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venerdì 30 dicembre 2016

98– Il falso Jahvè. Incongruenze storico-linguistiche dei testi biblici1

Denominata in ebraico Tanak e da parte cristiana Antico Testamento, la Bibbia ebraica consta di tre parti. La prima va sotto il nome di Torah o Pentateuco e comprende cinque libri: Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio, considerati assolutamente rivelati, cioè dettati da Dio stesso a Mosè. Narra la storia del popolo d'Israele dalla creazione del mondo fino alla morte di Mosè, e comprende la creazione di Adamo ed Eva, l'epoca del diluvio e dei patriarchi, l'Esodo dall'Egitto, la peregrinazione nel deserto e la consegna della Legge sul Sinai. Si conclude con l'addio di Mosè al popolo d'Israele.
La seconda, denominata i Profeti, si articola in due parti. La prima: i Profeti anteriori, contiene il libro di Giosuè, il libro dei Giudici, i due libri di Samuele e i due libri dei Re, e racconta la storia del popolo d'Israele dall'attraversamento del fiume Giordano alla conquista di Canaan, proseguendo con l'ascesa e la decadenza dei regni israeliti fino alla dominazione assira e babilonese e la prima distruzione del Tempio di Gerusalemme (586 a.C.) La seconda denominata i Profeti posteriori, include gli oracoli, gli insegnamenti sociali e le aspre condanne dei profeti.
La terza parte, di importanza minore, comprende i libri Agiografi (Salmi, Proverbi, Giobbe, Cantico dei Cantici, Rut, Lamentazioni, Qohelet, Ester, Daniele, Ezra, Nehemia e i libri delle Cronache) che sono una collezione di sermoni, poemi, preghiere, proverbi e salmi difficilmente collegabili a un evento storico o a un autore preciso, essendo il prodotto di un processo di composizione continuo che si è protratto per centinaia di anni concludendosi fra il quinto e il secondo secolo a.C., in epoca persiana e in età ellenistica.

In tutto trentanove libri canonici. Vedremo in seguito che i libri canonici erano quaranta, ma uno di essi, detto il Libro di Jashar o Libro del Giusto, fu tolto per contrasti religiosi tra giudei ed edomiti.

giovedì 29 dicembre 2016

La prima persecuzione contro i cristiani fatta da Nerone fu un fatto storico o una colossale bufala inventata dalla Chiesa? Quinta parte. 290

E allora, come concludiamo questa indagine sull'eccidio di cristiani fatto da Nerone e strombazzato da storici fasulli, da romanzieri di infimo livello (vedasi il "Quo vadis" di Henryk Sienkiewicz) e da plateali e colossali opere cinematografiche? Riconoscendo che, di sicuro, il brano XV.44 degli Annali è stato interpolato ed è quindi falso.

Già a partire dall'Illuminismo, e in particolare da Voltaire (1775), era iniziata a circolare la voce che alcune parti degli Annali di Tacito fossero un clamoroso falso, facendo riferimento ad argomentazioni storiche (incongruenze con Svetonio e Plinio il Vecchio) e filologiche (incoerenze stilistiche col Tacito delle Historiae).

Ma a sostenere con vigore questa ipotesi fu John Wilson Ross che nel 1878 pubblicò a Londra il libro «Tacitus and Bracciolini, the Annals Forged in the XVth Century» nel quale dimostrò che fu l'umanista italiano Poggio Bracciolini, segretario di papa Martino V e amanuense prolifico e disinvolto (1380-1459), a falsificare gli Annali nel 1429. Come? Inserendo, quasi alla lettera, un passo di un certo Sulpicio Severo (IV secolo) che nella sua “Historia Sacra” (II-29), considerata al suo apparire una raccolta di assurde invenzioni, aveva inventato per primo la persecuzione di Nerone.

E perché Bracciolini fece questa manomissione del testo di Tacito? Per confutare le contestazioni di quanti, durante lo Scisma d'Occidente che si era appena concluso, avevano sollevato dubbi sulla legalità di Roma come sede del trono di Pietro. Il martirio dell'apostolo cadeva a puntino e toglieva ogni pretesto.4

Dopo il Ross anche P. Hochart, storico francese, in uno studio rigoroso e approfondito del titolo: «La persécution des chrétiens sous Néron» (www.mediterraneeantique.info/ Rome/Hochart/Ner_0.htm), ed altri storici (J. Rougé, A. Drews e C. Saumang), adducendo argomentazioni storiche, filologiche e stilistiche, nonché evidenziando come Tacito descriva in modo contraddittorio il comportamento di Nerone durante l'incendio, confermarono l'interpolazione degli Annali.
Ma tuttora per il mondo cattolico non esiste alcun dubbio sulla veridicità della persecuzione neroniana e i testi scolasti e il popolo bue continua a crederla dogmaticamente.



martedì 27 dicembre 2016

97– Il falso Jahvè. L'ideologia a fondamento della Bibbia 2

Nessuna però di queste istanze ideologiche espresse dalla Bibbia ha corrisposto a verità. Infatti, il popolo ebreo non ha avuto origine dal solo patriarca Abramo ed è sempre stato costituito da un miscuglio di tribù nomadi semite così diverse tra loro, nonostante una forte comunanza religiosa, che mai sono riuscite a formare uno stato unitario. Il monoteismo jahvista rigoroso si è definitivamente affermato in Israele solo durante il regno di Giosia e si è consolidato dopo l'esilio babilonese, cioè nel VI - V secolo a.C. Prima tutte le dodici tribù avevano continuato a praticare forme, più o meno diverse, d'idolatria. Il Patto dell'Alleanza e la promessa del possesso perenne della terra di Canaan, inventati da Mosè e proiettati retrospettivamente dalla casta sacerdotale su Abramo, si sono rivelati delle mere illusioni, perché Israele ha sempre subito contestazioni durissime per il possesso della sua terra sin dal tempo dei cananei e dal 135 d.C. ne è stato cacciato per quasi due millenni dai romani fino mezzo secolo fa, a seguito delle Guerre Giudaiche, e ancor oggi deve subire scontri durissimi coi palestinesi che rivendicano un analogo diritto di possesso. Infine, il costante interesse e coinvolgimento di Dio nelle vicende del suo popolo eletto, si è rivelato per Israele, stando alla Bibbia, una lama a doppio taglio. Infatti da una parte Jahvè ha provveduto a soccorrerlo compiendo grandi prodigi: mandando le piaghe in Egitto, aprendo le acque del Mar Rosso, fermando il sole in pieno giorno durante la battaglia a Gabaon, guidando la mano del pastorello David a colpire il gigante Golia, e via seguitando; dall'altra lo stesso Jahvè ha inflitto al suo popolo, da lui ritenuto un incorreggibile peccatore, numerosi e tremendi castighi per fargli espiare le sue continue ricadute nell'idolatria. Quindi questa ideologia di base, che tuttora viene ritenuta valida dai più ortodossi degli attuali israeliti, si è rivelata una mera utopia.


venerdì 23 dicembre 2016

96– Il falso Jahvè. L'ideologia a fondamento della Bibbia 1

Abbiamo visto che la Bibbia è un conglomerato di scritture in cui sono confluite antiche tradizioni, saghe, leggende, avvenimenti storici o pseudo storici, nonché l'intero complesso del materiale legislativo e letterario accumulato nel corso dei secoli dal popolo ebraico. Ma qual è il comune denominatore che accomuna queste scritture?
Troviamo in esse una ideologia di base, che permea l'intero sacro testo e che possiamo sintetizzare in alcuni punti fondamentali: Israele discende da un unico capostipite di nome Abramo; Jahvè è stato sempre il suo unico e solo Dio; Jahvè ha stipulato con il suo popolo un Patto di Alleanza e di fedeltà in base al quale lo ha innalzato al rango di popolo eletto fra tutti i popoli della Terra e in premio gli ha concesso il possesso perenne della terra di Canaan, la Terra Promessa. Infine, Dio ha manifestato un costante interesse nelle vicende del suo popolo per cui quando Israele è stato fedele gli ha concesso prosperità e benessere, quando invece è ricaduto nell'idolatria lo ha colpito con desolazione e morte. Sono questi i leit-motiv che ispirano tutti gli avvenimenti descritti nel sacro testo.


giovedì 22 dicembre 2016

La prima persecuzione contro i cristiani fatta da Nerone fu un fatto storico o una colossale bufala inventata dalla Chiesa? Quarta parte 289

Ad iniziare dall’apostolo Giovanni, vissuto oltre il 100 d.C. e dall'evangelista Luca, morto nel 93 d.C. e autore anche degli "Atti degli Apostoli", chi avrebbe impedito loro, stante le loro lunga età, di redigere un bel resoconto sulla malvagità neroniana, ad uso e consumo perenne dell'ecumene cristiana, doverosamente utile per essere affisso sulla bacheca de "Gli Atti dei Martiri"? Invece, Giovanni nelle sue Lettere non ha mai accennato personalmente all'eccidio neroniano e neppure lo fecero i suoi discepoli successori, nonché Vescovi, come Ignazio di Antiochia e Policarpo di Smirne, sempre intenti a scrivere "lettere" tutte recapitate, due secoli dopo ad Eusebio di Cesarea. Padri tutti ignari dei loro "colleghi" martiri.


Ma, contraddizione ancora più grave per la verifica critica, l'eccidio neroniano è ignorato anche dagli stessi Padri della Chiesa, scrittori prolissi pervasi da tanta fantasia nell’inventarsi martiri, i quali, se il fatto fosse veramente esistito, avrebbero avuto, oltre che l’interesse ideologico fideista, anche il dovere storico di riferire un genocidio così crudele che colpì direttamente fedeli adepti al loro stesso Credo. Mi riferisco ai Padri e Dottori della Chiesa: Clemente, Ireneo, Eusebio, Origene,Tertulliano, Girolamo e Ambrogio, che non accennano mai nei loro scritti alla persecuzione ordinata da Nerone. Se veramente fosse avvenuta, sicuramente l'avrebbero ben volentieri strombazzata per controbattere coloro che negavano l’esistenza dei cristiani a Roma nel I secolo e per dimostrare il martirio di Pietro e Paolo.


Lo stesso Agostino, che nel suo libro "De Civitate Dei" elenca gli avvenimenti accaduti a Roma precedentemente al "sacco" eseguito da Alarico nel 410, non accenna all'incendio e alla persecuzione. Quindi nessun padre della Chiesa ha mai citato questo passo di Tacito in una sua opera, fino al XV secolo. Perfino Eusebio di Cesarea, il ciambellano di Costantino, che potendo ficcare il naso negli archivi imperiali, è ritenuto l'artefice della sparizione di molti documenti compromettenti che riguardavano le origini del cristianesimo, gli editti imperiali sulle persecuzioni, la falsificazione di importanti documenti storici (come l'inserimento del «Testimonium Favianum» nel libro di Giuseppe Flavio), nonostante si sia prodigato ad inventare una caterva di martiri e Vescovi uccisi con le più atroci e raffinate torture, non ha riferito nulla sul più spettacolare massacro di cristiani che la storia abbia mai registrato, ordinato dal "carnefice Nerone".


Eusebio di Cesarea


martedì 20 dicembre 2016

95– Il falso Jahvè. La Bibbia ebraica 2

Le più recenti e indiscusse scoperte archeologiche, infatti, attuate in tutto il territorio dell'antico Israele, in Siria e sul Sinai, hanno dimostrato in modo ineccepibile che molti eventi della storia biblica non si sono verificati nei tempi e nei modi descritti nel sacro testo, come le peregrinazioni dei patriarchi, l'Esodo dall'Egitto, la conquista della terra di Canaan e il glorioso regno unito di David e Salomone, e che alcuni degli episodi più famosi sono stati inventati di sana pianta. La maggior parte degli studiosi biblici, però, è concorde nel ritenere che i testi fondamentali del giudaismo: il Pentateuco (Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio) e la cosiddetta Storia Deuteronomistica (Giosuè, Giuduci, Samuele 1-2 e Re 1-2) si formarono nella Gerusalemme del settimo secolo a.C.
Un libro, la Bibbia, né rivelato né storico, quindi, anzi pieno di contraddizioni, di incongruenze, di esagerazioni mitologiche, di efferate crudeltà e di episodi grotteschi, esilaranti e talvolta osceni, come vedremo tra poco. Il popolo d'Israele è il principale protagonista di questa rappresentazione la cui importanza per la storia dell'umanità rimane unica sia dal punto di vista letterario che di quello religioso.


venerdì 16 dicembre 2016

94– Il falso Jahvè. La Bibbia ebraica 1

Quando, come e perché fu composta la Bibbia.

La Bibbia è senz'altro il libro più famoso del mondo occidentale. Ogni suo versetto, ogni sua parola sono stati, e sono tuttora, oggetto di studio e di esegesi. Per secoli è stata considerata da ebrei e cristiani un libro rivelato, scritto cioè sotto dettatura divina e quindi “vero” in ogni suo particolare. Oggi le cose sono cambiate. Soltanto gli ortodossi ebrei e cristiani e alcune sette protestanti rimangono fermi al concetto di rivelazione. Per tutti gli altri la Bibbia è la fonte primaria di identità e di riferimento spirituale del popolo ebraico, il libro creato per raccontare la sua storia e la nascita delle sue istituzioni ed anche il grande codice base della cultura religiosa occidentale.
Ma qual è la genesi di questo sacro testo che è a fondamento dell'ebraismo e del cristianesimo e ha influenzato anche l'islamismo?
Più di duecento anni di studi e di ricerche storiche, e fondamentali scoperte archeologiche avvenute di recente, ci hanno portato finalmente a capire quando, perché e come ha avuto origine la Bibbia.
Ebbene, questa grande saga in parte mitica, in parte epica e in parte vagamente storica, fatta di leggende, memorie, tradizioni popolari, mistificazioni profetiche e propaganda teologica, fu composta durante il Regno di Giuda, in un lasso di tempo di appena due o tre generazioni, alla fine del settimo secolo a.C. e avrebbe subito ulteriori revisioni durante l'esilio di Babilonia e la restaurazione del post-esilio per diventare definitiva in epoca ellenistica. Ma come si è formata?
A Gerusalemme, durante i cruciali decenni che conclusero il settimo secolo a.C., sotto la guida del re Giosia, sedicesimo discendente di re David, un nutrito esercito di sacerdoti, scribi e profeti, volendo aprire la strada ad una radicale riforma religiosa che cancellasse ogni traccia di culto straniero nel paese e riaffermasse l'unicità di Jahvè come unico Dio d'Israele, e volendo nel contempo preparare il terreno per la restaurazione del grande Stato panisraelita, il mitico regno unito di David e Salomone, che nell'immaginario collettivo era ritenuto l'età dell'oro, si diedero a raccogliere per iscritto le leggende, i racconti eroici e i miti locali che erano stati tramandati nel corso dei secolo nelle varie tribù, a rielaborarli, alla luce della nuova teologia rigidamente monoteistica che si andava affermando, e in taluni casi ad inventarli ex novo.


giovedì 15 dicembre 2016

La prima persecuzione contro i cristiani fatta da Nerone fu un fatto storico o una colossale bufala inventata dalla Chiesa? Terza parte 288

Ad ignorare del tutto la persecuzione di Nerone contro i cristiani, che troviamo soltanto negli Annali di Tacito, non furono soltanto i cronisti imperiali del suo tempo ma anche il più importante storico ebreo Giuseppe Flavio (37-105 d.C.), autore di opere fondamentali sulle Antichità Giudaiche e sulla Guerra Giudaica del 70.


Questo storico, come da lui riferito nella sua "Autobiografia", redatta alla fine del I secolo, afferma con precisione che tra la fine del 63 e la prima metà del 65 fu a Roma, per un anno e mezzo, ospite di Poppea, moglie di Nerone, in quanto doveva difendere alcuni rabbini, accusati di connivenza con gli zeloti che allora insanguinavano la Palestina con continui attacchi terroristici. Pur accennando al grande incendio del 64 che distrusse gran parte dell'Urbe, Giuseppe Flavio ignora totalmente l'eccidio di "Cristiani", il cui nome, per lui che parlava aramaico e conosceva il greco, avrebbe dovuto essere famigliare in quanto significava "messianisti".


Ad uno scriba Fariseo membro del Sinedrio che conosceva perfettamente la Bibbia, il significato di "Messia" era ben chiaro per la sua importanza vetero testamentaria ebraica; quindi il silenzio dello storico giudeo sull'ecatombe di "messianisti", se realmente esistita, risulta inconcepibile. Conoscendo l'importanza del personaggio, la rigorosa scrupolosità dei dettagli, anche i più insignificanti, che osserviamo nei suoi scritti, un fatto così abnorme e di efferata crudeltà che riguardava anche suoi connazionali non poteva essere del tutto ignorato. Quindi, oltre il mutismo di tutti gli storici del tempo anche quello di Giuseppe Flavio, il più importante degli storici ebrei conferma che i versetti del cap. 44 del XV libro degli Annali sono un falso conclamato.


Ma non è tutto. Anche la mancata testimonianza di tutti gli scribi cristiani e di tutti i Padri” “apostolici” e “apologisti” della Chiesa cristiana, dalle origini al IV secolo, quelli cioè coevi o più vicini al grande martirio neroniano della Chiesa è una eclatante ulteriore dimostrazione che Nerone non crocefisse i seguaci di Gesù e che nel corso dei primi due secoli non esistevano né Padri, né Vescovi, né martiri, perché le “prove” della loro esistenza verranno costruite successivamente.


Giuseppe Flavio


martedì 13 dicembre 2016

93– Il falso Jahvè. Fine del regno dii Giuda 2

Nel 609 a.C. il faraone Necho, figlio di Psammetico I. si recò in Palestina a ricevere dai suoi vassalli il giuramento di lealtà che gli spettava come nuovo faraone. Anche Giosia fu convocato alla fortezza egiziana di Meghiddo per prestare il giuramento. Durante quel convegno, per oscuri motivi che lo storico deuteronomistico, molto reticente sulla fine ignominiosa del re, lasciò nel vago, Giosia venne ucciso. Così Israele si trovò nuovamente schiavo dell'Egitto, nonostante la sua ritrovata fedeltà al suo unico Dio e, come al tempo di re Ezechia, ancora una volta la teologia deuteronomistica a causa della latitanza, o meglio, del tradimento di Jahvè, si rivelò vana.
Nel 605 a.C. Nabucodonosor, nuovo re di Babilonia, sconfisse in Siria l'esercito egiziano e conquistò le ricche città filistee, abbandonate dagli egiziani e rivolse le sue mire anche al Regno di Giuda. Nel 598 a.C. circa, mentre regnava il giovane Geconia, Israele, abbandonato dagli egiziani e privo di ogni protezione, fu travolto: la città santa saccheggiata, la famiglia reale, i ministri, i sacerdoti, le persone ricche, gli artigiani e i soldati deportati a Babilonia. Non tutto il popolo dunque, ma la sua élite; i ceti inferiori della società ebraica restarono invece in Palestina.

Pochi anni dopo ci fu una seconda e più crudele occupazione a causa di un'insurrezione tentata dal re Sedecia, messo sul trono dai babilonesi. E questa volta Gerusalemme fu rasa al suolo col suo Tempio e il resto dell'élite deportata. L'ultimo re di una dinastia che aveva regnato per secoli fu torturato e imprigionato a Babilonia, i suoi figli furono tutti uccisi. La stirpe di David cancellata per sempre. Ma la religione e l'esistenza come nazione del popolo d'Israele, nonostante la catastrofe e la latitanza di Jahvè, sopravvissero miracolosamente. Ciò fu dovuto al fatto che ormai il gruppo "per l'unità di Jahvè" si era affermato definitivamente e si era diffuso in tutti gli strati della popolazione di Giuda, ma soprattutto perché, sotto la regia di Giosia, era nata la Bibbia, il manifesto ideologico fondamentale, il punto di riferimento che compendiava tutte le istanze teologiche, storiche e sociali degli israeliti.

venerdì 9 dicembre 2016

92– Il falso Jahvè. Fine del regno dii Giuda 1

Nel settimo secolo a.C., durante il regno di Giosia, l'Oriente Antico fu scosso da due grandi avvenimenti. Dopo l'improvviso e rapido declino dell'impero assiro, il regno di Babilonia prese il sopravvento in tutta la regione e l'Egitto, in forte ripresa politica e militare, approfittando del crollo degli assiri, riprese prontamente il predominio su Canaan e sulle ricche pianure della costa della Palestina, ma sembrò ignorare il Regno di Giuda, isolato sull'altopiano.
Il ritiro degli assiri dal territorio del nord d'Israele determinò una situazione nuova e inattesa. Giuda poteva finalmente espandersi a nord, annettersi gli altopiani dello sconfitto Stato settentrionale, bonificarlo dall'idolatria e ricreare il regno unito di David e Salomone. Finalmente la promessa di Jahvè a David pareva essere a portata di mano.
Bisognava, però, preparare la nazione al grande evento non solo militarmente ma anche spiritualmente. Allo scopo sarebbe stato determinante creare una grande epopea nazionale che raccontasse la conquista di Canaan con scene di aspre battaglie nella valle del Giordano, nell'area di Bethel, sulle alture della Sefela e nei luoghi che Giuda era in procinto di riconquistare. Ecco allora i sacerdoti e gli scribi di Giosia a scrivere il Deuteronomio che decretasse l'unità del popolo d'Israele e la centralità del Tempio di Gerusalemme, e la Storia Deuteronomistica che, arricchendo e rielaborando le antiche leggende dei patriarchi, evidenziasse la preminenza di Giuda su tutto Israele e creasse una grande epopea che coinvolgesse tutte le sue tribù. Questa grandiosa opera non sarebbe stata riservata soltanto all'èlite templare e intellettuale di Gerusalemme ma ad un pubblico piuttosto diffuso in tutto il regno, dato che lo Stato si era altamente centralizzato e l'alfabetismo era alla portata di molti. Si trattava dunque non tanto di produrre un'opera storica oggettiva e documentata, quanto di creare un'epopea teologica e ideologica che dimostrasse come, a seguito della purificazione di Israele e del riscatto dei suoi antichi peccati per opera di Giosia, Jahvè fosse ternato a proteggerlo e fosse quindi imminente la ricostituzione del leggendario regno di David col suo aiuto. Purtroppo questo ipotizzato rinascimento di Israele, cui Giosia aveva dedicato l'intera sua vita, non basato sull'analisi della realtà politica del tempo ma sui postulati della teologia deuteronomistica, si rivelò una speranza visionaria e morì sul nascere.


giovedì 8 dicembre 2016

La prima persecuzione contro i cristiani fatta da Nerone fu un fatto storico o una colossale bufala inventata dalla Chiesa? Seconda parte 287

Abbiamo visto nel post precedente che Ponzio Pilato fu un Prefetto, non un Procuratore, perciò abbiamo affermato che Tacito non scrisse mai :Cristiani, il cui nome derivava da Cristo, il quale, sotto l’Imperatore Tiberio, fu condannato a supplizio tramite il Procuratore Ponzio Pilato…” Un errore così pacchiano, cioè scambiare un Prefetto per un Procuratore, che aveva poteri molto più ampi e decisionali del primo, Tacito, molto scrupoloso in ogni sua affermazione, non l'avrebbe mai potuto commettere. Ma gli scribi falsari, che inserirono la persecuzione contro i cristiani fatta da Nerone, affermando che Ponzio Pilato era “Procuratore” mostrarono di ignorare la storia e di riferirsi al Vangelo latino di Luca che lo definiva tale.


A conferma della tesi che il brano tacitiano è un falso ci sovviene inoltre il fatto che nessun cronista imperiale ed successivi storici cristiani, fra i numerosi che si sono avvicendati nei secoli, accennarono mai, nemmeno di sfuggita, all'eccidio di cristiani attuato da Nerone.
Ad esempio, lo storico senatore romano, Cassio Dione Cocceiano, nella sua imponente “Storia Romana” redatta nel III secolo, pur descrivendo, nella sua particolareggiata epitome, le gesta di Nerone Claudio Enobarbo, e pur confermando le informazioni riguardo l’incendio di Roma, mai accenna alla persecuzione dei cristiani e addirittura ignora del tutto la loro presenza nell'Urbe. Con ciò dimostrando che il cap. 44 fu una interpolazione creata da scribi falsari cristiani anche per far risultare che a Roma, nel primo secolo,c'era una “ingente moltitudine di seguaci della setta di Gesù Cristo”, la qual cosa è un falso conclamato.


Secondo quanto riferito in “Atti” di Luca, i seguaci della dottrina cristiana, in soli tre decenni, si erano moltiplicati e diffusi, prima nelle province mediterranee dell’Impero poi ancora nelle zone più interne, grazie alle dimostrazioni di miracoli straordinari fatti dagli “Apostoli” (dei quali, però, non esiste traccia in alcun documento degli storici d’epoca né dei loro nomi né delle meravigliose e sovrumane gesta ad essi accreditate).
Se questa spropositata divulgazione, così come viene attestata in "Atti" fosse veramente avvenuta proprio in virtù delle mirabolanti imprese ostentate pubblicamente dagli Apostoli , tutti gli scribi dell'epoca ne avrebbero riportato le cronache. Invece non ce n'è traccia in nessuno di loro.

In realtà la “documentazione” sull’esistenza degli “Apostoli, dei loro miracoli e della rapida diffusione del cristianesimo proviene solo da scrittori cristiani, i cui manoscritti sono privi di ogni veridicità storica e sono giunti a noi in copie edite secoli dopo di loro, pertanto, anch'esse manipolate ideologicamente. Da quanto detto sopra si evince che sino all’XI secolo, nessuno storico accennò all’eccidio neroniano di seguaci di Cristo perché ancora non era stato inventato dagli amanuensi ecclesiastici.


Dione Cassio


martedì 6 dicembre 2016

91– Il falso Jahvè. La nuova "Legge" 2

Senza l'obbedienza cieca e incondizionata al suo Dio, Israele è destinato a perire.
"Vedi, io pongo oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male; poiché io oggi ti comando di amare il Signore tuo Dio, di camminare per le sue vie, di osservare i suoi comandi, le sue leggi e le sue norme, perché tu viva e ti moltiplichi e il Signore tuo Dio ti benedica nel paese che tu stai per entrare a prendere in possesso. Ma se il tuo cuore si volge indietro e se tu non ascolti e ti lasci trascinare a prostrarti davanti ad altri dèi e a servirli, io vi dichiaro oggi che certo perirete" (Deuteronomio 30,15/18).
La legge deuteronomica, come viene dichiarata nel testo, regola tutti gli aspetti della vita quotidiana, anche quelli sociali e familiari, e impone la difesa dei deboli e degli oppressi. Le sue preoccupazioni umanitarie comprendono, ad esempio, la remissione dei debiti ogni sette anni, le leggi antiusura, il rispetto per gli stranieri e la clemenza in guerra verso i nemici sconfitti, il porre un limite alla schiavitù e, a questo proposito, viene ricordato al popolo ebraico come sia stato esso stesso un tempo schiavo e straniero (Deuteronomio, 15, 20 e 23).
Anche i salariati, gli orfani, le vedove e gli indigenti sono trattati con grande umanità e posti sotto la protezione di Jahvè, concepito, finalmente, come un Dio-Signore protettore del debole e dell’umile. Perfino gli animali domestici vengono tutelati da maltrattamenti e da sfruttamenti iniqui: al bue non può essere messa la museruola quando trebbia (Deuteronomio 25,4). Il Deuteronomio, tutelando i diritti umani e la dignità della persona, dava un esempio senza precedenti di attenzione per i deboli e gli indifesi e contemplava leggi morali finalizzate al benessere sociale. Quindi ci presenta un Jahvè molto diverso dal nume sinaitico, crudele e sanguinario della conquista di Canaan che troviamo nella Storia Deuteronomistica.


venerdì 2 dicembre 2016

90– Il falso Jahvè. La nuova "Legge" 1

Col Deuteronomio, il libro che re Giosia aveva dichiarato di aver rinvenuto nel Tempio di Gerusalemme durante un inventario ma che, secondo l'eminente storico israeliano Mordechai Snyder della Hebrew University di Gerusalemme, fu invece composto per ordine del re stesso, forse a partire da una varietà di fonti preesistenti oppure ex novo, la storia ebraica e le leggi attribuite a Mosè furono riscritte secondo il punto di vista della teologia sostenuta dal gruppo dell'unicità di Jahvè.
Questo testo, pur facendo parte del Pentateuco, si differenzia nettamente dai libri di Genesi, Esodo, Levitico e Numeri che lo compongono, e si accosta invece ai libri storici di Giosuè, Giudici, Samuele e Re coi quali forma la cosiddetta Storia Deuteronomistica.. Nonostante finisca col resoconto della morte di Mosè, la paternità mosaica di questo testo rimane un articolo di fede per gli ebrei ortodossi quasi che Mosè avesse collaborato alla sua stesura anche post mortem.
Il libro segue le direttive imposte da Giosia nel 622 a.C. e afferma alcuni principi che sono talvolta in disaccordo con gli altri libri del Pentateuco. Ad esempio, il Deuteronomio è il solo libro del Pentateuco che affermi di contenere le "parole del Patto» che tutto Israele deve seguire" (29,8); che proibisca i sacrifici al di fuori del "luogo che il Signore vostro Dio sceglierà" (12,5), cioè il Tempio di Gerusalemme, mentre gli altri libri del Pentateuco li consentivano presso gli altari che si trovavano negli alti luoghi; è l'unico libro che imponga il sacrificio pasquale nazionale in un santuario nazionale (16,1-8) (sempre il Tempio di Gerusalemme); infine, è l'unico a definirsi il codice definitivo della Legge che Dio ha dato a Mosè sul Sinai, la cui osservanza era obbligatoria per garantire la sopravvivenza del popolo d'Israele.
Il libro richiama i trattati coevi ittiti e assiri fra re e vassalli, laddove tratta dell'Alleanza tra Jahvè e il popolo ebreo. Infatti, segue pedissequamente questi trattati nel decretare i principi generali da rispettare e tutti gli obblighi ad essi inerenti, con annessa una lista di premi e punizioni. L’obbedienza incondizionata ai comandamenti di Dio e alle seicentotredici leggi della Torah sono considerati il motivo fondamentale che giustifica la sopravvivenza del popolo ebraico.


giovedì 1 dicembre 2016

La prima persecuzione contro i cristiani fatta da Nerone fu un fatto storico o una colossale bufala inventata dalla Chiesa? Parte prima. 286

Esaminiamo i documenti del tempo. Gli storici latini che parlano di Nerone sono tre: Tacito, Svetonio e Dione Cassio. Di questi tre, solo Tacito nel XV libro degli "Annali" mette in relazione la persecuzione dei cristiani con l'incendio della città. Gli altri due ignorano questo legame.
Negli “Annales” di Tacito è scritto che Nerone, a seguito del devastante incendio di Roma del 64, per discolparsi dell'accusa di essere stato lui a provocarlo, aveva scaricato la colpa su: “... coloro che, odiati per le loro nefande azioni, il popolo chiamava Cristiani. Il nome derivava da Cristo, il quale, sotto l’imperatore Tiberio, tramite il procuratore Ponzio Pilato era stato sottoposto a supplizio. ” (Libro XV- 44).

Questo brano del grande storico latino è l'unico dewi cronisti antichi a descrivere la persecuzione neroniana ma è ritenuto da molti studiosi un autentico falso, inserito nel quindicesimo secolo forse dall'umanista italiano Poggio Bracciolini, segretario di papa Martino V e amanuense prolifico e disinvolto (1380-1459), per dimostrare, attraverso il martirio di Pietro, che il primato sulla cristianità spettava come sede, per diritto storico, a Roma (e non a Gerusalemme, dove il cristianesimo era nato), e al suo vescovo, quale successore di Pietro. Vediamo come è nato questo falso.


Anzitutto va precisato che nelle sue “Historiae” Tacito non fa il minimo accenno a Gesù Cristo, al cristianesimo dilagante in Giudea e al “Procuratore” Ponzio Pilato”. Eppure, Cornelio Tacito (155 - 220 d.C.), in questa sua opera fondamentale in latino, destina 12 capitoli del Libro V (dal 2° al 13°) per spiegare i fondamenti della religione ebraica in Giudea, senza riferire niente sul “Cristianesimo” e senza nemmeno accennare ai criteri essenziali della nuova dottrina (pur avendo Tacito ricevuto l’incarico ufficiale di sorvegliare i culti stranieri). Quindi risulta strano che nel brano citato degli “Annales”, si trovi un riferimento a “Cristo” e a “Pilato” e venga ravvisata nella Giudea la terra d’origine del Cristianesimo. Per il suo incarico sopracennato Tacito avrebbe dovuto avere forti motivazioni per indagare sui precetti e le finalità del movimento cristiano, se veramente questo fosse esistito nel I secolo. Ma nelle sue “Historiae” Tacito non fa il minimo accenno a Gesù Cristo, al cristianesimo dilagante in Giudea, a Ponzio Pilato e agli “Apostoli”.



In secondo luogo nel brano di Tacito c'è un errore che potrebbe apparire insignificante in documenti devozionali come i Vangeli, che lo riportano unanimi, ma che sarebbe imperdonabile se si trovasse in un documentatissimo e rigoroso testo storico latino. Nel brano a lui falsamente attribuito Ponzio Pilato viene chiamato da Tacito Procuratore mentre è storicamente e archeologicamente dimostrato che era Prefetto. Come avrebbe potuto Tacito, alto funzionario in carriera, che aveva ricoperto importanti incarichi, compreso il consolato, sino a quello di Governatore d’Asia in qualità di Proconsole, e aver conosciuto, per esperienza diretta, i rapporti gerarchici connessi a tale responsabilità, scambiare nel libro XV degli Annali al cap. 44, un “Prefetto” per un “Procuratore”? Il fatto è impossibile. La sua spiegazione, però, è semplice: iI falsario che ha aggiunto il brano della persecuzione di Nerone si è riferito ai Vangeli che unanimi chiamano Pilato un Procuratore. Essi, essendo stati scritti dopo che l'imperatore Claudio nel 44 d.C .aveva nominato Cuspio Fado come primo Procuratore dellla Giudea, ignoravano che i precedenti governatori romani della regione erano stati dei semplici Prefetti. Nei prossimi post verranno esaminati molti altri fatti che documenteranno in modo schiacciante la falsità dei versetti del cap. 44 degli Annali.

Publio Cornelio Tacito


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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)