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domenica 15 maggio 2011
L'enigma svelato (Il lato oscuro della verità) 67
All'approssimarsi di Davide, come spinto anch'egli da un moto interiore, alzò lo sguardo su di lui e, come colpito da un'apparizione, rimase immobile, sbalordito e sorpreso, arrestando ogni suo movimento. Poi, aprendosi in un sorriso dolcissimo - che riempì di stupore tutti i presenti, specie i discepoli, che mai avevano notato la più pallida ombra di letizia sulla sua faccia - lasciò cadere la tazza nell'acqua, e a voce alta, che tutti poterono distintamente udire, disse con evidente commozione: "Ma tu sei Davide!"
E alzando le braccia al cielo, in un gesto di ringraziamento, esclamò: "O Signore, hai finalmente esaudito la mia preghiera". Poi aggiunse: "Non puoi immaginare quanto ho desiderato rivederti, quante volte ho pregato l'Altissimo di concedermi questa grazia".
E, uscito prontamente dall'acqua, alla piccola moltitudine che spinta dalla sorpresa ed anche dalla curiosità si era loro assiepata intorno disse, quasi con le lacrime agli occhi: "Questo è un intimo del Signore, un giusto davanti al cospetto di Dio. Non è lui che deve essere battezzato da me ma io da lui. Nonostante la più giovane età è stato il mio illuminato maestro e se oggi io parlo nel nome dell'Altissimo, gran parte del merito spetta a lui".
Tutti guardarono Davide con ammirazione e stupore e volevano sapere chi era quell'uomo, cui Giovanni attribuiva tanta importanza e manifestava tanto affetto, ma nessuno lo conosceva, né lo aveva mai sentito nominare. La loro curiosità rimase inappagata perché Giovanni, che aveva un fortissimo desiderio di colloquiare col suo amico, lo invitò subito ad appartarsi con lui sotto una specie di tettoia di frasche, che fungeva da sua abituale dimora e che era isolata dalle altre riservate ai discepoli.
Non ci furono inutili convenevoli tra i due, troppe erano le cose che avevano urgenza di dirsi. Davide chiese subito, senza preamboli, il motivo che aveva spinto Giovanni ad abbandonare Qumran e a trasferirsi sul Giordano.
"E' stato il tuo amico Giuda la causa involontaria del mio cambiamento" rispose Giovanni. Non era più l'uomo duro e arcigno del sermone. Si era fatto dolce, quasi sorridente.
Di fronte alla sorpresa di Davide continuò: "Immagino che è da molto che non lo vedi. È radicalmente cambiato. Si è raffinato ed è diventato perfino colto. Un paio d'anni fa si presentò a Qumran, quando noi ormai disperavamo di rivederlo e ci eravamo orientati verso un altro fornitore di papiri. Lo accogliemmo con gioia, memori della sacra pergamena che ci avevate regalato e che la comunità essena conserva ancora come la sua più preziosa reliquia.
"Oltre ai normali papiri vergini n'aveva uno scritto in aramaico che voleva consegnare solo a me, personalmente. A nulla valsero le rimostranze del maestro Simone che non ammetteva questa forma, per lui disdicevole, di privilegio. Ma egli fu irremovibile: o lo consegnava nelle mie mani o se lo teneva. Il sospetto che si trattasse di un altro documento d'enorme importanza, come quello precedente, convinse il maestro Simone ad accettare le sue condizioni.
"Così egli, durante un colloquio privato, mi consegnò il documento, tra l'altro gratuitamente, invitandomi a leggerlo con attenzione e anticipandomi brevemente la tesi fondamentale che conteneva. La qual cosa mi fece comprendere che lo aveva letto con interesse. Studiando il testo, poi, mi resi conto che lo aveva capito alla perfezione. Nella comunità questo documento ebbe un impatto relativo, ma per me segnò l'inizio di una rivoluzione spirituale.
"Ricordi che nell'ultimo drammatico incontro che avemmo a Qumran io mi rifacevo, per sostenere la tesi della giustificazione, a quanto scritto dall'antico Maestro di Giustizia e affermavo che non c'era salvezza, al di fuori della nostra comunità, e che l'unica via di salvezza per l'esseno era il perdono gratuito di Dio concessogli dal fatto che apparteneva al gruppo degli eletti. Tu, al contrario, sostenevi che il perdono divino sarebbe stato concesso a tutti quelli che si fossero sinceramente pentiti dei loro peccati.
"Ebbene, questo papiro, che riecheggia nello stile quello di Enoch Egiziano, ma che è a noi contemporaneo perché usa molti termini entrati in uso da poco, introduce la figura di un essere celeste, creato prima del tempo (cioè prima del quarto giorno della creazione) il quale, essendo a conoscenza di tutti i segreti della Legge, avrà il compito di gestire il Grande Giudizio finale, d'imminente arrivo. Quest'essere celeste, chiamato il Figlio dell'Uomo o l'Eletto del Signore, sarà durissimo contro i peccatori ma concederà la salvezza, quella eterna, a tutti gli ebrei che si pentiranno dei loro peccati, anche all'ultimo momento. Ma non propriamente a tutti.
"Ad una categoria di malvagi non sarà concesso di pentirsi o, se si pentiranno, il loro pentimento sarà considerato nullo. Questi sono quelli che io, nel mio sermone, ho chiamato i potenti della Terra, tutti coloro, cioè, che esercitano il potere con la forza o col denaro e che hanno messo l'uomo al posto di Dio. Per costoro non ci sarà pietà ma solo stridore di denti".
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Informazioni personali
- leo zen
- Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)
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