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martedì 5 dicembre 2017

Peccato e redenzione n.41

L'etica cattolica ha sempre consentito le infamie più atroci in nome del suo Dio ed è stata sempre dominata da un dettame mercantile e materialistico, riassunto nel motto: devi perseguire il bene per ricevere un premio, devi rifuggire il male per evitare un castigo. Ci può essere una morale più meschina e squallida di questa? Pensate che per la Chiesa il bene fatto per se stesso, se non produce qualche merito per il paradiso, è del tutto inutile.
E invece, no. La vera etica è quella senza Dio. L’etica nasce con l’uomo, cresce e muore con l’uomo, è la sua inseparabile compagna: non vi è etica senza umanità. Essa deriva dalla forza incredibile della razionalità e della libertà dell’uomo in quanto essere unico ed irripetibile, e ha come caratteri principali: la solidarietà e l’empatia, che spingono gli esseri umani a sentirsi partecipi della gioia e della sofferenza dei loro simili; il profondo senso di giustizia, che fa sentire un’offesa fatta ad un altro uomo come un’offesa fatta all’intera umanità; l’esaltazione della libertà, a cui si può imporre un limite solo per salvaguardare i diritti di altri individui o gli interessi comunitari della società; l’assoluta uguaglianza degli uomini di fronte alle leggi; la ragione come faro che illumina il percorso dell’umanità.
Tutto questo descrive un’etica universale, un’etica non dogmatica, un’etica che può far sentire ogni uomo cittadino del mondo e non suddito di un Dio o dei suoi millantati interpreti. Immanuel Kant, il massimo filosofo tedesco, ci ha insegnato di basare la morale sul dovere per il dovere, anziché sul dovere per precetto divino o per ricavarne un profitto. Il suo famoso imperativo categorico: «Agisci in modo che tu possa volere che la massima della tua azione divenga legge universale» ci impone di perseguire il bene per se stesso e non come mezzo per raggiungere un fine e di considerarlo come una legge interiore all'uomo, frutto del suo retaggio evolutivo. Questo è il fondamento della vera morale.
L’uomo laico rifiuta quindi il materialismo etico. Lui dissocia morale e trascendenza e proclama che il bene non ha bisogno di Dio, del cielo, di un premio, ma basta a se stesso e obbedisce alla necessità immanente all’uomo di porsi una regola del gioco, un codice di condotta che garantisca la felice convivenza tra gli uomini e ne promuova la fratellanza. Questa è l'autentica morale che egli persegue, non quella mercantile delle religioni. Per lui, quindi, niente inferno o paradiso, niente un’ontologia della ricompensa post mortem. L’azione deve essere buona, retta e giusta, senza obbligazioni o sanzioni trascendenti.
Se l’uomo accoglie un’etica religiosa distrugge la libertà di cui è depositario, annienta la razionalità, delega ad altri quella scelta che dovrebbe essere personale ed unica. Non solo non è vero che senza Dio non può darsi l’etica, ma anzi è solo mettendo da parte Dio che si può veramente avere una vita morale.
E per finire, il cristianesimo ha tolto all'uomo la gioia di vivere. Anche se l'ascetismo, imposto da Paolo e dai Padri della Chiesa, con l'attuale società sempre più secolarizzata, ha perso gran parte della sua iniziale virulenza, persiste ancora subdolamente in molti assurdi divieti e anatemi che rendono grama e infelice la vita di molte persone, ostacolando tutte le fondamentali libertà dell'uomo e producendo danni psicologici con la minaccia di punizioni terribili ed eterne per chi non segue i suoi precetti. Perché la Chiesa persegue nella sua malsana visione di ritenere ancora oggi l'uomo un essere degradato e peccaminoso che deve, dal momento del concepimento a quello dell'inumazione, sottostare totalmente alla sua autorità in quanto incapace di godere della sua libertà e della sua autodeterminazione.Tutto ciò è un crimine mostruoso contro l'umanità che aspira ad una vita che sia la più serena e felice possibile su questa Terra.
Perché la vita terrena è la nostra unica certezza. Qui siamo sicuri di esistere, ne abbiamo in ogni istante la consapevolezza. L'aldilà è solo una chimera, imposta agli uomini a caro prezzo come illusione. Solo quando avremo smesso di illuderci di essere immortali, come ci fa credere la religione, senza produrre nessuna prova al riguardo, e avremo accettato la nostra condizione di esseri provvisori su questa Terra, recupereremo la volontà di vivere nel migliore dei modi possibili, in armonia con la nostra umanità più genuina, libera e sovrana, e nella massima disponibilità alla pacifica, serena, ed empatica fratellanza universale. Solo allora il mondo cesserà di essere una valle di lacrime, come lo vogliono le religioni oscurantiste, e il genere umano conoscerà finalmente un'era di maggior benessere generale e la nascita di elevate forme di autentica spiritualità. Questa nuova epoca avrà un unico principio inderogabile e non negoziabile: garantire la massima libertà e felicità possibile a tutti gli esseri umani, anche a quelli che vivono nel più sperduto angolo del nostro pianeta e spingere l'uomo ad amare e rispettare ogni aspetto dell'intera natura di cui deve sentirsi parte integrante.

FINE

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)