Abbiamo visto in precedenza
che il mondo antico, soprattutto ai tempi di Gesù, era dominato
dalla superstizione più ampia, diffusa a tutti i livelli sociali,
per cui visionari, guaritori e taumaturghi operavano ovunque
pseudomiracoli di ogni genere, comprese le resurrezioni.
Prima
di Cristo, secondo le leggende antiche, erano resuscitati dai morti
il babilonese Marduk e molti altri dèi, come il siriano Adone,
l’egiziano Osiride, il tracio Dioniso, per citarne alcuni. I miti
di questi dèi erano diffusi in tutto l'Oriente e molto noti anche in
Palestina. A similitudine di Gesù, essi avevano subito sofferenze e
martirio ed erano anche morti sulla croce. Le analogie col culto
cristiano ci appaiono incredibilmente simili.
Per fare un esempio: Marduk fu arrestato, processato,
condannato a morte, fustigato e giustiziato assieme a due malfattori.
Dopo la resurrezione discese agli inferi per liberare le anime dei
defunti. Insomma la sua vicenda è analoga a quella di Gesù, per cui
la pseudo resurrezione del Galileo apparve al suo tempo quasi
normale.
Solo che riguardo a questo
importantissimo avvenimento le contraddizioni, le incongruenze e le
assurdità superano ogni immaginazione al punto che la teologia
storico-critica lo giudica privo di ogni veridicità. La
resurrezione vera e propria, infatti, non viene raccontata dai
Vangeli canonici ma solo dal Vangelo apocrifo di Pietro, non
riconosciuto dalla Chiesa.
I
Vangeli canonici si limitano esclusivamente a far rilevare che le pie
donne trovarono il sepolcro vuoto e ciò fece
sorgere nell'antichità, ma anche nel Medioevo, la tesi che la
sparizione del cadavere di Gesù fosse opera di
Giuseppe di Arimatea con la connivenza della Maddalena.
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