L'istituzione
del nazireato nacque durante l’esodo dall’Egitto, che costrinse
gli ebrei a peregrinare per decenni nel deserto.
Il
termine nazireo, derivato dalla radice ebraica N+Z+R, significava
santità, purezza, voto a Dio. In pratica chi faceva voto di
nazireato, doveva, per tutto il tempo per il quale si era votato al
Signore, astenersi da ogni tipo di bevande alcoliche e non passare
mai rasoio sul suo capo. (Vedi la Bibbia: Numeri 6,2-5).
Nel
caso di Gesù il termine nazireo è stato mutato dagli evangelisti in
nazareno, termine riferito alla presunta città di Nazareth,
adducendo a pretesto l'adempimento delle profezie.
“Perché si
adempisse ciò che era stato detto dai profeti: Sarà chiamato
Nazareno” (Matteo 2,23).
Ma
nel Vecchio Testamento non esistono profezie che abbiano un
qualsiasi riferimento a Nazareno ma soltanto il termine nazireo,
titolo riferito al voto di cui abbiamo accennato sopra. Si tratta
quindi di un titolo religioso o settario. L'analisi linguistica ce lo
conferma: il greco "Iesous o Nazoraios" deriva dall'ebraico
"Jeoshua ha Nozrì" e dall'aramaico "Jeshu Nazorai",
cioè dalla radice NZR, che non ha niente a che vedere con la radice
NZRT della città di Nazareth che è tarda, perché affermatasi
alcuni secoli dopo Cristo.
Perché
allora gli evangelisti, o quelli che hanno manipolato i Vangeli,
hanno fatto questa assurda sostituzione di significato? La risposta è
semplice: per spoliticizzare la storia, per eliminare cioè col
meccanismo di censura ogni riferimento di tipo
messianico-escatologico a Gesù, coinvolto nella lotta rivoluzionaria
antiromana, e per nascondere la sua vera città d’origine che
probabilmente era Gamala o Gamla, molto legata al messianismo
jahvista. In quella città aveva avuto origine il movimento zelota
per opera di due falsi Messia: Ezechia e suo figlio Giuda il Galileo.
Il primo giustiziato da Erode e il secondo, nel 7 d.C., dai romani,
al comando di Quintilio Varo, assieme ai suoi duemila seguaci. Benché
la setta fosse originaria di Gamala nel Golan, i suoi seguaci
venivano definiti "Galilei", in quanto il loro teatro di
operazioni era soprattutto la Galilea.
Giuseppe
Flavio nelle sue opere chiama i seguaci di Giuda, anche “sicarii”,
perché uccidevano furtivamente con un pugnale nascosto (sica), e
"zeloti“ (briganti) in quanto perturbatori dell’ordine. In
pratica, quello zelota era un movimento clandestino di resistenza
anti-romana e anti-collaborazionista. Quindi Gamala, patria di Giuda
il Galileo, era la città più malfamata della Palestina, sinonimo di
ribellione e brigantaggio, al punto che ai tempi di Gesù, “Galileo”
significava ribelle, sovversivo (oggi diremmo: terrorista).
Che
Gamala fosse il quartier generale dei messianisti più irriducibili
lo deduciamo anche dalla storia. Durante la prima guerra giudaica
oppose a Vespasiano una resistenza disperata al punto da essere
paragonata a Masada, distrutta nel 73. Fu infatti espugnata dal
futuro imperatore dopo un lungo e duro assedio e i suoi difensori,
piuttosto di arrendersi, si suicidarono in massa, proprio come quelli
di Masada.
Il
meccanismo di censura in questo caso ha origine nella predicazione
di Paolo, che escludeva a priori che Gesù potesse essere un
nazireo e tanto meno che fosse nato a Gamala e magari fosse collegato
a Giuda il Galileo o imparentato con lui, come alcuni studiosi
suppongono.
Per
Paolo e i suoi seguaci collegare Cristo a Gamala e a Giuda il Galileo
avrebbe annullato ogni tentativo di far di lui il Salvatore
universale. Ad ulteriore riprova di questa sostituzione di
significato ricordiamo che è esistito il Vangelo dei nazirei
(fatto sparire dalla
Chiesa) che non significava Vangelo dei cittadini di Nazareth ma dei
cristiano-giudei che erano chiamati così. Concludendo:
“”
significa “Gesù della setta dei nazirei” non Gesù di Nazareth o
Gesù nazaretano.
Qualcuno
potrebbe obiettare, però, che oggi il villaggio di Nazareth esiste
ed è meta di continui pellegrinaggi. Ad una attenta analisi
archeologica, storica,
letteraria e geografica, niente ci fa ritenere che esso corrisponda
a quello descritto dai Vangeli ma che, al contrario, fu inventato,
forse nel IX secolo, e codificato durante le Crociate per gli
ingenui pellegrini cristiani (che ancora oggi vi possono ammirare la
fucina di Giuseppe). Se noi lo confrontiamo con quello in cui,
secondo i Vangeli, visse Gesù, scopriamo che non ha nessuna
corrispondenza.
Vediamo
cosa scrive Luca: “(Gesù)
Si recò a Nazareth, dove era stato allevato; ed entrò, secondo il
suo solito, di sabato nella sinagoga e si alzò a leggere...allora
cominciò a dire: «oggi si è adempiuta questa scrittura che voi
avete udita con i vostri orecchi»...all’udire queste cose, tutti
nella sinagoga furono pieni di sdegno; si levarono, lo cacciarono
fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte sul quale
la loro città era situata, per gettarlo giù dal precipizio” (Luca
4,16-30). Di che monte e precipizio si trattava, visto che l'attuale
Nazareth di essi non presenta alcuna traccia?
Scrive
Marco: “ Salì (Gesù)
poi sul monte, chiamò a sé quelli che egli volle ed essi andarono
da lui [...] Entrò in una casa e si radunò di nuovo intorno a lui
molta folla [...] allora i suoi (familiari), sentito questo, uscirono
per andare a prenderlo; poiché dicevano: «è fuori di sé» (Marco
3,20-21) …e di nuovo si mise ad insegnare lungo il mare” (Marco
4,1). È
evidente che qui ci troviamo nella sua città natale perché i suoi
parenti, preoccupati del suo comportamento anomalo, cercano di
dissuaderlo. Ma qui c’è un monte con uno spaventoso precipizio,
che nella Nazareth attuale, come abbiamo già detto, non c’è, e
c’è un mare vicino (cioè il lago di Tiberiade) che invece dista
decine di miglia.
La
descrizione di questo luogo calza perfettamente invece con la città
di Gamala, scoperta dagli Israeliani in occasione della cosiddetta
Guerra dei Sei Giorni nel 1967, che corrisponde a quella descritta da
Giuseppe Flavio, nella quale troviamo il monte, il precipizio e il
mare poco lontano. “..(Gamala)
si affacciava a mezzogiorno, e la sua sommità meridionale,
elevandosi a smisurata altezza, formava la rocca della città, sotto
cui un dirupo privo di mura piombava in un profondissimo burrone”
(Giuseppe Flavio, La Guerra Giudaica, Mondatori,
Milano. 1982).
Concludendo,
la Nazareth attuale non presentando testimonianze archeologiche di
nessun tipo, così frequenti invece in tutti gli altri siti antichi
vicini ad essa (basti citare Sefforis e Iotapata, a pochi passi da
Nazareth), priva inoltre di riferimenti storici e letterari del
tempo e per di più con una configurazione geografica totalmente
diversa da quella descritta dai Vangeli, sicuramente al tempo di
Gesù non esisteva proprio e sarebbe stata creata successivamente dai
pellegrini cristiani.
Eliminando
Gamala, per far posto a Nazareth, i Vangeli paolini hanno tolto ogni
riferimento tra Gesù e la città malfamata che era divenuta il
simbolo della ribellione politica della Palestina, hanno sostituito
il significato settario
del titolo Nozri (ebraico), Nazorai (aramaico), Nazoraios (greco) con
quello inventato di nazareno;
hanno trasformato
l'aggettivo Galileo, che
indicava una militanza
rivoluzionaria ed era sinonimo di ribelle e brigante, in un
semplice appellativo geografico.
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