli scritti in aramaico che contengono il Vangelo degli Ebrei, fatto distruggere dai nostri Padri della Chiesa perché eretico. Ebbene, stiamo scoprendo delle cose incredibili: che Cristo era soltanto un Messia fallito, fatto crocifiggere dai romani perché voleva cacciarli e restaurare l'antico regno d'Israele. Che a trasformarlo nel figlio di Dio, immolatosi sulla croce per redimere il genere umano, è stato Paolo di Tarso, il nostro San Paolo, che con la sua delirante fantasia ha creato un cristianesimo personale, di sua totale invenzione, allo scopo di trasmetterlo ai pagani. I primi cristiano-giudei, i veri seguaci di Gesù, consideravano Paolo un apostata del cristianesimo apostolico e un uomo di menzogna e i nostri Vangeli canonici totalmente falsi. Solo il loro era il vero Vangelo scritto dagli apostoli per dimostrare il ruolo messianico di Cristo".
"Mi stai dicendo delle cose orribili e obbrobriose", sbottò il cardinale con viva indignazione. "Sono senz'altro documenti inventati da Satana e vanno dunque immediatamente distrutti. Fecero beni i nostri antichi Padri della Chiesa a farli sparire".
"Ma se dicono la verità?", chiese Ascanio.
"Non importa, vanno distrutti e basta. Anche ammesso che la nostra santa religione derivi da un'invenzione di Paolo, dobbiamo considerarla santa e ispirata da Dio. La verità non è rappresentata da quello che è accaduto realmente, ma da quello che la Chiesa dichiara essere vero".
Ascanio proruppe in una fragorosa risata. "Non sono d'accordo con te sul concetto di verità, ma accondiscendo all'idea che i rotoli vadano distrutti e il più presto possibile. Appena avrò finito di esaminarli proporrò al papa la loro distruzione".
Il diacono si tacque per alcuni attimi allo scopo di permettere al cardinale di calmare la sua indignazione, poi riprese il dialogo.
"Ti trovo sofferente e stanco", riprese con amarezza.
"Ogni tanto vengo colpito da atroci dolori alla schiena che mi tolgono tutte le forze. Di solito passano dopo qualche giorno e allora mi riprendo un po'. Che mi preoccupa tanto, invece, è il mal della pietra che peggiora sempre di più. Ormai orino col contagocce e con enorme fatica", rispose il cardinale scuotendo il capo sconsolato.
"Forse ho il rimedio che fa per te", fece Ascanio. "Conosco un cerusico poco noto che si fa chiamare Asclepio. A Bisanzio ha imparato ad estrarre da certe rocce un sale bianco che è molto efficace per il mal della pietra. Te ne manderò un sacchetto. Devi scioglierne un po' in una tazza d'acqua e berlo al mattino appena sveglio e alla sera prima di cena. È amarissimo ma estremamente efficace. Non pretendere che ti dia un immediato sollievo ma fra dieci, quindici giorni, noterai dei benefici notevoli":
"Mi fido ciecamente di te", rispose il cardinale. "So che sei sempre il più informato di tutti".
"E al papa che devo rispondere?", chiese Ascanio sul punto di accomiatarsi.
"Digli che per il momento sono troppo sofferente ma che, appena mi riprendo, farò una visita in Laterano. Intanto vedremo come si mettono le cose con l'imperatore. Se ci sarà la riconciliazione, potrei tornare a lavorare insieme a te, per quanto la salute me lo consenta".
"Ho saputo dai miei informatori a palazzo che domenica il papa intende celebrare un pontificale in Vaticano. Che ricorrenza c'è?", chiese con curiosità il cardinale mentre si alzava per accompagnarlo,
"Nessuna che io sappia", rispose Ascanio sorpreso. "A meno che non intenda impetrare l'aiuto divino per la tentata riconciliazione con l'imperatore".
"Mi dispiace proprio di non poter assistere alla cerimonia", fece il cardinale divertito "perché mi diletterei un mondo a vedere i modi impacciati coi quali questo papastro affronta il rituale e recita i suoi sproloqui in latino. Pensa che per ovviare alla sua totale ignoranza liturgica" continuò, "ha escogitato un trucco stupefacente. Quando non sa come procedere, finge di raccogliersi in preghiera, come preso da un raptus mistico che fa molta impressione sui fedeli, e intanto il suo assistente, che gli è sempre al fianco, gli mormora all'orecchi il gesto o le parole da dire".
"Stupefacente", ammise il diacono abbracciandolo.

Nessun commento:

Posta un commento

Benvenuti nel mio blog

Questo blog non è una testata giornalistica, per cui lo aggiorno quando mi è possibile. I testi sono in regime di COPYLEFT e la loro pubblicazioni e riproduzioni è libera purché mantengano lo stesso titolo e venga citando il nome dell'autore.

I commenti possono essere critici, ma mai offensivi o denigratori verso terzi, altrimenti li cancello. Le immagini le pesco da internet. Qualche volta possono essere mie manipolazioni.

Se volete in qualche modo parlare con me, lasciate la richiesta nei commenti, vi contatterò per e-mail. Dato che il blog mi occupa parecchio tempo, sarò laconico nelle risposte.

Se gli argomenti trattati sono di vostro interesse, passate parola; e, se site studenti, proponeteli al vostro insegnante di religione. In tal caso fatemi sapere le risposte che avete ottenuto. Grazie.

Lettori fissi

Archivio blog

Informazioni personali

Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)