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venerdì 31 luglio 2015

74- “L'invenzione del cristianesimo” - Parte quinta. I sacramenti. 2

.Il catechismo della Chiesa cattolica (n. 1267 e 1269) recita, infatti, che il battesimo «incorpora alla Chiesa» e «il battezzato non appartiene più a se stesso perciò è chiamato a essere “obbediente” e “sottomesso” ai capi della Chiesa». Qualora non lo sia, le autorità ecclesiastiche sono giuridicamente autorizzate a “richiamare” pubblicamente il battezzato. Nel 1958 il vescovo di Prato definì “pubblici peccatori e concubini” una coppia di battezzati, sposatasi civilmente. La coppia intentò causa al vescovo per diffamazione e la perse perché, essendo essi formalmente cattolici, continuavano ad essere sottoposti alla sua autorità. Ogni prelato può, quindi, permettersi esternazioni denigratorie od ostili nei confronti dei battezzati che non si mostrano ligi alla Chiesa, come: infliggere la scomunica, rifiutare i sacramenti, il funerale religioso (vedi il caso Welby) e così via. L'accusa di concubinaggio non è più pubblicamente denunciata dalla Chiesa solo perché i matrimoni civili e le coppie di fatto sono divenute ormai un costume sempre più diffuso e incontrollabile.
Ma in compenso, al giorno d'oggi, la Chiesa sta dando l'ostracismo a milioni di fedeli comminando loro la scomunica latae sententiae, cioè automatica, se non ottemperano ai suoi medioevali e antiumani valori non negoziabili. Sono i divorziati, gli sposati civilmente (ormai maggioranza), le coppie di fatto (oltre un milione), i conviventi occasionali, gli omosessuali (anch'essi in gran numero), le donne che ricorrono all'aborto e quelle che usano i contraccettivi. A tutti costoro, che sono milioni, si devono aggiungere quanti soffrono sulla loro pelle le pressioni politiche della Chiesa nell'ostacolare i diritti costituzionali, come il diritto all'aborto, al divorzio breve, alla fecondazione assistita eterologa, all'autodeterminazione del proprio corpo e alla libera contraccezione; ostacoli che obbligano molti cittadini a recarsi all'estero, sopportando ingenti spese e gravi disagi per ottenere questi loro diritti che i nostri politici corrotti, spesso autentici mercenari venduti al Vaticano, negano loro.
Tutti costoro, messi al bando dalla Chiesa, demonizzati come peccatori incalliti, danneggiati economicamente e spesso oggetti di dileggio, possono rendere alla Chiesa che li discrimina pan per focaccia, utilizzando un'arma potentissima, ma assolutamente pacifica a loro disposizione: lo sbattezzo di massa. All'estero lo fanno in molti. In Germania, in Olanda, e perfino nella cattolicissima Irlanda molti si sbattezzano anche solo per protestare contro la pedofilia pretesca, sempre impunita e omertosa, la discriminazione e la criminalizzazione verso gli omosessuali e i diversi.
Qualcuno potrebbe obbiettare che lo sbattezzo è un gesto inutile, basta semplicemente fregarsene della Chiesa e fare i fatti propri. No. Essa si fa vanto dei milioni di battezzati millantando che il 96 per cento della popolazione italiana è cattolica, e quindi giustifica le sue discriminazioni e le sue ingerenze adducendo il numero dei battezzati. Naturalmente nasconde il fatto che la stragrande maggioranza di essi si considerano tali solo pro forma e se ne infischiano dei suoi millantati valori non negoziabili. Infatti, appena il dieci per cento della popolazione, e per di più in maggioranza anziani, segue con assiduità le cerimonie religiose. Bisogna quindi sbugiardare questa istituzione ipocrita, retrograda, sessista, omofoba, sessuofobica, illiberale e antidemocratica che nega all'uomo ogni diritto alla libertà, alla dignità e alla felicità terrena, e che tanto danno arreca al nostro Paese e al mondo intero. Anche perché lo sbattezzo è di facile attuazione e di nessuna spesa. Basta rivolgersi all'Uaar (www.uaar.it) scaricare il modulo, compilarlo e inviarlo con raccomandata alla parrocchia in cui si è stati battezzati. La parrocchia è obbligata a dare conferma della cancellazione dalla lista dei battezzati. Se nascono problemi l'Uaar dà gratuitamente il patrocinio legale. Non credenti e ostracizzati, diamoci quindi una mossa. Con lo sbattezzo possiamo limitare enormemente la tracotanza della Chiesa.
Per concludere, voglio qui richiamare una curiosità storica. Perché l’imperatore Costantino, che concesse la libertà di culto ai cristiani, volle ricevere il battesimo solo in punto di morte? Per una tardiva conversione? Non proprio; la spiegazione è un’altra. Allora il battesimo era visto come l’unica possibilità di cancellare, istantaneamente, tutte le colpe commesse durante l’intera vita. E Costantino di colpe ne aveva commesse tante, anzi tantissime.
Tra l’altro aveva fatto uccidere la moglie e un figlio. Ma in punto di morte, con l’immersione nell’acqua lustrale e la recita di una formuletta, eccolo, da perfido peccatore, trasformarsi in una candida colomba, pronta a volare in cielo! Almeno così s’illudeva.
A quanto pare la demenzialità religiosa non ha limiti.
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giovedì 30 luglio 2015

Il battesimo è, di fatto, un rito stregonesco trasformato dalla Chiesa in un marchio indelebile di schiavismo religioso. 223

Durante l’intima guerra, con un saggio che fece scalpore, il celebre teologo protestante dialettico Karl Barth definì il battesimo dei bambini, un «battesimo dimezzato», un «atto di violenza», sostenendo la responsabilizzazione anche del battezzando, e propose l’eliminazione della tradizione ecclesiastica, a suo giudizio fondata soprattutto dall’esigenza clericale della conservazione della Chiesa come istituzione statale di massa. Quindi affermò che il battesimo ai bambini è una chiara violazione della libertà religiosa, una forma di schiavismo religioso.

Infatti questo rito stregonesco (un po' d'acqua versata sulla testa e la recita di una formuletta di rito), che come un superdetersivo metafisico cancella ogni colpa passata, imprime a vita l’appartenenza del battezzato alla Chiesa, violando la più elementare forma di libertà di religione, perché questo sacramento è inalienabile, una specie di marchio a fuoco impresso nell’anima. che in nessun caso puù essere cancellato, nemmeno con lo sbattezzo

Chi volesse toglierselo, afferma la Chiesa, non lo può fare. Si può, volendo, eliminare gli aspetti formali del battesimo, costringendo le parrocchie, mediante una procedura prevista dalla legge, ma fortemente osteggiata dai parroci che spesso devono essere costretti ad applicarla ope legis, a cancellare il nome del richiedente dalle liste dei battezzati.

Ma questi sbattezzi sono per la Chiesa solamente formali in quanto si rimane sempre cristiani anche se, in base al diritto canonico, gli sbattezzi sono considerati un’apostasia (abbandono della religione) e comportano la scomunica automatica, con l’esclusione dai sacramenti e dal funerale religioso.

L'imposizione del battesimo ai neonati è quindi la più eclatante violazione del diritto dei minori, nonché della libertà di religione strombazzata in tutte le costituzioni degli Stati democratici dell'Occidente. Dovrebbe essere vietata anche in Italia che è costituzionalmente uno Stato laico, perché obbligando il neonato ad aderire coercitivamente ad una religione, si contravviene ai dettami costituzionali sulla libertà di religione come stabilisce anche la sentenza 239/84 della Consulta. Sentenza che sancisce che per l'adesione ad una religione deve sussistere il pieno possesso della capacità di intendere e di volere, cose che il neonato non possiede minimamente.


Karl Barth


martedì 28 luglio 2015

73- “L'invenzione del cristianesimo” - Parte quinta. I sacramenti. 1

Con la procrastinazione della parusia, rivelatasi un abbaglio e spostata al Giorno del Giudizio, la Chiesa per giustificare la sua permanenza nei secoli fu costretta a creare un apparato sacramentale che comportò l'istituzione di cerimonie sfarzose e l'adozione di ricchi paramenti, copiati fin nei minimi particolari, dalle religioni misteriche.
Già l'apostolo Paolo, come abbiamo accennato in precedenza, aveva inserito nel suo cristianesimo personale due riti sacri derivati dai pagani, che non erano mai stati praticati dagli apostoli e assolutamente ignorati dalla Chiesa di Gerusalemme: il battesimo e l'eucaristia.
A questi due primi fondamentali sacramenti la Chiesa, col trascorrere dei secoli, ne aggiunse altri cinque, tra i quali il più importante è quello della penitenza. Diamo un'occhiata a questi tre sacramenti per analizzarne l'origine e l'evoluzione e dimostrare le assurdità che li caratterizzano.
Il battesimo è il primo sacramento che viene impartito al cristiano poco dopo la sua nascita. Ha il triplice scopo di togliere la tara ereditata in seguito al peccato di Adamo, secondo la leggenda sumerico-ebraica del Peccato Originale; di cancellare tutte le colpe del passato, se somministrato in età adulta; e infine, ad imprimere il marchio indelebile di appartenenza alla Chiesa. Questo sacramento, assieme a quello dell’eucaristia, era usato come rito iniziatico nelle religioni soteriche diffuse in tutto l'antico mondo pagano, sia in Oriente che in Occidente.
Le cerimonie battesimali, prima della nascita del cristianesimo, erano tutte uguali nell’antichità, anche se recitate in nome di divinità diverse: in Egitto invocando la dea Iside, in Frigia Attis, a Babilonia Marduk, in Grecia Dionisio e in Persia Mitra. Mentre l’iniziato veniva immerso nell’acqua lustrale, il sacerdote recitava: «Tu sei rinato e da questo momento farai parte del mondo degli eletti a cui sono aperte le porte dell’eternità».
Tra gli ebrei del tempo di Gesù era praticato solo dagli esseni, che lo consideravano iniziatico alla setta. Fu introdotto nel cristianesimo da Paolo di Tarso, in sostituzione della circoncisione, aborrita dai gentili. Per Paolo il battesimo veniva amministrato in età adulta. Solo assai più tardi, quando la Chiesa riscoprì il peccato originale, fu poi imposto obbligatoriamente a tutti i neonati.
Dobbiamo a Tertulliano e al sommo dottore sant’Agostino, la riscoperta dell'antico peccato di Adamo, ignorato sia da Gesù, sia dagli apostoli, e ad imporlo come dogma fondamentale della Chiesa. Questa riesumazione dell’antica colpa primigenia, che trasformava l’intera umanità in una «massa dannata», per cui i neonati venivano al mondo con una natura decaduta che, in assenza di battesimo, li avrebbe privati dell'accesso al paradiso, portò presto a sancire che il battesimo era indispensabile per cancellare questa tara che escludeva i non battezzati dal regno dei cieli.
Ecco quindi l’esigenza di amministrarlo subito dopo la nascita e perfino al feto, non ancora nato, se c’era minaccia d’aborto. Esigenza mantenuta anche quando la Chiesa, riconoscendo la mostruosità dell'inferno per i neonati morti senza battesimo, inventò per loro il limbo (una forma di inferno quasi mite), rimasto in vigore fino al 20/04/2007, quando Benedetto XVI, lo ha ufficialmente abolito, "trasferendo" le anime dei pargoletti non battezzati, in un angolo imprecisato del paradiso (nel sottoscala o in soffitta?).
Con questo rito stregonesco (un po' d'acqua versata sulla testa e la recita di una formuletta di rito), che come un superdetersivo cancella ogni colpa passata, se somministrato ad un adulto, e imprime a vita l’appartenenza del battezzato alla Chiesa, viene violata la più elementare forma di libertà di religione, perché questo sacramento è inalienabile, una specie di marchio a fuoco impresso nell’anima.
Chi volesse toglierselo, afferma la Chiesa, non lo può fare. Si può, volendo, eliminare gli aspetti formali del battesimo, costringendo le parrocchie, mediante una procedura prevista dalla legge, a cancellare il nome del richiedente dalle liste dei battezzati. Ma questi sbattezzi sono per la Chiesa solamente formali in quanto si rimane sempre cristiani anche se, in base al diritto canonico, gli sbattezzi sono considerati un’apostasia (abbandono della religione) e comportano la scomunica automatica, con l’esclusione dai sacramenti e dal funerale religioso.
L'imposizione del battesimo ai neonati è quindi la più eclatante violazione del diritto dei minori, nonché della libertà di religione strombazzata in tutte le costituzioni degli Stati democratici dell'Occidente. Dovrebbe essere vietata anche in Italia che è costituzionalmente uno Stato laico, perché obbligando il neonato ad aderire coercitivamente ad una religione, si contravviene ai dettami costituzionali sulla libertà di religione come stabilisce anche la sentenza 239/84 della Consulta. Sentenza che sancisce che per l'adesione ad una religione deve sussistere il pieno possesso della capacità di intendere e di volere, cose che il neonato non possiede minimamente.
La volontà del neonato non può assolutamente venir surrogata da quella dei genitori o del padrino dato che la legge impedisce ai genitori l'iscrizione dei propri figli a un sindacato, a un partito, o ad una qualsiasi altra associazione. Iscrizione, si badi bene, che è pur sempre revocabile, Mentre l'adesione ad una religione si propone come irrevocabile e indelebile e quindi andrebbe ancor più vietata. Il bello è che anche la Chiesa, con il Concilio Vaticano II, ha riconosciuto il diritto alla libertà di religione. Ma solo a parole. Infatti se fosse veramente rispettosa di questa libertà dovrebbe richiedere a tutti coloro che vengono battezzati ancora in fasce, e quindi incapaci di intendere e di volere, di confermare l'accettazione di questo sacramento con la cresima o confermazione, dopo compiuti i 18 anni. In caso di rifiuto, considerare il battesimo nullo. Invece la cresima viene fatta in tenera età per impedire, ipocritamente, ai battezzati di poter disconoscere il battesimo ricevuto a loro insaputa e che la Chiesa considera un marchio indelebile che in nessun caso il cristiano può togliersi.


venerdì 24 luglio 2015

72- “L'invenzione del cristianesimo” - Parte quinta. Il nuovo culto cristiano.

Al tempo delle comunità paoline e nella Chiesa delle origini il servizio divino era privo di qualsiasi carattere cultuale, non avveniva in luoghi opportunamente designati allo scopo, non contemplava altari e sacrifici e non prevedeva addetti sacerdotali. Lo spirito governava tutto e chiunque dei fedeli era autorizzato a insegnare, profetizzare, parlare in nome di Dio, e comparire in pubblico in qualità di sacerdote del Signore.
Ma per i pagani e per gli ebrei alle forme del culto apparteneva anche il sacrificio celebrato da sacerdoti e fu così che per i cristiani le donazioni offerte per il pasto comunitario dei poveri, i cui elementi fondamentali erano il pane e il vino, a poco a poco assunsero il significato di sacrificio. Per i primi Padri della Chiesa, come Giustino e Ireneo, la comunione rappresentò il ringraziamento della comunità purificata, ma già nel III secolo, con Cipriano, si impose rapidamente nella Chiesa la teoria del sacrificio inteso come ripetizione incruenta della morte di Gesù sulla croce. Era nata la Messa, cerimonia liturgica che capovolgeva il significato originario della comunione, da offerta per i poveri ad atto sacrificale per la divinità.
Sino alla fine del II secolo il sacerdozio era generalizzato, come abbiamo visto sopra, e chiunque - come attesta Tertulliano – poteva dispensare l'eucaristia. Con l'affermarsi del ruolo pastorale del vescovo, tutte le funzioni sacerdotali passarono nelle sue mani. Ma nel III secolo, con l'accrescersi del numero dei fedeli, il vescovo si trovò nella necessità di delegare ad altri la celebrazione di una parte della liturgia, soprattutto il battesimo e l'eucaristia.
Fu così istituto l’ordine sacerdotale ecclesiastico. La comunità cristiana fu divisa da allora in due categorie distinte: gli ecclesiastici e i laici. Il divario tra i due divenne, in breve, sempre più incolmabile.
Nel IV secolo, la Messa, che in un primo momento consisteva nella distribuzione dell'eucaristia, sotto l'influenza pagana adottò riti magico-sacramentali scopiazzati da Eleusi e dalla religione mitraica. Il tavolo delle offerte si trasformò in un altare fisso, come quello dei pagani, e l'edificio del culto assunse architetture maestose.
Dal V secolo, sotto l’influenza decisiva del cerimoniale cortigiano degli Imperatori, venne introdotto l’uso dell’incensazione durante la messa, come nel culto degli dèi, condannata però da alcuni Padri come «servizio diabolico» (Cirillo di Gerusalemme e Gregorio di Nissa).
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giovedì 23 luglio 2015

Il battesimo dei bambini fu imposto da Agostino con la riscoperta del peccato originale. 222

Il battesimo dei bambini, oggi imposto dall’esigenza clericale della conservazione della Chiesa come istituzione statale di massa, venne diffuso soprattutto per opera di Agostino con la sua riscoperta dell'antico peccato di Adamo, ignorato sia da Gesù, sia dagli apostoli. Fu lui ad imporlo come dogma fondamentale della Chiesa.

Questa riesumazione dell’antica colpa primigenia, che trasformava l’intera umanità in una «massa dannata», per cui i neonati venivano al mondo con una natura decaduta che, in assenza di battesimo, li avrebbe privati dell'accesso al paradiso, portò presto a sancire che il battesimo era indispensabile per cancellare questa tara che escludeva i non battezzati dal regno dei cieli. Ecco quindi l’esigenza di amministrarlo subito dopo la nascita e perfino al feto, non ancora nato, se c’era minaccia d’aborto.

A dar retta alla vecchia dottrina cattolica nessun bimbo non battezzato finiva nel Regno dei Cieli e secondo il punto di vista più rigido, difeso come abbiamo accennato da Agostino, tali bambini erano destinati alle eterne pene infernali, ma «in forma attenuata» (per tale ragione la Chiesa negava loro una sepoltura ecclesiastica).

Poi con l'arrivo di teologi «più moderati» questi piccoli pagani (neonati morti senza battesimo) finirono nell’Antinferno, nel Limbus Puerorum, privo sia di sofferenze che di gioie. Infine, la Chiesa, riconoscendo la mostruosa assurdità anche del il limbo, il 20/04/2007, con decreto di papa Benedetto XVI, ha ufficialmente abolito questo ipotetico lager, "trasferendo" le anime dei pargoletti non battezzati, in un angolo imprecisato del paradiso (nel sottoscala o in soffitta?).



S.Agostino


martedì 21 luglio 2015

71- “L'invenzione del cristianesimo” - Parte quarta. Incolmabile differenza tra il Dio biblico e quello cristiano.

Abbiamo visto in precedenza che col secondo Concilio ecumenico del 381 anche lo Spirito Santo ottenne la divinità piena, cioè l’identità di sostanza fra Dio Padre e il Figlio. E così il dogma della Trinità fu aggiunto al credo niceno-costantinopolitano e divenne una pietra miliare della nascente Chiesa.
In base a questo assurda dottrina, il Dio biblico, ritenuto dagli ebrei, con fanatica determinazione, l'unico Dio dell'universo, si è scisso, per far posto al figlio Gesù, in in tre persone distinte: il Padre (il vecchio Jahvè), il Figlio (Gesù Cristo) e lo Spirito Santo (per i Pneumatomachi, il Dio nipote).
Queste due ultime persone sono del tutto sconosciute nella Bibbia ebraica e mai in essa si accenna a loro. Possiamo pertanto considerarle un'invenzione della nostra Chiesa. Ora se mettiamo a confronto il vecchio Dio dell'Antico Testamento, cioè il biblico Jahvè degli ebrei, col Padre Eterno ereditato dai cristiani, scopriamo che fra di essi la differenza è così grande da apparire incolmabile.
Il Dio biblico garantiva esclusivamente la sopravvivenza materiale di Israele in cambio della sua fedeltà, aiutandolo a vincere i nemici e consentendogli di vivere imperituro in una specie di Regno di Dio in Terra. La sua era una protezione prettamente terrena e non considerava la redenzione spirituale dell'uomo, in quanto per gli ebrei la morte segnava la fine di tutto e non c'era un al di là in cui l'anima avrebbe seguitato a vivere.
Il Dio cristiano segue un principio totalmente opposto: il suo compito non è quello di tutelare la sopravvivenza materiale di un popolo ma di promuovere il bene spirituale di ogni singolo individuo, facendogli guadagnare la vita eterna nell'aldilà.
Una differenza assoluta che non giustifica la derivazione del nostro Dio cristiano dal Dio biblico. Ma sebbene il Dio cristiano si riveli nel Nuovo Testamento un Dio-Signore che si cura, con infinito amore, delle sue creature, mentre Jahvè nella Bibbia si manifestava geloso e vendicativo col suo popolo, in realtà entrambe queste due divinità sono estremamente crudeli, anche se in modo diverso. Secondo la Bibbia, Jahvè castigava il suo popolo, quando ricadeva nell'idolatria o violava la Legge, infliggendogli calamità di ogni genere: guerre, schiavitù, invasioni, malattie e morte.
Il Dio cristiano, inventato da Paolo ed ereditato dalla Chiesa, non entra nelle vicende terrene, con premi o punizioni, ma interviene solo dopo la morte dell'individuo per giudicare il suo operato. In caso positivo, lo premia col paradiso; in caso negativo con le pene eterne dell'inferno.
Il castigo dell'inferno non ammette redenzione ed è la forma più spietata di punizione divina mai immaginata da nessun'altra religione.
Talmente spietata che per molti credenti è ritenuta "un assurdo morale" e rappresenta la negazione di Dio stesso in quanto gli attribuisce sentimenti di odio e di vendetta, assolutamente incompatibili con un Essere Supremo, considerato sommamente giusto e misericordioso e che sempre ama, perdona e riconcilia. Un Dio giudice inappellabile nega quindi categoricamente che “Dio sia un Padre infinitamente buono e misericordioso", come predicano i Vangeli, e contrasta col Gesù evangelico che invitava i suoi discepoli a perdonare settanta volte sette, cioè sempre. Da quanto sopra esposto risulterà lapalissiano a chiunque usi un briciolo di razionalità che sia il Dio biblico che quello cristiano sono stati creati dall'uomo a sua immagine e somiglianza, cioè con tutte le meschinità e le bassezza della nostra specie. Come è possibile, altrimenti, giustificare il comportamento violento, geloso, vendicativo, tirannico e intollerante di Jahvè e la spietata condanna al castigo eterno del nostro Dio trino?


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venerdì 17 luglio 2015

70- “L'invenzione del cristianesimo” - Parte quarta. Le persecuzioni contro gli eretici.

La Chiesa, fin dalle sue origini, fu costantemente travagliata da dure e spesso crudeli lotte interne per motivi di ortodossia religiosa. Cominciò Paolo quando, opponendosi ai cristiano-giudei di Gerusalemme che lo accusavano di menzogna, li coprì di anatemi e di calunnie ignominiose definendoli a più riprese: «cani», «storpi» e «apostoli di menzogne».
Sulla scia di Paolo, gli ortodossi cristiani affibbiarono ai dissidenti eretici gli appellativi più ignobili come «sozzura e vituperio», «figli della maledizione», «bestie prive di intelletto” «figli primogeniti di Satana», «bestie in forma umana», «maiali» e «bestie da macello per l’inferno».
A proferire questi atroci insulti furono molti insigni dottori e Padri della Chiesa come Ireneo (Contro gli eretici 3,24) e Girolamo (Adversus Jovinianum). Per cui il filosofo pagano Celso poté scrivere che i cristiani: «si assalgono reciprocamente con invettive tanto aspre, che non si possono nemmeno ripetere» (Origene op. cit. 5,63).
Tertulliano, quando nauseato dalla mondanizzazione della Chiesa passò coi rigidi Montanisti, arrivò a dire dei cattolici che nella celebrazione del pasto eucaristico, una volta ubriachi, si giacevano insieme (Tertulliano, De ieiunio,16).
A raccogliere tutti i vituperi che si sono scambiati nei secoli i cristiani tra di loro si potrebbero riempire interi volumi. Il passaggio dall'ortodossia all'eresia era anticamente piuttosto facile, come ci dimostra il caso di due grandi dottori della Chiesa, Tertulliano e Origene, entrambi vigorosi polemisti contro gli eretici, poi passati nelle loro schiere. Il primo per aver denunciato la corruzione della Chiesa e il secondo per aver negata l'eternità dell'inferno.
Chi era colpito dall'odio ereticale veniva messo al bando della Chiesa, escluso da ogni incarico, sottoposto ad ignominie di ogni genere. Quando, però, la Chiesa si alleò agli Imperatori, agli eretici furono accomunate pene gravissime: l'esilio, la confisca del patrimonio, il rogo delle loro opere, e in taluni casi anche la pena di morte. Naturalmente, fu la Chiesa ad imporre agli Imperatori l'emanazione delle leggi antiereticali. I primi martiri eretici furono i Donatisti dei quali, purtroppo, siamo informati in modo assai lacunoso e unilaterale, giacché la Chiesa ha fatto distruggere tutti i loro documenti. Sappiamo però che questo movimento, che ebbe un largo seguito in tutto il mondo cattolico, esigeva che il clero fosse immune da lussuria, omicidio e apostasia, peccati allora frequenti e tollerati dalla Chiesa ormai mondanizzata. Ma la Chiesa rispose decretando di essere sempre santa, anche se le persone che la reggevano e l’amministravano potevano essere corrotte, e che nessun ecclesiastico potesse essere rimosso dal suo incarico, se pur colpevole di atti immorali e d'apostasia.
I Donatisti rifiutarono questo principio immorale, sostenuto da tutti i membri del clero, specie dai vescovi che spesso vivevano in modo satrapesco, e fecero dipendere la validità dei sacramenti dalla purezza di chi li somministrava, con enorme pericolo per la Chiesa che chiese l'intervento degli imperatori Costanzo e Onorio.
I quali, a più riprese, si affrettarono ad estirpare l'eresia con la violenza, facendo molti martiri donatisti tra laici, sacerdoti e vescovi. Grande influenza ebbe nella crociata contro i Donatisti l'apporto di Agostino, il quale, ricorrendo ad ogni tipo di sofisma, sostenne il diritto all’uso della violenza contro gli eretici mediante punizioni pecuniarie, sequestro delle chiese, esilio e presentando perfino queste punizioni come opera di misericordia (Agostino, Epistola 93,2-5).
In tal modo egli divenne l'ideologo della persecuzione, del martirio e della morte di milioni di uomini che dissentivano dalla Chiesa.
Da lui inizia una linea di condotta che condurrà inesorabilmente alle guerre contro i Catari e gli Albigesi, all’Inquisizione, al proselitismo coatto dell'America latina, alla caccia alle streghe e a tutti gli altri innumerevoli crimini perpetrati dalla Chiesa.
A dar man forte ad Agostino ci pensò poi Tommaso d'Aquino, altro sommo dottore, che nella sua monumentale Summa Teologica scrisse: «Per quanto riguarda gli eretici, essi si sono resi colpevoli di un peccato che giustifica che non solo siano espulsi dalla Chiesa con l’interdetto, ma anche che vengano allontanati da questo mondo con la pena di morte (Summa Theologiae, II)”. Ogni commento è superfluo.
Comunque il massacro fra i cristiani continuò, nel IV e V secolo, sino a che tutte le dottrine dichiarate “eretiche” non furono eliminate, con i rispettivi vangeli, da quella vincente sopravvissuta, che ha dato origine all'attuale cattolicesimo.
L'odio che imperversava tra i cristiani in quell'epoca viene così descritto da Ammiano Marcellino, il maggiore degli storici imperiali del IV secolo d.C. nelle sue "Res Gestae" ultimate entro il 378 d.C.:"Nessuna bestia feroce é ostile a se stessa come la maggior parte dei cristiani fra loro" (Res Gestae, XXII 5,3-4).
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giovedì 16 luglio 2015

Il battesimo dei bambini, ignorato dalla Chiesa primitiva, diventò d'uso comune nel VI secolo, giustificato da un’inesistente tradizione apostolica. 221

I Padri della Chiesa rifiutarono con argomentazioni ragionevoli il battesimo dei bimbi perché le persone dovevano accostarsi a questo sacramento da adulte.
Potevano diventare cristiani non appena erano in grado di conoscere Cristo.
Tertulliano, infatti, si chiedeva :«Per quale ragione l’età dell’innocenza dovrebbe affrettarsi tanto alla remissione dei peccati?»

Solo che non era l’età dell’innocenza ad avere tanta fretta, bensì la Chiesa, che
già nel III secolo sosteneva, con Cipriano, che il primo grido del bimbo appena giunto al mondo non era un pianto, come pensavano un po’ pessimisticamente gli Epicurei, ma l’invocazione del battesimo.
La somministrazione del battesimo ai bambini non viene mai giustificato nel Nuovo Testamento tanto che di esso non c'è alcuna traccia, ma la Chiesa con la sua consueta spudoratezza, giustificò questa innovazione riconducendola a un’inesistente tradizione apostolica.

Nel III secolo il rito battesimale dell’Ordinamento Ecclesiastico di Ippolito prescrive già il battesimo dei bambini, il baptismus infantium; ma nel V secolo Gregorio di
Nazianzio preferiva far battezzare le persone solo dopo i tre anni, affinché potesse loro restare almeno l’ombra del ricordo di quella felicità. 

Fino all’inizio del Medioevo, di regola, si battezzavano solo gli adulti, poi, a partire dal VI secolo, s’impose il battesimo degli infanti, decisamente teorizzato da Agostino. In seguito furono solo poche sette che, richiamandosi alle usanze battesimali protocristiane, osteggiarono tale innovazione: i Pelagiani, gli Albigesi, i Valdesi, gli Anabattisti, i Sociniani, crudelmente perseguitati dappertutto.

S.Gregorio


martedì 14 luglio 2015

69- “L'invenzione del cristianesimo” - Parte quarta. La distruzione del paganesimo.

Finché la Chiesa fu perseguitata invocò incessantemente la tolleranza e la libertà religiosa. Non appena però ebbe l'appoggio degli Imperatori divenne intollerante e persecutrice, arrivando al punto di annientare con la violenza tutti i culti antichi pagani. Seguendo l'ordine del Dio ebraico Jahvè che nel Vecchio Testamento imponeva agli ebrei di travolgere gli altari dei pagani, di spezzare i loro templi, di bruciare le loro statue e di uccidere gli infedeli «fino all’ultimo uomo» (Deuteronomio 7,2 sgg.), la Chiesa trionfante costrinse i successori di Costantino ad attuare una feroce persecuzione contro coloro che non accettavano o mettevano in discussione la sua dottrina e contro la cultura e la religione pagana. Già nel 325 Costantino (rinnegando l'Editto di Milano che concedeva libertà di culto ai cristiani ma anche a qualsiasi altra concezione religiosa) aveva cominciato a perseguitare i cristiani dissidenti, bollati come eretici (Nestorio, Ario e i Montanisti) e fatto bruciare pubblicamente le loro opere.
Quindi si era accanito contro i filosofi Nicagora, Ermogene e Sopatro, e aveva mandato al rogo gli scritti del neoplatonico Porfirio, autore dell'opera monumentale "Contro i cristiani", in 15 libri, di cui è scomparsa ogni traccia. Da allora, per più di mille anni, filosofare divenne pericoloso e comportò la condanna per eresia che implicava l'esilio e la confisca dei beni. La repressione raggiunse il culmine sotto Teodosio I, che nel 380 proclamò il cristianesimo religione di Stato, e poi con Teodosio II e Valentiniano III che aizzarono i cristiani al saccheggio dei templi, all'esproprio dei loro beni e alla conversione coatta dei pagani, pena la condanna a morte e la confisca dei loro beni. Sotto la guida del clero e soprattutto di monaci fanatizzati furono in breve distrutti innumerevoli templi pagani, che contenevano opere d'arte inestimabili. Alcuni di essi si salvarono trasformandosi in chiese. Nel 391 il vescovo Teofilo di Alessandria, dopo aver distrutto i templi della città, tra i quali quello importantissimo di Dioniso, organizzò con gli arredi e i simulacri sacri da essi prelevati, delle processioni blasfeme e irridenti e con l'accetta fece a pezzi, di sua mano, la statua colossale di Serapide, costruita da Briasse, grande artista ateniese (Socrate Scolastico, Storia della Chiesa 5,16). Per di più questo vescovo fanaticamente convinto che la cultura pagana e laica fosse la negazione del cristianesimo, diede ordine di incendiare la famosa biblioteca di Alessandria con annesso il Serapeo [la scuola scientifica], e così tutto il sapere del mondo antico andò in fumo. Questa biblioteca conteneva, infatti, tutti i classici antichi egiziani, greci e latini, nonché rarissimi libri provenienti dall’India e numerosi manoscritti alchemici. Di somma importanza era l’intera opera di Manetone, il sacerdote egizio vissuto ai tempi di Tolomeo I e, secondo la tradizione, autore di una monumentale storia dell'antico Egitto, ricavata dagli archivi dei faraoni. Altrettanto famosi erano i testi del fenicio Moco, nei quali si parlava di teoria atomica e il favoloso Libro di Toth (Sozomeno, Storia della Chiesa 7,15). Non si infierì solo contro i monumenti del culto pagano ma anche contro le persone di cultura che non condividevano il cristianesimo. Così ad Alessandria, nel 415, aizzati dal patriarca Cirillo, sanguinari monaci cristiani assassinarono nel modo più brutale Hypatia, l’ultima grande filosofessa del Neoplatonismo, celebrata in tutto il mondo antico per la sua dottrina e virtù. I monaci, che allora vivevano quasi allo stato brado e si nutrivano brucando l'erba come le capre, furono odiosamente attivi in questa furia devastatrice. Tutti questi atti vandalici vennero incoraggiati e giustificati dai Padri della Chiesa come Crisostomo e Agostino. Per Agostino, il più settario di loro, la distruzione degli antichi luoghi di culto e delle statue degli dei erano un atto di autentica devozione cristiana (Agostino, Epistola 91).
Il Codice Teodosiano, emanato dall'imperatore Teodosio, accentuò la persecuzione contro i non cristiani. A questi cittadini rimasti pagani, infatti, vennero soppressi i diritti civili e tolta la possibilità di partecipare al governo della città, all'insegnamento e alle magistrature.
Furono vietati i matrimoni tra cristiani ed ebrei e si diede inizio alla prima persecuzione contro i figli di Israele. Furono imposti la confisca dei beni non cristiani e la definitiva distruzione dei templi pagani e delle sinagoghe per far posto a chiese.
San Giovanni Crisostomo, a seguito di quell'editto, incitò gruppi di monaci fanatizzati a distruggere i santuari dei gentili e nella sua "Omelia sulle statue" giustificò gli editti di Teodosio e la violenza contro i pagani.
Agostino, uno dei più influenti Padri della Chiesa, nella sua Lettera 185 del 414 legittimò le persecuzioni della Chiesa contro i pagani, come aveva fatto anche a proposito della distruzione dei loro templi, affermando: "... v'è una persecuzione ingiusta inflitta dagli empi alla Chiesa di Cristo e v'è una persecuzione giusta inflitta agli empi dalla Chiesa di Cristo (2, 11)".
Naturalmente gli empi erano gli eretici, i pagani e chiunque non volesse accettare il cristianesimo.
In conseguenza di questa lotta al paganesimo tutte le più importanti istituzioni culturali e artistiche del mondo antico decaddero e furono cancellate. I giochi olimpici cessarono definitivamente nel 394 e l'università di Atene, la più prestigiosa istituzione culturale del mondo antico, venne chiusa nel 529. Da allora i filosofi non cristiani furono obbligati al silenzio.

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venerdì 10 luglio 2015

68- “L'invenzione del cristianesimo” - Parte quarta. Costantino e il concilio di Nicea. 2

Il concetto di “homousia” che affermava l’uguaglianza di sostanza del Figlio col Padre, era contrastato da una parte dell'assemblea, capeggiata da Ario. Il problema, nato in seguito alla divinizzazione di Gesù, sorgeva dal quesito se Cristo prima della sua discesa in terra fosse stato uguale a Dio o un semidio. Fino al III secolo inoltrato, per la maggior parte dei cristiani Gesù non venne identificato alla pari con Dio. Paolo, che per primo ne promosse la divinizzazione, subordinava Gesù a Dio in quanto considerava il “figlio” in nessun caso identico al “padre”. Per lui Dio era sempre “theos” (Dio), Gesù sempre “kyrios” (Signore). Considerava Cristo come sostanza divina, ma un gradino sotto Dio, una specie di semidio. Dello stesso parere era l'evangelista Giovanni che nel suo Vangelo fece dire a Gesù: «Il Padre è più grande di me» (Giovanni 14, 28).
I Padri e dottori della Chiesa: Giustino (Apologia 1, 13), Ireneo (Contro gli eretici 2, 28,8), Tertulliano (Adversus Marcionem 2,27) e Origene (op, cit. 8,15) ritennero Gesù un Dio minore, inferiore al Padre in potenza. Questa posizione (detta teoria del subordinazionismo) era condivisa da molti vescovi orientali. Inoltre, fino al principio del III secolo, era pressoché ignorato lo Spirito Santo come terza persona della divinità. Ireneo considerava lo Spirito Santo un’entità interna alla divinità, Tertulliano e Origene una creatura subordinata al Figlio.
Ario, il padre conciliare dissidente, non rinnegava la Trinità, ma rifiutava la identità delle sostanze, la Homousia, cioè l'uguaglianza del Figlio e dello Spirito con quella del Padre. Per lui lo Spirito era inferiore al Figlio e costui al Padre. Solo il Padre era Dio essendo illimitato, immutabile ed eterno. Il Figlio era stato creato dal Padre. Per Atanasio, il nemico implacabile di Ario che lo accusava di essere figlio del demonio, Padre e Figlio costituivano un’unica essenza, un’unità incondizionata. Il «Redentore» non poteva essere di grado inferiore, doveva esser Dio nel senso pieno della parola e poteva essere pregato alla pari del Padre. Costantino, di fronte a questa contrapposizione insanabile, nonostante in segreto parteggiasse per Ario, impose alla pavida assemblea conciliare la “homousia” sostenuta da Atanasio, risolvendo definitivamente la questione. Nel secondo Concilio ecumenico del 381 anche lo Spirito Santo ottenne la divinità piena, cioè l’identità di sostanza con Dio Padre e il Figlio. E così il dogma della Trinità fu aggiunto al credo niceno-costantinopolitano e la dottrina trinitaria fu legge dello Stato. Non senza contrasti, come sempre nella Chiesa. I Pneumatomachi, che contrastavano la trinità, dissero sarcasticamente che Dio Padre con questo dogma diventava anche Dio Nonno dello Spirito Santo. I vescovi dissidenti che rifiutarono la “homousia” furono destituiti e cacciati in esilio. Costantino, però, non si limitò ad imporre l'“homousia” ma fece inserire nel cristianesimo anche molti riti pagani, cari alla tradizione popolare, conservando di essi la datazione e modificandone invece l'etichetta esteriore.
Così, ad esempio, Cristo fu fatto nascere il 25 dicembre, giorno in cui si festeggiava la rinascita del Dio Sole (Mitra, ma anche Osiride, Adone e Dioniso). Era per i pagani il "Dies Natalis Solis Invicti", una festività molto diffusa e popolare che celebrava l'allungamento delle giornate dopo il solstizio d'inverno e che simboleggiava la rinascita della vita. Impose inoltre che i cristiani spostassero il riposo settimanale del sabato (sempre mantenuto dalla Chiesa di Gerusalemme) nel giorno che i pagani dedicavano al Dio Sole, denominato domenica. (Ancora oggi gli inglesi chiamano la domenica "Sun Day", il giorno del sole).
Infine, fece anche bandire tutti i documenti evangelici non compatibili con la proclamata divinità di Gesù (quasi un centinaio) e ai quattro rimasti (i Vangeli canonici di Matteo, Marco, Luca e Giovanni) fece togliere ogni riferimento agli aspetti troppo terreni di Cristo, come il probabile matrimonio con Maria Maddalena. Dopo Nicea si successero ben quattordici concili in meno di vent'anni (molti dei quali furono mischie sanguinose) per codificare sommariamente le basi dell'intero cristianesimo.
Da allora la Chiesa venne guidata dagli imperatori ed ebbe inizio l’epoca del vero e proprio cesaropapismo. Gli imperatori si arrogarono il diritto di sostituire con decreti imperiali la legislazione ecclesiastica e di interferire pesantemente anche nelle questioni di fede. I papi furono costretti ad obbedire, pena l'esautorazione. Nonostante abbia favorito la Chiesa in tutti i modi, assegnandole donazioni e privilegi, e abbia contrastato il paganesimo, Costantino non rinunciò mai al titolo pagano di “pontefice massimo” e pare si sia fatto battezzare solo in punto di morte.
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giovedì 9 luglio 2015

Che cosa differenziava il battesimo cristiano da quello pagano. 220

La derivazione del battesimo cristiano da quello pagano era talmente evidente anche ai primi cristiani che essi dovettero compiere incredibili contorsioni teologiche per difendersi dall'accusa di averlo copiato, tale e quale, dalle religioni misteriche.

Alla fine del III secolo Tertulliano, in un’opera specifica intitolata De Baptismo, ricorse ad una speculazione cosmologica sulla natura dell’acqua per giustificare come proprio questo elemento ebbe il dono di un compito così elevato. In primo luogo conclude che l’acqua è particolarmente antica, un’argomentazione che ritorna in altri Padri della Chiesa, tanto che il vescovo Cirillo di Gerusalemme dice lapidariamente: «Al principio del mondo c’é l’acqua, come al principio dei Vangeli il Giordano». Tertulliano continua dicendo che fu l’acqua a produrre i primi esseri viventi «cosicché non c’è nulla di straordinario se nel battesimo l’acqua possiede la capacità di dare la vita».

Ma soprattutto essa fu la sede primigenia dello Spirito, che la riscaldò - così si
esprime pittorescamente il dottore della Chiesa Basilio - come un uccello che covi
le proprie uova (in realtà si tratta della semplice trasposizione dell’idea orfica
dell’uovo cosmico covato dalla Fenice). Così, dunque, l’acqua venne santificata perché, come conclude Tertulliano, «ciò che serviva da sostegno si appropriò di quel che sopra vi aleggiava, la Sacertà», dalla qual cosa deriva senz’ombra di dubbio che l’acqua, santificata da ciò che è santo, ha ricevuto la forza di santificare a sua volta.

In realtà, dietro queste argute riflessioni si cela l’antichissima concezione pagana
e giudaica dell’energia misteriosamente purificatrice e santificante dell’acqua, specialmente di quella corrente, «vivificante», che si immaginava ricolma di energie divine, anzi, discendente dalla divinità stessa o da essa addirittura abitata. Per questo ad acque e fiumi si attribuiva energia terapeutica, non dimenticando di conciliare direttamente tali concezioni col monoteismo.

Ma, argomenta ancora il nostro battagliero Padre della Chiesa, non c’è differenza se uno, per essere battezzato, viene immerso in mare, in un lago, in una palude o in una vasca da bagno, nel Giordano o nel Tevere, perché ogni acqua possiede, in virtù dell’antica prerogativa della sua origine, la misteriosa efficacia di santificare mediante l’invocazione a Dio. Ma è soltanto questa invocazione a Dio, conclude Tertulliano, a determinare la differenza del battesimo cristiano da quello pagano. «Anche i pagani, privi di qualsiasi comprensione delle forze dello spinto, attribuiscono gli stessi effetti ai loro idoli. Solo che si ingannano con volgare acqua»



Tertulliano


martedì 7 luglio 2015

67- “L'invenzione del cristianesimo” - Parte quarta. Costantino e il Concilio di Nicea. 1

L'imperatore Costantino, che con l'editto di Milano del 313 diede la libertà di culto ai cristiani e pose fine alle loro persecuzioni, era un seguace del culto solare del Dio Mitra, diffusissimo in oriente ed anche a Roma. Dovendo affrontare uno scontro durissimo col suo rivale Massenzio, chiese ed ottenne l'appoggio dei cristiani del suo esercito, e, come contropartita, riconobbe loro la libertà di religione. Ricorrendo alla pia favoletta della visione di Costantino, la Chiesa trasformò la sua vittoria su Massenzio in una vittoria di Dio sul paganesimo. In realtà Costantino, spietato e lucido politico, si era reso conto che il cristianesimo era ormai vincente e che invece di combatterlo, come aveva fatto poco prima Diocleziano inutilmente, conveniva istituzionalizzarlo e in tal modo controllarlo e assoggettarlo all'Impero. Da nemico, trasformarlo in un alleato sottomesso onde togliergli ogni residua carica eversiva. D'altra parte la dicotomia tra il cristianesimo e il giudaismo messianico era ormai conclusa da molto tempo ed era divenuta irreversibile. Secondo l'esortazione paolina i cristiani dovevano sottomettersi alle autorità temporali, accettare le disuguaglianze sociali, obbedire ai magistrati e ai funzionari dell'Impero e riconoscere la schiavitù. Erano quindi totalmente inseriti nell'ordinamento dello Stato e non destavano più preoccupazioni di ordine politico e sociale. Una volta riconciliatosi col cristianesimo, Costantino favorì la Chiesa cattolica con ogni sorta di privilegi e con beni e donazioni. A sue spese fece edificare molte chiese dotandole di vaste proprietà; donò al vescovo romano il palazzo del Laterano, che divenne per molti secoli la sede papale; esentò il clero cattolico da ogni gravame fiscale ed equiparò la legislazione ecclesiastica a quella imperiale.
Nel 321 concesse ai privati il permesso di fare donazioni alla Chiesa, accrescendone possedimenti e ricchezza. La Chiesa, pienamente mondanizzata, perché divenuta ricca e potente, si trasformò rapidamente in una istituzione imperiale, sotto la supervisione dell’Imperatore, e l'alleata più sicura di uno Stato che sfruttava pesantemente i suoi sudditi.
Nel 325, volendo dare una sistemazione definitiva al cristianesimo, Costantino, pur non essendo nemmeno battezzato e rivestendo la massima carica religiosa pagana di Pontifex Maximus (che conserverà fino alla morte), convocò e presiedette personalmente il primo concilio ecumenico della Chiesa che porta il nome di Concilio di Nicea. I vescovi colà convenuti, dai più lontani angoli della cristianità, finirono per redigere un testo, denominato "Credo degli Apostoli", col quale venne codificata l'ortodossia cristiana. Dei trecentotredici vescovi che parteciparono a questo primo grande Concilio della Chiesa solo sette erano occidentali. Si trattava di un vescovo gallico, uno calabrese, uno pannonico, uno spagnolo, uno di Cartagine e due preti romani delegati in rappresentanza del vescovo di Roma, Silvestro. Tutti gli altri erano orientali. Ciò a significare la scarsa importanza numerica e dottrinaria della Chiesa romana e d'Occidente in quel momento. Il livello intellettuale di molti padri sinodali era piuttosto basso se un contemporaneo li bollò come dei veri e propri cretini (Socrate Scolastico, Storia della Chiesa 1,8).
D'altra parte questi padri ebbero un comportamento molto strano: si lasciarono subito plagiare dalla pompa e dalle adulazioni dell'Imperatore, dai suoi appellativi di “amati fratelli” e nel redigere il "Credo degli Apostoli", una specie di "magna charta" del cristianesimo, si lasciarono imporre da Costantino i principi che egli riteneva indispensabili perché la nuova religione fosse una continuazione di quella pagana, cara alla Roma imperiale.
Così Gesù, sulla falsariga degli dèi pagani del vicino Oriente, protagonisti di un'incarnazione terrena e di una morte-resurrezione rituale, con una votazione abilmente pilotata dall'Imperatore, ma nonostante ciò appena risecata, fu proclamato Dio incarnato, partorito da una vergine, esattamente come Horo, l'eroe solare egiziano figlio della vergine Iside, come Adonis, l'eroe solare persiano figlio della vergine Astarte. Il Cristo cessò così, per sempre, di essere l'Unto di Jahvé per diventare definitivamente uguale a Dio nella natura e nella sostanza (“homousia”) e perdere ogni riferimento al Messia delle profezie bibliche.

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venerdì 3 luglio 2015

66- “L'invenzione del cristianesimo” - Parte quarta. Le persecuzioni. 3

Tutti i Padri della Chiesa hanno enormemente esagerato sia il numero delle persecuzioni, sia quello dei martiri, e hanno inventato anche la favola che i cristiani dovevano nascondersi nelle catacombe per celebrare i loro riti.
Oggi, però, nessun storico serio può avvallare una tale leggenda perché in realtà le catacombe (antichi cimiteri romani in disuso) furono dai cristiani usate solo per praticare i loro misteri separatamente dal “volgo profano” (in quanto si prestavano allo scopo), e per poter seppellire i loro morti con esequie religiose.
In realtà, nei primi due secoli gli imperatori diedero poco peso al fenomeno cristiano e non venne ucciso alcun vescovo. Con Traiano e Adriano e i loro successori è documentato il martirio di Ignazio, vescovo di Antiochia e alcune esecuzioni ordinate da Plinio.
Le dieci persecuzioni vantate dalla Chiesa ebbero tutte breve durata e causarono un numero relativamente basso di martiri autentici. Ce lo confessa Origene quando dichiara che il numero dei martiri cristiani «è piccolo e facile da contare» (Origene op. cit. 3,8). Durante le persecuzioni la maggior parte dei cristiani si salvò spesso con la fuga, molti però abiurarono, soprattutto sotto la persecuzione di Decio. Questa fu la prima persecuzione generalizzata e pianificata.
Decretata nel 250 allo scopo di procedere al sequestro dei numerosi beni ecclesiastici, considerati illegali in quanto la Chiesa non aveva personalità giuridica, suscitò molto panico ma le sentenze capitali furono piuttosto poche. Molti cristiani abiurarono (lapsi) sacrificando davanti ai simulacri degli dei e dell'imperatore, altri si limitarono a gettare l’incenso sulle braci e infine, i più furbi, conosciuti col nome di libellattici, ottennero con la corruzione un falso attestato di sacrificio o fecero sacrificare dai propri schiavi al loro posto. Solo pochi affrontarono il martirio o si mimetizzarono in luoghi solitari. I cristiani infedeli si pentirono e tornarono a schiere nel seno della Chiesa, che si affettò a cancellare il peccato di apostasia.
Neppure la persecuzione di Diocleziano fu grande come attesta la Chiesa. Ci furono dei confessori che vennero banditi o condannati ai lavori forzati nelle miniere, ma le esecuzioni capitali furono pochissime, e invece tante le abiure, come quella dello stesso papa Marcellino.
La Chiesa incitava al martirio affermando che esso equivaleva ad un secondo battesimo che purificava da ogni peccato e consentiva ai martiri di salire dritti al cielo.
Un promessa analoga fu fatta, in seguito, anche per i crociati che morivano in battaglia. Dopo che il Cristianesimo fu riconosciuto e legalizzato da Costantino, la Chiesa si prodigò a redigere gli "Atti dei Martiri" raccogliendoli nel "Martirologio": una sorta di calendario liturgico ufficiale in cui vengono descritte le storie di un numero esagerato di martiri di tutte le epoche. Si tratta di un colossale imbroglio.
Gli episodi persecutori veri e propri furono limitati e mai giustificarono l'ipotesi di un olocausto. Come si spiegherebbe, altrimenti, il fatto che il cristianesimo precostantiniano abbia potuto espandersi in tutte le contrade dell'Impero e consentire il proliferare di comunità di fedeli, della loro gerarchia di diaconi, presbiteri e vescovi e una produzione vastissima di testi teologici e storici da parte di uomini di cultura, come Clemente, Ireneo, Teodoreto, Tertulliano ed Eusebio?
La Chiesa – come abbiamo accennato più volte in precedenza – fin dalle sue origini ha distrutto tutte le opere contrarie alla sua ideologia e ai suoi interessi politici. Così, riguardo alle persecuzioni, ci mancano quasi completamente i testi degli editti anticristiani imperiali. Infatti, la loro raccolta, compilata dal giureconsulto Domizio Ulpiano, è stata fatta sparire dalla Chiesa postcostantiniana in quanto contraddiceva i molti falsi storici, costruiti intorno alle persecuzioni, a cominciare da quelli tramandatici da Eusebio nella sua Storia ecclesiastica, privi di riscontri.
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giovedì 2 luglio 2015

Per i primi secoli il battezzando cristiano doveva essere adulto e veniva immerso nudo nell'acqua a similitudine dei pagani. 219

Per lungo tempo il battezzando dovette essere nudo, e un decreto ecclesiastico obbligava le donne a sciogliere le trecce per evitare che vi si celasse alcunché di «estraneo», eventualmente qualche demonio appostato a corrompere l’efficacia di quel bagno di «resurrezione».

Fu solo a partire dal XIII secolo che nell’occidente latino entrò in uso la semplice aspersione, prima consentita solo per i malati per i quali era consentito un baptismus clinicorum. Ma molti si rifiutavano di riconoscere come cristiani coloro che erano stati battezzati in questo modo. I peccati dovevano essere «lavati» completamente, e in mancanza di un detersivo efficace, occorreva abbondante acqua! Nella Chiesa greca, invece, il battesimo ha luogo ancor oggi mediante immersione.

Il ritorno di antichissime usanze pagane nel cerimoniale cristiano del battesimo
può essere dimostrato da un tratto caratteristico: in Egitto il sacerdote richiamava in
vita una statua ponendole saliva in bocca e soffiando nelle narici; in questo modo il
defunto nella statua poteva di nuovo respirare, parlare e mangiare: cominciava la
sua vita eterna. Questo rituale, col quale si vinceva la morte e si otteneva l’immortalità, viene riprodotto intatto nel battesimo cristiano, nel quale il sacerdote soffia sul battezzando, ponendo saliva sulle orecchie e sul labbro superiore. Il cristiano, che prima del battesimo è ancora «morto», tramite orecchie e bocca riceve la vita eterna, secondo l’uso della rivitalizzazione della statua egizia.



Battesimo nell'antico Egitto


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Informazioni personali

Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)