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martedì 3 maggio 2011

‘La dolce morte di Karol Wojtyla’ di Lina Pavanelli.

In occasione della beatificazione di Carol Wojtyla vale la pena di riconsiderare il saggio ‘La dolce morte di Karol Wojtyla’ della dottoressa Lina Pavanelli, diffuso con grande evidenza dalle maggiori testate e televisioni internazionali alla sua uscita, ma ignorato in Italia all'infuori dell’Avvenire, quotidiano della Conferenza episcopale, che lo ha coperto di insulti, la cui tesi centrale dimostra che Giovanni Paolo II ha rifiutato una terapia (la nutrizione artificiale adottata in tempo utile e continuativamente) che la Chiesa considera moralmente obbligatoria (altrimenti è eutanasia).

Infatti la causa della morte del papa polacco deve essere individuata nel grave stato di debilitazione del suo organismo, dovuto ad insufficienza nutrizionale prolungata, facilmente evitabile con l’alimentazione enterale. Confrontando il caso di Karol Wojtyla con le norme espresse nei testi ufficiali della Chiesa cattolica, ne risultava un evidente conflitto tra la linea di condotta tenuta nei confronti del papa e i princìpi espressi.

È un elemento certo, confermato nella sostanza da tutte le agenzie più importanti del tempo, che «il papa nell’ultimo periodo della sua vita era dimagrito di 15 chili». Il suo dimagrimento impressionante appariva a colpo d’occhio a milioni di osservatori e le condizioni cliniche peggioravano assai rapidamente ed in maniera vistosa. Un respiro difficoltoso, una deambulazione ridotta, un eloquio rallentato, ma soprattutto i tremori particolarmente evidenti, richiedevano un'indicazione clinica alla nutrizione artificiale e alla ventilazione assistita, per la difficoltà appunto di deglutire e respirare.

Ma sappiamo da fonti sicure che Wojtyla aveva rinunciato fin dall'inizio a curare la sua malattia. In maniera assolutamente coerente a questa decisione aveva poi rifiutato anche di sottoporsi a terapie di sostegno delle funzioni vitali quali l'alimentazione e la ventilazione. Si può porre in collegamento lo stato di denutrizione con la morte di Karol Wojtyla?

Le informazioni che abbiamo sono sufficienti per rispondere sull’accaduto? La risposta è: sì Per cui possiamo affermare che oggi Wojtyla verosimilmente sarebbe ancora vivo, anche se immobilizzato in un letto e sottoposto a ventilazione meccanica e nutrizione artificiale (come prevede la proposta di legge Calabrò), se avesse fatto scelte diverse.

Ma le parole pronunciate negli ultimissimi giorni dal papa, riferite così dal cardinale Stanislaw Dziwisz: «Forse è meglio che io muoia, se non posso compiere la missione affidatami» congiunte alla famosa frase «lasciatemi andare alla casa del Signore» dimostrano in modo lapalissiano che aveva scelto di lasciarsi morire. Siamo quindi di fronte a un evidente caso di eutanasia.

Nella «Nota di commento» della Congregazione per la dottrina della fede si dichiara esplicitamente che i supporti nutritivi o respiratori non devono essere considerati cure bensì «mezzi naturali» di sostegno a cui non è mai lecito rinunciare nemmeno se questa è la volontà del paziente. Sospensione o rinuncia al trattamento, quando anche consensuali tra paziente e medico, sono definiti eutanasia: «È inaccettabile interromperle o non somministrarle se da tale decisione consegue la morte del paziente».

Dunque la mancanza di queste terapie costituisce sempre, per la dottrina cattolica ufficiale, una forma di eutanasia. E l’eutanasia passiva dal punto di vista etico equivale, secondo la Chiesa, a un’«iniezione letale».

Siccome la tesi della «dolce morte di Karol Wojtyla» non ha avuto finora contestazioni in ambito scientifico, nemmeno oralmente, da parte dei medici che sono intervenuti nelle conferenze e nei dibattiti organizzati sul tema, risulta assurda e contraddittoria la pervicace opposizione della Chiesa gerarchica a una legge sul testamento biologico, che servirebbe proprio per dare ai pazienti la facoltà di scelta su decisioni che potrebbero anticiparne la morte come appunto ha fatto il papa polacco e come è consentito in Germania dal clero tedesco.

Solo in Italia deve essere applicata la norma che toglie ogni libertà di scelta al cittadino in base a norme antiumane, antecivili e anticostituzionali imposte ai nostri politici dal Vaticano e apertamente violate dal suo massimo rappresentante?

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)