Nel
Vangelo di Marco c'è un episodio, riferito all'inizio della vita
pubblica di Gesù, che potrebbe farci credere che la sua famiglia non
approvasse il suo apostolato messianico, anzi ne fosse totalmente
contraria. Leggiamolo: "...Entrò (Gesù) in una casa e si
radunò di nuovo intorno a lui molta folla...allora i suoi
(familiari), sentito questo, uscirono per andare a prenderlo; poiché
dicevano: «è fuori di sé»..” (Marco 3,20-21). Anche nel
Vangelo di Giovanni si afferma che i fratelli di Gesù "non
credevano in lui" (Giovanni 7,5). L'episodio
sopra citato, molto emblematico, smentisce categoricamente la
presunta Annunciazione.
Com'è
possibile che la Madonna, cui l'angelo aveva annunciato il
concepimento nel suo grembo del figlio di Dio per opera dello
Spirito Santo, fosse così all'oscuro dell'alta missione cui il
figlio era stato predestinato, da vergognarsi di lui, ritenendolo
fuori di testa, e cercare, con l'aiuto degli altri suoi figli, di
fermarne l'apostolato? Come si vede le incongruenze dei Vangeli sono
continue.
Durante
la sua attività pubblica
Gesù fu
costantemente seguito da una turba di seguaci che comprendeva gente
di ogni condizione sociale. Molti erano poveri e incolti, ma c'erano,
saltuariamente, anche farisei e dottori. Egli accoglieva
indiscriminatamente tutti, anche i pubblici peccatori, come i
pubblicani e le prostitute. I dottori, gli scribi e i farisei, a
detta dei Vangeli, lo trattavano con supponenza non avendo egli
frequentato le loro scuole, e lo consideravano uno dei tanti rabbi
improvvisati che sorgevano allora con una certa frequenza.
Secondo
i costumi del tempo, predicava nelle sinagoghe di sabato, ove tutti
potevano intervenire nelle discussioni, ma anche per le vie dei
villaggi, negli spazi aperti e in riva al lago. Predicò quasi
esclusivamente in Galilea e solamente nell’ultimo periodo della sua
vita si trasferì a Gerusalemme.
È
indubbio che tra i suoi seguaci più assidui ci fossero anche zeloti
e sicari, allora considerati alla stregua odierna dei terroristi,
perché Gesù assommava due caratteristiche: quella del Messia che
aspirava alla liberazione di Israele e alla restaurazione del Regno
di David, e quella esseno-ascetica che propugnava il ritorno
integrale alla Legge, non tanto sotto l'aspetto formale, perseguito
soprattutto dai farisei, quanto sotto quello etico spirituale.
Ben
presto si costituì, attorno alla sua persona, un piccolo gruppo di
fedelissimi che lo seguiva notte e giorno. Era gente umile e
popolana, ma devotissima, che lo considerava un Messia. Nei Vangeli
sono conosciuti come gli apostoli e le pie donne.
Su
un punto di così grande importanza quale il numero e il nome degli
apostoli ci sono grosse discordanze tra i Vangeli, specialmente tra
i Sinottici e il quarto. In Giovanni sono assenti ben quattro
apostoli che si trovano nei Sinottici: Bartolomeo, Matteo, Giacomo
d'Alfeo e Simone lo Zelota.
Ma
se teniamo conto che il suo ultimo capitolo, il XXI, è chiaramente
un falso aggiunto posteriormente, gli apostoli assenti sono sei,
perché bisognerebbe aggiungere anche Giacomo e Giovanni, citati
solo in questo ultimo capitolo non per nome ma come figli di
Zebedeo, senza chiarire chi era costui.
In
compenso troviamo un apostolo mai citato dai Sinottici: Natanaele di
Cana ed anche un apostolo anonimo e misterioso chiamato "il
discepolo che Gesù amava", dalla Chiesa ritenuto, erroneamente
come vedremo in seguito, l'apostolo Giovanni. Secondo lo studioso
americano R. Eisenman
(James the brother
of Jesus, Penguin book, London, 1997) alcuni
degli apostoli erano fratelli o parenti di Gesù a lui legati, oltre
che dal vincolo di sangue, dalla comune militanza messianica.
Ma
anche gli altri apostoli appartenevano al messianismo jahvista, cioè
alla setta degli zeloti, considerati dai romani dei ribelli spietati
e crudeli, alla guisa dei briganti. Le prove della loro
appartenenza a questa setta, nonostante i tentativi di Paolo di
occultarle demessinizzando Gesù, sono molteplici e trapelano in
molti punti dei Vangeli.
Bisogna,
però, saperle leggere tra le righe e analizzare i testi evangelici
nelle versioni più antiche, non in quelle recenti nelle quali i
soprannomi partigiani degli apostoli sono stati nascosti con
traduzioni fuorvianti, o camuffati da falsi patronimici o da innocui
aggettivi geografici.
Ci
imbattiamo in questo caso in una delle manipolazioni ricorrenti in
tutti e quattro i Vangeli, usata dalla Chiesa ancor oggi per
nascondere ogni riferimento all'impegno messianico jahvista di Cristo
e dei suoi discepoli, e quindi per eliminare le accuse della loro
appartenenza alla pericolosa setta degli zeloti.
È
il cosiddetto "meccanismo di censura" che consiste nel
tradurre alcuni termini dei testi originari, scritti in greco, in
modo totalmente falso e fuorviante da alterare la verità storica.
Per aggirarlo, per capire cioè le vere identità dei discepoli della
cerchia di Gesù, ritenuti combattenti, partigiani, per non dire
terroristi, bisogna prima far riferimento ai testi evangelici nelle
versioni più antiche
(Novum Testamentum
Graece et Latine, op. cit.)
e, in un secondo tempo, analizzare questi nomi nella lingua aramaica
nella quale i soprannomi partigiani risultano evidenti.
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