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venerdì 20 aprile 2012

L’«Heiliger Rock», la tunica santa, che Gesù avrebbe indossato prima di essere crocifisso? L'ennesimo bidone ecclesiastico.


Che la religione cattolica sia la negazione della vera spiritualità viene evidenziato anche quando alimenta la venerazione obbrobriosa di certe macabre reliquie, vere e autentiche mistificazioni per allocchi. 

Davanti allo spettacolo inverecondo che due anni fa ha visto due milioni di ingenui pellegrini venerare la sindone di Torino, uno dei falsi più spregevoli, autenticato come tale non solo da tutti gli esperti del mondo ma anche da qualche ecclesiastico onesto; davanti al delirio superstizioso e patologicamente morboso manifestato anni fa da milioni di italiani a Portorotondo davanti al cadavere di Padre Pio (un mistificatore secondo papa Giovanni XXIII), imbalsamato e col volto perfettamente ricostruito con una maschera di cera (che il popolino scambiava per vero, gridando al miracolo); e davanti, infine, all'annuale folcloristico miracolo di San Gennaro a Napoli, mi ero fermamente convinto che il nostro Paese fosse lo zimbello d'Europa in quanto a dabbenaggine. 

Ma ora mi sto ricredendo. Ho appreso esterrefatto e incredulo che nelle prossime quattro settimane, circa un milione di fedeli tedeschi si recherà a Treviri per ammirare l’«Heiliger Rock», la tunica santa, che Gesù avrebbe indossato prima di essere crocifisso. La validità di una tale reliquia è pari a quella dei pannolini del Bambin Gesù venerati ad Aquisgrana o alle ampolle del latte della Madonna venerate a Messina, vale a dire allo zero assoluto.

Ogni persona dotata di appena qualche milligrammo di razionalità e di una minima conoscenza storica dovrebbe appioppare a chi crede a questi morbosi feticismi il cervello di gallina. Ma in tal caso offenderebbe quel volatile domestico che spesso allieta la nostra tavola.

È documentato rigorosamente dalla storia che durante le due Guerre Giudaiche del 70 e del 135 d.C., Gerusalemme, e gran parte della Palestina furono saccheggiate e rase al suolo per ben due volte dall’esercito romano e che nel 135 l’imperatore Adriano, di fronte all’ennesima rivolta degli ebrei contro i romani, decise di risolvere il problema alla radice ordinando di cancellare a Gerusalemme e nella Palestina ogni traccia che si riferisse all’ebraismo e al cristianesimo.

Quindi fece spianare il Golgota, sconvolse radicalmente ogni aspetto della vecchia città santa, e sulle rovine del Tempio fece erigere, come suprema profanazione, un tempio pagano con le statue di Giove Capitolino e di altre divinità. Ciò determinò la radicale cancellazione di tutti i monumenti e gli oggetti religiosi ebraici e cristiani. Quindi ogni riferimento attuale ai luoghi santi (ad esempio il Santo Sepolcro e la Basilica dell’Annunciazione a Nazareth) e alle reliquie relative, sono inattendibili sotto ogni punto di vista. Fino al IV secolo nessuna reliquia fu mai presa in considerazione.

Solo quando sant'Elena, madre di Costantino, si improvvisò archeologa e pretese di aver ritrovato la croce di Cristo sono cominciate a pullularono in breve tempo miriadi di reliquie, una più assurda dell'altra (ma tuttora considerate oggetto di culto per la Chiesa): la corona di spine, conservata nella Sainte Chapelle di Parigi, la colonna della flagellazione (Chiesa di Santa Pressede a Roma), la pietra sulla quale fu deposto il corpo di Cristo (Basilica del Santo Sepolcro a Gerusalemme), due scale servite per la deposizione (una a Roma in Laterano e l'altra a Gerusalemme), la sacra lancia che colpì il costato di Gesù (Vienna), il sangue di Gesù scaturito dalla ferita del costato (Cattedrale di Mantova), una trentina di sudari in cui fu avvolto il corpo di Cristo nella sepoltura e via discorrendo.

Tutte reliquie prodotte da mitomani e da lestofanti, ma che gli ecclesiastici senza scrupoli hanno strumentalizzato per fini economici e per volgare pietismo. Quello che fa specie è constatare che la Chiesa Cattolica continua a proporre, senza avvertire il ridicolo, queste obbrobriose manifestazioni, facendo passare il feticismo morboso e necrofilo che essa alimenta per autentica spiritualità.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)